Foglio di Collegamento n. 112



Cari amici,
                  vi invio nel corpo di questo messaggio e in allegato Word
il numero 112 del nostro Foglio di Collegamento.

Vi raccomando di partecipare agli appelli per Mohammad Ameen e per la
famiglia al-Sakhri.
Si puo' partecipare all'appello per la famiglia al-Sakhri anche accedendo
al sito della Sezione Italiana di Amnesty International:
http://www.amnesty.it/primopiano/siria/

Fateci sapere i vostri commenti e le vostre opinioni sugli articoli che
pubblichiamo e inviateci i vostri contributi.

Cordiali saluti e auguri di buon Natale da tutto lo staff
Loredana Giannini

N. B. Si puo' chiedere in qualsiasi momento la cancellazione dalla lista
per l'invio del F. d. C.
         Se non volete ricevere l'allegato Word dal prossimo numero in poi,
fatecelo sapere


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FOGLIO  DI  COLLEGAMENTO  INTERNO
DEL COMITATO PAUL ROUGEAU

Numero 112   -  Novembre  2003

Sommario:

1 ) Azione urgente per Mohammad, vittima di un paradossale errore
2 ) Petizione: l'Italia e' ancora in debito verso la famiglia al-Sakhri
3 ) Da Kenneth Foster, nostro corrispondente nella Polunsky Unit
4 ) Avviso per i soci e i simpatizzanti di Torino: vediamoci al Sermig!
5 ) L'Europa auspica la moratoria tra tatticismi e sudditanza
6 ) La Corte Suprema sentenziera' per Guantanamo
7 ) Niente pena di morte per la giovane 'spia' di Guantanamo
8 ) Il goveno federale vuole la morte per Moussaoui
9 ) I processi contro i cecchini corrono verso la pena di morte
10) Uso politico della pena di morte: questa volta e' piu' evidente
11) Annullata la sentenza di morte per Antonio Richardson
12) La vicenda di Raul immersa nella cultura della morte
13) Fissata la data per Singleton che fu sottoposto a cura forzata
14) Nuova sentenza di morte per Eugene Broxton
15) Peccato che i condannati a morte non siano animali...
16) Aboliti i manicomi, ora ci sono le carceri
17) Sondaggi e statistiche
18) Notiziario: Missouri/Usa, Pakistan, Tailandia, Texas,  Usa/Germania


