STEFANO RODOTA'
- Subject: STEFANO RODOTA'
- From: "Associazione Partenia" <partenia at katamail.com>
- Date: Mon, 13 Jun 2005 14:34:31 +0200
Da Associazione Partenia http://utenti.lycos.it/partenia CULTURA, DEMOCRAZIA, CONSAPEVOLEZZA senza le quali......
"......referendum ... importante, per certi versi
insostituibile, strumento di promozione di consapevolezza
pubblica su questioni d’interesse generale." ..........per evitare la nascita di Stati confessionali, di teocrazie, di dittature portatrici di un’indiscutibile ideologia. "(S.R.)
SE IL PARLAMENTO CONCEDE UN RUOLO CIVILE ALLA CHIESA STEFANO RODOTA'
Protetti dal velo di ignoranza sul
voto referendario, proviamo ad immaginare quale potrebbe o dovrebbe essere la
situazione a partire da questa sera, quale che sia l'esito di quel voto. O forse
da domani mattina, essendo difficile che nei commenti a caldo, appena conosciuto
il risultato, si riesca a mutare dicolpo un clima fin troppo avvelenato. In che
modo dovrebbe riprendere la discussione? Dico riprendere, e non
continuare. Guai, infatti, se toni e argomenti continuassero ad essere quelli
delle ultime settimane, sull'onda del modo aggressivo in cui i difensori della
legge hanno impostato le diverse per evitare la nascita di Stati confessionali,
di teocrazie, di dittature portatrici di un’indiscutibile
ideologia. questioni. E’ vero che il
referendum ha confermato d’essere un importante, per certi versi
insostituibile, strumento di promozione di consapevolezza pubblica su questioni
d’interesse generale. Ma è vero che pure molte rozzezze della discussione sono pure figlie del modo in cui il Parlamento è arrivato ad approvare la legge sulla procreazione medicalmente assistita, senza approfondimenti adeguati, senza un dialogo con l’opinione pubblica, con una attenzione rivolta più agli argomenti della Chiesa cattolica che agli interessi delle persone, delle donne in primo luogo. Lo testimoniano i molti ripensamenti di parlamentari che pure avevano votato la legge. E’ possibile affrontare la fase prossima evitando di rimanere di nuovo prigionieri di approssimazioni e ideologizazioni? Se
consideriamo il cammino percorso in paesi come la Gran Bretagna, la Spagna, la
Francia quando si è deciso di affrontare anche con strumenti legislativi le
questioni della procreazione assistita, riaccorgiamo subito che all’inizio di
quel cammino vi sono rapporti affidati a personalità autorevoli che avevano non
solo o non tanto la funzione di offrire un contributo ai parlamentari, quanto
piuttosto quella di aprire, come in effetti avvenne, una discussione pubblica di
cui tener conto nel momento in cui si decideva di passare all’approvazione della
legge. Il rapporto inglese, affidato ad una studiosa di filosofia morale, Mary
Warnock, viene ancor oggi letto e utilizzato in tutto il mondo; il Rapporto
Palacio è all’origine della legislazione spagnola; e in Frangia, dopo un
importante contributo del Consiglio di Stato, il Rapporto Braibant, le leggi di
bioetica del 1994 si giovarono assai del ricco materiale, anche comparativo,
messo a disposizione dal Rapporto Lenoir. Diversi nelle impostazioni e in molte
conclusioni, tutti questi rapporti avevano però un elemento in comune: la
consapevolezza di quanto fosse complesso, difficile, contorto persino, il
percorso “dall’etica al diritto” (era il titolo del rapporto del
Consiglio di Stato francese). Ci si liberava così dall’illusione e dalla pretesa
pericolosa di un’etica, qualsiasi etica, che agisse in presa diretta sulla
società, usando il diritto come braccio secolare, come inammissibile scorciatoia
autoritaria. E’ vero che il ritmo incalzante delle innovazioni scientifiche e
tecnologiche produce sconcerto, difficoltà sociale nel metabolizzarle. Ma la
risposta, quando si decide di ricorrere al diritto, dovrebbe forse essere
cercata ricordando una vecchia definizione del diritto come “minimo
etico” all’interno di una società. Che non voleva dire
indifferenza per principi o valori forti , ma additava il diritto
come strumento che non può limitarsi a chiudere autoritativamente un conflitto:
deve cercare punti di unione, e su questi costruire la regola,
permettendo così la prosecuzione della discussione e la produzione di più forti
e condivisi valori comuni. Questa
sobrietà non serve soltanto a salvaguardare la laicità dello Stato,per evitare
la nascita di Stati confessionali, di teocrazie, di dittature portatrici di
un'indiscutibile ideologia. E’ la regola della della
democrazia, che si ritrova nell’elogio del compromesso fatto da Hans
Kelsen: “Compromesso significa risoluzione di un conflitto mediante una norma
che non è totalmente conforme agli
interessi di una parte, né totalmente contraria agli interessi dell’altre. Ed è
proprio in virtù di questa tendenza al compromesso che la democrazia è una
approssimazione all’ideale dell’autodeterminazione
completa”. Per l’Italia del dopo referendum non si può auspicare che il cammino riprenda da qualche rapporto, perché comunque è urgente riparare i guasti maggiori già prodotti dalla legge n.40 (e neppure voglio pensare a quali bagarre, lottizzazioni, cancellate e simili si andrebbe incontro nella scelta delle persone alle quali affidare un rapporto del genere). Ma si dovrebbe pretendere il recupero di questo aspetto della democrazia, che significa insieme civiltà del confronto, riscoperta della dimensione propria dell’etica, rinuncia all’uso puramente autoritario del diritto, anzi individuazione dei limiti dello stesso diritto, dunque delle situazioni nelle quali è bene che non entri. Non è cosa facile . Ma bisogna almeno prendere in parola quanti hanno sostenuto che l’astensione serviva proprio a far sì che la legge, improvvisamente sottoposta a cittadini sprovveduti, potesse tornare nelle mani di illuminati legislatori. Se ciò dovesse avvenire, si potrebbe per un momento (ma solo per un momento) dimenticare il disprezzo che così si esprime, al tempo stesso, nei confronti del cittadino e di un istituto , il referendum, attraverso il quale il legislatore ha voluto il popolo come “legislatore negativo” (a proposito: dove sono finiti in queste settimane quelli che in ogni momento invocano il popolo come fonte d’ogni potere?) Si torni in Parlamento, allora. Consapevoli, però del fatto che senza l’iniziativa referendaria gli spiriti critici ed autocritici nei confronti della legge n.40 sarebbero rimasti silenziosi. Questo risveglio è già un’indicazione politica, che obbliga a guardare, al di là degli stessi quesiti referendari, all’intera legge, perché non si tratta tanto di rimediare a questa o a quella sua imperfezione, ma di cercare almeno di renderla non del tutto incompatibile con l’essenzialità del ruolo femminile in tutto il processo procreativo, con principi come quello dell’eguaglianza, con i diritti come quello alla salute. Questo vuol dire far cadere i divieti riguardanti la fecondazione eterologa, l’obbligo di impianto degli embrioni, la diagnosi reimpianto. La discussione resa possibile dai referendum, infatti, ha mostrato che sono superabili le obiezioni alla fecondazione eterologa, riconoscendo eventualmente il diritto alla conoscenza dell’identità del donatore e sicuramente la conservazione delle sue informazioni genetiche; che le linee guida ministeriali hanno solo in parte superato l’assurdo obbligo di farsi impiantare gli embrioni prodotti; che proprio la caduta di quest’obbligo ripropone il tema della diagnosi reimpianto, che potrebbe ad esempio essere introdotta con le cautele previste dalla recentissima legge francese. Ma le discussioni hanno pure mostrato l’insostenibilità di un divieto di ricerca sulle cellule staminali esteso anche agli embrioni congelati. E hanno fatto nitidamente emergere come siano possibili forme differenziate ed adeguate di tutela delle forme di vita a partire dal concepimento, ponendo così le premesse per abbandonare la secca equiparazione tra concepito e persona: si riaprirebbe così la feconda discussione già avviata sullo statuto dell’embrione e si eviterebbe il rischio di giocare la legge sulla procreazione assistita contro quella dell’aborto. Ma né il
voto referendario, quale che sia, né una possibile ripulitura parlamentare
possono far venir meno il
controllo di costituzionalità sulla legge. Basta ricordare
soltanto che i divieti riguardanti l’accesso alle tecnologie della riproduzione
da parte delle donne sole o di coppia non sterili con rischio di
trasmissione di malattie genetiche
appaiono sicuramente in contrasto con il principio di eguaglianza e con il
diritto fondamentale alla salute. E già si annunciano ricorsi alla Corte
costituzionale, che sarà dunque la sede dove la legge nel suo insieme
troverà ulteriori e molteplici occasioni per verificarne proprio la
compatibilità con principi di base del nostro sistema. |
- Prev by Date: 25/06 Campobasso: LE LOTTE SOCIALI NON SI ARRESTANO!!!
- Next by Date: Ministri degli esteri dell'UE discutono sull'embargo alla vendita di armi alla Cina
- Previous by thread: 25/06 Campobasso: LE LOTTE SOCIALI NON SI ARRESTANO!!!
- Next by thread: Ministri degli esteri dell'UE discutono sull'embargo alla vendita di armi alla Cina
- Indice: