Caravan to Bagdad. 1° puntata



Cari amici,
Ecco la prima puntata del mio viaggio a Bagdad. Non ci sono ancora. é quello
che si chiama suspense in tutti i buoni film.


Ma abbiate pazienza e leggete questa prima puntata.
Ciao
Karim


Torino Amsterdam Amman


Ecco! il mio viaggio verso Bagdad è iniziato.
È iniziato verso le 16.30 di ieri, 23 gennaio 2004, all?aeroporto di Caselle
(To). Circa tre quarti d?ora per scarsa visibilità. Da Venezia il mio amico
e compagno di viaggio, Bruno, mi chiama dicendomi che lui è bloccato dalla
neve e che probabilmente non sarà all?appuntamento che ci siamo ad Amman,
Giordania, ma che ci sarà ad aspettarmi ?un contatto locale dell?organizzazione?.
Cominciamo bene. Ma comunque, dopo circa un?ora e mezza di viaggio, e uno
sprint quasi olimpico di qualche centinaia di metri nel gigantesco aeroporto
della capitale neerlandese, eccomi seduto nel Boeing della KLM diretto ad
Amman. Durante il viaggio il pilota ci annuncia che incontreremmo delle
perturbazione nelle zone confinanti tra Grecia e Turchia ( ma questa è storia
ormai vecchia pensai tra me e me). Il mio compagno di viaggio è un rappresentante
di una ditta tedesca di attrezzature per cementerei (dice di avere origini
turche ma niente nè nel suo aspetto, nè nel suo accento e nemmeno nel suo
nome tradisca questa discendenza). Mi racconta della sua Hamburg, fredda
e umida ma dove si vive meglio che nella maggior parte della Germania, secondo
lui, perché la vocazione portuaria ne ha fatto un tradizionale punto d?incontro
tra differenze e culture. Io lo porto su un altro terreno quella della politica.
Partendo dalla mia appartenenza ad una minoranza oppressa lo porto ad affrontare
le oppressioni turche sul Kurdistan, poi ad altre tematiche come la necessità
di nuove forme di partecipazione popolare o il riciclo di vecchie forme
come il sistema tribale (rivisitato con occhi di oggi). Tento anche di attaccare
di lato sull?impatto ambientale dell?industria che lui rappresenta. Non
si smuove. Incassa senza accusare il colpo e ribadisce sempre con molta
diplomazia. È molto simpatico, ma comincio a dubitare che il suo mestiere
di rappresentante commerciale abbia troppo impresso il suo modo di comunicare.
E approfittando di una sua distrazione, tento di dormire un po?. 
Alle 0.55 ore locale, arrivo nel Reale aeroporto della reale compagnia aerea
di Amman. Qui tutto è reale (niente è finto) e ad assicurare la realtà delle
cose, dei beni e dei luoghi ci pensano i giganteschi ritratti dei re: il
padre, Hossein (quello morto ma sempre onnipresente) e Abdallah, il figlio
(presente a tutte le salse e con tutti i condimenti). 
Si chiama Mohamed (ovviamente) il contatto locale. È fedele all?appuntamento.
I miei bagagli invece, no.   
Uscendo dall?aeroporto sono trafitto da un vento gelido e da una temperatura
di tre gradi su zero. Cadono a terra ghiacciati i miei sogni di sfuggire
il freddo torinese. Si stava meglio ad Amsterdam.
Armato del mio coraggio e della mia valigetta (unico bagaglio rimastomi,
con solo lo stretto necessario: necessario per la toilette, carta settimanale
e il dolcetto d?Alba) mi preparare ad affrontare questo mitico Medio-oriente.

Può sembrare strano all?Italiano medio (anche quando non si è di quelli
che considerano che da Roma in giù è tutto un unico paese chiamato genericamente
Marocco) che un Algerino abbia questo bisogno di scoprire il ?misterioso
Oriente?. Ma per me, l?africano (certo pocco convincente, ma orgoglioso
di esserlo) l?Asia occidentale è solo un?insieme di ?sentito dire?, forse
un po? più precisi di quelli di un occidentale, ma altrettanto lontani.
 
Ma a chi sogna di un Oriente ancora impregnato dei suoni, colori e odori
delle mille e una notte, Amman è il luogo sbagliato (ammettendo che ci sia
ancora uno giusto). La notte di Amman, l?antica Filadelfia, è oggi impietosamente
invasa da migliaia di spot luminosi che pubblicizzano marche di vestiti,
profumi, cosmetici, ma soprattutto computer e telefonini: anche qui malattia
nazionale.
Arrivato a casa: un comodo ma freddo appartamento affittato da alcune Ong
che operano nella regione per usarlo come ?campo base?, evitando così agli
operatori di passaggio onerosi pernottamenti in albergo.
Sono le 2.30, mi metto subito al letto. Mi addormento al freddo, pensando
quanto era azzeccato il regalo di una coppia premurosa di amici, che prima
della mia partenza mi avevano regalato un caldo pigiama. Peccato che lui
è rimasto a dormire da solo in qualche sala surriscaldata dell?aeroporto
di Amsterdam.
Karim Metref (Amman, 24 gennaio 2004)