1) AZIONE URGENTE PER MOHAMMAD , VITTIMA DI UN PARADOSSALE ERRORE

La mobilitazione in favore di Afsaneh Nouroozi (o Norouzi), cui abbiamo
partecipato nello scorso mese, ha dato ottimi risultati. Si e' appreso
infatti che il braccio giudiziario del regime teocratico iraniano ha deciso
di sospendere l'esecuzione della donna e di riesaminare il suo caso.
Terremo i lettori al corrente degli sviluppi della vicenda di Afsaneh.
   Adesso Amnesty International ci propone un'altra 'azione urgente': si
tratta di mobilitarci per tentare di salvare Mohammad Ameen, in Pakistan.
Mohammad potrebbe essere in imminente rischio di esecuzione. Il 31 gennaio
del 2000, egli fu condannato a morte da una Corte Anti Terrorismo per il
suo coinvolgimento in una rapina e un omicidio, avvenuti nel 1998 a
Rawalpindi. All'epoca il ragazzo aveva 17 anni.
   La legge internazionale proibisce la condanna a morte dei minorenni
all'epoca del crimine. Inoltre, nel 2001, durante la visita in Pakistan del
Segretario Generale di Amnesty International,  il Presidente Musharraf
annuncio' la commutazione di tutte le condanne a morte emesse per persone
che avevano meno di 18 anni al momento del crimine. Nonostante questo, la
condanna a morte di Mohammad Ameen rimane ancora in vigore. La ragione di
questa gravissima omissione e' che l'eta' del ragazzo e' stata oggetto di
una serie di assurdi errori compiuti nel corso del suo iter giudiziario.
   Quando il caso di Mohammad Ameen fu portato davanti alla Corte Anti
Terrorismo a Rawalpindi, questa prese nota che l'eta' dell'accusato era di
17 o 18 anni. Nel 2001,  Mohammad Ameen  presento' appello contro la
sentenza all'Alta Corte di Lahore. Pare che il giudice che presenzio'
all'appello confuse un rapporto medico di Mohammad Ameen con quello di una
delle vittime del crimine e, da quel momento, ritenne erroneamente che
l'eta' di Mohammad Ameen fosse di 30 anni.
   Nel mese di giugno scorso e' stato respinto un ricorso presentato alla
Corte Suprema e il 16 ottobre il Giudice della Corte Suprema ha rifiutato
di riesaminare il caso, affermando che la questione dell'eta' avrebbe
dovuto essere sollevata gia' nel primo processo dalla difesa mentre la
documentazione che comprova la minore eta' del ragazzo all'epoca del
crimine e' stata prodotta solo in fase di appello.
   L'unica speranza per Mohammad Ameen e' la concessione della grazia da
parte del Presidente del Pakistan, al quale vi invitiamo pertanto a
scrivere senza indugio, corredando i vostri messaggi con nome, cognome e
indirizzo completo dei firmatari. Potete usare la posta (affrancatura per
posta prioritaria euro 0,77) o il fax (non e' detto che i numeri di fax
indicati funzionino bene e a tutte le ore).
   Vi proponiamo qui di seguito un testo che potete utilizzare:

President Gen. Pervez Musharraf
Pakistan Secretariat
ISLAMABAD - PAKISTAN
Fax: 0092 51 922 4768 / 922 4836

Dear President
Mohammad Ameen was sentenced to death by an Anti Terrorism Court on 31
January 2000 after being found guilty of involvement in a robbery and
killing in Rawalpindi in 1998, when he was 17 years old. In December 2001,
during a visit to Pakistan by Amnesty International's Secretary General,
Irene Khan, you announced the commutation of all death sentences handed
down for offences committed by juveniles.  Despite this, Mohammad's death
sentence was not commuted, due to a series of mistakes made by the courts,
according to which he was described in legal papers as a 30 years old man.
On 16 October, the Chief Justice of Pakistan rejected Mohammad Ameen's
request to reconsider his case, and now he may be executed in contravention
of the law simply because of mistakes in the legal papers.
We therefore heartily beg you, dear President, to commute Mohammad Ameen's
punishment, both to comply with your own decision, taken in December 2001,
and in consideration of his actual extremely young age at the time of the
crime. It would really be a shame for a nation to put a human being to
death just because of mistakes during his judiciary case.
Respectfully


E' utile inoltre inviare copie della petizione a:

Justice Sheikh Riaz Ahmad

Chief Justice of Pakistan
Supreme Court
ISLAMABAD  -  PAKISTAN

Fax: 0092 51 9213452

S.E. Zafar Ali Hilaly
Ambasciatore della Repubblica Islamica del Pakistan
Via della Camilluccia, 682, 00135 Roma
Fax: 06 36301936

Traduzione della petizione: Mohammad Ameen fu condannato a morte da una
Corte Anti-Terrorismo il 31/01/2000 dopo essere stato riconosciuto
colpevole di coinvolgimento in una rapina e omicidio avvenuti a Rawalpindi
nel 1998, quando egli aveva 17 anni. Nel dicembre 2001, durante una visita
in Pakistan della Segretaria Generale di Amnesty International, Irene Khan,
Lei annuncio' la commutazione di tutte le condanne a morte comminate ai
minorenni all'epoca del crimine. Nonostante cio', la condanna a morte di
Mohammad Ameen non fu commutata, a causa di una serie di errori commessi
dalle corti, in base ai quali egli fu descritto nelle carte legali come un
uomo di 30 anni. Il 16 ottobre il Giudice Supremo del Pakistan ha respinto
la richiesta di Mohammad di riesaminare il suo caso, ed ora egli potrebbe
essere giustiziato in contravvenzione della legge, solo per colpa di errori
contenuti nei suoi documenti legali. La preghiamo pertanto con tutto il

