Inoltra: Invio in corso posta elettronica: c.s. occupazione assessorato Comune Roma



COMUNICATO STAMPA

OCCUPATO L'ASSESSORATO AI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE DI ROMA
DA LAVORATORI DELLE COOPERATIVE SOCIALI


Questa mattina una delegazione della RdB/CUB e diversi lavoratori delle
coop sociali, in particolare della CDS FOCUS, hanno occupato alcuni uffici
dell'assessorato alle politiche sociali del Comune di Roma. La delegazione
ha imposto un incontro all'assessore Raffaella Milano in cui ha ribadito i
pun-ti che da diversi mesi sta portando avanti con estenuanti incontri che
non hanno però finora portato a nulla.

I punti della vertenza sono i seguenti

1) la richiesta di gestione "in house"  anche se parziale, del servizio di
accoglienza ai richiedenti asilo e ai rifugiati politici

2) l'applicazione immediata della delibera 135/2000 sul rispetto dei
contratti di lavoro per le ditte affidatarie di appalti del Comune di Roma

3) il pagamento dei salari e dei contributi ai lavoratori della Casa dei
Diritti Sociali che vantano diver-se mensilità di arretrato impegnando  il
Comune, ente Appaltante, che deve garantire in solido il pa-gamento.

Dopo un lungo confronto con l'assessore Milano è stato presentato un
documento riassuntivo dei punti irrinunciabili e i lavoratori hanno
dichiarato che l'occupazione permarrà fino ad impegni for-mali da parte
dell'assessore che, ancora, non ci sono.

Roma, 21 dicembre '04
p/RdB/CUB
Pio Congi


Info: 328 8278356


ato faceva di quel potenziale umano.



Per questi motivi questo contributo vuole mettere l'accento su due aspetti:

1.      Aspetti lavoristici e precarietà dei rapporti di lavoro.

2.      Qualità del servizio e senso dell'intervento sociale.



Per la complessità del 2°punto abbiamo scelto di  non confondere i due
piani della denuncia: uno è quello degli aspetti materiali, l'altro è
quello degli aspetti immateriali.



Per ovvi motivi ci riferiremo nella nostra testimonianza a quanto visto e
vissuto all'interno dell'organismo denominato "Associazione Casa dei
Diritti Sociali"……evidentemente le parole e le definizioni non debbono
trarre in inganno.





ASPETTI LAVORISTICI:



Gestione dei rapporti di lavoro: Come noto CdS  "paga regolarmente" con
4,5,6 mesi di ritardo gli stipendi ai propri lavoratori.

Non vengono inoltre retribuiti gli istituti e le indennità previste dal CCNL.

Questa è una situazione che abbiamo segnalato formalmente agli Assessorati
al Lavoro e alle Politiche Sociali, oltre che all'Osservatorio, senza
ricevere in anni alcuna risposta risolutoria.



Gestione del rapporto associativo: All'Associazione Casa diritti sociali
fanno capo almeno due cooperative (Cds-servizi e Cds-equolink); diversi
soci hanno scoperto di essere stati licenziati dall'una per essere assunti
dall'altra a distanza di ventiquattr'ore, solo al momento del ritiro della
busta paga, senza che ne siano stati messi a conoscenza ed ovviamente
perdendo gli scatti di anzianità previsti dal CCNL.

Si palesa cioè quanto il rapporto associativo sia funzionale solo allo
sfruttamento di chi lavora e alla sua ricattabilità (d'altronde la legge 30
lo sancisce).







Utilizzo delle collaborazioni: Fino al 2002 la consuetudine per CdS era la
stipula di collaborazioni occasionali, reiterate due,tre, anche quatto
volte. Questo nonostante il rapporto di lavoro era di fatto un rapporto di
lavoro dipendente e nonostante fin dal 2000, in ottemperanza alla delibera
135, le convenzioni stipulate tra CdS e Comune di Roma prevedessero
l'applicazione del CCNL. Non è solo un problema di diritti, è anche un
problema di fondi pubblici e di come e dove sono finiti.

