"Seguendo l'esempio del popolo iracheno, non abbiamo nessuna intenzione né di farci stuprare né di venderci al nemico."



Da: itacampo
Data: Tue, 08 Feb 2005 13:43:31 +0100
Oggetto: SIAMO TUTTI FASCISTI?


http://www.antiimperialista.org
Notiziario del Campo Antimperialista  .... 8 febbraio 2005
itacampo at antiimperialista.org

MANIFESTIAMO IL 19 MARZO! IL CAMPO ANTIMPERIALISTA ACCOGLIE LA PROPOSTA
FATTA DALLO I.A.C. STATUNITENSE E DALLA RETE EUROPEA DEI COMITATI IRAQ
LIBERO A MANIFESTARE SABATO 19 MARZO NEL SECONDO ANNIVERSARIO
DELL¹AGGRESSIONE IMPERIALISTA ALL¹IRAQ. FINIAMO LA GUERRA! CON IL POPOLO
IRACHENO CHE RESISTE!  FUORI LE TRUPPE DALL¹IRAQ! (APPELLO SU:
http://www.iraqlibero.at)

Porto Alegre: manifestazione per la Resistenza irachena. Reportage di Berta
Joubert-Ceci and John Catalinotto  dell¹I.A.C. (USA)
http://www.antiimperialista.org/view.shtml?category=9&id=1107809617
Spagna: i parlamentari di Izquierda Unida e dei Verdi presentano
interrogazione congiunta al governo sul caso Jabbar al-Kubaisi
http://www.antiimperialista.org/view.shtml?category=9&id=1107643721
Condoleezza Rice non e¹ benvenuta in Turchia. Manifestazione antimperialista
http://www.antiimperialista.org/view.shtml?category=30&id=1107783524

Questo Notiziario contiene:

1. DA BAGDAD PER GIULIANA SGRENA
2. CARO LETTA, NON C¹E¹ PROBLEMA
3. SIAMO TUTTI FASCISTI?


1. DA BAGDAD PER GIULIANA SGRENA

Il rapimento della Sgrena ha dato subito la stura a nuovi virulenti attacchi
alla Resistena irachena e alla causa della liberazione. Questo linciaggio si
e¹ ben presto sbriciolato. Ora si parla, sommessamente, di banditismo comune
o di... banditismo guerrigliero. Che certi sequestri siano opera della
controguerriglia di Negroponte e¹ invece un inviolabile tabu¹. Non solo noi
ma tutti gli iracheni pensanti accusano invece le forze paramilitari
filoamericane, le quali hanno contatti strettissimi con diverse cosche
malavitose sunnite. Ci sara¹ pure una ragione, una logica, dietro ai
sequestri recenti, le cui vittime sono stati giornalisti di sinistra, o
pacifisti, o reporter di paesi ostili all¹aggressione. Come mai nessun
pennivendolo americano o filoamericano (e in Iraq ce ne sono a spasso alcune
dozzine) sono stati rapiti?

Ai nostri lettori offriamo una importante testimonianza, quella dell¹amico
Muhamad T.A., Direttore Esecutivo  del Centro Studi sui Diritti Umani e la
Democrazia di Fallujah ma da mesi residente a Bagdad e che Giuliana ben
conosceva:

«Cari amici del Campo Antimperialista,

Stiamo cercando di fare del nostro meglio per la liberazione della
giornalista italiana, ma lei stava lavorando con i rifugiati di Falluja, a
Ghaderia (Università di Baghdad) e noi pensiamo che questo rapimento sia
stato fatto per evitare di far conoscere la verità circa la pessima
situazione dei civili di Falluja. Notate che questo luogo è considerato
particolarmente sicuro dal governo iracheno e al suo interno si trovano
molte abitazioni di alti dirigenti governativi e diverse caserme della
polizia irachena. 
Come è possibile per qualsiasi gruppo rapire questa giornalista senza la
complicità del governo? (...)
Giuliana ha sempre documentato in modo professionale la violenza
dell¹occupazione. Durante l¹aggressione e¹ stata tra i primi giornalisti
occidentali a scrivere sui migliaia di casi di civili colpiti descrivendo
come gli iracheni venivano uccisi dalle forze armate americane. Giuliana ha
duramente condannato le violazioni dei diritti dei detenuti con particolare
attenzione al dramma dei bambini.
Lei ha sempre rispettato le tradizioni e la cultura irachene e le sue
interviste provavano quanto fosse rispettosa per il nostro paese e il nostro
popolo. Era sempre pronta ad ascoltare con umilta¹ e ad imparare da coloro
che intervistava. Arrivo¹ a Bagdad il 24 gennaio per testimoniare la verita¹
sulla farsa delle elezioni ed e¹ stata rapita subito dopo aver visitato il
campo dei profughi scappati da Falluja, come sempre Giuliana voleva dire la
verita¹ sulle condizioni dei profughi e sulla tragedia che subiscono. Da
oggi il mondo sara¹ meno informato sul dramma dell¹occupazione in Iraq».

Bagdad, 5 febbraio.

Cordiali saluti 
Con affetto 
Muhamad T.A. 
Direttore Esecutivo
Studies Center of Human Rights & Democracy Iraq - Fallujah Iraq


2. CARO LETTA, NON C¹E¹ PROBLEMA

Il governo Berlusconi fara¹ del tutto per salvare la vita a Giuliana Sgrena.
Che voglia fare un¹altra bella figura, come accadde con le due Simone, non
ne dubitiamo. Così, per pararsi il di dietro e mettere in piedi il
baldacchino dell¹italica Union sacree¹, ha sguinzagliato il factotum del
primo ministro, Gianni Letta, a destra e a sinistra, piu¹ che altro a
sinistra, financo a casa di Fausto Bertinotti. Tutti uniti (ricordate
l¹inciucio del 8 setembre?) quando c¹e¹ di mezzo la vita di un compatriota.
Letta chiede l¹avallo. Ma l¹avallo a che cosa? A lasciar lavorare i servizi
di sicurezza italiani in Iraq, che con la loro astuzia levantina, i soldi di
Berlusconi e le dritte degli americani, hanno gia¹ risolto un paio di casi
importanti. In questo pellegrinaggio a sinistra Gianni Letta ci ha inviato,
via Corriere della Sera, un chiaro avviso: leggiamo:
«Letta ha chiesto (a Bertinotti e Fassino, ndr) interventi piu¹ o meno
diretti per impedire qualsiasi tentativo di negoziato parallelo che potrebbe
pregiudicare il buon esito della vicenda.
C¹e¹ il timore che alcune formazioni della sinistra estrema, le stesse che
piu¹ volte hanno manifestato solidarieta¹ alla resistenza irachena, si
muovano per cercare un collegamento e per accreditarsi come medioatori.
Proprio come fece il leader del Campo Antimperialista Moreno Pasquinelli
durante il sequestro di Agliana, Stefio e Cupertino. Azioni di questo tipo,
avrebbe spiegato Letta, ³devono essere scoraggiate. Occorre ricreare invece
il clima di collaborazione che segno¹ il sequestro di Simona Parie Simona
Torretta, per arrivare a scelte condivise anche su un eventuale pagamento di
riscatto o sull¹impegno dell¹Italia per soddisfare possibili istanze di tipo
politico². (Corriere del 7 febbraio)
Davvero interessante. La Sarzanini non solo si lascia scappare la bestemmia
(Resistenza irachena) ma pure conferma cio¹ che sempre abbiamo denunciato,
ovvero che in almeno due occasioni il governo ha pagato dei riscatti
generosi (in barba allla conclamata linea della fermezza --alibi per i
fessi). Stabilisce infine la cosa piu¹ importante: che sulla vicenda
irachena, al di la della piazzate in Parlamento, il governo agisce di
concerto con l¹Ulivo, PRC compreso. Dobbiamo pero¹ deludere Letta, ne¹
Fassino ne¹ Bertinotti hanno alcuna possibilita¹ di condizionare la nostra
linea di condotta. E tuttavia deve stare tranquillo: non ci sara¹ alcuna
nostra interferenza nella vicenda della Sgrena, per la semplice ragione che
non puo¹ esserci. E non puo¹ esserci perche¹ i raggruppamenti  resistenti
con cui il Campo e¹ in contatto combattono si contro gli occupanti ma non si
dedicano ai sequestri, men che meno di giornalisti pacifisti. Noi siamo agli
antipodi di chi ha compiuto questo rapimento, ovvero la  controguerriglia
agli ordini dei servizi segreti di Allawi-Negroponte.