cuore, caro Presidente, di voler commutare la condanna a morte di Mohammad
Ameen, sia per adempiere la Sua stessa decisione presa nel dicembre 2001,
sia in considerazione dell'effettiva giovanissima eta' del condannato al
momento del crimine. Sarebbe davvero una vergogna che una nazione mettesse
a morte un essere umano solo a causa di errori commessi durante l'iter
giudiziario.


2) PETIZIONE: L'ITALIA E' ANCORA IN DEBITO VERSO LA FAMIGLIA AL-SAKHRI

Come abbiamo denunciato nei numeri 109 e 111, l'oppositore siriano Muhammad
Sa'id al-Sakhri, sua moglie Maysun Lababidi e i loro quattro bambini sono
stati rimpatriati forzatamente in Siria, dalle autorita' italiane, il 28
novembre del 2002. Avevano fatto richiesta d'asilo in Italia, ma la loro
domanda di protezione non e' stata esaminata secondo una procedura equa,
soddisfacente e completa.
   L'intera famiglia e' stata arrestata al suo arrivo in Siria. La signora
Maysun Lababidi e i quattro figli sono stati tenuti in prigione per diverse
settimane, prima di essere rilasciati. Muhammad al-Sakhri e' stato
scarcerato solo il 13 ottobre scorso ed ora e' insieme alla sua famiglia.
E' rimasto in carcere per circa undici mesi perche' sospettato di
appartenere all'Organizzazione della Fratellanza Mussulmana, per cui la
legge siriana 49 prevede la pena di morte. Amnesty International ha
ricevuto informazioni secondo le quali Muhammad Sa'id al-Sakhri e' stato
torturato e maltrattato durante la detenzione e non e' mai stato portato di
fronte a un tribunale.
    Dopo il rilascio conseguito alle pressioni provenienti dall'Italia, i

suoi diritti civili sono limitati dal momento che dovra' fare rapporto ad
un dipartimento di sicurezza ogni 10 giorni. Vi saranno per lui anche altre
restrizioni alla liberta' di movimento.
    La Sezione Italiana di Amnesty International ha lanciato una nuova
petizione in favore di al-Sakhri: si chiede al nostro Governo di occuparsi
della attuale situazione dell'oppositore siriano e di svolgere un'inchiesta
che chiarisca le circostanze in cui fu negato il diritto di asilio alla
famiglia al-Sakhri nel novembre 2002.
    Invitiamo i nostri lettori a partecipare a questa nuova petizione.
Scrivete, ad una o piu' delle seguenti autorita', lettere dal tono fermo ma
cortese per chiedere il continuo e forte interessamento del nostro Paese al
caso di Muhammad Sa'id al-Sakhri e una approfondita inchiesta sulla
negazione del diritto di asilio alla famiglia al-Sakhri nel novembre del
2002. Un modo molto rapido di partecipare alla mobilitazione consiste nel
firmare on line l'appello della Sezione Italiana di Amnesty international
all'indirizzo:

www.amnesty.it/primopiano/siria

On. Silvio Berlusconi

Presidente del Consiglio dei Ministri
Palazzo Chigi
Piazza Colonna, 370
00187 Roma
Fax 06 6783998

Onorevole Giuseppe Pisanu

Ministro dell'Interno
Palazzo del Viminale
00184 Roma
Fax: 06 4741717

Onorevole Franco Frattini
Ministro degli Affari Esteri
Piazzale della Farnesina, 1
00194 Roma
Fax: 06 36912006