Successivamente grazie alla nostra vertenza sindacale ottenemmo un
co.co.co. di durata annuale con diversi istituti previsti; nonostante ciò
il problema del mancato rispetto della delibera 135/2000 resta, così come
resta la domanda sul come e dove siano finiti i soldi pubblici stanziati
per garantire un certo servizio e per pagare come da CCNL il personale
impiegato.



Utilizzo di forza lavoro immigrata: Questo è un punto delicato perché qui
cozziamo frontalmente con l'ipocrisia che si cela dietro la definizione di
"Casa diritti sociali" e della sua supposta storia di sostegno alle fasce
deboli.

Fino al 2002, anno in cui ci costituimmo come delegazione sindacale
all'interno della CdS,  la maggior parte degli immigrati che pure
lavoravano in CdS da anni, erano contrattualizzati con rapporti di lavoro
dipendente a tempo determinato. Per chi è poco pratico di questioni legate
a lavoro e permesso di soggiorno per gli immigrati, ricordiamo che il
permesso di soggiorno finisce quando finisce il rapporto di lavoro; ciò
significa che con questo sistema si tengono proprio quelle fasce deboli che
si dice di voler aiutare, in una condizione di estrema ricattabilità.

Inutile dire che con la comparsa di una delegazione sindacale forte e
conflittuale, l'Associazione CdS corse subito ai ripari trasformando i
contratti da tempo determinato a tempo indeterminato…..



Ruolo del Volontariato: L'attività di volontariato che pure potrebbe
arricchire il lavoro di una struttura che opera nei servizi alla persona,
perde il suo valore positivo laddove al volontario si attribuiscono
responsabilità che egli/ella non può supportare; ciò è quanto avviene in
CdS.

In particolare la situazione è peggiorata con l'introduzione del cosiddetto
Volontariato del Servizio Civile Nazionale (SCN). Infatti con
l'introduzione di un rimborso (434 euro)  che di fatto tende ad assumere le
caratteristiche di un vero e proprio sussidio per studenti/esse ed
inoccupati, si è modificata la definizione stessa di volontario come di un
soggetto che presta il proprio tempo per fini sociali.

Contravvenendo a quanto disposto dal Piano Regolatore Sociale recentemente
approvato, la CdS ha utilizzato ed utilizza il SCN come vero e proprio
operatore sociale in sostituzione di personale previsto dalla convenzione.

Paradigmatico quanto accadde in occasione dell'occupazione del dicembre 2003:

per un mese (tanto durò l'occupazione) la CdS pensò bene di utilizzare il
SCN nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e per senza fissa
dimora in sostituzione del personale in agitazione.

Si tratta cioè di un esercito di riservisti pronto a scendere in campo
acriticamente e obbediente al mandato padronale di servire la "mission".





Riteniamo i  punti, seppure sommari, sopra esposti più che sufficienti
affinchè l'Assessorato alle Politiche Sociali di concerto con l'Assessorato
al Lavoro applichino la delibera 135; riteniamo altresì quanto esposto
sufficiente a far riconsiderare la posizione del Comune di Roma per gli
eventuali affidamenti futuri alla Associazione Casa dei diritti
sociali-focus.













QUALITA' DEL SERVIZIO:



Aspetti materiali:



Sicurezza: Assolutamente disattese le norme previste dalla legge 626;
mancanza tanto più grave se parliamo di strutture di accoglienza (cappe di
aspirazione rotte per mesi, impianti elettrici fatiscenti, etc.).



Condizioni igienico-sanitarie: La copertura della pulizia dei centri di
accoglienza era ed è garantita solo ed esclusivamente dalle persone ospiti
dei centri. Tuttavia le strutture fatiscenti dei bagni e delle cucine o
dell'intero centro rendono l'accoglienza una chimera, lontana ed
irraggiungibile.

