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Rassegna Stampa - Il Manifesto - Febbraio 2005
- Subject: Rassegna Stampa - Il Manifesto - Febbraio 2005
- From: Progetto Banca Dati - Sportello Legalità <ed.legalita at regione.toscana.it>
- Date: Mon, 14 Mar 2005 16:52:45 +0100
Salve, segnalo i seguenti articoli tratti dal quotidiano "il manifesto" nel mese di Febbraio 2005. A presto, Micaela Beatini Regione Toscana Progetto Banca dati - Sportello Legalità C/o Centro di documentazione Cultura Legalità Democratica Via Val di Pesa, 1 50127 - Firenze Tel. 055. 4382248 Fax 055. 4382280 E-mail <mailto:ed.legalita at mail.regione.toscana.it>ed.legalita at mail.regione.toscana.it ****************************************** il manifesto - 08 Febbraio 2005 SOCIETÀ pagina 11 PALERMO Nessuno denuncia, chiude l'antiracket Chiude dopo un solo anno di vita a Palermo il telefono anti-racket istituito dalla Confcommercio. In 12 mesi una sola chiamata è giunta al centralino, per giunta da parte di un commerciante che chiedeva informazioni. Il servizio era stato allestito per aiutare gli esercenti a combattere l'estorsione. Secondo le stime ufficiali a Palermo, più del 70% dei commercianti paga il pizzo alla mafia. ****************************************** il manifesto - 09 Febbraio 2005 SOCIETÀ pagina 13 CASO ALPI Bulgarelli lascia, con due consulenti Sono le ennesime dimissioni dalla Commissione Ilaria Alpi e rischiano di non essere le ultime. Ieri Mauro Bulgarelli dei Verdi e i due giornalisti di Famiglia Cristiana che da sempre seguono il caso Alpi - Barbara Carazzolo e Luciano Scalettari, fino a ieri consulenti nominati dall'opposizone - hanno annunciato le proprie dimissioni dal gruppo di inchiesta presieduto da Carlo Taormina. Bulgarelli l'ha fatto in polemica con la perquisizione ordinata proprio dalla commissione la scorsa settimana ai danni di Maurizio Torrealta, il cronista di Rainews 24 che da sempre lavora sulla morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e che ha definito «offensivo» l'accaduto. Ancora più nette sono state le dichiarazioni di Luciano Scalettari: «Un consulente mi ha detto che l'obiettivo della commissione è "destrutturare" il contenuto dei libri sul caso Alpi. I testi in questione non sono molti, uno è il nostro e l'altro è quello di Torrealta». E c'è chi comincia a pensare che la scelta del presidente Taormina di puntare sulla ipotesi di un ruolo del fondamentalismo islamico nell'assassinio dei due giornalisti Rai, non sia casuale. Nigrizia ha pubblicato sul numero di febbraio un articolo molto esplicito, «Sismigate», parlando di una «guerra interna al Sismi, nella gestione dell'affaire Alpi». L'unica conclusione a cui è giunta la commissione fin'ora è una indagine a Perugia per falsa testimonianza contro l'ex procuratore di Roma Vecchione e il pm De Gasperis. Il tema è lo spostamento del fascicolo «Alpi» dall'ufficio del pm Pititto a quello di Franco Ionta, storia in cui Pititto fu difeso proprio da Taormina. ****************************************** il manifesto - 12 Febbraio 2005 SOCIETÀ pagina 10 La mafia corre sul Ponte Cinque arresti tra Italia e Canada. Volevano infiltrarsi negli appalti per la grande opera ROMA Quando ha visto gli agenti venuti per arrestarlo si è barricato nella sua bella casa ai Parioli e per tirarlo fuori è stato necessario l'intervento dei vigili del fuoco. Alla fine però Giuseppe Zappia, 80 anni, ha dovuto arrendersi. Nonostante l'età, per gli inquirenti sarebbe l'ingegnere dei boss, l'uomo a cui il capomafia Vito Rizzuto, in prigione a Montreal, Canada, aveva affidato il compito di riuscire a entrare negli appalti per il ponte sullo Stretto di Messina. Cosa che lui avrebbe cercato di fare grazie a una società, la «Zappia international» e alla complicità di una serie di personaggi sparsi tra Roma, l'Inghilterra e il Canada, persone che l'anziano ingegnere convocava periodicamente nella capitale per una serie di riunioni organizzative. Gli