Leggi speciali



LEGGI SPECIALI
IL “PACCHETTO PISANU”

1. Cosa dice la legge 155

Il cosiddetto “pacchetto Pisanu”, dal nome del Ministro dell’Interno, o “Misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale” è passato il 27 luglio 2005 al Senato con il voto favorevole della maggioranza di centro-destra e della maggioranza DS, di Margherita, SDI e Udeur. Contrari Rifondazione, Verdi, Comunisti Italiani e la sinistra DS. 
Il decreto è stato approvato senza modifiche alla Camera il 30 luglio con 385 voti favorevoli e 20 contrari (Verdi, Rifondazione, Comunisti) e si è così convertito nella legge 155. La sinistra DS non ha partecipato al voto e Margherita, Udeur e molti deputati diessini hanno votato a favore
Il pacchetto Pisanu si compone di 19 articoli. Vediamone quelli più significativi, cercando di capire il loro reale significato al di là del linguaggio tecnico.
L’articolo 1estende al contrasto del terrorismo le misure già esistenti per la lotta alla criminalità organizzata in materia di colloqui investigativi”. In pratica questo significa interrogatori senza la presenza di un avvocato difensore.
Nell’articolo 3è prevista un’espulsione più rapida da parte del Ministro dell’interno e dei prefetti, nei confronti degli stranieri che risultino rispettivamente pericolosi per la sicurezza nazionale o che potrebbero in qualsiasi modo agevolare organizzazioni terroristiche o la loro attività. Nei confronti degli stranieri che collaborano può essere sospeso il provvedimento di espulsione”. Come si è già visto nel caso dell’imam di Torino, questo significa espulsioni rapide disposte dal prefetto senza il nulla osta del magistrato e in base solo a sospetti, senza possibilità di difendersi e avere un giusto processo in Italia. Si può fare ricorso al TAR; ma solo dopo l’espulsione e quindi dal proprio paese. Un analogo provvedimento è stato inserito nelle leggi speciali anti- terrorismo in Inghilterra, dove ha suscitato molte proteste da parte delle associazioni dei diritti umani: non esiste infatti alcuna garanzia che la persona espulsa non venga poi imprigionata e torturata, specie se viene rimandata in paesi dove i diritti umani sono continuamente violati. A parte le dichiarazioni dei partiti che hanno votato contro il pacchetto, in Italia non si sono sentite molte proteste del genere.
Nell’articolo 6 si interviene in materia di Internet e telefonini: gli acquirenti di una tessera telefonica dovranno presentare un documento di identificazione e i tabulati dovranno essere conservati fino al 31 dicembre 2007. I dati sui traffici Internet dovranno essere conservati dalle società che offrono servizi di rete.
Le intercettazioni telefoniche possono essere disposte dal procuratore della Corte d'Appello competente e non più dal procuratore generale della Corte di Cassazione.
L’articolo 10 “prolunga da 12 a 24 ore il fermo di polizia giudiziaria per l’identificazione di persone sospette. Il pubblico ministero può autorizzare la polizia giudiziaria a compiere accertamenti sul DNA attraverso il prelievo dei capelli e della saliva.” Il prelievo serve a identificare un indagato e può essere coattivo, ossia avvenire senza il consenso dell’interessato, ma nel “rispetto della sua dignità personale”.
L’articolo 15 introduce il reato di terrorismo per chi tenta il reclutamento e l'addestramento con obiettivi di creare il terrore. Lo stesso accade per chi diffonde il know-how per attività terroristica. Sempre secondo l’articolo 15, vengono recepite nel codice penale le definizioni di atto terroristico già adottate nelle sedi europee e internazionali.
L’articolo 18 consente “in ambito portuale, nelle stazioni ferroviarie, della metropolitana e dei trasporti urbani di linea, l’affidamento dei servizi di pubblica sicurezza alle guardie giurate e agli istituti di sorveglianza privata, allo scopo di concentrare le forze di polizia sulle attività istituzionali di sicurezza primaria.”
Uno degli aspetti più gravi del pacchetto viene introdotto dall’articolo 18 bis, che riprende e modifica parti di legge precedenti (la legge Reale del 1975 e quella del 2001 intitolata “Interventi legislativi in materia di tutela della sicurezza dei cittadini”) e sostanzialmente consente, “l’impiego dell’esercito in casi eccezionali di necessità e di urgenza”, con compiti di polizia giudiziaria I militari potranno identificare e fermare persone sospette ed eventualmente fare perquisizioni, anche nelle auto, per accertare il possesso di esplosivi o di armi. Entro 48 ore i soldati dovranno dare notizia delle perquisizioni compiute al procuratore della Repubblica, il quale avrà altre 48 ore di tempo per convalidarle. Sembra che si parli solo di vigilanza anti- terrorismo, ma se si va a vedere l’art. 4 della legge Reale, che fa da base a questa norma, si capisce che la possibilità di utilizzare l’esercito è molto più ampia e pericolosa. In questo articolo, riferito “agli ufficiali e agenti della polizia giudiziaria e della forza pubblica nel corso di operazioni di polizia”, infatti si parla della possibilità di effettuare perquisizioni e fermi “di persone il cui atteggiamento o la cui presenza, in relazioni a specifiche e concrete circostanze di luogo e di tempo, non appaiono giustificabili”.
I militari dovranno anche sorvegliare i cosiddetti obiettivi sensibili e presidiare piazze e monumenti.
In una circolare del Ministro dell'Interno Pisanu, inviata a Ferragosto a prefetti e questori per spiegare il pacchetto antiterrorismo, si parla tra l’altro di telecamere per la video- sorveglianza di metropolitane, linee urbane ed extraurbane e porti.
I Comuni e le aziende dei trasporti sono chiamati a collaborare con il ministero dell’Interno.
Una norma voluta dalla Lega vieta l’uso di chador e burqua in luoghi pubblici, inasprendo la legge 152 del 1975,  che proibisce di circolare in luoghi pubblici con il viso coperto: la pena passa da 6 mesi-1 anno a 1-2 anni, l'ammenda da 1000 a 2000 euro.