Spesso la manutenzione veniva fatta dalle stesse persone ospiti senza
alcuna ricompensa per questo, eppure la manutenzione era tra le spese
previste dalle convenzioni.

Emblematico se si parla di condizioni igienico-sanitarie, il fatto che per
anni i centri di accoglienza sono stati infestati dagli scarafaggi senza
che alcun intervento risolutivo venisse attuato. Ciò nonostante le
segnalazioni e le richieste degli operatori.

Addirittura in un centro di accoglienza per famiglie, quindi con la
presenza di bambini, c'è stata la presenza di ratti di fogna
tranquillamente accettata dalla CdS come male "inevitabile".

Da segnalare che con il primo vero intervento di sanificazione (forzato da
questa delegazione sindacale), attuato nel settembre di quest'anno e durato
pochi giorni, il problema scarafaggi, almeno in quel centro è stato
superato; segno evidente che era ed è soltanto un problema di "cattiva
gestione".

Persino la pulizia personale delle persone accolte veniva messa in
discussione dai lunghi periodi di riparazione delle caldaie (spesso di
settimane); immaginiamo cosa significa per un richiedente asilo, fuggire
dal proprio paese e non trovare neanche il conforto di una doccia calda in
un paese che si vuole industrializzato.



Alimentazione: Le forniture spesso carenti e di pessima qualità concernono
soprattutto i prodotti freschi, poiché per il resto i generi essenziali
(latte,pasta, riso,etc.) esse provengono dal banco alimentare. Da
sottolineare che anche in questo caso come per tutti gli altri citati, le
convenzioni (ossia i contratti di appalto e gestione) prevedono nella quota
pro-die/pro-capite il capitolo dedicato alle spese alimentari per le
persone.

Da sottolineare che spesso arrivavano nei centri prodotti in scadenza o
addirittura scaduti non sappiamo di quale provenienza; fatto questo non
occasionale ma da attribuire ad una scelta che ignora il rispetto per
l'altro soprattutto se diverso.



Suppelllettili: Le decine di operatori che hanno transitato all'interno dei
centri di accoglienza hanno lasciato traccia di sé: divani, mobilio,
frigoriferi, etc.; il risultato è che in tanti anni di nostro lavoro non
abbiamo mai visto spendere una lira per le suppellettili dei centri di
accoglienza. Anche qui una domanda sorge spontanea: i soldi stanziati che
fine hanno fatto?



Supporti tecnici per l'effettuazione del servizio: Il lavoro dell'operatore
sociale per la sua natura di lavoro di rete, necessita di strumenti tecnici
adeguati(computer,internet,etc.); questi erano sostanzialmente assenti ed
anzi in alcuni casi persino la linea telefonica è stata inaccessibile per
diverse settimane. Quale Qualità? Quale servizio?















Aspetti immateriali

Il servizio e la qualità del servizio è "un prodotto" - come sostengono le
stesse cooperative del Terzo Settore,- "che serve a soddisfare delle
esigenze espresse ed implicite".

L'esigenza esplicita è l'accoglienza per il richiedente asilo ed i
rifugiati, quella implicita è l'internamento. La CdS si propone come la
nuova forma di internamento nei confronti dei rifugiati: quella invisibile
che non può essere oggetto di verifica e di accuse.

La CdS mette in atto "la sindrome della porta girevole". La persona "in
fuga" viene intercettata e in quanto persona debole viene immessa in un
circuito senza via d'uscita. La persona non è in grado di valutare le
azioni rivolte verso di sè: ciò rappresenta la base con cui viene costruito
il processo d'internamento.

La condizione di svantaggio del rifugiato invece di essere oggetto di
un'analisi dei bisogni, è lo strumento di base con cui si costruisce
l'etichettamento psicologico necessario a giustificare i mezzi coercitivi
nei suoi confronti.

