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"Seguendo l'esempio del popolo iracheno, non abbiamo nessuna intenzione né di farci stuprare né di venderci al nemico."
- Subject: "Seguendo l'esempio del popolo iracheno, non abbiamo nessuna intenzione né di farci stuprare né di venderci al nemico."
- From: Joe <flespa at tiscali.it>
- Date: Tue, 08 Feb 2005 14:16:27 +0100
Da: itacampo Data: Tue, 08 Feb 2005 13:43:31 +0100 Oggetto: SIAMO TUTTI FASCISTI? http://www.antiimperialista.org Notiziario del Campo Antimperialista .... 8 febbraio 2005 itacampo at antiimperialista.org MANIFESTIAMO IL 19 MARZO! IL CAMPO ANTIMPERIALISTA ACCOGLIE LA PROPOSTA FATTA DALLO I.A.C. STATUNITENSE E DALLA RETE EUROPEA DEI COMITATI IRAQ LIBERO A MANIFESTARE SABATO 19 MARZO NEL SECONDO ANNIVERSARIO DELL¹AGGRESSIONE IMPERIALISTA ALL¹IRAQ. FINIAMO LA GUERRA! CON IL POPOLO IRACHENO CHE RESISTE! FUORI LE TRUPPE DALL¹IRAQ! (APPELLO SU: http://www.iraqlibero.at) Porto Alegre: manifestazione per la Resistenza irachena. Reportage di Berta Joubert-Ceci and John Catalinotto dell¹I.A.C. (USA) http://www.antiimperialista.org/view.shtml?category=9&id=1107809617 Spagna: i parlamentari di Izquierda Unida e dei Verdi presentano interrogazione congiunta al governo sul caso Jabbar al-Kubaisi http://www.antiimperialista.org/view.shtml?category=9&id=1107643721 Condoleezza Rice non e¹ benvenuta in Turchia. Manifestazione antimperialista http://www.antiimperialista.org/view.shtml?category=30&id=1107783524 Questo Notiziario contiene: 1. DA BAGDAD PER GIULIANA SGRENA 2. CARO LETTA, NON C¹E¹ PROBLEMA 3. SIAMO TUTTI FASCISTI? 1. DA BAGDAD PER GIULIANA SGRENA Il rapimento della Sgrena ha dato subito la stura a nuovi virulenti attacchi alla Resistena irachena e alla causa della liberazione. Questo linciaggio si e¹ ben presto sbriciolato. Ora si parla, sommessamente, di banditismo comune o di... banditismo guerrigliero. Che certi sequestri siano opera della controguerriglia di Negroponte e¹ invece un inviolabile tabu¹. Non solo noi ma tutti gli iracheni pensanti accusano invece le forze paramilitari filoamericane, le quali hanno contatti strettissimi con diverse cosche malavitose sunnite. Ci sara¹ pure una ragione, una logica, dietro ai sequestri recenti, le cui vittime sono stati giornalisti di sinistra, o pacifisti, o reporter di paesi ostili all¹aggressione. Come mai nessun pennivendolo americano o filoamericano (e in Iraq ce ne sono a spasso alcune dozzine) sono stati rapiti? Ai nostri lettori offriamo una importante testimonianza, quella dell¹amico Muhamad T.A., Direttore Esecutivo del Centro Studi sui Diritti Umani e la Democrazia di Fallujah ma da mesi residente a Bagdad e che Giuliana ben conosceva: «Cari amici del Campo Antimperialista, Stiamo cercando di fare del nostro meglio per la liberazione della giornalista italiana, ma lei stava lavorando con i rifugiati di Falluja, a Ghaderia (Università di Baghdad) e noi pensiamo che questo rapimento sia stato fatto per evitare di far conoscere la verità circa la pessima situazione dei civili di Falluja. Notate che questo luogo è considerato particolarmente sicuro dal governo iracheno e al suo interno si trovano molte abitazioni di alti dirigenti governativi e diverse caserme della polizia irachena. Come è possibile per qualsiasi gruppo rapire questa giornalista senza la complicità del governo? (...) Giuliana ha sempre documentato in modo professionale la violenza dell¹occupazione. Durante l¹aggressione e¹ stata tra i primi giornalisti occidentali a scrivere sui migliaia di casi di civili