3. SIAMO TUTTI FASCISTI?

ABBIATE PAZIENZA E FORTI CAPACITA¹ DIGESTIVE,
LEGGETE ATTENTAMENTE QUEST¹ARTICOLO APPARSO SULLA PRIMA PAGINA DEL Corriere
della Sera di Lunedì 7 Febbraio 2005.


I fascisti di Bagdad
L Iraq e il crollo degli stereotipi
Di Pierluigi Battista

"Sul New York Times, Thomas L. Friedman ha definito 'fascisti' gli 'insorti'
iracheni che si oppongono con le armi del terrore al nuovo governo di Bagdad
e hanno minacciato di morte chiunque partecipasse alle elezioni. Non
guerriglieri, o terroristi, o 'resistenti', secondo le distinzioni imposte
dall'oramai stucchevole disputa terminologica che ammorba il dibattito
italiano, non senza la coda di drammatiche baruffe giudiziarie. Ma
'fascisti', semplicemente e brutalmente 'fascisti'. Si annuncia, con
l'irrompere di questa definizione, non solo la crisi di una similitudine
storica entrata di prepotenza nella consuetudine linguistica, ma il tracollo
di un quadro concettuale che ha sinora fornito la più frequentata chiave
interpretativa della vicenda irachena, dall'inizio della guerra in poi. Se
poi si aggiunge il giudizio formulato da Piero Fassino, secondo il quale
«resistenti» sono piuttosto gli iracheni che si sono recati alle urne e non
quelli che ne hanno promesso la morte nel caso si fossero avvalsi del loro
nuovo diritto democratico, si può capire che lo straordinario esito della
mobilitazione elettorale in Iraq ha traumaticamente sconvolto l'attitudine
politico-culturale sin qui dominante, costringendo a ribaltare persino il
senso delle vecchie analogie storiche.

L'evocazione della 'Resistenza' come paradigma esplicativo della lotta
armata antiamericana in Iraq non è infatti solo un richiamo simbolico o una
pur logora suggestione storiografica, ma rappresenta inevitabilmente una
rilettura della vicenda irachena secondo un modulo che tende a distribuire
con perentorietà il ruolo dei 'buoni' e dei 'cattivi'. Implica infatti che
le truppe d''occupazione' angloamericane incarnino un ruolo storicamente
simile a quelle tedesche in Italia nel '43-45 e assegna ai 'resistenti' uno
status politico e morale simile a chi, in quel biennio cruciale, si batteva
per la libertà, l 'indipendenza' del Paese e la cacciata dell'invasore. Il
voto della scorsa settimana ha drasticamente sbriciolato questa chiave di
lettura e non solo perché è comunque un'enormità paragonare ai 'partigiani'
i decapitatori e i seminatori di terrore che infestano l'Iraq. Questo si
sapeva da prima, e infatti non sono stati molti a seguire Gianni Vattimo
quando ha gratificato Al Zarkawi del nobilitante epiteto di «partigiano».

Queste elezioni abbracciate con tanto entusiasmo dal popolo iracheno hanno
invece reso quel paragone improponibile perché fanno somigliare l'Iraq del
2005 sì all'Italia, ma all'Italia del dopo 25 aprile 1945 o, se si
preferisce, a quella parte d'Italia progressivamente liberata ('occupata',
ma 'liberata') dagli Alleati ancor prima del 1945. Con la conseguenza che i
'resistenti' appaiono più simili ai combattenti di Salò che ai 'partigiani',
testimoni armati di un passato che oppongono certo 'resistenza', ma
resistenza alla democrazia e alla nuova libertà. 'Fascisti' come li ha
definiti Friedman, appunto: in senso tecnico, se si vuole, e non per
attribuire connotati demonizzanti al nemico.