Il suo degrado psicologico e fisico - secondo questa prassi - è il prodotto
ineliminabile del soggetto che lo rende inevitabilmente incapace ad uscire
dall'emarginazione. Il soggetto viene messo nelle condizioni di "non
potercela fare", per giustificare un circuito senza vie d'uscita. ("la
porta girevole")

Jr., un immigrato presente nei centri di accoglienza, ha confessato che "
il Terzo mondo non è un luogo geografico, ma una condizione dell'esistenza
che in Italia si tende a salvaguardare".

Tutti i sistemi di relazione umana esistenti internamente alla struttura
presentano le caratteristiche delle forme di internamento rilevate nei
vecchi manicomi.

L'accoglienza e l'internamento

L'accoglienza si definisce come l'intervento mirato alla collocazione
lavorativa di determinati soggetti politici, che fuggono dai propri luoghi
di origine. Gli strumenti di cui la struttura si serve per realizzare
questi obiettivi in realtà, sono finalizzati alla creazione
dell'internamento istituzionale e condiviso. La prassi lavorativa si basa
su:

1.	La mancanza d'individuazione dei bisogni: la creazione della recluta

L'individuazione dei bisogni è un percorso scientifico complesso
determinato dall'insieme delle professionalità che lo Stato Sociale moderno
è in grado di sviluppare in un determinato momento storico (legislatori,
giuristi, medici, psicologi, assistenti sociali, sociologi, operatori ecc.).

 La prassi della CdS si fonda sul rifiuto verso la ricerca di soluzioni per
l'individuazione dei bisogni. Il rifiuto è sia per gli strumenti
scientifici di valutazione dei bisogni, che per il tentativo praticato
spontaneamente da parte degli operatori coinvolti nel lavoro quotidiano con
i rifugiati.

Il soggetto, per la prassi della CdS non ha bisogni propri, nel momento in
cui entra nella struttura deve soltanto rispondere a quelli che sono i
bisogni della struttura. "Le regole" della struttura sono i bisogni a cui
il soggetto si deve conformare nel suo percorso istituzionale. Ogni bisogno
del soggetto, che non rispecchia le regole della struttura, è letto come
una "causa di non conformità" da eliminare. Se una persona ha bisogno di
farsi una doccia, se non viene condiviso dallo staff e dal responsabile,
tale bisogno viene ritenuto falso e non attuabile.

La definizione tecnica di un soggetto che non presenta bisogni propri se
non quelli presentati dalla struttura ("si scopre il crimine per adattarlo
alla punizione") è quella di recluta.

L'assenza di valutazione dei bisogni può condurre alla morte come è
successo ad un ospite malato terminale espulso dal centro senza nessuna
valutazione dei bisogni sanitari e delle conseguenze dell'espulsione. Allo
stato attuale manca la presenza di un'inchiesta in grado di verificare
quanto l'espulsione e la mancata individuazione dei bisogni sanitari hanno
influito sulle cause del decesso

2.	degradazione del sé: la carriera morale

La mancanza di analisi e risposte ai bisogni della recluta determina una
barriera tra questa ed il mondo. La recluta inizia un progressivo
cambiamento di giudizio su sé stesso, tendendo a modificare le proprie
credenze in funzione delle regole della CdS.

Le regole che si vivono all'interno della struttura non riguardano una
progressiva costruzione di senso del vivere sociale dei soggetti
partecipanti, ma rappresentano lo sviluppo di una serie di umiliazioni
necessari alla conservazione dell' internamento istituzionale. Di
conseguenza l'uso della violenza nei confronti delle reclute, come
l'espulsione dalla CdS durante la notte, a temperature molto basse, la
forzata uscita delle reclute della struttura alle 7,00 del mattino,
vogliono mostrare l'identità della struttura a cui bisogna aderire.

Stare alla CdS, per una recluta, significa modificare il proprio sé a
favore di un'identità richiesta dalla struttura.

