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Inoltra: Invio in corso posta elettronica: c.s. occupazione assessorato Comune Roma
- Subject: Inoltra: Invio in corso posta elettronica: c.s. occupazione assessorato Comune Roma
- From: "Segreteria RdB CUB Nazionale" <segreteria at rdbcub.it>
- Date: Wed, 22 Dec 2004 10:42:37 +0100
COMUNICATO STAMPA OCCUPATO L'ASSESSORATO AI SERVIZI SOCIALI DEL COMUNE DI ROMA DA LAVORATORI DELLE COOPERATIVE SOCIALI Questa mattina una delegazione della RdB/CUB e diversi lavoratori delle coop sociali, in particolare della CDS FOCUS, hanno occupato alcuni uffici dell'assessorato alle politiche sociali del Comune di Roma. La delegazione ha imposto un incontro all'assessore Raffaella Milano in cui ha ribadito i pun-ti che da diversi mesi sta portando avanti con estenuanti incontri che non hanno però finora portato a nulla. I punti della vertenza sono i seguenti 1) la richiesta di gestione "in house" anche se parziale, del servizio di accoglienza ai richiedenti asilo e ai rifugiati politici 2) l'applicazione immediata della delibera 135/2000 sul rispetto dei contratti di lavoro per le ditte affidatarie di appalti del Comune di Roma 3) il pagamento dei salari e dei contributi ai lavoratori della Casa dei Diritti Sociali che vantano diver-se mensilità di arretrato impegnando il Comune, ente Appaltante, che deve garantire in solido il pa-gamento. Dopo un lungo confronto con l'assessore Milano è stato presentato un documento riassuntivo dei punti irrinunciabili e i lavoratori hanno dichiarato che l'occupazione permarrà fino ad impegni for-mali da parte dell'assessore che, ancora, non ci sono. Roma, 21 dicembre '04 p/RdB/CUB Pio Congi Info: 328 8278356 ato faceva di quel potenziale umano. Per questi motivi questo contributo vuole mettere l'accento su due aspetti: 1. Aspetti lavoristici e precarietà dei rapporti di lavoro. 2. Qualità del servizio e senso dell'intervento sociale. Per la complessità del 2°punto abbiamo scelto di non confondere i due piani della denuncia: uno è quello degli aspetti materiali, l'altro è quello degli aspetti immateriali. Per ovvi motivi ci riferiremo nella nostra testimonianza a quanto visto e vissuto all'interno dell'organismo denominato "Associazione Casa dei Diritti Sociali"……evidentemente le parole e le definizioni non debbono trarre in inganno. ASPETTI LAVORISTICI: Gestione dei rapporti di lavoro: Come noto CdS "paga regolarmente" con 4,5,6 mesi di ritardo gli stipendi ai propri lavoratori. Non vengono inoltre retribuiti gli istituti e le indennità previste dal CCNL. Questa è una situazione che abbiamo segnalato formalmente agli Assessorati al Lavoro e alle Politiche Sociali, oltre che all'Osservatorio, senza ricevere in anni alcuna risposta risolutoria. Gestione del rapporto associativo: All'Associazione Casa diritti sociali fanno capo almeno due cooperative (Cds-servizi e Cds-equolink); diversi soci hanno scoperto di essere stati licenziati dall'una per essere assunti dall'altra a distanza di ventiquattr'ore, solo al momento del ritiro della busta paga, senza che ne siano stati messi a conoscenza ed ovviamente perdendo gli scatti di anzianità previsti dal CCNL. Si palesa cioè quanto il rapporto associativo sia funzionale solo allo sfruttamento di chi lavora e alla sua ricattabilità (d'altronde la legge 30 lo sancisce). Utilizzo delle collaborazioni: Fino al 2002 la consuetudine per CdS era la stipula di collaborazioni occasionali, reiterate due,tre, anche quatto volte. Questo nonostante il rapporto di lavoro era di fatto un rapporto di lavoro dipendente e nonostante fin dal 2000, in ottemperanza alla delibera 135, le convenzioni stipulate tra CdS e Comune di Roma prevedessero l'applicazione del CCNL. Non è solo un problema di diritti, è anche un problema di fondi pubblici e di come e dove sono finiti. Successivamente grazie alla nostra vertenza sindacale ottenemmo un co.co.co. di durata annuale con diversi istituti previsti; nonostante ciò il problema del mancato rispetto della delibera 135/2000 resta, così come resta la domanda sul come e dove siano finiti i soldi pubblici stanziati per garantire un certo servizio e per pagare come da CCNL il personale impiegato. Utilizzo di forza lavoro immigrata: Questo è un punto delicato perché qui cozziamo frontalmente con l'ipocrisia che si cela dietro la definizione di "Casa diritti sociali" e della sua supposta storia di sostegno alle fasce deboli. Fino al 2002, anno in cui ci costituimmo come delegazione sindacale all'interno della