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Lettera aperta a Francesco Rutelli "Ho scritto t'amo sulla sabbia".
"Ho scritto t'amo sulla sabbia"
Lettera aperta di alcuni giovani a Francesco Rutelli su sicurezza e amore in un tempo di guerra, terrorismo e CPT".
“Ho scritto t’amo sulla sabbia … ma il vento l’ha portata via”.
Alla vigilia della prima Guerra del Golfo Don Tonino Bello scriveva queste parole ai nostri parlamentari che si apprestavano ad accodarsi ai voleri ed alle bombe di George Bush senior
Scriveva Don Tonino Bello:
"Il ritornello della vecchia canzone mi viene in mente …pensando in queste ore alle dune allucinanti del deserto violate dall’impeto radente di aviogetti di morte, mi sembra che quelle parole siano state davvero scritte sulla sabbia.
Sconcerta questa incredibile follia che, data la sua lunga incubazione, non possiamo neppure più attenuare come “raptus” improvviso. No, non
è “raptus” momentaneo, è pazzia bell’e buona (...)
(Nel collo di bottiglia, 18.01.1991)
In questi giorni così dolorosi dove, alle decine di morti di civili di Londra e alle centinaia di morti di civili in Iraq, si accavallano alla follia della guerra e del terrorismo anche le follie (per fortuna incruente) dei ministri leghisti sullo "stato di guerra interno" ci sentiamo di rivolgerci a te, Presidente di un partito di centrosinistra, nella cui area ci riconosciamo, per chiedere e chiederti con forza un segnale di profonda e coraggiosa alterità.
Certamente, nel giorno del tredicesimo anniversario dell'assassinio di Paolo Borsellino e degli agenti della sua scorta, non possiamo anche noi rivendicare come una nostra bandiera il rispetto della legalità e della sicurezza, ma non possiamo condividere lo spirito e la sostanza delle tue parole di questi giorni.
Dopo l'incontro di Bari dell'11 luglio
2005 significativamente inserito nell'iniziativa "FORUM NAZIONALE MARE APERTO" in cui i presidenti di quattordici regioni italiane hanno sottoscritto il documento "Superare i CPT, costruire una nuova politica dell'immigrazione" ci sentiamo di sperare dalla politica che ci impegna e ci appassiona, parole nuove su guerra, sicurezza, politica dell'accoglienza e dell'incontro.
Non vogliamo più "muri imbrattati di sangue" siano essi quelli delle strade di Londra o dei sentieri di Bagdad, siano essi quelli del Centro di "Permanenza" Regina Pacis in cui, è stato documentato, gli "ospiti detenuti" sbattevano le testa contro i muri per la disperazione.
Le spiagge, la sabbia libica delle espulsioni irregolari italiane, che hanno causato lo sdegno del Parlamento Europeo e di Associazioni come Amnesty International, sono figlie di quella stessa cultura che produce i proclami sulla "guerra di civiltà" da qualunque parte essi
provengano.
I CPT sono luoghi sempre disumani, di privazione delle libertà personali e la cui blindatura e inaccessibilità causa serie preoccupazioni di legittimità democratica.
Gravosi per le casse dello Stato, ma vero business per i privati che li costruiscono e ne prendono in mano gestione e sorveglianza.
Essi sono deleteri per la nostra società intera, figli di quello "stato di eccezione" da cui il filosofo Agamben ci mette in guardia: un non luogo collettivo che ci rende tutti meno liberi, ed in conseguenza del quale tutti noi possiamo contare su un grado minore di sostanziale democrazia.
Così sulla guerra, siamo davvero così sicuri di voler prolungare indulgenti e pazienti quello che la nostra Costituzione, che in questi mesi abbiamo difeso dagli assalti della destra, non solo "non accetta", ma senza esitazioni "ripudia"?
Siamo sicuri che opporsi ad un ritiro immediato sia un segno di coraggio e non
di debolezza?
Come possiamo in questo "tempo dell'incertezza" ricercare la nostra CERTEZZA a discapito dei diritti degli altri esseri umani?
E' questo realismo politico, di governo?
A noi non pare.
Non piace.
Non piace punire con il carcere persone che nessun reato hanno compiuto se non quello di essere persone.
Non piace vedere una "missione umanitaria italiana" in Irak composta per il 97% da militari.
No, caro Francesco con la richiesta del superamento e della chiusura dei Centri di Permanenza Temporanea per migranti non si tratta di "trasformare l'Italia nel Porto Franco dei trafficanti di persone umane", vogliamo altro.
Vogliamo l'Italia che i nostri nonni sognavano sulle montagne innevate dell'inverno del '44.
E quei partigiani che hanno conosciuto la durezza e l'infamità della guerra sognavano ce lo hanno raccontato anche in questo 25 aprile del sessantesimo anniversario,
un'Italia aperta in cui il nazionalismo e l'egoismo, insieme alla violenza, sarebbero stati superati, forse persino dimenticati.
Sognavano, nella loro pluralità di convinzioni e provenienze, che la guerra e la limitazione dei diritti civili e politici fossero destinate a divenire ricordi, soffenze, disumanità lontane.
In contesti ed in un momento storico differenti, ma, crediamo, mossi dalle stesse convinzioni e dallo stessa visione di comunità, oggi chiediamo la chiusura delle prigioni etniche del nostro tempo.
Su questi sogni e visioni i padri fondatori hanno costruito quell'idea di Europa che oggi gli egoismi nazionali rischiano di rimettere seriamente in discussione.
Tra l'Europa fortezza a cui nemmeno basta più Schengen e l'Europa del Mediterraneo mare aperto, sentiero di pace, noi scegliamo la seconda.
No, non siamo ingenui, solo, alla bandiera di una finta e scricchiolante sicurezza preferiamo
la biandiera bianca di chi, ad ogni certezza, anche e soprattutto attraverso la politica, (parafrasiamo De Gasperi) antepone, senza esitazioni, una società quotidianamente fondata sull'Amore.
Francesco Lauria Presidente Nazionale Europa Plurale per un federalismo globale
Silvia Marcuz Redattrice del sito www.giovaniemissione.it
Luca Rizzo Nervo Vice Presidente Nazionale Giovani della Margherita
Monica Manfredi Giovani della Margherita Emilia Romagna
Luca Barbari Portavoce Giovani per l'Ulivo, Modena
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