3.	procedure d'ammissione e omologazione

Le reclute che fanno il proprio ingresso nella CdS vanno incontro ad un
processo di omologazione/espulsione. Le regole interne rappresentano "il
test d'obbedienza" per mantenere il proprio vitto e alloggio.

 Il processo di omologazione ha origine con l'ingresso delle reclute alla
CdS e si sviluppa attraverso un processo di monitoraggio esterno ed
interno. Il monitoraggio interno avviene attraverso gli operatori, quello
esterno attraverso l'uso di consulenze tecniche di tipo psichiatrico. Il
monitoraggio interno consiste nel creare delle risposte standardizzate da
parte degli operatori. Viene, dunque, prodotto, quello che i responsabili
della CdS chiamano il "lavoro o supervisione degli operatori". Il
monitoraggio esterno è direttamente tarato sulla recluta, attraverso la
consulenza psichiatrica esterna e la somministrazione di psicofarmaci.

La CdS fa di tutto per mantenere la recluta all'interno della struttura ed
agisce l'espulsione soltanto nei casi estremi. Pertanto l'uso di
psicofarmaci può agire in quelle reclute "recuperabili" all'interno della
struttura.

Altri tipi di processi d'ammissione sono informali e riguardano la
violazione del mondo privato della recluta, al fine di renderlo vulnerabile
e pregiudizievole agli occhi degli operatori, oppure la creazione del
rapporto sociale di deferenza tra recluta e operatori.

Se "le regole della casa" rappresentano il sistema esplicito di proibizioni
e prescrizioni che definisce lo schema dei bisogni della recluta, una serie
di compensi o "eccezioni alla regola" diventano i "privilegi" nonchè lo
strumento della CdS per forgiare il processo di omologazione delle reclute.

4.	Espropriazione delle risorse

Le risorse sono delle capacità che una persona sviluppa all'interno della
società.

Lo sviluppo delle risorse dipende dall'interazione costante delle
istituzioni sociali (il lavoro, la famiglia, gli amici ecc) con il
soggetto. Una persona in difficoltà necessità di strumenti (valorizzazione
delle proprie esperienze culturali d'origine, sussidio minimo, relazioni
familiari, percorso verso possibilità autonome di alloggio, inserimento
lavorativo compatibile con le proprie capacità ecc.)  che potenziano questa
relazione.

L'ingresso della recluta nel CdS rappresenta il ritiro della persona dal
mondo sociale e, dunque, l'espropriazione di ogni risorsa personale. La
recluta è costretta a chiedere il permesso o a domandare aiuto per cose che
nella società porta a termine da solo: scaldarsi le vivande, accedere al
frigo, fare uso di assorbenti, scegliere l'orario di rientro notturno,
ricevere visite, ecc.

 Egli è sottomesso e le sue azioni sono sempre in balia all'organizzazione
della struttura. Egli non ha alcun potere decisionale nei confronti delle
regole imposte dalla struttura; essendo queste funzionali all'economia del
sistema, possono essere modificate in funzione dei bisogni d'internamento:
per esempio, anche quando l'amministrazione comunale ha messo a
disposizione un fondo mensile (* 25,00 a persona) simbolico di una piccola
autonomia per il richiedente asilo, la CdS ha potuto ritenere opportuno
destinare quella somma di denaro irrisoria per l'acquisto di carte
telefoniche, senza condividere la decisione con le reclute.

5.	Psicosi da internamento

La consulenza psichiatrica rappresenta lo strumento di monitoraggio esterno
della recluta ed ha due obiettivi: quello di controllare i livelli di
tensione esistente dentro la CdS, attraverso la somministrazione di farmaci
psicoattivi nei confronti di quei soggetti, maggiormente esagitati dalle
condizioni della struttura; allo stesso tempo, quello di "curare" i
disturbi psichici da internamento.

