Lo Stato laico



da Associazione Partenia
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"i morti sono più numerosi dei vivi.
 E il loro numero aumenta.
 I vivi sono rari" - <http://it.wikipedia.org/wiki/Eugene_Ionesco>Eugene
Ionesco

Lo Stato laico in salsa vaticana
di EUGENIO SCALFARI

Con gli accenti virili che gli sono propri quando afferma principi e valori
nei quali crede profondamente George Bush ha ricordato al Partito comunista
cinese e al governo di Pechino le loro inadempienze verso i diritti umani.
Non poteva fare diversamente nel momento in cui metteva piede sul
territorio della nuova potenza mondiale che nel giro di pochi anni sarà il
vero "competitor" degli Stati Uniti mettendo fine al regime unipolare
seguito alla caduta del Muro di Berlino.

Non è detto che il suo ammonimento cada nel vuoto anche se al momento la
risposta del suo interlocutore sarà sdegnosa. Il governo di Pechino sta già
allentando la stretta dogmatica e ideologica sui popoli che abitano
quell'immenso territorio; man mano che il "risparmio forzato" e
l'accumulazione del capitale procederanno, la macchina del benessere
diffuso produrrà i suoi inevitabili effetti, sia pure con modalità che
derivano dalla storia e dalla collocazione geopolitica della Cina.

Ma pensare che l'evoluzione oltre che economica anche politica del gigante
asiatico attenui la sfida che esso lancerà all'America è pura illusione.
La storia non è affatto finita nel 1989, anzi non ha mai prodotto tante
novità e suscitato tanti problemi come in questi ultimi quindici anni. Il
tempo scorre sempre più rombante e veloce e chiede strategie adeguate di
fronte all'irruzione di masse immense, portatrici di nuovi bisogni, nuove
identità, antiche e profonde frustrazioni, intollerabili disuguaglianze.

L'Occidente rischia d'arrivare sfiatato e sfiduciato a questi decisivi
appuntamenti ed è proprio George Bush il simbolo più eloquente di
quest'affanno politico e morale. La sua credibilità in patria è precipitata
ai minimi termini. La guerra irachena a tre anni dal suo inizio è
impantanata. Il terrorismo incombe nella capitale e su un terzo del paese.
La guerra civile non è un'ipotesi da scongiurare ma una realtà attuale fin
d'ora. La stragrande maggioranza degli iracheni percepisce l'armata
americana come un corpo di spedizione ostile e ne auspica entro breve tempo
il ritiro.


L'opinione pubblica americana, d'altra parte, si è spostata su posizioni
che sono esattamente l'opposto di quelle di appena un anno fa, il trionfo
elettorale che premiò il presidente con un secondo mandato sembra ormai un
reperto archeologico. L'esportazione della democrazia in Iraq produrrà nel
migliore dei casi una fragile teocrazia sciita insidiata da avversari
occulti e palesi.

Ma gli esiti sono altrettanto deludenti in Afghanistan, nel Kosovo, in
Bosnia. E' di ieri la denuncia di Emma Bonino secondo la quale a Kabul si è
passati dalla teocrazia talebana alla "narcocrazia": metà del reddito di
quel paese proviene dalla coltivazione e dal commercio della droga. In
Kosovo la situazione è identica a dispetto della presenza dell'Onu, in
Bosnia l'equilibrio etnico è pura finzione.

Dell'Africa, orientale e occidentale, meglio non parlare tanto è disperata
la situazione che vede, oltre ai genocidi, alle guerre tribali, alle
epidemie e alla fame, anche l'espandersi rapido della schiavitù
quasi-legale, dall'Abissinia al Ciad, al Niger, alle coste della Guinea.
Se vogliamo guardare la realtà, con occhi non offuscati dalla propaganda,
questo è lo stato dei fatti. Le periferie assediano il centro quando non
diventino centro esse stesse. Bisogna esser ciechi per non vederlo.

* * *

Nel frattempo noi ci balocchiamo. Abbiamo un capo del governo che - gli
siano rese grazie - ci fa almeno divertire. L'altro ieri, per festeggiare
la "devolution" che ha scompaginato con metodo e norme incostituzionali,
l'unità del paese, l'autonomia del Parlamento, il funzionamento del governo
e il ruolo del capo dello Stato, ha ballato insieme ai parlamentari
leghisti, sul motivo di "chi non salta comunista è". I commessi del Senato
erano esterrefatti ed esilarati da quello spettacolo che può andare in
scena soltanto nel Parlamento italiano. Uscito di lì si è proclamato santo;
forse è per ottenere la canonizzazione ufficiale che ieri ha fatto visita a
Benedetto XVI. Poi ha sillabato davanti ai microfoni e ai taccuini dei
giornalisti che il suo programma di legislatura "è stato attuato al cento
per cento". Quel programma, per chi non lo ricordasse, lo impegnava ad
abbassare le tasse e la pressione fiscale, recuperare la sicurezza di
persone e cose, effettuare un grandioso programma di opere pubbliche,
rendere rapida ed efficiente la giustizia, riformare scuola e università.

Al cento per cento fatto. Lui lo dice e bisogna pur credergli anche perché
ce lo raccomanda la sua mamma. In realtà, come provano tutte le statistiche
ufficiali disponibili, i primi quattro punti sono stati interamente
mancati, l'ultimo (la riforma della scuola e dell'università) non è stata
che una rispolverata della riforma Berlinguer accentuandone il peggio e
attenuandone il meglio.
Ma dicevo: lui almeno ci fa divertire. Vi par poco con questi chiari di luna?