2. Significato e possibili conseguenze del “pacchetto Pisanu”

Approvato sull’onda degli attentati di Londra, il pacchetto Pisanu riprende la politica delle leggi speciali già avviata all’indomani dell’11 settembre 2001 negli Stati Uniti e in Inghilterra, politica che si può sintetizzare così: davanti al terrorismo e alla necessità di sconfiggerlo, vale la pena di sacrificare qualche diritto. La sicurezza è più importante della libertà.
Molte delle norme sono redatte in modo tale da rassicurare e ottenere l’approvazione del cittadino medio, terrorizzato dall’immagine del terrorista islamico che comunica via Internet o cellulare con i suoi complici e prende un autobus o la metropolitana con una zaino pieno di bombe. Davanti a questa prospettiva, l’idea delle intercettazioni telefoniche o delle video- camere che sorvegliano i mezzi pubblici appare del tutto legittima e giustificata.
Qui non si tratta tanto di difendere chi compie un attentato, quanto di riflettere sulle conseguenze di una legge che, introdotta come strumento per la lotta al terrorismo, cancella conquiste giuridiche che parevano assodate (come il diritto a essere interrogati in presenza di un avvocato) e punta a far accettare come normale e addirittura positiva la presenza capillare dell’esercito per le strade e nei mezzi pubblici. Inoltre viene da chiedersi: chi decide quale comportamento è sospetto e ingiustificabile? Un militare armato di mitragliatrice? Il caso dell’elettricista brasiliano inseguito e ucciso “per errore” dalla polizia in una stazione della metropolitana di Londra illustra chiaramente i rischi di un simile potere discrezionale affidato alle “forze dell’ordine”.
Nella legge 155 si fa riferimento alle definizioni di atto terroristico adottate nelle sedi internazionali, ma qui la questione si fa spinosa: la definizione ufficiale di terrorismo fornita dal governo USA parla di minaccia o uso della violenza contro le popolazioni civili per raggiungere obiettivi politici, religiosi o di altro tipo tramite l'intimidazione, inducendo la paura. Altre definizioni, molto simili, parlano di minaccia o uso di violenza con l'intento di causare timore in un determinato gruppo di persone, al fine di conseguire un obiettivo politico
E’ difficile non far rientrare in questa definizione chi bombarda popolazioni indifese e invade altri paesi per difendere i propri interessi economici e portare avanti i propri disegni di dominio politico, come hanno fatto gli Stati Uniti in Afghanistan e Iraq.
Allo stesso modo, se ci atteniamo a questa definizione, dichiarazioni intolleranti e intimidatorie come quella del ministro Calderoli Prepariamoci a mostrare i denti e forse vinceremo la guerra senza colpo ferire, ma disponibili anche a sparare, o come quella del presidente del Senato Pera Dobbiamo difendere l'Occidente, perché le nostre libertà e democrazia non sono questioni locali, ma riguardano l'essenza della natura umana. Dobbiamo accettare la sfida e fare la nostra parte.. Ci difendiamo con la diplomazia, la politica, la cultura, i commerci, i negoziati, gli accordi. Ci difendiamo offrendo rispetto e chiedendo rispetto. E alla fine ci difendiamo con la forza delle armi potrebbero tranquillamente rientrare nel reato di terrorismo.
In sostanza, le leggi speciali si presentano come una risposta al bisogno di sicurezza dei cittadini atterriti dalla prospettiva di un attentato terroristico, ma in realtà limitano libertà che sono di tutti. Oggi infatti si parla di contrastare il terrorismo, ma chi ci dice che queste leggi non vengano presto usate per intimidire e perseguitare persone o categorie del tutto estranee al terrorismo armato, ma scomode per chi è al potere?
In realtà, esiste un metodo semplicissimo per fermare il terrorismo: smettere di praticarlo.