3) DA KENNETH FOSTER, NOSTRO CORRISPONDENTE NELLA POLUNSKY UNIT

Cari amici italiani, qui negli Stati Uniti sono successe molte cose

riguardo al movimento abolizionista. Di solito cerco di parlare di
argomenti piu' leggeri e incoraggianti perche' a volte le nostre menti sono
troppo bombardate da questa lotta per la giustizia, e ogni tanto, come
tutti, abbiamo bisogno di un intervallo e di riposare la mente. Questa e'
la ragione per cui di solito tratto altri temi, sapendo che in ogni caso il
Comitato Paul Rougeau vi terra' informati su tutti gli avvenimenti piu'
importanti. Tuttavia questa volta desidero fare alcune considerazioni sulla
pena capitale.
   La pena di morte e' stata fatta a pezzi un po' alla volta. Piu' la si
osserva da vicino e con attenzione, piu' vi si riscontrano discriminazioni
e corruzione, e la procedura di assassinare innocenti e persone che non
meritano la morte sta diventando meno facile per il Governo di quanto fosse
un tempo. Cio' che pero' accade e' che i media tacciono sugli avvenimenti
piu' recenti. A volte ci sono fatti che non possono essere tenuti nascosti
a causa della loro grandissima risonanza, come ad esempio cio' che e'
accaduto in Illinois agli inizi di quest'anno. Tuttavia, ci sono uomini che
lasciano il braccio della morte e non se ne parla. Cio' e' accaduto a Paul
Colella, che e' uscito dal braccio della morte qualche mese fa. A causa del
comportamento scorretto dell'accusa e della polizia, gli e' stato
riconosciuto un annullamento della condanna: significa che il giudice della
Corte d'Appello ha stabilito che egli meritava un nuovo processo. Conoscevo
Paul e gli ho parlato prima che se ne andasse. A Paul sono stati offerti 20
anni di carcere dallo stato del Texas e lui, presa in considerazione la
cosa e tenuto conto che ne ha gia' trascorsi 11, ha accettato. La ragione
del suo consenso e' che, se il Texas ha mentito e si e' comportato
scorrettamente una volta, lo fara' di certo una seconda e quindi perche'
correre il rischio di finire nuovamente nel braccio della morte. Tra pochi
anni lui se ne andra' a casa. C'e' luce alla fine del suo tunnel. Lo stato
cerchera' il piu' possibile di proporre e ottenere patteggiamenti di questo
tipo. Prima di tutto, risparmiano denaro rispetto a intentare un nuovo
processo capitale. I processi capitali costano quasi mezzo milione di
dollari nella maggior parte delle contee, e nella maggior parte degli stati
un processo di appello costa circa un milione e mezzo di dollari.
Naturalmente lo stato non vuole mai mettere subito in liberta' una persona
e cosi' utilizzano l'incriminazione come tattica di terrore. Funziona con
la maggior parte delle persone, perche' gli orrori del braccio della morte
sono troppo reali e familiari per non accettare offerte di patteggiamento.
Paul non e' stato il primo ad accettare e non sara' l'ultimo.
   Alcuni mesi fa si scopri' che il Laboratorio Criminale della polizia di
Houston era corrotto. Houston e' la citta' al settimo posto in ordine di
grandezza negli USA ed e' responsabile del maggior numero di condanne a
morte. Si scopri' che questo laboratorio di analisi trattava le prove in

