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nerissimo
- Subject: nerissimo
- From: Joe <flespa at tiscali.it>
- Date: Sun, 30 Jan 2005 18:07:13 +0100
IL LIBRO NERO DEL CAPITALISMO Autore Maurice Cury Coautore J. Suret-Vanale, P. Paraire, J.P. Fléchard, F. Delpla, R. Pac, J. Ziegler, al. Titolo Il libro nero del capitalismo Edizione Marco Tropea, Le Querce , Milano 1999, pag. 545 (nuova edizione tascabile: Casa editrice Net - Gruppo Saggiatore -, Collana Storica, Milano ottobre 2003, pag. 546). Originale Le livre noir du capitalisme Edizione Le Temps des Cerises, Paris 1998 Traduttore Massimo Caviglione Classe storia contemporanea , politica Indice SOMMARIO Prefazione Gilles Perrault 7 Introduzione Maurice Cury 11 1 Le origini del capitalismo (XV-XIX secolo) Jean Suret-Canale 17 2 Economia schiavista e capitalismo: un bilancio quantificabile Philippe Paraire 39 3 Fuoco, sono soltanto operai! Roger Bordier 49 4 1744-1849, un secolo lionese: gli operai della seta di fronte ai cannibali del profitto Maurice Moissonnier 61 5 1871: tradimento di classe e settimana di sangue Claude Willard 85 6 Repressione antisindacale André Devriendt 91 7 Le bande armate del capitale nella Francia repubblicana Maurice Rajsfus 101 8 La Grande guerra: 11500 morti e 13 000 feriti al giorno per tre anni e mezzo Jean-Pierre Fléchard 115 9 Controrivoluzione e interventi stranieri in Russia (1917-21) Pierre Durand 135 10 La Seconda guerra mondiale François Delpla 139 11 Sull'origine delle guerre e di una forma parossistica del capitalismo Pierre Durand 167 12 Imperialismo, sionismo e Palestina Maurice Buttin 171 13 Guerra e repressione: l'ecatombe vietnamita François Derivery 179 14 Massacri e repressione in Iran François Derivery 193 15 Genocidio anticomunista in Indonesia Jacques Jurquet 207 16 L'annessione indonesiana di Timor Orientale Jacques Jurquet 223 17 L'Iraq vittima del petrolio Subhi Toma 239 18 L'Africa nera sotto la colonizzazione francese Jean Suret-Canale 253 19 Algeria 1830-1998: dal capitalismo coloniale alla ricolonizzazione "mondializzata" André Prenant 271 20 L'Africa delle indipendenze e del "comunismo" (1960-1998) Francis Arzalier 305 21 Gli interventi statunitensi in America Latina Paco Peña 321 22 Stati Uniti, il sogno incompiuto: la lunga marcia degli afroamericani Robert Pac 361 23 Centenario di un genocidio a Cuba: la "riconcentrazione" di Weyler Jean Laïlle 393 24 Il genocidio degli amerindi Robert Pac 407 25 Il capitalismo all'assalto dell'Asia Yves Grenet 413 26 Le migrazioni nel XIX e nel XX secolo: un contributo alla storia del capitalismo Caroline Andréani 435 27 Capitalismo, corsa agli armamenti e commercio delle armi Yves Grenet 447 28 I morti viventi della mondializzazione Philippe Paraire 475 29 La mondializzazione del capitale: le cause della minaccia di una nuova barbarie François Chesnais 493 30 I banchieri svizzeri uccidono senza le mitragliatrici Jean Ziegler 509 31 La pubblicità è più efficace delle bombe: i crimini pubblicitari nella guerra moderna Yves Frémion 523 32 ...e se non bastasse l'abolizione del capitalismo... Monique e Roland Weyl 537 Appendice Capitalismo e barbarie: riepilogo dei massacri e delle guerre nel XX secolo 543 Pagina 7 PREFAZIONE Beato capitalismo! Non annuncia nulla e non fa mai promesse. Nessun manifesto, nessuna dichiarazione in venti punti programmatici sulla felicità chiavi in mano. Vi spappola, vi sventra, vi asservisce, vi martirizza: in breve, vi delude? Avete il diritto di sentirvi infelici ma non delusi, giacché la delusione presuppone un impegno non onorato. Quelli che annunciano un domani in cui si canterà con la giusta intonazione, si espongono all'accusa di inganno quando il loro tentativo sprofonda in una spaventosa cacofonia. Il capitalismo, al contrario, si coniuga giudiziosamente al presente. Il capitalismo è. Quanto al futuro, lo lascia volentieri ai sognatori, agli ideologi, agli ecologisti. I suoi delitti sono quasi perfetti. Nessuna prova scritta che ne accerti la premeditazione. Il Terrore del 1793? Quelli che non amano le rivoluzioni si immaginano facilmente i responsabili: i Lumi e la irragionevole volontà di ordinare la società secondo la ragione. Il comunismo? Le biblioteche traboccano di opere da biasimare. Nulla di simile per il capitalismo. Non gli si può certo rimproverare di fabbricare sciagure pretendendo di recare felicità. Il capitalismo accetta di venir giudicato solamente su quanto lo motiva da sempre: la ricerca del massimo profitto nel più breve