Con la conseguenza che questo cambio di prospettiva dovrebbe suggerire il
risarcimento simbolico per quegli osservatori di sinistra, da Bernard Lewis
a Oriana Fallaci, da Paul Berman a Andrew Sullivan a Fiamma Nirenstein, che
nel mondo e in Italia si sono affannati a definire, in solitudine e spesso
accompagnati dal dileggio, 'antifascista' la guerra contro Saddam e per
l'Iraq libero." 


Molti lettori ricorderanno la tempesta che ci venne scatenata addosso prima
durante e dopo la manifestazione del 13 dicembre 2003: CON IL POPOLO
IRACHENO CHE RESISTE. Tutti i giornali di regime, ma anche il manifesto e
Liberazione, come pure alcune frangie dell¹estrema sinistra, sbraitarono
contro la ³manifestazione rosso-bruna². Ancora adesso ci sono degli
imbecilli che affermano che quella coraggiosa manifestazione era organizzata
assieme ai nazisti.
Bene. Mai come in quest¹articolo era stato espresso in chimica purezza quale
sia il paradigma, l¹argomento simbolico dei manipolatori delle menti, dei
columnist di Sua maesta¹: gli americani sarebbero costitutivamente, per
divina missione, dei liberatori, di converso, chiunque rifiuti di farsi
³liberare² manu militari è un fascista, un repubblichino. Fascisti sarebbero
tutti coloro che hanno combattuto in armi contro le numerose aggressioni
yankee e dei loro scherani. Sarebbero stati fascisti i comunisti coreani o
vietnamiti, i movimenti di liberazione sandinista, libanese e palestinese.
Fascisti sarebbero stati Che Guevara o Allende (ammazzati da sicari
americani). Fascisti sarebbero ovviamente Castro e Chavez, Milosevic e
Saddam, le FARC e ovviamente tutto l¹islam politico, con alla testa Khomeni.
In altre parole: chiunque si opponga all¹imperialismo USA, chiunque non si
converta alla religione americanista e¹ un fascista, così come chiunque
contesti Israele e¹ un antisemita.
La storia, si sa, la scrivono sempre i vincitori. I momentanei vincitori,
nella loro paranoica euforia, stanno riscrivendo la storia, ma lo fanno in
una maniera rozza, demenziale, allucinata. Hanno sollevato per un secolo
intero lo spettro del comunismo, ma adesso veniamo a sapere che si erano
sbagliati, che il comunismo non c¹e¹ mai stato, che la lotta era ed e¹ tra
gli americani e il fascismo. Non riusciranno tuttavia ad affossare la
verita¹: che Hitler era un noto estimatore della società segregazionista e
razzista degli USA; che alla Conferenza di Monaco del 1938 proprio gli
anglo-americani diedero ad Hitler il semaforo verde per sbranare l¹URSS; che
il piu¹ grande contributo alla sconfitta del fascismo lo diedero proprio
l¹esercito sovietico e i movimenti partigiani, quello jugoslavo in primo
luogo, e che gli americani si decisero ad intervenire in Europa solo nel
1944, non per ³liberarci² dal fascismo, ma per fermare l¹avanzata
dell¹Armata Rossa e della rivoluzione sociale.
Non sappiamo se coloro che scrivono queste stronzate ci credano davvero.
Certo essi pensano che quanto scrivono serva ad ostracizzare e
criminalizzare chiunque si ostini a detestare gli USA e cio¹ che
rappresentanto. Picchiano duro perche¹ sanno che l¹avversione al tracotanate
imperialismo americano cresce, ma piu¹ picchiano duro, piu¹ cercano di
violentare l¹intelligenza delle persone, piu¹ cresce l¹avversione. Vogliono
farci amare gli Stati Uniti con una pistola puntata alla tempia, ma l¹amore
a comando l¹offrono solo le puttane, oppure e¹ uno stupro.
Seguendo l¹esempio del popolo iracheno, non abbiamo nessuna intenzione ne¹
di farci stuprare ne¹ di venderci al nemico.