affari, per Zappia e la sua organizzazione, sono però finiti ieri con l'emissione da parte della procura di Roma di cinque ordini di custodia cautelare. Le manette, oltre per Zappia e Rizzuto, quest'ultimo già detenuto, sono così scattate intorno ai polsi del broker Filippo Ranieri, residente a Montreal, dell'imprenditore Sivaliugam Sivabavanandan, domiciliato a Londra e dell'arabo-parigino Hakim Hammoudi, tutti accusati di associazione mafiosa. Le indagini hanno preso il via due anni fa, dopo una richiesta da parte del ministero degli Interni di scoprire eventuali infiltrazioni mafiose nelle 21 grandi opere in cantiere, ponte sullo Stretto compreso. Ben presto però, l'attenzione degli investigatori si concentra su Zappia e la sua società, «quando in alcuni ambienti imprenditoriali circolò la notizia dell'interessamento dell'imprenditore franco canadese agli appalti sul ponte tra Calabria e Sicilia», come spiega Paolo Giovanni Maria La Forgia, capo del centro operativa della Dia di Roma. Zappia si rivela ben presto un personaggio di spicco nell'organizzazione. Di origini calabresi, dopo aver lavorato in Canada e negli Emirati Arabi alla realizzazione di grandi opere, nella negli anni 90 si trasferisce in Italia, scegliendo di vivere a Roma. Secondo gli investigatori, Zappia sarebbe alle dipendenze di Vito Rizzuto, boss emigrato in America e la cui famiglia mafiosa si sarebbe staccata negli ultimi anni da quella dei Bonanno di New York. Rizzuto, di cui parlando quattro pentiti americani, avrebbe però mantenuti legami stretti in Sicilia con la famiglia Cuntrera. Anche se in carcere a Montreal con l'accusa di omicidio, Rizzuto non avrebbe mai smesso di gestire gli affari illegali della famiglia, dedicata soprattutto al traffico di droga, tanto da avere l'esigenza di riciclare un'ingente quantità di denaro,. proprio per questo, tre anni fa avrebbe dato ordine a Zappia di trovare un mezzo per entrare nella costruzione del ponte sullo Stretto. A ottobre scorso, Zappia partecipa con la sua società, la «Zappia international», a una gara di prequalifica per la costruzione del ponte, pur non avendo i requisiti per superare la selezione «tecnica», visto che la sua è una società a responsabilità limitata. «Era un modo per entrare comunque in contato con le altre ditte che partecipavano alla gara e stringere così alleanze», spiegano gli inquirenti, secondo i quali obiettivo della banda sarebbe stato quello di impossessarsi dei guadagni derivanti dal pedaggio del ponte, quando e se questo verrà mai realizzato. Soddisfazione per l'operazione è stata espressa dall'amministratore delegato della Società Stretto di Messina, Pietro Ciucci, mentre per Giuseppe Lumia, capogruppo Ds in commissione Antimafia, «l'interesse da parte di una cosca così forte e con ramificazioni internazionali fa crescere le nostre preoccupazioni rispetto alla realizzazione di un'opera che scatenerà molti appetiti». ****************************************** il manifesto - 15 Febbraio 2005 SOCIETÀ pagina 10 ANTIMAFIA Si dimette Umberto Santino Umberto Santino, presidente del Centro di documentazione Peppino Impastato di Palermo, si è dimesso da consulente della Commissione parlamentare antimafia. Lo ha comunicato con una lettera indirizzata all'organismo bicamerale presieduto da Roberto Centaro. Santino ricopriva l'incarico dal marzo del 2003 e oggi accusa che da allora «nessuna comunicazione mi è stata data sui lavori della Commissione e non mi è stato assegnato nessun incarico». E il presidente del centro, dedicato al fondatore di Radio Aut ucciso dalla mafia il 9 maggio del 1978, sottolinea anche che nella come un suo scritto sarebbe stato usato in maniera «scorretta» «relazione annuale della Commissione, presentata nel luglio del 2003». Lo studioso, critico anche nei confronti dell'opposizione, contesta infine la presenza in commissione di «personaggi inquisiti o condannati per mafia e corruzione».
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