colpiti descrivendo come gli iracheni venivano uccisi dalle forze armate americane. Giuliana ha duramente condannato le violazioni dei diritti dei detenuti con particolare attenzione al dramma dei bambini. Lei ha sempre rispettato le tradizioni e la cultura irachene e le sue interviste provavano quanto fosse rispettosa per il nostro paese e il nostro popolo. Era sempre pronta ad ascoltare con umilta¹ e ad imparare da coloro che intervistava. Arrivo¹ a Bagdad il 24 gennaio per testimoniare la verita¹ sulla farsa delle elezioni ed e¹ stata rapita subito dopo aver visitato il campo dei profughi scappati da Falluja, come sempre Giuliana voleva dire la verita¹ sulle condizioni dei profughi e sulla tragedia che subiscono. Da oggi il mondo sara¹ meno informato sul dramma dell¹occupazione in Iraq». Bagdad, 5 febbraio. Cordiali saluti Con affetto Muhamad T.A. Direttore Esecutivo Studies Center of Human Rights & Democracy Iraq - Fallujah Iraq 2. CARO LETTA, NON C¹E¹ PROBLEMA Il governo Berlusconi fara¹ del tutto per salvare la vita a Giuliana Sgrena. Che voglia fare un¹altra bella figura, come accadde con le due Simone, non ne dubitiamo. Così, per pararsi il di dietro e mettere in piedi il baldacchino dell¹italica Union sacree¹, ha sguinzagliato il factotum del primo ministro, Gianni Letta, a destra e a sinistra, piu¹ che altro a sinistra, financo a casa di Fausto Bertinotti. Tutti uniti (ricordate l¹inciucio del 8 setembre?) quando c¹e¹ di mezzo la vita di un compatriota. Letta chiede l¹avallo. Ma l¹avallo a che cosa? A lasciar lavorare i servizi di sicurezza italiani in Iraq, che con la loro astuzia levantina, i soldi di Berlusconi e le dritte degli americani, hanno gia¹ risolto un paio di casi importanti. In questo pellegrinaggio a sinistra Gianni Letta ci ha inviato, via Corriere della Sera, un chiaro avviso: leggiamo: «Letta ha chiesto (a Bertinotti e Fassino, ndr) interventi piu¹ o meno diretti per impedire qualsiasi tentativo di negoziato parallelo che potrebbe pregiudicare il buon esito della vicenda. C¹e¹ il timore che alcune formazioni della sinistra estrema, le stesse che piu¹ volte hanno manifestato solidarieta¹ alla resistenza irachena, si muovano per cercare un collegamento e per accreditarsi come medioatori. Proprio come fece il leader del Campo Antimperialista Moreno Pasquinelli durante il sequestro di Agliana, Stefio e Cupertino. Azioni di questo tipo, avrebbe spiegato Letta, ³devono essere scoraggiate. Occorre ricreare invece il clima di collaborazione che segno¹ il sequestro di Simona Parie Simona Torretta, per arrivare a scelte condivise anche su un eventuale pagamento di riscatto o sull¹impegno dell¹Italia per soddisfare possibili istanze di tipo politico². (Corriere del 7 febbraio) Davvero interessante. La Sarzanini non solo si lascia scappare la bestemmia (Resistenza irachena) ma pure conferma cio¹ che sempre abbiamo denunciato, ovvero che in almeno due occasioni il governo ha pagato dei riscatti generosi (in barba allla conclamata linea della fermezza --alibi per i fessi). Stabilisce infine la cosa piu¹ importante: che sulla vicenda irachena, al di la della piazzate in Parlamento, il governo agisce di concerto con l¹Ulivo, PRC compreso. Dobbiamo pero¹ deludere Letta, ne¹ Fassino ne¹ Bertinotti hanno alcuna possibilita¹ di condizionare la nostra linea di condotta. E tuttavia deve stare tranquillo: non ci sara¹ alcuna nostra interferenza nella vicenda della Sgrena, per la semplice ragione che non puo¹ esserci. E non puo¹ esserci perche¹ i raggruppamenti resistenti con cui il Campo e¹ in contatto combattono si contro gli occupanti ma non si dedicano ai sequestri, men che meno di giornalisti pacifisti. Noi siamo agli antipodi di chi ha compiuto questo rapimento, ovvero la controguerriglia agli ordini dei servizi segreti di Allawi-Negroponte. 