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incendio al Naga_har
- Subject: incendio al Naga_har
- From: "Italo Siena" <italo.siena at tin.it>
- Date: Mon, 29 Mar 2004 01:28:53 +0200
fuoco dell'intolleranza La notte tra il 23 e il 24 marzo un incendio doloso ha devastato i locali del Naga-Har, principale centro milanese di accoglienza e assistenza ai richiedenti asilo e rifugiati politici. Un gesto di razzismo, di intolleranza, di violenza, di ignoranza che colpisce persone fuggite da guerre e persecuzioni, venute in Italia con la speranza di trovare rifugio in un paese democratico e civile, di essere finalmente accolti. Forse, purtroppo, si sono sbagliati 27 marzo 2004 - Un giovedì pomeriggio qualunque, entrando al civico 24 di via Grigna, periferia di Milano, si sentiva odore di tè, ritmi africani e melodie arabe, voci che parlavano, ridevano, scherzavano in una babele di lingue: arabo, francese, inglese, italiano. Il tutto mischiato assieme in un chiasso allegro e vitale. Chi seguiva il corso di cultura e lingua italiana, chi quello di musica. Chi chiedeva di trovargli un alloggio, chi, nonostante la confusione, dormiva su un divano perché un alloggio non l'aveva ancora trovato. Chi leggeva la posta su Internet, unico ambìto e conteso strumento di comunicazione con chi è rimasto a casa. Chi guardava la tv, chi chiacchierava del più e del meno, chi chiedeva una sigaretta. E soprattutto chi cercava di trovare la tranquillità, e la forza, per raccontare ai volontari la propria storia, quella che una commissione a Roma avrebbe poi dovuto valutare per decidere se concedere o meno l'asilo politico. Sì perché chi viene qui al Naga-Har è scappato dalla guerra, dalla dittatura, dalla persecuzione, dalla repressione, dalla tortura. Ragazzi fuggiti dalla Sierra Leone, dalla Liberia, dalla Costa d'Avorio, dal Congo, dalla Nigeria, dall'Iraq, dall'Afghanistan, dal Kurdistan. Venuti in Italia con una speranza: trovare rifugio in un paese democratico e civile, trovare accoglienza. Trovare pace. Un'umanità che galleggia in un limbo sospeso tra un passato da dimenticare e un futuro ancora tutto da costruire. Giovedì 25 marzo si vedeva da lontano che qualcosa non andava. Fuori dalla porta, rifugiati distribuivano volantini ai passanti che, contrariamente al solito, non passavano, ma si fermavano a guardare. Sul marciapiede, mobili carbonizzati. La gente che entrava e usciva non dalla porta, ma dalla vetrina scoppiata e scrostata. Dentro, solo l'acre odore di bruciato, le mura annerite dal fumo. Silenzio e rabbia. Arrampicati sui pochi mobili rimasti intatti, gli ospiti e i volontari del centro ripuliscono i muri con stracci e spugne. Hanno dato fuoco al Naga-Har. Nella notte del 24 marzo, qualcuno ha buttato un panno imbevuto di benzina all'interno dei locali dell'associazione. Un'azione premeditata. Hanno usato un buco nella serranda d'acciaio, fatto una decina di giorni prima. La pezza incendiata ha fatto scoppiare il televisore e il videoregistratore che stavano lì accanto. L'esplosione ha devastato la vetrina, facendo prendere fuoco ai mobili della stanza. Ma soprattutto ha prodotto un denso fumo nero che ha ricoperto tutto di uno strato di fuliggine, nero come la pece. Questo, e il forte calore sviluppato dall'incendio, hanno reso inutilizzabili computer, stampante e fotocopiatrice: le uniche cose di valore che c'erano. "E' opera di gente cattiva, gente satanica". "Questo è razzismo!". "Cosa ci hanno guadagnato?". "Noi continuiamo come prima". Sono i commenti che i ragazzi del centro fanno tra loro, ancora increduli, anche se non scossi: loro a queste cose ci sono abituati, hanno visto e vissuto ben di peggio. Certo, non pensavano di vederle succedere anche qui. I loro pensieri vengono raccolti su un foglio di cartone appeso fuori dalla porta. "Dopo essere stati costretti a fuggire dai nostri paesi, ci chiediamo chi voglia cacciarci anche da qui". "Questo è l'unico posto a Milano in cui troviamo casa durante il giorno, quando i dormitori sono chiusi". Dopo un primo momento di smarrimento tutti si sono rimboccati le maniche e hanno iniziato a mettere ordine e a ripulire. Qualcuno ha fatto il tè, qualcun altro ha riacceso lo stereo annerito, ancora funzionante. Con Bob Marley in sottofondo, il Naga-Har ha iniziato a rivivere. Laura Forcucci* *volontaria del Naga-Har
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