tempo possibile. Gli altri si interessano all'uomo? Esso si occupa di merci. Si sono mai viste merci felici o infelici? I soli bilanci che contano sono i bilanci contabili. Ascrivergli altri delitti è andare fuori tema. Semmai, si potranno tirare in ballo le catastrofi naturali. Ve lo hanno ripetuto a sufficienza: il capitalismo è la condizione naturale dell'umanità. L'uomo si trova nel capitalismo come un pesce nell'acqua. Occorre la frivola arroganza degli ideologi per voler cambiare l'ordine delle cose, con le incresciose conseguenze cicliche che conosciamo: rivoluzione, repressione, delusione, contrizione. Ecco il vero peccato originale dell'uomo: l'eterno rovello di scuotere il giogo, la lirica illusione di un avvenire libero dallo sfruttamento, la pretesa di mutare l'ordine naturale. Non muovetevi: è il capitalismo che si muove per voi. Del resto anche la natura ha le sue catastrofi. Cerchereste forse i responsabili di un terremoto o di un maremoto? Il crimine dopotutto implica un criminale. Anche il capitalismo ha le sue catastrofi naturali. Per quanto concerne il comunismo, le schede antropometriche sono facili da stabilire: due con la barba, uno con la barbetta, un occhialuto, uno con i baffi, uno che attraversa lo Yangtze Kiang a nuoto, un patito dei sigari ecc. Si possono odiare quei volti in carne e ossa. Invece nel capitalismo compaiono soltanto indici impersonali: Dow Jones, CAC 40, Nikkei ecc. Provate a detestare un indice... L'impero del Male si identifica sempre con un territorio, ha sempre le sue capitali. È legato a luoghi. Ma il capitalismo è ovunque e in nessun luogo. A chi inviare i mandati di comparizione per un eventuale processo di Norimberga? Capitalismo? Arcaismo fuori moda! Aggiornatevi e usate la parola adeguata: liberalismo. Il Littré definisce il termine "liberale" come: "ciò che è degno di un uomo libero". Non suona bene? E il Petit Robert ci offre una convincente lista di antonimi: "avaro, autocrate, dittatoriale, dirigista, fascista, totalitario". Troverete forse giustificabile definirsi anticapitalisti, confessate però che occorre una buona dose di cattiveria per proclamarsi antiliberali! Cos'è dunque questo scherzo di un libro nero del capitalismo? Non vi accorgete che l'enormità dell'impresa sconfina nel delirio? Il peggior assassino di massa della storia? E sia pure. Ma un assassino senza volto né codice genetico. Un assassino che opera impunemente da secoli nei cinque continenti. Buon divertimento. E a che pro? Non avete sentito il colpo di gong che annunciava al tempo stesso il termine dell'incontro e la fine della Storia? Quell'assassino ha vinto. E ora si prende, nella sua versione mafiosa, le spoglie dei nemici. Quale avversario credibile si profila all'orizzonte? Quale avversario? L'immensa moltitudine delle parti civili al suo processo. I vivi e i morti. La folla innumerevole di quelli che vennero deportati dall'Africa nelle Americhe, fatti a pezzi nelle trincee di una guerra idiota, bruciati vivi dal napalm, torturati a morte nelle prigioni dei cani da guardia del capitalismo, fucilati al Mur des Fédérés, a Fourmies, a Sétif, massacrati a centinaia di migliaia in Indonesia, quasi estinti come gli indiani d'America, assassinati in massa in Cina per assicurare la libera circolazione dell'oppio. Da tutti costoro le mani dei vivi hanno ereditato la fiaccola della rivolta dell'uomo non riconosciuto nella sua dignità. Sono le mani troppo presto senza vita di quei bambini del Terzo mondo che la sottoalimentazione, ogni giorno, uccide a decine di migliaia; sono le mani scheletrite dei popoli condannati a rimborsare gli interessi di un debito di cui i loro dirigenti-fantoccio hanno rubato il capitale; sono le mani tremanti degli esclusi, sempre più numerosi, tenuti ai margini dell'opulenza. Sono mani di tragica debolezza e, per ora sono disgiunte. Ma non potranno che congiungersi, un giorno. Sarà allora che la fiaccola che esse portano incendierà il mondo. Gilles Perrault °°°°°°°° Pagina 115 8 La Grande guerra: 11500 morti e 13 000 feriti al giorno per tre anni e mezzo Due comuni francesi fanno eccezione per quanto riguarda la celebrazione della Grande guerra: uno è il solo a non avere eretto sulla piazza principale un monumento ai caduti della guerra del 1914-18, perché i suoi 15 richiamati sono tutti ritornati vivi dal fronte; l'altro, Gentioux, nella Creuse, possiede un monumento ai caduti che non è mai stato inaugurato ufficialmente, infatti rappresenta uno scolaro che indica con il dito