Deiana su 14 gennaio





Carissime,



vi invio una breve riflessione sull'importanza della data del 14 gennaio
che vedrà due piazze, Milano e Roma,  gemellate per difendere ed affermare
diritti conquistati - legge 194 - e ancora da far valere - Pacs-   contro
ogni attacco alla libertà femminile e ad ogni imposizione di modelli e
scelte di vita crudeli e sessuofobiche.



Augurandoci che saremo in tante/i



Elettra



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Elettra Deiana



Dobbiamo ringraziare le donne di Milano, quel gruppo di femministe che si
sono assunte la responsabilità di chiamarci a Milano, di chiamare là donne
e uomini, per una manifestazione nazionale in difesa della legge 194, della
dignità delle donne, della libertà femminile. Grazie a questa loro
iniziativa, la partita che si sta giocando per l'ennesima volta intorno
alla questione dell'aborto cambia di scena e di senso, non è più esclusiva
materia delle isteriche misoginie di prelati, cardinali, ministri post
fascisti preoccupati dell'italico calo demografico. Le donne riprendono la
parola - non l'avevano mai lasciata cadere, per la verità, ma era rimasta
per lo più confinata in luoghi chiusi e remoti - e si fanno protagoniste di
un agire politico che riempie lo spazio pubblico, quello fisico delle
piazze e delle strade, quello che mette in evidenza, come poche altre
pratiche politiche e rappresentazioni simboliche, il conflitto e il
protagonismo dei soggetti in movimento. Questo deve essere il significato
politico, la forza politica della manifestazione di Milano. Per questo
dobbiamo lavorare per essere veramente tante, per voltare pagina, per
riprendere il filo delle relazioni politiche tra donne, tra generazioni,
tra quante e quanti non hanno nessuna intenzione di soccombere
all'insidioso tentativo messo sfacciatamente in atto dalla Chiesa - e da
uno Stato sempre meno laico - per imporre il controllo sui corpi, sulla
vita, sulle scelte etiche. Per questo  dobbiamo anche ringraziare le donne
(e gli uomini) che hanno lavorato a comporre il dissidio che si era
determinato intorno alla data del 14 gennaio, giorno già destinato
precedentemente alla manifestazione nazionale a Roma per i Pacs, i patti di
unione civile, organizzata, tra gli altri, da Arcilesbica e Arcigay. Quel
giorno, come sta scritto anche in un appello di donne, partito dalla
capitale,  sarà così segnato dal dichiarato gemellaggio delle due
manifestazioni e metterà in evidenza - a questo dobbiamo lavorare - quanto
sia ancora diffusa in Italia la spinta a rifiutare divieti, manipolazioni
ideologiche, imposizione di modelli e scelte di vita crudeli e
sessuofobiche.

La lunga vicenda attraverso cui si è snodata nei decenni trascorsi la
campagna contro la legge 194 oggi è forse arrivata a un punto di non
ritorno. Cancellare la legge, come vorrebbero i settori  più oltranzisti,
gerarchie vaticane in testa, o neutralizzarla definitivamente, puntando a
snaturare compiti e funzioni dei consultori riempiendoli di associazioni
anti-abortiste, con l'idea di farne luoghi di colpevolizzazione delle
donne, anziché di aiuto: questo è oggi lo snodo di fondo intorno a cui  si
gioca ormai apertamente la partita contro le donne. E questo succede mentre
il discorso pubblico sulla maternità, tutto rigorosamente di maschi e al
maschile, deborda da tutte le parti, invade i media, sfiora il grottesco,
sia pure nella dimensione sacrale, in quella esternazione pontificale del
"Dio che ci scruta e ci conosce" fin dalla fase fetale nell'utero materno,
così vicina, questa esternazione di papa Ratzinger, così intrinsecamente
simile ai medievali dilemmi e dibattiti e sentenze sul sesso degli angeli.

La legge 194, frutto ai suoi tempi di una mediazione politica - di un
compromesso negativo per molte femministe,  che non sopportavano,
giustamente, l'idea che lo Stato esercitasse il monopolio dei luoghi di
attuazione della legge e si ponesse come una sorta di tutore delle scelte
delle donne - si è rivelata, nei fatti, una buona legge, che non soltanto
ha debellato la piaga degli aborti clandestini e ha efficacemente
contribuito a far diminuire lo stesso numero degli aborti; ma, soprattutto,
ha veicolato e costruito nella percezione sociale, nelle relazioni tra i
sessi, nel più generale assetto dei rapporti sociali, il principio
dell'autodeterminazione femminile. Cioè il punto di fondo essenziale e non
negoziabile della cittadinanza femminile, la forma specifica dell'habeas
corpus per le donne. Habeas corpus che è radicato nell'asimmetrica
predisposizione del corpo femminile rispetto a quello maschile sul versante
della procreazione ed è dunque segnato dall'asimmetria del potere di
decidere se essere madre e non esserlo. Si nasce da una donna se lei vuole
e in quella volontà non c'è soltanto il lato della disponibilità economica
a mettere al mondo e allevare un figlio. Certo questo lato conta, come
dicono oggi molte ragazze e giovani donne, costrette dal lavoro precario e
dall'incertezza del futuro a rimandare sine die la scelta di maternità. Ma
la volontà in un senso o nell'altro, di condurre a termine la gravidanza  o
di abortire tocca una dimensione più complessa e complicata dove entrano e
si mettono in gioco i mille intrecci psichici, esistenziali, le sicurezze o
le fragilità, soprattutto i desideri di una vita. Di questo parla l'aborto,
questo porta alla luce in filigrana, ed è questo che da sempre inquieta e
affanna l'universo maschile, i poteri sia informali sia istituiti degli
uomini.

La legge 194 ha contribuito fortemente alla civilizzazione delle relazioni
umane, oltre che sociali e giuridiche, tra i due sessi. Veramente non si
può tornare indietro.