3. SIAMO TUTTI FASCISTI? ABBIATE PAZIENZA E FORTI CAPACITA¹ DIGESTIVE, LEGGETE ATTENTAMENTE QUEST¹ARTICOLO APPARSO SULLA PRIMA PAGINA DEL Corriere della Sera di Lunedì 7 Febbraio 2005. I fascisti di Bagdad L Iraq e il crollo degli stereotipi Di Pierluigi Battista "Sul New York Times, Thomas L. Friedman ha definito 'fascisti' gli 'insorti' iracheni che si oppongono con le armi del terrore al nuovo governo di Bagdad e hanno minacciato di morte chiunque partecipasse alle elezioni. Non guerriglieri, o terroristi, o 'resistenti', secondo le distinzioni imposte dall'oramai stucchevole disputa terminologica che ammorba il dibattito italiano, non senza la coda di drammatiche baruffe giudiziarie. Ma 'fascisti', semplicemente e brutalmente 'fascisti'. Si annuncia, con l'irrompere di questa definizione, non solo la crisi di una similitudine storica entrata di prepotenza nella consuetudine linguistica, ma il tracollo di un quadro concettuale che ha sinora fornito la più frequentata chiave interpretativa della vicenda irachena, dall'inizio della guerra in poi. Se poi si aggiunge il giudizio formulato da Piero Fassino, secondo il quale «resistenti» sono piuttosto gli iracheni che si sono recati alle urne e non quelli che ne hanno promesso la morte nel caso si fossero avvalsi del loro nuovo diritto democratico, si può capire che lo straordinario esito della mobilitazione elettorale in Iraq ha traumaticamente sconvolto l'attitudine politico-culturale sin qui dominante, costringendo a ribaltare persino il senso delle vecchie analogie storiche. L'evocazione della 'Resistenza' come paradigma esplicativo della lotta armata antiamericana in Iraq non è infatti solo un richiamo simbolico o una pur logora suggestione storiografica, ma rappresenta inevitabilmente una rilettura della vicenda irachena secondo un modulo che tende a distribuire con perentorietà il ruolo dei 'buoni' e dei 'cattivi'. Implica infatti che le truppe d''occupazione' angloamericane incarnino un ruolo storicamente simile a quelle tedesche in Italia nel '43-45 e assegna ai 'resistenti' uno status politico e morale simile a chi, in quel biennio cruciale, si batteva per la libertà, l 'indipendenza' del Paese e la cacciata dell'invasore. Il voto della scorsa settimana ha drasticamente sbriciolato questa chiave di lettura e non solo perché è comunque un'enormità paragonare ai 'partigiani' i decapitatori e i seminatori di terrore che infestano l'Iraq. Questo si sapeva da prima, e infatti non sono stati molti a seguire Gianni Vattimo quando ha gratificato Al Zarkawi del nobilitante epiteto di «partigiano». Queste elezioni abbracciate con tanto entusiasmo dal popolo iracheno hanno invece reso quel paragone improponibile perché fanno somigliare l'Iraq del 2005 sì all'Italia, ma all'Italia del dopo 25 aprile 1945 o, se si preferisce, a quella parte d'Italia progressivamente liberata ('occupata', ma 'liberata') dagli Alleati ancor prima del 1945. Con la conseguenza che i 'resistenti' appaiono più simili ai combattenti di Salò che ai 'partigiani', testimoni armati di un passato che oppongono certo 'resistenza', ma resistenza alla democrazia e alla nuova libertà. 