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Caravan to Bagdad. 1° puntata
- Subject: Caravan to Bagdad. 1° puntata
- From: kametref at tin.it
- Date: Sat, 24 Jan 2004 22:48:43 +0100
Cari amici, Ecco la prima puntata del mio viaggio a Bagdad. Non ci sono ancora. é quello che si chiama suspense in tutti i buoni film. Ma abbiate pazienza e leggete questa prima puntata. Ciao Karim Torino Amsterdam Amman Ecco! il mio viaggio verso Bagdad è iniziato. È iniziato verso le 16.30 di ieri, 23 gennaio 2004, all?aeroporto di Caselle (To). Circa tre quarti d?ora per scarsa visibilità. Da Venezia il mio amico e compagno di viaggio, Bruno, mi chiama dicendomi che lui è bloccato dalla neve e che probabilmente non sarà all?appuntamento che ci siamo ad Amman, Giordania, ma che ci sarà ad aspettarmi ?un contatto locale dell?organizzazione?. Cominciamo bene. Ma comunque, dopo circa un?ora e mezza di viaggio, e uno sprint quasi olimpico di qualche centinaia di metri nel gigantesco aeroporto della capitale neerlandese, eccomi seduto nel Boeing della KLM diretto ad Amman. Durante il viaggio il pilota ci annuncia che incontreremmo delle perturbazione nelle zone confinanti tra Grecia e Turchia ( ma questa è storia ormai vecchia pensai tra me e me). Il mio compagno di viaggio è un rappresentante di una ditta tedesca di attrezzature per cementerei (dice di avere origini turche ma niente nè nel suo aspetto, nè nel suo accento e nemmeno nel suo nome tradisca questa discendenza). Mi racconta della sua Hamburg, fredda e umida ma dove si vive meglio che nella maggior parte della Germania, secondo lui, perché la vocazione portuaria ne ha fatto un tradizionale punto d?incontro tra differenze e culture. Io lo porto su un altro terreno quella della politica. Partendo dalla mia appartenenza ad una minoranza oppressa lo porto ad affrontare le oppressioni turche sul Kurdistan, poi ad altre tematiche come la necessità di nuove forme di partecipazione popolare o il riciclo di vecchie forme come il sistema tribale (rivisitato con occhi di oggi). Tento anche di attaccare di lato sull?impatto ambientale dell?industria che lui rappresenta. Non si smuove. Incassa senza accusare il colpo e ribadisce sempre con molta diplomazia. È molto simpatico, ma comincio a dubitare che il suo mestiere di rappresentante commerciale abbia troppo impresso il suo modo di comunicare. E approfittando di una sua distrazione, tento di dormire un po?. Alle 0.55 ore locale, arrivo nel Reale aeroporto della reale compagnia aerea di Amman. Qui tutto è reale (niente è finto) e ad assicurare la realtà delle cose, dei beni e dei luoghi ci pensano i giganteschi ritratti dei re: il padre, Hossein (quello morto ma sempre onnipresente) e Abdallah, il figlio (presente a tutte le salse e con tutti i condimenti). Si chiama Mohamed (ovviamente) il contatto locale. È fedele all?appuntamento. I miei bagagli invece, no. Uscendo dall?aeroporto sono trafitto da un vento gelido e da una temperatura di tre gradi su zero. Cadono a terra ghiacciati i miei sogni di sfuggire il freddo torinese. Si stava meglio ad Amsterdam. Armato del mio coraggio e della mia valigetta (unico bagaglio rimastomi, con solo lo stretto necessario: necessario per la toilette, carta settimanale e il dolcetto d?Alba) mi preparare ad affrontare questo mitico Medio-oriente. Può sembrare strano all?Italiano medio (anche quando non si è di quelli che considerano che da Roma in giù è tutto un unico paese chiamato genericamente Marocco) che un Algerino abbia questo bisogno di scoprire il ?misterioso Oriente?. Ma per me, l?africano (certo pocco convincente, ma orgoglioso di esserlo) l?Asia occidentale è solo un?insieme di ?sentito dire?, forse un po? più precisi di quelli di un occidentale, ma altrettanto lontani. Ma a chi sogna di un Oriente ancora impregnato dei suoni, colori e odori delle mille e una notte, Amman è il luogo sbagliato (ammettendo che ci sia ancora uno giusto). La notte di Amman, l?antica Filadelfia, è oggi impietosamente invasa da migliaia di spot luminosi che pubblicizzano marche di vestiti, profumi, cosmetici, ma soprattutto computer e telefonini: anche qui malattia nazionale. Arrivato a casa: un comodo ma freddo appartamento affittato da alcune Ong che operano nella regione per usarlo come ?campo base?, evitando così agli operatori di passaggio onerosi pernottamenti in albergo. Sono le 2.30, mi metto subito al letto. Mi addormento al freddo, pensando quanto era azzeccato il regalo di una coppia premurosa di amici, che prima della mia partenza mi avevano regalato un caldo pigiama. Peccato che lui è rimasto a dormire da solo in qualche sala surriscaldata dell?aeroporto di Amsterdam. Karim Metref (Amman, 24 gennaio 2004)
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