Di solito
prima di portare qualcuno a casa nostra, ci si informa quantomeno
su chi sia. Capita invece che noi italiani non soltanto ci portiamo in
casa un estraneo, ma l’abbracciamo e stringiamo accordi. Accordi che
ridicolizzano la nostra credibilità e minano la nostra sicurezza. Sarà
perché siamo anime pie, forse spregiudicati avventurieri o peggio ancora
degli ideologizzati che infieriscono contro se stessi. Ma è così che
abbiamo consegnato la rete delle moschee d'Italia agli integralisti e
estremisti islamici dichiarati fuorilegge nei rispettivi Paesi d'origine.
Che scegliamo come interlocutori all'estero nomi altisonanti di
prestigiose istituzioni islamiche, come l'università Al Azhar del Cairo o
la Lega musulmana mondiale della Mecca, senza preoccuparci minimamente del
fatto che in realtà sono degli strenui apologeti del terrorismo suicida
che massacra gli ebrei in Israele o gli occidentali in Iraq. E tra questi,
val la pena ricordarlo, ci siamo anche noi italiani.
E'
successo poco più di un mese fa, il 15 giugno, che al Cairo è stato
siglato un accordo per la creazione di un Comitato accademico
italo-egiziano di «studi comparati per il progresso delle scienze umane
nel Mediterraneo» (Oscum), tra la celebre università islamica di Al Azhar,
considerata una sorta di Vaticano sunnita, e un cartello di cinque
università italiane (La Sapienza di Roma, il Pontificio Istituto Orientale
di Roma, l'Orientale di Napoli, la Bocconi di Milano, l'Iuav di Venezia),
coordinato dal professore Sergio Noja Noseda, ex docente di Lingua e
letteratura araba alla Cattolica di Milano e titolare di una omonima
Fondazione. L'accordo è stato firmato dal rettore di Al Azhar, Ahmed
al-Tayeb e dall'ambasciatore d'Italia, Antonio Badini, alla presenza dello
sheikh di Al Azhar, Mohamed Sayed Tantawi, ritenuto la massima autorità
teologica dell'islam sunnita. Ed è sorprendentemente l'Avvenire , l'organo
della Cei (Conferenza episcopale italiana), a ricordarci che proprio
Tantawi, un «amico del Papa» avendo accolto Giovanni Paolo II al Cairo nel
2000 e partecipato alle sue esequie, è in realtà a capo di un'istituzione
islamica che legittima il terrorismo suicida.
Lo ha
fatto il rettore al-Tayeb persino nel convegno organizzato dalla
comunità di Sant’Egidio a Milano il 7 settembre 2004 dal titolo «Disarmare
il terrore. Un ruolo per i credenti». «Un conto è il terrorismo che
colpisce innocenti, un conto è affibbiare l'etichetta di terrorismo a
quella che è solo una reazione di autodifesa per proteggersi da qualcosa,
come nel caso della resistenza nei confronti di forze di occupazione»,
spiegò in un'intervista al mensile 30 Giorni , «I palestinesi sono un
popolo che non ha niente. Povera gente che viene uccisa ogni giorno. Nella
disperazione ricorrono a mezzi estremi per opporsi all'occupazione». In
precedenza, il 4 aprile 2002, quando ricopriva la carica di Gran mufti
d'Egitto, massimo giureconsulto islamico, sentenziò che «la soluzione al
terrorismo israeliano si basa sulla proliferazione degli attacchi di
martirio che terrorizzano i cuori dei nemici di Allah. I Paesi islamici,
sia i popoli che i governanti, devono sostenere queste operazioni di
martirio». Così come lo stesso Tantawi, sempre il 4 aprile 2002, ricevendo
al Cairo il deputato arabo-israeliano Abdel Wahhab Darawsheh, emise una
fatwa, un responso giuridico, in cui sentenziò che «le operazioni di
martirio contro qualsiasi israeliano, inclusi i bambini, le donne e i
giovani, sono legittime dal punto di vista della legge islamica».
Tantawi
spronò «il popolo palestinese a intensificare le operazioni di
martirio contro il nemico sionista, in quanto la manifestazione più alta
della Jihad». Non sorprende quindi che il collega Carlo Termignoni
concluda sull' Avvenire : «Alla luce di una simile realtà ad alcuni
osservatori non è parso dunque prudente l'accordo di collaborazione
culturale e di cooperazione scientifica tra l'università di Al Azhar e
istituzioni italiane». Che l'università di Al Azhar sia pesantemente
infiltrata dal movimento integralista dei Fratelli Musulmani è un fatto
noto. Così come lo è la Lega musulmana mondiale sponsorizzata dall'Arabia
Saudita che, tramite il Centro culturale islamico d'Italia, gestisce la
grande moschea di Roma. Anche se l'ambasciatore Mario Scialoja, che
presiede la sezione italiana della Lega musulmana mondiale, non ha nulla a
che fare con i Fratelli Musulmani. Ben diverso è il caso di gran parte
delle moschee sorte in modo incontrollato in Italia. E che oggi sono
sottoposte al controllo, diretto o indiretto, dell'Ucoii (Unione delle
comunità e organizzazioni islamiche in Italia), emanazione dei Fratelli
Musulmani, e di gruppi fondamentalisti che predicano la Jihad, intesa come
guerra santa, ed esaltano i kamikaze islamici in Israele e in Iraq. E' qui
che si attua il lavaggio di cervello che trasforma i musulmani in robot
della morte. Ed è da qui che deve scaturire il riscatto alla piena
legalità dell'islam d'Italia.
Magdi
Allam