'Fascisti' come li ha definiti Friedman, appunto: in senso tecnico, se si vuole, e non per attribuire connotati demonizzanti al nemico. Con la conseguenza che questo cambio di prospettiva dovrebbe suggerire il risarcimento simbolico per quegli osservatori di sinistra, da Bernard Lewis a Oriana Fallaci, da Paul Berman a Andrew Sullivan a Fiamma Nirenstein, che nel mondo e in Italia si sono affannati a definire, in solitudine e spesso accompagnati dal dileggio, 'antifascista' la guerra contro Saddam e per l'Iraq libero." Molti lettori ricorderanno la tempesta che ci venne scatenata addosso prima durante e dopo la manifestazione del 13 dicembre 2003: CON IL POPOLO IRACHENO CHE RESISTE. Tutti i giornali di regime, ma anche il manifesto e Liberazione, come pure alcune frangie dell¹estrema sinistra, sbraitarono contro la ³manifestazione rosso-bruna². Ancora adesso ci sono degli imbecilli che affermano che quella coraggiosa manifestazione era organizzata assieme ai nazisti. Bene. Mai come in quest¹articolo era stato espresso in chimica purezza quale sia il paradigma, l¹argomento simbolico dei manipolatori delle menti, dei columnist di Sua maesta¹: gli americani sarebbero costitutivamente, per divina missione, dei liberatori, di converso, chiunque rifiuti di farsi ³liberare² manu militari è un fascista, un repubblichino. Fascisti sarebbero tutti coloro che hanno combattuto in armi contro le numerose aggressioni yankee e dei loro scherani. Sarebbero stati fascisti i comunisti coreani o vietnamiti, i movimenti di liberazione sandinista, libanese e palestinese. Fascisti sarebbero stati Che Guevara o Allende (ammazzati da sicari americani). Fascisti sarebbero ovviamente Castro e Chavez, Milosevic e Saddam, le FARC e ovviamente tutto l¹islam politico, con alla testa Khomeni. In altre parole: chiunque si opponga all¹imperialismo USA, chiunque non si converta alla religione americanista e¹ un fascista, così come chiunque contesti Israele e¹ un antisemita. La storia, si sa, la scrivono sempre i vincitori. I momentanei vincitori, nella loro paranoica euforia, stanno riscrivendo la storia, ma lo fanno in una maniera rozza, demenziale, allucinata. Hanno sollevato per un secolo intero lo spettro del comunismo, ma adesso veniamo a sapere che si erano sbagliati, che il comunismo non c¹e¹ mai stato, che la lotta era ed e¹ tra gli americani e il fascismo. Non riusciranno tuttavia ad affossare la verita¹: che Hitler era un noto estimatore della società segregazionista e razzista degli USA; che alla Conferenza di Monaco del 1938 proprio gli anglo-americani diedero ad Hitler il semaforo verde per sbranare l¹URSS; che il piu¹ grande contributo alla sconfitta del fascismo lo diedero proprio l¹esercito sovietico e i movimenti partigiani, quello jugoslavo in primo luogo, e che gli americani si decisero ad intervenire in Europa solo nel 1944, non per ³liberarci² dal fascismo, ma per fermare l¹avanzata dell¹Armata Rossa e della rivoluzione sociale. Non sappiamo se coloro che scrivono queste stronzate ci credano davvero. Certo essi pensano che quanto scrivono serva ad ostracizzare e criminalizzare chiunque si ostini a detestare gli USA e cio¹ che rappresentanto. Picchiano duro perche¹ sanno che l¹avversione al tracotanate imperialismo americano cresce, ma piu¹ picchiano duro, piu¹ cercano di violentare l¹intelligenza delle persone, piu¹ cresce l¹avversione. Vogliono farci amare gli Stati Uniti con una pistola puntata alla tempia, ma l¹amore a comando l¹offrono solo le puttane, oppure e¹ uno stupro. Seguendo l¹esempio del popolo iracheno, non abbiamo nessuna intenzione ne¹ di farci stuprare ne¹ di venderci al nemico.
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