2 dal giornale Linea Diversa dello Slai Cobas ATM di Milano



MEGLIO SELVAGGIŠ
CHE SELVAGGINA !

"La fermata spontanea dei lavoratori di ATM è un fatto grave e preoccupante
Š Si tratta di una iniziativa che si colloca fuori dalle regole della
normale gestione del conflitto sindacale Š Cgil, Cisl e Uil Š invitano i
lavoratori di ATM a riprendere immediatamente il lavoro, convinti della
necessità che le regole vadano rispettate a tutela dell'utenza e contro
coloro che attraverso questa strada vogliono mettere in discussione il
diritto di sciopero" (CgilCislUil, 12 gennaio 2004)


 Il 9 gennaio 2004 i lavoratori del trasporto locale hanno scioperato
massicciamente in tutta Italia contro l'accordo firmato a dicembre da
CgilCi-slUil. Il 12 gennaio i lavoratori di Milano e di Genova sono tornati
a mobilitarsi con uno sciope-ro non programmato bloccando le rispettive
città. Stesso discorso il giorno 13 a Brescia, Bergamo, Monza e, di nuovo,
a Milano.
I lavoratori sono insoddisfatti di un accordo che prevede un aumento di
circa 80 euro (contro i 106 previsti dal recupero dell'inflazione
programmata) e una "una tantum" di 970 euro contro i circa 3000 di
arretrati.
E senza contare il salario perso con gli scioperi fatti per ottenere il
rispetto degli accordi. Le a-ziende del trasporto locale, le istituzioni, i
mass media, quasi tutti i partiti della "sinistra" e della destra e,
purtroppo, anche i dirigenti dei sindacati confederali, come a dicembre,
hanno fatto a gara nel criticare e in certi casi persino nel denigrare i
lavoratori, con l'obbiettivo di scatenare contro di essi l'odio dei
"cittadini", degli "utenti", dei "consumatori"Š per isolarli e quindi
sconfiggerli con maggiore facilità.
Nessuno ha risparmiato ai lavoratori il pro prio biasimo schierandosi di
fatto con il governo e le imprese del trasporto locale che da anni violano
apertamente la legge nella totale impunità e nella generale indifferenza.
Ma, malgrado la vera e propria campagna di mistificazione e di
denigra-zione, gli altri lavoratori hanno capito le ragioni della
mobilitazione e la radicalità della lotta, of-frendo ampie manifestazioni
di appoggio e di so-lidarietà.
Le aziende del trasporto pubblico hanno provato a far saltare l'accordo sul
recupero dell'inflazione programmata che in questi anni ha sostituito la
scala mobile (con cui si garantiva un parziale re-cupero dall'inflazione
reale) e che è stato motivo di costante perdita di potere d'acquisto.
Non potendo manomettere questo accordo per via legislativa (se non a
rischio di scatenare il fini-mondo in una situazione di carovita sempre più
insostenibile) il capitalismo (in questo caso di Stato) ha provato la
strada dell'attacco per via di-retta dichiarando semplicemente di non
intendere pagare gli aumenti previsti.
E se questo attacco è stato parzialmente parato è stato grazie solo alla
determinazione e alla reatti-vità dei lavoratori. Se le pretese delle
aziende del trasporto locale fossero passate senza colpo ferire chi avrebbe
potuto impedire in altra occasione di violare accordi già sottoscritti
facendo saltare di conseguenza anche l'utilità della firma di un qualunque
accordo ? In qualunque momento un impresa avrebbe potuto dire: sì, vi
dovevamo dei soldi, ma non li abbiamo e non ve li diamo.
Di fronte a tutto questo il sindacato confederale ha assunto posizioni a
dir poco ingiustificabili. Invece di ascoltare la voce dei lavoratori si è
schierato contro di essi dimostrando come, a parte alcuni settori, Cgil,
Cisl e Uil tendano progressi-vamente a diventare poco più che
organizzazioni paraistituzionali dedite al rastrellamento dei fondi
pensione integrativi, alle attività di patronato e di assistenza fiscale
nella gestione del business della formazione professionaleŠ cercando
conte-stualmente di soffocare ogni spinta autonoma proveniente dai
lavoratori in quanto foriera di un minore potere di controllo su di essi.
Non è una vera novità.
Non era infatti necessaria la lotta degli Autofer-rotranvieri per chiarire
che Cgil, Cisl e Uil hanno sempre meno a che vedere con gli interessi reali
dei lavoratori. Mano a mano che i lavoratori tor-nano a lottare e ad essere
protagonisti attivi dei loro interessi, trascinati anche dagli effetti di
una crisi sempre più pesante e evidente che determina continue
espropriazioni di diritti e continui arre-tramenti di salario, la loro
divaricazione dai sin-dacati di regime tende a diventare sempre più marcata.