 Le condizioni sociali della CdS prima provocano la grave mortificazione
della persona e del sé della recluta e, in seguito, ai processi di
"depersonalizzazione" ne descrivono il disturbo come se appartenesse al
soggetto, indipendentemente dalle influenze dell'ambiente descritto.
L'assenza di protocolli farmacologico-psicologici (protocolli psichiatrici)
manifesta sempre la presenza della medicina repressiva, ovvero la medicina
che utilizza gli psicofarmaci per sedare condizioni sociali. Dentro la CdS
è presente questo fenomeno dove l'uso degli psicofarmaci sono funzionali
alle condizioni dell' internamento.

6.	I tipi di adattamento delle reclute: la colonizzazione e la conversione

L'adattamento delle reclute nelle condizioni di internamento sono diverse;
né prendiamo, per ragioni di spazio, ad esempio soltanto due: la
"conversione" e la "colonizzazione".

Se la psicosi da internamento è una forma di adattamento in cui la recluta
si è "ritirata" dalla situazione (indipendentemente se da costrizioni
esterne per l'aver adottato una "linea intransigente" di ribellione), la
colonizzazione è il vissuto e l'elaborazione mentale delle reclute nei
confronti della struttura, come dell'unica realtà possibile: la CdS viene
vissuta come se si trattasse di tutta la realtà. Le reclute basano la loro
esistenza in modo stabile costruendo il massimo della loro soddisfazione,
in base a ciò che la CdS può offrire.

Nella conversione le reclute "introiettano", fanno proprio il giudizio che
la CdS ha costruito su di loro. Attraverso questo adattamento le reclute
ottengono la massima permanenza possibile al centro. A differenza del
colonizzato, che usa i vantaggi ottenibili dalla struttura, la recluta
convertita assume un atteggiamento più disciplinato e più moralistico.

7.	Il contenimento

Come ogni forma di internamento esistente, la CdS ha la necessità di
presentarsi al pubblico come un organizzazione razionale, scelta
consapevolmente e specificatamente per il raggiungimento di alcuni fini di
natura umanitaria e solidale. Il nome "Casa dei Diritti Sociali"
rappresenta esplicitamente il proprio mandato umanitario.

Senza uno sviluppo politico delle condizioni sociali del richiedente asilo,
la struttura CdS, nel suo concreto agire presenta immediatamente una
contraddizione fondamentale. La struttura, senza strumenti esterni, di
natura istituzionale e politica, forniti da un servizio pubblico e dai
meccanismi di uno Stato Sociale, fallisce il suo mandato "riabilitativo e
di recupero" e sviluppa, al momento dell'ingresso della persona nel centro,
lo schema dell'internamento: il richiedente asilo diventa un "prigioniero".
M., per esempio, aveva sviluppato un senso di colpa e si sentiva un
"traditore", per essere fuggito dal proprio paese ed essere rimasto in vita.

Il contenimento è lo strumento ed il linguaggio con cui vengono educati gli
operatori. Gli operatori, lentamente, si spogliano delle caratteristiche di
lavoratori al servizio dei diritti umani per costituire uno staff di
custodi. Il loro compito è quello di "contenere" il più possibile le
tensioni esistenti e potenziali all'interno della CdS.

Il contenimento è uno strumento che opera su diversi livelli gerarchici: a
livello superiore rappresenta l'esecuzione materiale di una prassi
politica. Questo livello ha il potere decisionale del contenimento come
strumento coercitivo, in quanto ha i mezzi economici forniti
dall'amministrazione pubblica, per realizzarli. Ad un livello intermedio il
contenimento agisce attraverso il "lavoro sugli operatori". In questa fase,
i responsabili agiscono una pedagogia di contenimento nei confronti degli
operatori, i quali, quando tentano di dare senso al mandato della CdS,
scontrandosi inevitabilmente con le contraddizioni del lavoro, vengono
contrastati.

Gli operatori devono imparare ad essere uno staff efficiente nel prevedere
condizioni di conflitto ed eliminarle.