(Fwd) N.E. Balcani #797 - Albania



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N.E. BALCANI #797 - ALBANIA
11 maggio 2004


IL SECONDO ISOLAMENTO DELL’ALBANIA 
di Gjergj Buxhuku - ("Shekulli" [Tirana], 25 aprile 2004)


La decisione da parte dell’Unione europea di bloccare i negoziati per 
l’accordo di associazione e stabilizzazione ha fatto sorgere forti 
timori per un nuovo isolamento dell’Albania. L’autore di questo 
articolo denuncia la corruzione dei funzionari delle ambasciate 
straniere presenti a Tirana, ritenuti responsabili per la mancata 
liberalizzazione del regime dei visti, accuse che l’ambasciata 
italiana a Tirana ha respinto con veemenza - Lucia Pantella


Relativamente al problema della libera circolazione, ormai gli 
Albanesi condividono la propria condizione solo con i popoli 
coinvolti nella guerra: serbi, macedoni e bosniaci. I cittadini di 
tutti gli altri stati balcanici possono muoversi liberamente nella 
zona Shengen. Di nuovo gli Albanesi sono gli ultimi nella lista dei 
diritti e i primi in quella dell’isolamento.

Nel corso dell’ultimo ciclo dei negoziati tra l’Albania e l’Unione 
Europea, per l’accordo di stabilizzazione e di associazione, i 
rappresentanti europei hanno dichiarato apertamente che le richieste 
albanesi per la liberalizzazione del regime dei visti, ancora per 
molto tempo, non potranno essere realizzate. In altre parole, gli 
Albanesi saranno costretti, come è stato finora, a interminabili code 
davanti alle porte delle ambasciate straniere, dove l’ultima cosa che 
viene presa in considerazione è la dignità umana. O, se non hanno 
alcuna chance per assicurarsi il visto tanto sospirato per uscire dal 
paese, non resta loro che affidarsi alle “flotte” di gommoni o 
peregrinare, come in una sorta di esodo biblico, tra le vette delle 
montagne. 

Quando si afferma che non hanno nessuna chance di assicurarsi un 
visto regolare dalle ambasciate, in realtà non si dice esattamente la 
verità. Perchè, come è noto a tutti gli Albanesi, esiste anche un 
metodo più pratico per procurarsi l’autorizzazione a passare nel 
“mondo libero”, un metodo vecchio come il mondo, vale a dire 
l’acquisto dei visti nei negozi-consolati stranieri. Le richieste di 
visti da parte degli Albanesi sono così numerose che la loro vendita 
diviene un commercio assolutamente appetibile per i trafficanti 
stranieri.

I trafficanti sono generalmente i funzionari delle ambasciate che, 
limitando il rilascio dei visti ufficiali, riescono di conseguenza a 
massimizzare i loro profitti, creando in questo modo un vero e 
proprio business. Il giro di affari è veramente favoloso e con un 
rischio pari a zero visto che non vi è necessità di effettuare 
investimenti, come invece accade negli altri settori del mercato.

A pagare milioni di euro ogni anno sono i poveri Albanesi. A dir la 
verità, in molti casi non abbiamo a che fare con dei veri sfortunati, 
ma semplicemente con i rappresentanti della mafia internazionale, 
trafficanti, contrabbandieri, criminali ecc. cioè con una categoria 
di persone che oltrepassa con facilità le barriere stabilite dalla 
“pedante” burocrazia occidentale. La facilità deriva dal fatto che 
proprio questo tipo di persone hanno la possibilità finanziaria di 
comprare il visto a qualsiasi prezzo. 

Il massimo rigore del regime dei visti Shengen imposto dall’UE è 
funzionale alla grande fonte di guadagno proveniente dalla corruzione 
di massa presente in quasi tutte le ambasciate estere in Albania. 

Non dimentichiamo che i funzionari stranieri che fanno parte del giro 
del traffico di visti sono divenuti un’intera gerarchia di persone, 
che si occupa di trovare i clienti e di eseguire le procedure 
predefinite della gigantesca rapina. 

Il traffico dei visti ha un giro d'affari dell’ordine di decine di 
milioni di euro all’anno, che dalle porte delle ambasciate straniere 
in Albania, finiscono probabilmente nelle mani degli alti funzionari 
dei paesi corrispondenti, andando ad intessere una ragnatela di 
corruzione consolidata e allo stesso tempo perfettamente efficiente. 
Nessuno degli interessati intende rovinare un tale paradiso di 
ricchezza, cui un semplice timbro sul passaporto porrebbe fine. 
D’altra parte sono proprio i funzionari stranieri corrotti a dare le 
informazioni sbagliate, e, speculando sulle infinite procedure 
burocratiche, posticipano all’infinito il rilascio dei visti. C’è 
anche una seconda categoria che non desidera la fine del regime dei 
visti per gli Albanesi. Sono i trafficanti di esseri umani, che 
perderebbero in questo modo la loro clientela. 

Naturalmente la responsabilità dello stato albanese, riguardo la 
garanzia della libera circolazione dei suoi cittadini nell’area 
Shengen, è totale. In primo luogo, di fatto lo stato non è ancora in 
grado di sapere il numero esatto dei suoi cittadini. Caso unico, e 
non solo in Europa. È incomprensibile come uno stato che pretende di 
chiamarsi europeo e democratico non sia in grado allo stesso tempo di 
dire con esattezza quanti e quali siano i suoi cittadini. Nessun 
progetto sarebbe più importante della registrazione dei cittadini 
albanesi. Proprio per questa ragione, non siamo stati in grado di 
realizzare le basi della costruzione di uno stato democratico: 
elezioni libere e trasparenti. Il registro degli elettori in Albania 
è assolutamente inesatto. Per quanto costoso possa essere, il 
censimento dei cittadini albanesi e la creazione di un corretto e 
completo registro dei votanti dovrebbe essere la priorità assoluta 
del paese. Indipendentemente dal suo costo, alcuni milioni di euro 
sono poca cosa rispetto ai vantaggi eccezionali derivanti dalla 
realizzazione del progetto.

Nessuno è in grado di dire con esattezza quali siano gli argomenti 
addotti dai politici albanesi per giustificare come mai, fino ad 
oggi, non è stata possibile la realizzazione di un tale progetto. 
Mentre la perfetta alleanza tra i corrotti dei consolati, i politici 
albanesi, i funzionari stranieri e la mafia internazionale si 
arricchisce, gli albanesi sono costretti ancora a pagare, per 
garantirsi uno dei diritti fondamentali della democrazia: la libera 
circolazione. L’alleanza sopra nominata evidentemente ha deciso di 
mantenere gli Albanesi nel secondo isolamento dopo quella della 
dittatura comunista.

(traduzione dall'albanese di Lucia Pantella)

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