Però, in fondo, Cgil, Cisl e Uil "hanno ragione". Sì, la lotta degli
Autoferrotranvieri è "grave" e "preoccupante" (per loro) proprio perché è
fuori dalle regole sindacali "normali", cioè da regole pensate
appositamente per depotenziarne l'impatto e l'efficacia. Cgil, Cisl e Uil
sanno bene che ogni volta che gruppi di lavoratori si organiz-zano in modo
autonomo e varcano la soglia della legalità di regime per le imprese (ed
anche per le stesse burocrazie) sono guai; pertanto, questi la-voratori
diventano immediatamente soggetti peri-colosi da rimettere al più presto
sotto controllo. E per raggiungere questo obbiettivo (il recupero del
controllo) i lavoratori devono essere sconfitti.
Dunque, non solo le imprese, ma purtroppo anche Cgil, Cisl e Uil si
schierano contro i lavoratori e puntano sul loro isolamento, sulla loro
demoralizzazione, sulla loro sconfitta.
Più i lavoratori sono deboli, timorosi, divisiŠ più aumenta l'attrazione
del grande sindacato dotato di strutture, sedi, denaro, avvocati,
patronatiŠ meno i lavoratori contano su loro stessi e più so-no portati a
contare su qualcun altro, a delegare, ad affidarsi ciecamente ai
professionisti "sindacali".
Ed è anche per questo che la precarizzazione e la flessibilità sono
aumentate vertiginosamente in questi anni. Precarizzazione e flessibilità
produ-cono tra i lavoratori isolamento, debolezza, ri-catto, cioè una
situazione favorevole per i padroni (che possono strappare condizioni a
loro più fa-vorevoli), ma anche per i vertici sindacali confe-derali (che
si propongono come i soli capaci di "tutelare" i lavoratori). Il tutto
nell'ottica della salvaguardia degli interessi capitalistici, siano essi
padronali o di Stato.
Ma dove i lavoratori hanno sufficiente forza e co-raggio per lottare le
cose si fanno più difficili e si aprono possibilità di resistenza nuove.
Questo, i lavoratori Autoferrotranvieri lo stanno capendo sempre più
chiaramente e per questa ra-gione stanno conducendo una lotta vera, non una
delle solite e inutili manifestazioni di dissenso in cui masse salmodianti
armate di bandierine e cappellini plaudono alle sciocchezze profferte dalle
mille bocche bugiarde che chiedono loro di rassegnarsi.
I lavoratori Autoferrotranvieri non si sono rasse-gnati, non lottano "per
partecipare": lottano per vincere. E l'esito di questa lotta, che non
dipende solo dai lavoratori del trasporto locale, ma anche dalla capacità
di mobilitazione degli altri lavora-tori, avrà un forte influenza anche
nelle lotte futu-re. I lavoratori del trasporto pubblico hanno
noto-riamente un discreto potere contrattuale che pro-viene loro dalla
capacità di bloccare un settore nevralgico per l'economia capitalistica e
per il suo quotidiano funzionamento.
Questi lavoratori possono bloccare le metropoli, le attività produttive e
lavorative, il flusso di mer-ci e personeŠ Pochi altri settori hanno una
"forza contrattuale potenziale" altrettanto grande. Se lavoratori con
queste potenzialità vengono sconfitti è ragionevole pensare che una sorte
ancora peggiore sia riservata ai lavoratori di altri settori con un potere
contrattuale minore.
Dunque, poiché il destino della lotta degli Auto-ferrotranvieri è
importante per tutti i lavoratori allora tutti i lavoratori devono
partecipare, per quelle che sono le loro possibilità, a rafforzare questa
lotta, a creare solidarietà intorno agli Au-toferrotranvieri, ad
evidenziare le vere responsa-bilità della situazione, a lottare a loro
volta.
Quella di lottare per vincere (e quindi di scegliere le forme di lotta
adeguate a questo obbiettivo) è la più importante novità dopo decenni di
concer-tazione, di politica (del contenimento) dei redditi, di
precarizzazione  attraverso Pacchetto Treu e Legge Biagi , di arretramento
salariale, di perdita di posti di lavoro, di intensificazione dei ritmi e
dello sfruttamento, di rafforzamento delle gerar-chia in fabbrica e del
ricatto sui lavoratori giovani, di restrizione dei diritti sindacali e di
sciopero a cui Cgil, Cisl e Uil hanno contribuito in modo decisivo con la
firma dell'accordo del 31 luglio 1992 (abolizione scala mobile), con la
firma del-l'accordo del 23 luglio 1993 (flessibilità, concer-tazione), con
il Pacchetto Treu (lavoro interinale, contratti d'area, privatizzazione
collocamento), con la legge Biagi (lavoro a chiamata, abolizione
collocamento pubblico), con patto per l'Italia (so-spensione art.18)  ŠŠ..