l'iscrizione "Sia maledetta la guerra!". Tutti gli altri hanno un monumento ai caduti, cosa che rivela meglio dell'aridità delle cifre l'ampiezza del massacro. La targa dedicata ai caduti della guerra 1914-18, nell'atrio del municipio di Bezons, reca l'iscrizione "Guerra alla guerra, odio all'odio". Nessun comune francese tranne una sola eccezione, è dunque sfuggito al gigantesco macello che su 7,8 milioni di richiamati per più di quattro anni, ossia circa il 30% della popolazione francese attiva, ha lasciato sui campi di battaglia 1,4 milioni di morti e fatto ritornare alle loro case oltre un milione di invalidi. °°°°°°°° Pagina 127 Un santuario del capitale internazionale: il bacino di Briey-Thionville I mercanti di cannoni, i più importanti dei quali erano Schneider in Francia e Krupp in Germania, erano strettamente uniti in una sorta di trust internazionale il cui scopo segreto era quello di accrescere l'immenso patrimonio dei propri membri aumentando la produzione bellica, da entrambe le parti della frontiera. Per arrivare a questo, disponevano di potenti mezzi per seminare il panico fra le popolazioni dei due paesi, allo scopo di persuadere ciascuna che l'altra aveva un solo fine: attaccarla. Numerosi giornalisti e parlamentari venivano da loro retribuiti profumatamente per assolvere questo compito. D'altronde, un importante fabbricante francese di munizioni, de Wendel, che era anche deputato, aveva per cugino un altro fabbricante tedesco di munizioni, von Wendel, che sedeva al Reichstag. Erano nella posizione migliore, in ciascun paese, per sgravarsi la coscienza facendo udire le loro patriottiche grida di allarme. Tutta questa graziosa gente - mercanti di cannoni, giornalisti, parlamentari - riuscì agevolmente a lanciare i due popoli in una folle corsa agli armamenti che non doveva più fermarsi, fino alla guerra. I loro rispettivi capi di stato, lungi dal frenarli, li incoraggiavano. E più degli altri il presidente francese Raymond Poincaré, lorenese, cresciuto con l'idea della rivincita e pronto a qualsiasi menzogna, a qualunque prezzo, pur di riconquistare l'Alsazia e la Lorena. Per questi differenti motivi i soldati tedeschi e francesi andarono a scannarsi l'un l'altro. Avevano insegnato loro a odiarsi, mentre i fabbricanti di munizioni e gli stati maggiori, fraternamente uniti, seguivano con soddisfazione nelle retrovie lo svolgimento del dramma che avevano innescato congiuntamente. Per ben approfondire questo immenso inganno e mostrare che il patriottismo e la difesa del territorio non sono altro che parole vuote che servono a coprire i più abominevoli intrallazzi, conviene raccontare la storia del bacino di Briey-Thionville, poiché è caratteristica, sintomatica e, da sola, dovrebbe ispirare nei popoli il disgusto per la guerra. Le miniere di ferro di Briey-Thionville si trovavano a cavallo delle frontiere del Lussemburgo, della Francia e della Germania. Ne era proprietaria la famiglia franco-tedesca de/von Wendel. Questo bacino era di un'importanza capitale per lo svolgimento della guerra. Engerand, in un discorso pronunciato alla camera dei deputati dopo il conflitto, il 31 gennaio 1919, dirà: «Nel 1914 la sola regione di Briey forniva il 90% di tutta la nostra produzione di minerale di ferro». Poincaré stesso aveva scritto: «L'occupazione del bacino di Briey da parte dei tedeschi sarebbe un autentico disastro dal momento che metterebbe nelle loro mani incomparabili ricchezze metallurgiche e minerarie la cui utilità può essere enorme per chi, fra i belligeranti, le controllerà». Accadde però un fatto straordinario: fin dal 6 agosto 1914 il bacino venne occupato dai tedeschi senza alcuna resistenza. Più straordinario ancora: Verreaux, il generale di divisione incaricato della difesa di questa regione, rivelò in seguito che la sua consegna (contenuta in una busta da aprire in caso di mobilitazione) gli prescriveva formalmente di abbandonare Briey-Thionville senza combattere. La verità, conosciuta molto tempo dopo, era la seguente: c'era stata un'intesa fra alcuni membri dello stato maggiore e dei fabbricanti francesi di armi per lasciare il bacino in mano ai tedeschi affinché la guerra si prolungasse (i tedeschi non avrebbero potuto continuarla senza il minerale di ferro) e gli utili dei commercianti di cannoni si accrescessero. Evviva la legittima difesa in nome della quale ci si [...] -------- (http://web.infinito.it/utenti/t/tecalibri/C/CURY-M_capitalismo.htm)
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