cantiere per il futuro



Il Cantiere per il futuro

Dobbiamo sbrigarci? In effetti, il tragicomico crepuscolo della maggioranza
berlusconiana potrebbe accelerare le elezioni politiche. In quel caso,
succederebbe che - stiamo ragionando come i notisti politici dei maggiori
quotidiani - l'Unione del centrosinistra andrebbe alle urne, con ogni
probabilità per vincere, non avendo sciolto alcuni nodi dei suoi rapporti
interni. Prima di tutto, il programma. O, per dirla in modo più umano,
avendo chiarito a se stessa e agli elettori che cosa vuol fare una volta al
governo. In sostanza, si voterebbe per l'Unione principalmente per
togliersi dai piedi Berlusconi e la sua ex banda, più che per un'intenzione
positiva su come rimettere mano a un paese saccheggiato dal liberismo
sbracato della destra.
D'altra parte, sempre ragionando come un giornalista politico, è evidente
come le elezioni regionali e comunali abbiano - nel risiko della politica -
spostato il rapporto di forza dalla cosiddetta "sinistra radicale" a favore
di quella cosiddetta "riformista": perché l'impossibile geometria
dell'unione tra stati maggiori "radicali" proposta da Alberto Asor Rosa si
è arenata; perché Rifondazione, che pure fa del rapporto con i movimenti e
la società civile la condizione necessaria per la costruzione del
programma, è apparsa indebolita dal voto [ovvero, al di sotto delle
aspettative e del voto europeo]; perché l'"effetto Vendola" appare [non è,
ma l'apparenza è sostanza, in quel risiko] compensato dall'"effetto
Cacciari", ossia dalla possibilità - per il "centro" rutelliano - di fare
addirittura a meno dei suoi alleati di sinistra. Qui l'apparenza è doppia,
perché Cacciari Massimo non ha vinto a Venezia unendo tutti gli
antiberlusconiani e, di qui, andando oltre, come in Puglia; all'opposto, ha
vinto rompendo gli antiberlusconiani e unendo la destra, diventando così il
simbolo vivente di come possa benissimo crearsi un centrosinistra per
politiche di destra.
E il punto è infatti qui. Dalle interviste di Fassino e Rutelli, a un certo
dibattito nella Fabbrica del Programma di Prodi, fino alla campagna del
Corriere della Sera per imporre come guiru economico del futuro governo un
super-liberista [ancorché gran signore che si esprime in modo educato] come
Mario Monti, i grandi gruppi di interesse politici, economici e finanziari
stanno creando il clima adatto perché l'inevitabile dopo Berlusconi sia sì
più razionale, magari un po' più attento alle "fasce deboli", più
costituzionalmente corretto, meno volgarmente fuori dall'Unione europea e
dentro la stanze di servizio della Casa bianca, ma pienamente liberista.
Del resto, le intenzioni sono esplicite. Bisogna - ha detto per esempio il
segretario dei Ds - "privatizzare i servizi di pubblica utilità". Proprio
quel che sta provocando la ribellione dei francesi, che diranno con tutta
probabilità "no" alla Costituzione europea nel referendum del 29 maggio
[una vicenda tanto importante, che solo il Corriere della sera se ne sta
occupando, e, scusate l'arroganza, Carta, che dedica alla vicenda francese
la copertina del prossimo numero].
Bene, proviamo a rovesciare il punto di vista e mandiamo i notisti politici
dove meritano: alla buvette di Montecitorio a fare pappa-e-ciccia con i
poltiici di ogni colore. Tra il 2001, per lo meno, e oggi, cioè dal momento
in cui Berlusconi ha vinto le elezioni, in Italia vi è stata una sola,
autentica opposizione: quella sociale. Anzi, più che una opposizione,
quella di reti, movimenti e società civile è stata, vista la "catastrofe
antropologica" [come dice Marco Revelli] rappresentata dal berlusconismo,
un'altra proposta di civilizzazione. Quella dell'accoglienza dei migranti,
del rifiuto della guerra e per politiche di pace, quella dei beni comuni,
dell'informazione indipendente e comunitaria, della democrazia
partecipativa, e così via. Ora, ci si può aspettare che il Corriere della
sera [non parliamo nemmeno di Repubblica, che per ricucire con gli Stati
uniti butta a mare Giuliana Sgrena e la memoria di Nicola Calipari]
intervistino, con la stessa evidenza di Mario Monti o di Francesco Rutelli,
ad esempio, Luigi Ciotti o Riccardo Petrella?
Dunque, in questi anni abbiamo costruito relazioni, sperimentazioni,
intessuto una trama di luoghi. Possibile che, tramontato Berlusconi, tutto
questo debba continuare, regnando il centrosinistra, ad essere solo
qualcosa che è semplicemente fuori della politica? Sì, è possibile. Anzi, è
la condizione necessaria perché si sviluppi, approfondisca il suo discorso,
sia in grado di aprire conflitti. Ma perché rinunciare in partenza a
influire anche sulla politica?
Magari, si potrebbe constatare che il liberismo di cui il centrosinistra,
la sua parte maggioritaria, dovrebbe diventare l'esecutore materiale, è in
crisi: nel senso che il gioco non funziona più, non produce consenso e
provoca disastri sociali multipli. Che dunque - nonostante i mantra privi
di senso che molti leader dell'Unione vanno ripetendo, perché così "si
accreditano" presso istituzioni e poteri transnazionali - adottare
politiche radicalmente diverse è necessario, è urgente ed è anche
possibile. Perché le altre soluzioni - che il centrosinistra prima di
Berlusconi ha sperimentato tutte, dai migranti alla scuola, dalla
flessibilità alla guerra - sono evidentemente fallimentari.
Il momento è molto importante. Non solo perché Berlusconi sta aggrappandosi
a Palazzo Chigi. Ma perché il movimento - se esiste - deve dire la sua
parola, e dirla in modo chiaro e convincente. Come è noto, Carta non vale
quasi niente, non ha milioni di elettori [e neanche di lettori], e non
capisce un gran che di quella scienza iniziatica che è la politica. Ma una
cosa ci è chiara: se il cantiere che abbiamo promosso con altre riviste e
molte organizzazioni sociali grandi e piccole ottiene che Prodi venga -
venerdì 6 maggio - ad escoltare quel che noi pensiamo sul lavoro, i
migranti, la pace, i beni comuni, il welfare e la comunicazione, e questo
nonostante lo stile della Fabbrica del Programma sia l'opposto, venite e vi
ascolteremo, se abbiamo questa occasione, cui guarderanno tutti i media
[perché c'è il futuro presidente del consiglio], sarebbe semplicemente
stupido sprecarla. Almeno, quando il nuovo governo si rifiuterà di abolire
i centri di detenzione per migranti, potremo dire: li avevamo avvertiti,
che non è la cosa giusta da fare, e potremo protestare, come abbiamo fatto
negli anni di Berlusconi, con maggiore tranquillità d'animo e una maggiore
capacità di farlo insieme.
Dunque - per favore - organizzatevi, prendete un treno, partecipate alla
cosa che - di qui in avanti - dovrebbe chiamarsi "Cantiere per il futuro".
E, ancora meglio, facciamo nascere cantieri dappertutto, su ogni emergenza
sociale.

Pierluigi Sullo



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