CdS, la maggior parte degli immigrati che pure lavoravano in CdS da anni, erano contrattualizzati con rapporti di lavoro dipendente a tempo determinato. Per chi è poco pratico di questioni legate a lavoro e permesso di soggiorno per gli immigrati, ricordiamo che il permesso di soggiorno finisce quando finisce il rapporto di lavoro; ciò significa che con questo sistema si tengono proprio quelle fasce deboli che si dice di voler aiutare, in una condizione di estrema ricattabilità. Inutile dire che con la comparsa di una delegazione sindacale forte e conflittuale, l'Associazione CdS corse subito ai ripari trasformando i contratti da tempo determinato a tempo indeterminato….. Ruolo del Volontariato: L'attività di volontariato che pure potrebbe arricchire il lavoro di una struttura che opera nei servizi alla persona, perde il suo valore positivo laddove al volontario si attribuiscono responsabilità che egli/ella non può supportare; ciò è quanto avviene in CdS. In particolare la situazione è peggiorata con l'introduzione del cosiddetto Volontariato del Servizio Civile Nazionale (SCN). Infatti con l'introduzione di un rimborso (434 euro) che di fatto tende ad assumere le caratteristiche di un vero e proprio sussidio per studenti/esse ed inoccupati, si è modificata la definizione stessa di volontario come di un soggetto che presta il proprio tempo per fini sociali. Contravvenendo a quanto disposto dal Piano Regolatore Sociale recentemente approvato, la CdS ha utilizzato ed utilizza il SCN come vero e proprio operatore sociale in sostituzione di personale previsto dalla convenzione. Paradigmatico quanto accadde in occasione dell'occupazione del dicembre 2003: per un mese (tanto durò l'occupazione) la CdS pensò bene di utilizzare il SCN nei centri di accoglienza per richiedenti asilo e per senza fissa dimora in sostituzione del personale in agitazione. Si tratta cioè di un esercito di riservisti pronto a scendere in campo acriticamente e obbediente al mandato padronale di servire la "mission". Riteniamo i punti, seppure sommari, sopra esposti più che sufficienti affinchè l'Assessorato alle Politiche Sociali di concerto con l'Assessorato al Lavoro applichino la delibera 135; riteniamo altresì quanto esposto sufficiente a far riconsiderare la posizione del Comune di Roma per gli eventuali affidamenti futuri alla Associazione Casa dei diritti sociali-focus. QUALITA' DEL SERVIZIO: Aspetti materiali: Sicurezza: Assolutamente disattese le norme previste dalla legge 626; mancanza tanto più grave se parliamo di strutture di accoglienza (cappe di aspirazione rotte per mesi, impianti elettrici fatiscenti, etc.). Condizioni igienico-sanitarie: La copertura della pulizia dei centri di accoglienza era ed è garantita solo ed esclusivamente dalle persone ospiti dei centri. Tuttavia le strutture fatiscenti dei bagni e delle cucine o dell'intero centro rendono l'accoglienza una chimera, lontana ed irraggiungibile. Spesso la manutenzione veniva fatta dalle stesse persone ospiti senza alcuna ricompensa per questo, eppure la manutenzione era tra le spese previste dalle convenzioni. Emblematico se si parla di condizioni igienico-sanitarie, il fatto che per anni i centri di accoglienza sono stati infestati dagli scarafaggi senza che alcun intervento risolutivo venisse attuato. Ciò nonostante le segnalazioni e le richieste degli operatori. Addirittura in un centro di accoglienza per famiglie, quindi con la presenza di bambini, c'è stata la presenza di ratti di fogna tranquillamente accettata dalla CdS come male "inevitabile". Da segnalare che con il primo vero intervento di sanificazione (forzato da questa delegazione sindacale), attuato nel settembre di quest'anno e durato pochi giorni, il problema scarafaggi, almeno in quel centro è stato superato; segno evidente che era ed è soltanto un problema di "cattiva gestione". Persino la pulizia personale delle persone accolte veniva messa in discussione dai lunghi periodi di riparazione delle caldaie (spesso di settimane); immaginiamo cosa significa per un richiedente asilo, fuggire dal proprio paese e non trovare neanche il conforto di una doccia calda in un paese che si vuole industrializzato. Alimentazione: Le forniture spesso carenti e di pessima qualità concernono soprattutto i prodotti freschi, poiché per il resto i generi essenziali (latte,pasta, riso,etc.) esse provengono dal banco alimentare. Da sottolineare che anche in questo caso come per tutti gli altri citati, le convenzioni (ossia i contratti di appalto e gestione) prevedono nella quota pro-die/pro-capite il capitolo dedicato alle spese alimentari per le persone. Da sottolineare che spesso arrivavano nei centri prodotti in scadenza o addirittura scaduti non sappiamo di quale provenienza; fatto questo non occasionale ma da attribuire ad una scelta che ignora il rispetto per l'altro soprattutto se diverso. Suppelllettili: Le decine di operatori che hanno transitato all'interno dei centri di accoglienza hanno lasciato traccia di sé: divani, mobilio, frigoriferi, etc.; il risultato è che in tanti anni di nostro lavoro non abbiamo mai visto spendere una lira per le suppellettili dei centri di accoglienza. Anche qui una domanda sorge spontanea: i soldi stanziati che fine hanno fatto? Supporti tecnici per l'effettuazione del servizio: Il lavoro dell'operatore sociale per la sua natura di lavoro di rete, necessita di strumenti tecnici adeguati(computer,internet,etc.); questi erano sostanzialmente assenti ed anzi in alcuni casi persino la linea telefonica è stata inaccessibile per diverse settimane. Quale Qualità? Quale servizio? Aspetti immateriali Il servizio e la qualità del servizio è "un prodotto" - come sostengono le stesse cooperative del Terzo Settore,- "che serve a soddisfare delle esigenze espresse ed implicite". L'esigenza esplicita è l'accoglienza per il richiedente asilo ed i rifugiati, quella implicita è l'internamento. La CdS si propone come la nuova forma di internamento nei confronti dei rifugiati: quella invisibile che non può essere oggetto di verifica e di accuse. La CdS mette in atto "la sindrome della porta girevole". La persona "in fuga" viene intercettata e in quanto persona debole viene immessa in un circuito senza via d'uscita. La persona non è in grado di valutare le azioni rivolte verso di sè: ciò rappresenta la base con cui viene costruito il processo d'internamento. La condizione di svantaggio del rifugiato invece di essere oggetto di un'analisi dei bisogni, è lo strumento di base con cui si costruisce l'etichettamento psicologico necessario a giustificare i mezzi coercitivi nei suoi confronti. Il suo degrado psicologico e fisico - secondo questa prassi - è il prodotto ineliminabile del soggetto che lo rende inevitabilmente incapace ad uscire dall'emarginazione. Il soggetto viene messo nelle condizioni di "non potercela fare", per giustificare un circuito senza vie d'uscita. ("la porta girevole") Jr., un immigrato presente nei centri di accoglienza, ha confessato che " il Terzo mondo non è un luogo geografico, ma una condizione dell'esistenza che in Italia si tende a salvaguardare". Tutti i sistemi di relazione umana esistenti internamente alla struttura presentano le caratteristiche delle forme di internamento rilevate nei vecchi manicomi. L'accoglienza e l'internamento L'accoglienza si definisce come l'intervento mirato alla collocazione lavorativa di determinati soggetti politici, che fuggono dai propri luoghi di origine. Gli strumenti di cui la struttura si serve per realizzare questi obiettivi in realtà, sono finalizzati alla creazione dell'internamento istituzionale e condiviso. La prassi lavorativa si basa su: 1. La mancanza d'individuazione dei bisogni: la creazione della recluta L'individuazione dei bisogni è un percorso scientifico complesso determinato dall'insieme delle professionalità che lo Stato Sociale moderno è in grado di sviluppare in un determinato momento storico (legislatori, giuristi, medici, psicologi, assistenti sociali, sociologi, operatori ecc.). La prassi della CdS si fonda sul rifiuto verso la ricerca di soluzioni per l'individuazione dei bisogni. Il rifiuto è sia per gli strumenti scientifici di valutazione dei bisogni, che per il tentativo praticato spontaneamente da parte degli operatori coinvolti nel lavoro quotidiano con i rifugiati. Il soggetto, per la prassi della CdS non ha bisogni propri, nel momento in cui entra nella struttura deve soltanto rispondere a quelli che sono i bisogni della struttura. "Le regole" della struttura sono i bisogni a cui il soggetto si deve conformare nel suo percorso istituzionale. Ogni bisogno del soggetto, che non rispecchia le regole della struttura, è letto come una "causa di non conformità" da eliminare. Se una persona ha bisogno di farsi una doccia, se non viene condiviso dallo staff e dal responsabile, tale bisogno viene ritenuto falso e non attuabile. La definizione tecnica di un soggetto che non presenta bisogni propri se non quelli presentati dalla struttura ("si scopre il crimine per adattarlo alla punizione") è quella di recluta. L'assenza di valutazione dei bisogni può condurre alla morte come è successo ad un ospite malato terminale espulso dal centro senza nessuna valutazione dei bisogni sanitari e delle conseguenze dell'espulsione. Allo stato attuale manca la presenza di un'inchiesta in grado di verificare quanto l'espulsione e la mancata individuazione dei bisogni sanitari hanno influito sulle cause del decesso 2. degradazione del sé: la carriera morale La mancanza di analisi e risposte ai bisogni della recluta determina una barriera tra questa ed il mondo. La recluta inizia un progressivo cambiamento di giudizio su sé stesso, tendendo a modificare le proprie credenze in funzione delle regole della CdS. Le regole che si vivono all'interno della struttura non riguardano una progressiva costruzione di senso del vivere sociale dei soggetti partecipanti, ma rappresentano lo sviluppo di una serie di umiliazioni necessari alla conservazione dell' internamento istituzionale. Di conseguenza l'uso della violenza nei confronti delle reclute, come l'espulsione dalla CdS durante la notte, a temperature molto basse, la forzata uscita delle reclute della struttura alle 7,00 del mattino, vogliono mostrare l'identità della struttura a cui bisogna aderire. Stare alla CdS, per una recluta, significa modificare il proprio sé a favore di un'identità richiesta dalla struttura. 3. procedure d'ammissione e omologazione Le reclute che fanno il proprio ingresso nella CdS vanno incontro ad un processo di omologazione/espulsione. Le regole interne rappresentano "il test d'obbedienza" per mantenere il proprio vitto e alloggio. Il processo di omologazione ha origine con l'ingresso delle reclute alla CdS e si sviluppa attraverso un processo di monitoraggio esterno ed interno. Il monitoraggio interno avviene attraverso gli operatori, quello esterno attraverso l'uso di consulenze tecniche di tipo psichiatrico. Il monitoraggio interno consiste nel creare delle risposte standardizzate da parte degli operatori. Viene, dunque, prodotto, quello che i responsabili della CdS chiamano il "lavoro o supervisione degli operatori". Il monitoraggio esterno è direttamente tarato sulla recluta, attraverso la consulenza psichiatrica esterna e la somministrazione di psicofarmaci. La CdS fa di tutto per mantenere la recluta all'interno della struttura ed agisce l'espulsione soltanto nei casi estremi. Pertanto l'uso di psicofarmaci può agire in quelle reclute "recuperabili" all'interno della struttura. Altri tipi di processi d'ammissione sono informali e riguardano la violazione del mondo privato della recluta, al fine di renderlo vulnerabile e pregiudizievole agli occhi degli operatori, oppure la creazione del rapporto sociale di deferenza tra recluta e operatori. Se "le regole della casa" rappresentano il sistema esplicito di proibizioni e prescrizioni che definisce lo schema dei bisogni della recluta, una serie di compensi o "eccezioni alla regola" diventano i "privilegi" nonchè lo strumento della CdS per forgiare il processo di omologazione delle reclute. 4. Espropriazione delle risorse Le risorse sono delle capacità che una persona sviluppa all'interno della società. Lo sviluppo delle risorse dipende dall'interazione costante delle istituzioni sociali (il lavoro, la famiglia, gli amici ecc) con il soggetto. Una persona in difficoltà necessità di strumenti (valorizzazione delle proprie esperienze culturali d'origine, sussidio minimo, relazioni familiari, percorso verso possibilità autonome di alloggio, inserimento lavorativo compatibile con le proprie capacità ecc.) che potenziano questa relazione. L'ingresso della recluta nel CdS rappresenta il ritiro della persona dal mondo sociale e, dunque, l'espropriazione di ogni risorsa personale. La recluta è costretta a chiedere il permesso o a domandare aiuto per cose che nella società porta a termine da solo: scaldarsi le vivande, accedere al frigo, fare uso di assorbenti, scegliere l'orario di rientro notturno, ricevere visite, ecc. Egli è sottomesso e le sue azioni sono sempre in balia all'organizzazione della struttura. Egli non ha alcun potere decisionale nei confronti delle regole imposte dalla struttura; essendo queste funzionali all'economia del sistema, possono essere modificate in funzione dei bisogni d'internamento: per esempio, anche quando l'amministrazione comunale ha messo a disposizione un fondo mensile (* 25,00 a persona) simbolico di una piccola autonomia per il richiedente asilo, la CdS ha potuto ritenere opportuno destinare quella somma di denaro irrisoria per l'acquisto di carte telefoniche, senza condividere la decisione con le reclute. 5. Psicosi da internamento La consulenza psichiatrica rappresenta lo strumento di monitoraggio esterno della recluta ed ha due obiettivi: quello di controllare i livelli di tensione esistente dentro la CdS, attraverso la somministrazione di farmaci psicoattivi nei confronti di quei soggetti, maggiormente esagitati dalle condizioni della struttura; allo stesso tempo, quello di "curare" i disturbi psichici da internamento. Le condizioni sociali della CdS prima provocano la grave mortificazione della persona e del sé della recluta e, in seguito, ai processi di "depersonalizzazione" ne descrivono il disturbo come se appartenesse al soggetto, indipendentemente dalle influenze dell'ambiente descritto. L'assenza di protocolli farmacologico-psicologici (protocolli psichiatrici) manifesta sempre la presenza della medicina repressiva, ovvero la medicina che utilizza gli psicofarmaci per sedare condizioni sociali. Dentro la CdS è presente questo fenomeno dove l'uso degli psicofarmaci sono funzionali alle condizioni dell' internamento. 6. I tipi di adattamento delle reclute: la colonizzazione e la conversione L'adattamento delle reclute nelle condizioni di internamento sono diverse; né prendiamo, per ragioni di spazio, ad esempio soltanto due: la "conversione" e la "colonizzazione". Se la psicosi da internamento è una forma di adattamento in cui la recluta si è "ritirata" dalla situazione (indipendentemente se da costrizioni esterne per l'aver adottato una "linea intransigente" di ribellione), la colonizzazione è il vissuto e l'elaborazione mentale delle reclute nei confronti della struttura, come dell'unica realtà possibile: la CdS viene vissuta come se si trattasse di tutta la realtà. Le reclute basano la loro esistenza in modo stabile costruendo il massimo della loro soddisfazione, in base a ciò che la CdS può offrire. Nella conversione le reclute "introiettano", fanno proprio il giudizio che la CdS ha costruito su di loro. Attraverso questo adattamento le reclute ottengono la massima permanenza possibile al centro. A differenza del colonizzato, che usa i vantaggi ottenibili dalla struttura, la recluta convertita assume un atteggiamento più disciplinato e più moralistico. 7. Il contenimento Come ogni forma di internamento esistente, la CdS ha la necessità di presentarsi al pubblico come un organizzazione razionale, scelta consapevolmente e specificatamente per il raggiungimento di alcuni fini di natura umanitaria e solidale. Il nome "Casa dei Diritti Sociali" rappresenta esplicitamente il proprio mandato umanitario. Senza uno sviluppo politico delle condizioni sociali del richiedente asilo, la struttura CdS, nel suo concreto agire presenta immediatamente una contraddizione fondamentale. La struttura, senza strumenti esterni, di natura istituzionale e politica, forniti da un servizio pubblico e dai meccanismi di uno Stato Sociale, fallisce il suo mandato "riabilitativo e di recupero" e sviluppa, al momento dell'ingresso della persona nel centro, lo schema dell'internamento: il richiedente asilo diventa un "prigioniero". M., per esempio, aveva sviluppato un senso di colpa e si sentiva un "traditore", per essere fuggito dal proprio paese ed essere rimasto in vita. Il contenimento è lo strumento ed il linguaggio con cui vengono educati gli operatori. Gli operatori, lentamente, si spogliano delle caratteristiche di lavoratori al servizio dei diritti umani per costituire uno staff di custodi. Il loro compito è quello di "contenere" il più possibile le tensioni esistenti e potenziali all'interno della CdS. Il contenimento è uno strumento che opera su diversi livelli gerarchici: a livello superiore rappresenta l'esecuzione materiale di una prassi politica. Questo livello ha il potere decisionale del contenimento come strumento coercitivo, in quanto ha i mezzi economici forniti dall'amministrazione pubblica, per realizzarli. Ad un livello intermedio il contenimento agisce attraverso il "lavoro sugli operatori". In questa fase, i responsabili agiscono una pedagogia di contenimento nei confronti degli operatori, i quali, quando tentano di dare senso al mandato della CdS, scontrandosi inevitabilmente con le contraddizioni del lavoro, vengono contrastati. Gli operatori devono imparare ad essere uno staff efficiente nel prevedere condizioni di conflitto ed eliminarle.
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