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i delinquenti e l'amnistia
- Subject: i delinquenti e l'amnistia
- From: "Disobbedienti " <disobbedientimolise at libero.it>
- Date: Fri, 30 Sep 2005 11:58:05 +0200
Antonio Di Pietro continua le sue irrefrenabili esternazioni contro l'ipotesi di amnistia per i reati sociali. E' evidente che non sa di cosa si tratta. Mentre l'attenzione sulle primarie (con le quali il 16 ottobre il centrosinistra sceglierà il leader per le prossime elezioni politiche di primavera) si fa sempre più alta, i temi sui contenuti e i programmi di un eventuale nuovo governo non si alzano di un millimetro. Anzi, su una delle questioni centrali - tra le tante - sollevata dal movimento dei movimenti, quello riguardante un provvedimento di amnistia per i reati sociali, tra i candidati nelle primarie si registra o silenzio o un vero fuoco di sbarramento. Tra tutti si distingue Antonio Di Pietro che, senza troppi giri di parole, ha dichiarato: "Non si capisce cosa c'entrino alcuni di quei quattro punti con il futuro dell'Unione. Va bene per la pace (anche se invocare la pace e poi spaccare le vetrine e assaltare poliziotti e carabinieri sembra un po' una contraddizione), e ognuno la può pensare come crede sulle politiche in materia di droga, ma sinceramente l'amnistia per le lotte sociali di questi anni suona come le leggi ad personam che Berlusconi ha realizzato in questi anni di legislatura". Al di là di alcuni giudizi semplicemente provocatori, E' evidente che Di Pietro, non essendo ferrato in materia di lotte sociali, non capisce che la richiesta di un'amnistia per i reati sociali (e i reati minori) ha come obiettivo quello di dare uno sbocco legale alle tante lotte che i movimenti hanno realizzato dal 2001 a oggi. Di Pietro ignora che a conclusione del ciclo di lotte nell'autunno caldo del 1969 il legislatore di allora emanò un provvedimento di amnistia generale. Dimentica, inoltre, che a favore dell'amnistia, tra i tanti pericolosi estremisti che si sono pronunciati, vi E' stato anche papa Giovanni Paolo II in una seduta solenne della Camera dei Deputati, ricevendo consensi verbali e nessuna azione concreta. Antonio Di Pietro si candida per governare un paese che dimostra di non conoscere e non sa dei circa 15.000 uomini e donne incappati nelle maglie della "giustizia" solo per aver lottato e rivendicato i loro diritti. Come i 4.450 tranvieri, per aver esercitato il diritto allo sciopero previsto dall'art. 40 della Costituzione; i 45 dipendenti dell'Alitalia denunciati per interruzione di pubblico servizio; i 310 lavoratori forestali, i 40 operai della Thyssen-Kruppen, i 250 operai della Fiat di Termini Imerese e Cassino, i 120 dell'Alfa Romeo di Arese, tutti in lotta per il diritto al lavoro; gli 800 disoccupati napoletani. A questi vanno aggiunti centinaia di persone colpevoli di essersi battuti contro la guerra e di aver bloccato convogli ferroviari che trasportavano armi; di aver occupato case per i senza tetto; di aver manifestato contro i centri di permanenza temporanea e per i diritti dei migranti; di avere organizzato mobilitazioni per il diritto allo studio e azioni dimostrative contro il carovita. Antonio Di Pietro non sa che tra questi "pericolosi" 15.000 delinquenti vi sono cittadini la cui grave colpa E' di aver difeso il proprio territorio. Da discariche nucleari, come avvenuto a Scanzano, o da scempi ambientali, come accaduto ad Acerra. Non sa che gli anni di lotte che hanno attraversato proprio il "suo" Molise, tese a salvaguardarne l'ambiente e il futuro di chi ci vive, hanno trasformato agricoltori, casalinghe, semplici cittadini, in imputati sottoposti a procedimenti penali. Ecco, signor Di Pietro, chi sono gli incriminati per reati sociali: quelli che hanno lottato per i diritti di tutti. Come non definire disgustoso un atteggiamento che nella caccia al voto, nel tentativo di mostrarsi uomini d'ordini e moderati, mostra disprezzo per coloro che invece delle comode carriere politiche scelgono la strada delle lotte e delle mobilitazioni, convinti che proprio il conflitto sociale rappresenti il tratto indispensabile della democrazia. L'atteggiamento persecutorio e lo spirito di vendetta appartiene a chi non accetta che le povertà e le ingiustizie vengano messe sotto accusa, ciò che vorrebbero E' che tutti accettino supinamente una condizione di subalternità perenne. Le denunce, le incriminazioni, le condanne, contengono un avvertimento chiaro: "E' meglio che stiate buoni a casa oppure girate la testa altrove, impicciarsi E' rischioso". E no, non funziona più così, da quelle case si continua e si continuerà ad uscire, con sempre più consapevolezza e voglia di partecipazione. __________________________ L'autoritarismo ha bisogno di obbedienza, la democrazia di DISOBBEDIENZA
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