[Prec. per data] [Succ. per data] [Prec. per argomento] [Succ. per argomento] [Indice per data] [Indice per argomento]
Emozioni scaturite da un viaggio di 800 km in Sicilia....nella vera Sicilia.
- Subject: Emozioni scaturite da un viaggio di 800 km in Sicilia....nella vera Sicilia.
- From: Emanuele Cauda <emanuele.cauda at polito.it>
- Date: Mon, 10 Jan 2005 18:35:41 +0100
Emozioni scaturite da un viaggio di 800 km in Sicilia....nella vera Sicilia. Emanuele Cauda La mafia esiste ed è ancora ben viva. Il primo impatto con Cosa Nostra in Sicilia è stata una A: La villa di Salvatore Brusca a San Giuseppe Jato, nell'entroterra palermitano, circondata da una gigantesca A di alberi che racchiude un terreno di qualche decine di ettari. Al suo interno vi anche un pozzo e condotte acquifere completamente abusive in una zona in cui l'acqua è un bene fondamentale nei lunghi e torridi mesi estivi. La villa è posta sotto sequestro da quando il giovane boss mafioso è stato arrestato. A San Giuseppe Jato, così come a Corleone, tristemente noto per la famigerata famiglia dei corleonesi capeggiati dal boss dei boss Totò Riina, è possibile incontrare qualcuno che lotta ogni giorno contro la mafia: per un giorno siamo stati ospiti, io e la mia compagna di viaggio, della cooperativa Placido Rizzotto, aderente all'associazione nazionale Libera, che gestisce alcuni terreni confiscati alla mafia. Dopo la stagione delle stragi del '92, con la morte di Falcone e Borsellino, lo stato ha emanato una serie di leggi in ambito di lotta alla mafia tra le quali la 109 del 1996: i terreni confiscati all'atto della arresto ai mafiosi diventano dello stato dopo la condanna in cassazione e lo stato li affida per attività socialmente utili. La cooperativa sociale Placido Rizzotto in questo modo può produrre pasta, vino e legumi dai terreni che sono stati confiscati a Riina, Simoncelli, Buscetta, Brusca: è inoltre una cooperativa sociale con inserimento di ragazzi portatori di handicap. L'attività della cooperativa non è semplice: la mani della mafia nel palermitano sono ancora ben presenti e lavorare ogni giorno i terreni dei boss significa esporsi in prima persona a rappresaglie e azioni intimidatorie (solo nel 2004 un campo è stato totalmente incendiato da ignoti); inoltre la paura, la diffidenza e l'omertà della gente locale sono avversarie con le quali combattere costantemente appoggiati da tanti amici in giro per l'Italia e dalla convinzione di essere nel giusto. Il lavoro è reso altresì duro dalle amministrazioni locali che vogliono unicamente fregiarsi di tali iniziative in ambito elettorale: è il caso dell'agriturismo inaugurato nel Giugno 2004 a cavallo delle due votazioni amministrative ma attualmente non ancora agibile a causa di imperizia dell'azienda realizzatrice appaltata dall'amministrazione stessa. Sicuramente non è possibile bollare di stampo mafioso l'amministrazione ma di certo quest'ultima è lungi da impersonare le profonde motivazioni della cooperativa Placido Rizzotto. Una situazione analoga l'abbiamo trovata a Castelvetrano, a metà strada tra Marsala e Agrigento, dove un' associazione, la Casa del Giovane, che si occupa di reinserimento dei ex-tossidipendenti ha preso in affidamento quasi 100 ettari di uliveti di Riina e Provenzano: l'olio che se ne produce è il frutto del lavoro di questi ragazzi. Sicuramente mi sento di dire che quello che queste due realtà stanno facendo è antimafia. Leggendo un libro intervista al giudice Giancarlo Caselli, per sette anni a capo della Procura di Palermo dopo il '92, ho capito che ci sono tre diverse strade imprescindibile di contrastare la mafia: il lavoro repressivo di forze dell'ordine e dei giudici, il lavoro educativo e culturale che si sforza di far capire che la mafia non può mai essere buona e il lavoro di ricostruzione di un territorio reso succube della mafia. Se i terreni agricoli non fossero stati affidati nuovamente ci sarebbe stato un degrado territoriale ancora più forte di quello creato dalla mafia stessa. Per far capire bene cosa sia la mafia di Cosa Nostra bisogna fare un passo indietro di almeno cento anni venti quando il feudalesimo è stato abolito in Sicilia: a quel punto i terreni sono passati di proprietà di grossi signorotti della zona che hanno continuato a comportarsi da feudatari mantenendo la gente povera e asservita. Nel corso degli anni Cosa Nostra è cambiata aprendo diverse attività criminali: racket, usura, traffico di droga, riciclaggio di denaro sporco ma sempre con una matrice estremamente incentrata sul territorio: il bene della terra è fondamentale. Cosa Nostra non nega mai un aiuto a chi glielo chiede ma poi richiede cento volte indietro: si ciba del terrore, del silenzio e le sue armi sono la forza, la spietatezza e un concetto altamente alterato di onore tanto che non è impensabile trovare persone siciliane colte che attribuiscono alla mafia un ruolo parzialmente positivo. Mi sento di dire che invece la mafia va combattuta sempre e mai bisogna cedere alla lusinga di imparare "a convivere con la mafia": la mafia viene combattuta appieno se tutto lo stato si rende conto di essere macchiato di questo male e si impegna nell'estirparlo. Solo a Torino sono stati sequestrati 40 beni di boss mafiosi tra i quali palazzine, appartamenti, terreni che verranno pian piano assegnati: questo per indicare di come Cosa Nostra abbia imparato a uscire dalla Sicilia ben prima della costruzione di un assurdo ponte e da tempo traffichi e intrallazzi (verbo appunto che significa attività losca) con referenti del Nord. Realtà come quelle di Libera e nello specifico della cooperativa Placido Rizzotto e dell'associazione Casa dei Giovani, devono essere appoggiate e sostenute anche con un semplice gesto quotidiano come quello di un acquisto: un gesto genuino che slega finalmente quelle terre dai fiumi si sangue che sono stati versati da uomini in cerca di verità e giustizia. Sensazioni strane e molti forti le abbiamo provate ancora in due momenti del nostro viaggio: la prima mentre percorrevamo l'autostrada verso Palermo all'altezza di Capaci proprio dove il 23 Maggio 1992 Giovanni Falcone con la moglie e la sua scorta venivano fatti saltare in aria e la seconda attraversando Corleone. Il monumento a testimonianza della strage è ancora saldamente lì a indicare come Falcone stesse percorrendo la strada giusta e per questo è stato fatto saltare: la strada tinta di rosso in memoria non c'è più e questo ci ha fatto ancora più male perché è un segno purtroppo tangibile che lo stato sta pian piano facendosi indietro. L'entrata a Corleone è stata invece vissuta con discreta tensione come arrivare nel centro del mondo mafioso: la mente a freddo ricorda però macchine girare, bambini giocare, persone passeggiare a testimonianza simbolica che non c'è posto che non può girare pagina. La lotta alla mafia deve continuare.
- Prev by Date: Sono andato in pensione nel 2002.
- Next by Date: Gay marriage: the last taboo
- Previous by thread: Sono andato in pensione nel 2002.
- Next by thread: Gay marriage: the last taboo
- Indice: