sospensione - sondaggio



Cari amici,
                    ricevete questo messaggio supplementare al nostro
Foglio di Collegamento 126 per due ragioni.

Prima di tutto vi comunico con sollievo che l'esecuzione di Pablo Melendez
- in favore del quale abbiamo inviato appelli alle autorità del Texas - e'
stata SOSPESA all'ultimo momento. Vi faremo conoscere i particolari della
vicenda di Melendez nel prossimo numero.

Vi ricordo inoltre il delicato SONDAGGIO di opinioni proposto da Kenneth
Foster sulla resistenza fisica alle esecuzioni capitali. Ci sono subito
arrivate risposte articolate e meditate ma vorremmo un riscontro da un
elevato numero di lettori in modo da poter fare una statistica
significativa. Da quasi due anni Kenneth si impegna per il nostro
bollettino inviandoci ogni mese un suo scritto pieno di riflessioni
interessanti e spesso ricco di sentimento: mi pare sia giusto e bello
cercare di rispondere ad una sua precisa richiesta di confronto di
opinioni. Comunicateci per favore il vostro parere anche in modo molto
schematico. (Se volete rileggere l'articolo di Kenneth prima di rispondere,
lo potete trovare incollato qui sotto.)

Secondo voi il condannato:
1)  non deve opporre nessun tipo di resistenza e collaborare con le guardie
nella procedura di esecuzione capitale;
2)  deve opporre solo un resistenza passiva rigorosamente non violenta (per
esempio stendendosi sul pavimento e rifiutandosi di camminare sulle proprie
gambe),
3) deve lottare attivamente contro le guardie fino a che queste ultime non
riescano ad immobilizzarlo.
4) altro...

Cordiali saluti
Grazia Guaschino

RESISTERE FISICAMENTE ALL'ESECUZIONE? DITEMI LA VOSTRA OPINIONE

Questa volta il nostro amico Kenneth ci propone un quesito molto serio - al
centro di un dibattito nel braccio della morte del Texas - che induce ad
una approfondita riflessione sulla pena capitale. Siete tutti invitati a
rispondere sinceramente alla domanda posta da Kenneth che ha confini e
risvolti delicati. Per rispondere potete inviare una e-mail a
prougeau at tin.it o scrivere al Comitato Paul Rougeau - Casella Postale 11035
- 00141 Roma Montesacro

Cari amici, ciao a tutti. C'e' stata una discussione molto importante tra
noi detenuti qui. Di fatto non e' un argomento nuovo. Ogni tanto torna a
galla. Non voglio solo farvene partecipi come spettatori, ma mi piacerebbe
sapere che cosa ne pensate VOI. Per me e' importante avere contatti con voi
perche' senza persone come voi non ci sarebbe il movimento abolizionista.
Per questo i vostri pensieri e le vostre idee hanno molta importanza per
noi. Ci deve essere lavoro di squadra fra NOI qui dentro e VOI fuori. Non
dobbiamo farci scrupoli di parlare sinceramente. Dobbiamo trovare un
accordo, muoverci nella stessa direzione, questo determina l'importanza
dell'articolo che scrivo oggi.
   La discussione e' sorta sulle ragioni per cui uomini che vengono
condotti alla loro esecuzione, non combattono fisicamente. Nella storia del
braccio della morte del Texas ce ne sono stati pochissimi che si sono
battuti rifiutandosi di camminare docilmente verso l'esecuzione. Per quelli
che si sono battuti sono stati usati mezzi di coercizione simili a quelli
che ho subito io lo scorso anno (e di cui ho parlato nei nn. 121 e 122).
Uno dei più noti combattenti è stato Shaka Sankofa, il condannato sostenuto
dal Comitato Paul Rougeau. Emerson Rudd e Ponchai Wilkerson furono altri
due. Nel 1999, quando eravamo ancora alla Ellis One Unit, assistei
personalmente alla lotta fisica di Desmond Jennings, quando fu trascinato
alla sua esecuzione. Lo attaccarono con il gas per tre volte, mentre
lottava con cinque guardie e veniva trascinato verso la morte.
Quest'immagine non ha mai abbandonato la mia mente. E dopo tutto, come
potrei dimenticare: sono negli stessi suoi panni. A quell'epoca scrissi un
articolo su questo fatto intitolato "Il momento è adesso". Di che cosa
parlava l'articolo? Esprimeva l'opinione che ogni uomo fisicamente in forze
dovrebbe lottare! I più vecchi o quelli che non sono in grado di battersi,
penso dovrebbero almeno coricarsi a terra e rifiutarsi di camminare verso
l'esecuzione. Allora sentivo, e sento tuttora, che ADESSO è il momento per
noi di dimostrare alla societa' che le nostre esecuzioni non vanno bene e
che noi non le accettiamo!
   E' mia opinione che se la societa' vedesse ogni uomo battersi contro la
sua esecuzione questo attirerebbe la loro attenzione. Sono certo che
sarebbe anche scioccante. Li farebbe davvero meditare su queste procedure e
dimostrerebbe che uomini qui amano la loro vita e non vogliono essere
uccisi. Perche' le persone fuori dovrebbero opporsi a qualcosa a cui non
resistiamo noi? Non posso togliermi l'impressione di disgusto quando vedo
un uomo camminare liberamente verso il lettino di esecuzione. E' come se
dicesse: "Ehi, per me va bene che mi ammazziate oggi." Penso che ogni
persona che scrive articoli alla gente, agli attivisti, ai gruppi,
chiedendo aiuto perche' gli venga salvata la vita, poi si gira e cammina
verso l'esecuzione e consuma l'ultimo pasto, questa persona da' un segnale
di vita contraddittorio. Se non vuoi combattere per dimostrare che la tua
vita vale qualcosa, o almeno compiere una piccolissima protesta giacendo
sul terreno e costringendoli a trasportarti (invece di camminare con le tue
gambe verso la morte) allora come puoi un giorno si' e uno no scrivere alle
persone che la tua vita merita di essere salvata?
    Noi condannati dobbiamo sacrificarci per coloro che vengono dopo di
noi. [...]   
   Arrendersi suona molto egoistico. Se uno sa che sta per essere
"giustiziato", perche' non compiere un gesto che sia una dichiarazione nei
riguardi di tutta l'umanita', alla societa', al movimento abolizionista,
che dimostri che cio' che avviene e' sbagliato? Non sono ancora risuscito
ad avere una chiara risposta.
   Per quanto mi riguarda, non ho alcun dubbio che se mi trovassi in quella
situazione lotterei! Prego di non trovarmi mai in quella situazione e sto
lottando politicamente per non arrivarci. Ma "IO" non esitero' mai a
dimostrare che la mia vita vale qualche cosa. Alcune persone sono d'accordo
con me.
   A voi che leggete questo mio articolo, chiedo di utilizzare 10 minuti
del vostro tempo per inviare una e-mail al Comitato Paul Rougeau. [...]