modo scorretto, le prove non venivano riposte in modo adeguato, i campioni
di sangue uscivano dai contenitori e finivano sul pavimento e accadevano
molte altre cose orribili. Fu condotta sul luogo una squadra di
investigazione autonoma per esaminare queste faccende. Molte persone furono
multate e licenziate. Su questo argomento ci furono titoloni sui giornali,
ma adesso la cosa sta scivolando nel silenzio. Perche'? E' ovvio - perche'
adesso circa 130 casi capitali, le cui prove furono alterate da questi
fatti orribili, vengono di nuovo esaminati e certamente alcune persone
verranno liberate. Questo laboratorio lavorava con i campioni di sangue
(con il DNA) e con le prove balistiche. Molte persone saranno probabilmente
scagionate perche' a suo tempo prove alterate furono utilizzate nei loro
processi. E' davvero tragico pensare che i responsabili hanno mandato
uomini innocenti nel braccio della morte per anni e adesso se la cavano con
una multa. Questa non e' giustizia. I prigionieri vengono puniti e viene
detto loro che devono considerarsi responsabili delle loro azioni, e invece
c'e' un altro tipo di misura e di peso per queste persone. Poi questo paese
si chiede come mai i suoi cittadini non lo rispettano, vivendo apertamente
una contraddizione.
   Un'altra problematica che ha bombardato il sistema giudiziario del Texas
e' che vengono condannati a morte i ritardati mentali. Le corti hanno
deliberato che non si puo' giustiziare un uomo il cui quoziente di
intelligenza sia inferiore a 70. Molti uomini stanno ora facendo dei test e
stanno venendone fuori. Un mio amico, Kenneth Morris, ha avuto una data di
esecuzione fissata in aprile. Gli fu data una sospensione per fare il test
di intelligenza e il suo punteggio e' risultato di 57. Preghiamo che egli
venga presto tolto dal braccio della morte.
   Le violazioni e i trattamenti inumani stanno venendo alla luce. Circa un
mese fa il nostro braccio della morte ha ricevuto un nuovo responsabile. Si
chiama Biscoe. Sostituisce Zeller. Dicono che Biscoe sia un uomo di Dio, un
ministro, e percio' speriamo che sia un segno che ci verra' riservato un
trattamento piu' umano. Da quando siamo giunti in questa unita' nel 2000 a
seguito dell'evasione di alcuni detenuti nel 1998, siamo stati privati di
tutto: la TV, la ricreazione in gruppo, la possibilita' di fare qualche
lavoretto manuale o artistico. Se volete saperne di piu' dell'evasione e
del trattamento che ci viene riservato qui visitate il mio sito
www.kennethfoster.de e andate alla sezione "Steel Hell" (Inferno
d'Acciaio). Da quando siamo venuti qui ci sono stati casi di tentato
suicidio e diversi uomini hanno rinunciato ai loro appelli. Naturalmente
questo e' proprio cio' che lo stato vuole ed e' la ragione per cui le
persone devono continuare a combattere questi mezzi demenziali. Speriamo
che Biscoe ripristini almeno i minimi diritti umani che ci sono dovuti.
Certamente vi terro' informati.
   Questi sono solo un po' di aggiornamenti sulle cose che stanno
corrodendo il sistema e vi prego di rendervi conto che accadono solo
perche' le persone si preoccupano e sono disposte a lottare per la
giustizia. Cominciamo ora a vedere i nostri sforzi ripagati. Quindi
facciamo voto adesso di impegnarci piu' che mai per spegnere
definitivamente questo "fuoco" che e' la pena di morte. Credetemi: merita
salvare delle vite e la vostra fede in questo aiutera' a trasformare le
speranze in fatti. Che Dio vi benedica.  Kenneth


4) AVVISO PER I SOCI E I SIMPATIZZANTI DI TORINO: VEDIAMOCI AL SERMIG!

Desideriamo informare tutti i nostri lettori che verra' realizzata a Torino
una mostra delle poesie di Kenneth Foster. La mostra avra' luogo nei giorni
sabato 13 e domenica 14 dicembre  dalle 9:30' alle 18 e sara' ospitata nei
locali del Sermig (Arsenale della Pace) di Torino in piazza Borgo Dora, 61.
   In ciascuna delle giornate si terra' una conferenza su 'Pena di morte e
diritti umani' alle 16:30'.
   Insieme alle poesie di Kenneth verranno esposti anche i disegni del suo
amico e compagno di prigionia Tony Ford (che fu intervistato da Kenneth per
noi: forse ricorderete l'intervista pubblicata sul Foglio di Collegamento
di febbraio).
   Raccomandiamo a tutti coloro che risiedono nella zona di Torino di non
mancare a questo importante evento e di PUBBLICIZZARLO il piu' possibile.
Per ulteriori informazioni contattate via e-mail Grazia Guaschino
(guygre at libero.it)."