Cgil, Cisl e Uil, invece di prendere atto che i loro stessi iscritti
partecipano in massa agli scioperi non programmati e alle altre forme di
lotta decise nelle assemblee, invece di essere, come dovreb-bero, lo
strumento organizzativo delle scelte dei lavoratori, suggeriscono ai
lavoratori di tornare a lavorare (!) e di non offrire la sponda a chi
vor-rebbe mettere mano in senso restrittivo al diritto di sciopero. Cioè si
dice: o smettete di lottare e in ogni caso, quando lo fate, lo fate
seguendo le no-stre indicazioni e le nostre regole oppure "qualcuno" vi
restringerà ulteriormente il diritto di sciopero.
Una vera e propria minaccia visto che proviene da chi ha già contribuito a
mettere mano in termini restrittivi  tra la fine del 1999 e l'inizio del
2000  alla legge per la regolamentazione del diritto di sciopero nel
trasporto pubblico, dietro in-dicazione nientepopodimeno che di Sergio
Coffe-rati in persona e sotto il governo presieduto da Massimo D'Alema,
fresco reduce dall'assassinio di alcune migliaia di jugoslavi a colpi di
bombe umanitarie all'uranio impoverito.
Molti dicono che con gli scioperi non program-mati si colpiscono anche gli
utenti. Vero. Anzi, necessario. Se gli utenti non fossero colpiti, se i
mezzi e le linee non fossero bloccati forse i lavo-ratori avrebbero mai
ottenuto l'interesse (peraltro ostile) dei massmedia o avrebbero mai
costretto le aziende del trasporto locale a smuoversi dalle loro posizioni
dopo mesi e mesi di stallo delle trattative ?
Un accordo già firmato e 7 scioperi generali per applicarlo non erano
bastati. La proposta delle a-ziende restava 12 euro (contro i 106 già
previsti). In Italia, praticamente nessuno, eccetto appunto gli
Autoferrotranvieri, conosceva la loro lotta e la loro situazione. Centinaia
di euro persi con gli scioperi non avevamo minimamente smosso le aziende
del trasporto e il governo.
Dopo lo sciopero non programmato di Milano del primo dicembre le cose sono
cambiate. Imme-diatamente. La radicalità e la determinazione della lotta
hanno cambiato da un giorno all'altro la situazione: aziende del trasporto,
Comuni, governo, partiti della "sinistra", giorna-listi hanno certo
iniziato ad attaccare i lavoratori, ma sono stati costretti loro malgrado,
nel giro di pochi giorni, a cercare di tamponare la situazione proponendo
un accordo giustamente rifiutato dai lavoratori cui si chiede, in cambio di
denaro già loro, di garantire ulteriore flessibilità e ulteriori aumenti
dei ritmi.
Ma senza lo sciopero non programmato del 1° di-cembre non ci sarebbe stato
neppure l'accordo bi-done. I lavoratori del trasporto locale stanno dan-do
una grande lezione di combattività. Stanno dimostrando che quando si punta
a vincere biso-gna lottare duramente, che quando si lotta dura-mente si
possono ottenere anche importanti ri-sultati concreti, che senza la lotta
non si ottengo-no che promesse e bugie.
Se gli utenti del trasporto pubblico non hanno a-vuto la forza e il
coraggio per opporsi agli aumenti seguiti all'introduzione dell'euro, se
non dicono nulla sul peggioramento dei servizi dovuto alla carenza di
personale e di manutenzione  che diminuisce anche la sicurezza  non possono
pren-dersela con i lavoratori che questa politica del massacro provano,
invece, a combatterla.
E non dobbiamo poi dare troppo peso alla cagnara delle cosiddette
associazioni dei consumatori che tanto hanno abbaiato contro i lavoratori
in lotta  e che, guarda caso, fanno riferimento tutte ai sindacati o ai
partiti di regime  ma che non hanno fatto nulla contro gli aumenti
arbitrariamente decisi dalle aziende del trasporto locale.
In conclusione.
Non si tratta di caricare la vertenza degli Autofer-rotranvieri di valenze
politiche che essa non ha soggettivamente. Non si tratta neppure di
consi-derarla "l'ultima spiaggia" e neppure "l'inizio della riscossa". Si
tratta di registrare la valenza oggettiva che questo scontro assume
all'interno del più generale scontro di classe e rispetto ai piani di
ristrutturazione capitalistica portati avanti contro la classe, nonché
l'impatto  altrettanto oggettivo  che una vittoria avrebbe sul morale e
sulla combattività anche di altri settori.
Ma questa vittoria non verrà da sola e non pos-siamo pensare neppure che
essa possa essere ot-tenuta dai soli lavoratori del trasporto locale.
Deve, invece, vederci tutti impegnati.
Per questo non ci limitiamo ad auspicare  come è ovvio  la vittoria dei
lavoratori, ma ci impegniamo a sostenerli concretamente e a creare attorno
ad essi il massimo di solidarietà attiva.