* * *

Pier Ferdinando Casini, diciamolo, è assai meno divertente. Dopo aver
votato, con tutti i suoi della gloriosa Udc, per ben quattro volte di
seguito (due alla Camera e due al Senato) la legge di riforma
costituzionale (detta "devolution") non ha fatto passare dieci minuti per
dichiarare che a lui quella legge piace pochissimo e comunque ci sarà tra
breve il referendum per il quale il bel Pier lascerà ai seguaci libertà di
coscienza. Segno che finora quella coscienza qualcuno gliel'aveva
sequestrata (salvo che al roccioso Tabacci che ha votato contro salvandosi
l'anima).

L'arcano si è capito rapidamente. Il giorno dopo il cardinal Ruini ha
rudemente criticato la "devolution" dicendo che questa volta i vescovi non
daranno indicazioni di voto nel referendum. Detto da lui significa pur
qualcosa. Astinenza da un vizio? Incoraggiamento a votare contro la legge?
Ruini questa volta si asterrà dall'intervenire, ma quella legge la critica,
accidenti se la critica.

La sinistra questa volta lo ha applaudito, ma commette secondo me un
errore. Come ha scritto giustamente Berselli su Repubblica di ieri, Ruini
non può e non dovrebbe cimentarsi con le leggi della Repubblica italiana.
Non lo fa Ciampi, che è il capo dello Stato e può soltanto rifiutare la
firma quando vi sia palese incostituzionalità.

Ma Ruini invece entra nel merito, mi piace quell'articolo, mi preoccupa
quell'altro, suggerirei questo, sconsiglierei quest'altro, e tutti a dirgli
bravo.
Diciamo la verità: Ruini è un impiccione nel senso che si impiccia di cose
che non lo riguardano. Che direste, ripeto, se Ciampi si comportasse allo
stesso modo? E che direbbe Ruini se un ministro, un prefetto, un
ambasciatore, insomma un pubblico funzionario del nostro Stato dichiarasse
che la Conferenza episcopale è un organismo non democratico, non
trasparente, che svolge male il suo lavoro? Credo che quel ministro, quel
prefetto, quell'ambasciatore se la passerebbero molto male. La loro
carriera ne soffrirebbe un bel po'. Perché noi siamo uno Stato laico in
salsa vaticana. E anche questo è un dato di fatto.

* * *

Mi perdoni, Eminenza, se le lancio ancora una pallottola di carta, di
quelle che lei sa respingere con una racchetta da ping-pong: ho letto che
lei è favorevole a inviare negli ospedali e nei consultori i militanti del
comitato Scienza e Vita per convincere le donne che vi si recano a non
abortire. Si vuole dunque impicciare anche dell'organizzazione ospedaliera?
Non basta il ministro Storace che una ne fa e cento ne pensa? Dunque i
volontari di Scienza e Vita. Sicuramente più efficienti delle suffragette
dell'Esercito della Salvezza, che le loro musichette e i loro predicozzi le
fanno rigorosamente sui marciapiedi di Londra.

Io me l'immagino quella povera donna col suo carico di dubbi e di dolori,
che decide di abortire ed entra con passo timido e volto rattristato in un
pubblico ospedale.
Sa che dovrà avere un colloquio preliminare col medico. Quel colloquio non
solo se l'aspetta ma ci conta, ha ancora dubbi sul da fare e sul come fare,
insomma nel novanta per cento dei casi arriva all'appuntamento col cuore in
mano. E chi si trova davanti, nelle stanze e nei corridoi dell'ospedale o
del consultorio? Un don Gelmini, un volontario di Scienza e Vita, di solito
un po' fanatico, abbastanza intransigente, uno che può anche minacciarle
descrivendole le pene dell'inferno. Li abbiamo visti e sentiti infinite
volte in televisione, quelli di Scienza e Vita ai tempi del referendum
sulla procreazione artificiale. La petulanza, la certezza incrollabile
nella propria verità, non un dubbio, non un sorriso, la religione
dell'embrione, magari con il nome Giuliano Ferrara scritto sulla maglietta.

Ci rifletta, gentile cardinale; ci rifletta anche lei ministro Storace.
Perché se questa pratica prendesse piede, aspettatevi l'arrivo in forze di
Pannella, Bonino e Capezzone. Predico che allora sarebbero guai seri. Il
consultorio e l'ospedale rischierebbero di trasformarsi in una rovente
"Samarcanda", in uno scatenato "Ballarò", in un "Otto e mezzo", in un
"Porta a porta", con la paziente relegata in un angolo e le due
contrapposte squadre ad accapigliarsi in mezzo ai letti di un pronto
soccorso e di una astanteria.

Io, per me, starei coi radicali, anzi gli darei pure una mano per quel che
posso, ma che c'entra questo con la 194 e il diritto all'aborto motivato in
una pubblica struttura? Anche l'aborto lo vogliamo in salsa vaticana? Poi
vi lamentate degli anticlericali. Ma siete voi che li volete.

Stiamo attenti e state attenti perché tutta questa storia rischia di finire
molto male. Con tante grane, ci manca anche questa.



(20 novembre 2005)
<http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/politica/berlupa/statolaico/statolaico.html>http://www.repubblica.it/2005/k/sezioni/politica/berlupa/statolaico/statolaico.html

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