5) L'EUROPA AUSPICA LA MORATORIA TRA TATTICISMI E SUDDITANZA

I paesi europei e l'Italia in particolare sono coscienti del compito che la
storia ha loro affidato riguardo all'affermazione dei diritti umani e
all'abolizione della pena capitale. Tuttavia il significato 'strategico'
che ha assunto la pena di morte negli ultimi anni per i paesi che detengono
il massimo potere sullo scenario mondiale, sembra bloccare nei momenti
cruciali l'iniziativa dell'Italia e dell'Europa nelle sedi internazionali
per stabilire la moratoria universale delle esecuzioni capitali in vista
dell'abolizione della pena di morte. All'inizio di novembre, con una
discussione e una votazione alla Camera che hanno visto per la prima volta
il Parlamento italiano diviso in materia di pena di morte, e' stato di
fatto sancito un ulteriore rinvio dell'iniziativa europea, in seno
all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, per la dichiarazione della
moratoria delle esecuzioni capitali.
   E' ancora bruciante il ricordo della pessima figura fatta dai 15 stati
membri dell'Unione Europea alla fine del 1999 quando decisero
improvvisamente di ritirare la risoluzione per la moratoria delle
esecuzioni capitali nel momento esatto in cui doveva essere discussa in
seno all'Assemblea Generale dell'ONU (v. n. 73). Con una serie di fax,
inviati il 16 novembre di quell'anno dai ministri degli esteri dei paesi
dell'U. E. ai propri ambasciatori presso le Nazioni Unite, veniva annullato
un lavoro pluriennale tendente ad ottenere la moratoria delle esecuzioni
capitali per l'anno 2000, anno di grande significato simbolico che apriva
un millennio carico di speranze riguardo al progresso della civilta' umana.
La ragione ufficiale di questa ritirata disdicevole era di evitare il
rischio che lo spirito della risoluzione per la moratoria risultasse
compromesso da emendamenti limitativi apportati in aula o, addirittura, che
la risoluzione venisse respinta ritardando di anni il processo
abolizionista. Molti pero' avanzarono il sospetto piu' che fondato che la
mossa dei governi europei conseguisse piu' che altro dalle pressioni dei
paesi che dominano lo scenario mondiale i quali, mantenendo la pratica
della pena di morte in contrasto con la tendenza mondiale all'abolizione,
danno un lugubre segnale di onnipotenza.
   Il sottosegretario per i Rapporti con il Parlamento Cosimo Ventucci il 4
novembre scorso - a conclusione della discussione generale delle mozioni
presentate alla Camera da maggioranza e opposizione riguardo alla moratoria
delle esecuzioni - ha ribadito che l'Italia sara' parte attiva nell'Unione
Europea per il rilancio nei prossimi anni dell'iniziativa per la moratoria.
Ventucci ha affermato che la Presidenza italiana dell'Unione Europea si e'
adoperata intensamente per via diplomatica, fin dall'inizio del semestre di
presidenza, per acquisire un consenso europeo all'iniziativa per la
moratoria ma che "si e' scontrata con il permanere di forti resistenze di
partner" secondo i quali non esistono ancora le condizioni per un successo
dell'iniziativa. Una mossa unilaterale dell'Italia su tale questione -
secondo il nostro Governo - sarebbe inopportuna e controproducente. Essa
inoltre "assumerebbe oggi il valore di una clamorosa rottura dell'unita'

dell'Unione Europea in un settore nevralgico della politica estera comune
di cui saremmo, in quanto Presidenti in esercizio, doppiamente responsabili".


6) LA CORTE SUPREMA SENTENZIERA' PER GUANTANAMO

La Corte Suprema degli Stati Uniti ha fatto sapere il 10 novembre che ha
deciso di prendere in considerazione il primo dei ricorsi contro i
provvedimenti presi dall'Amministrazione americana dopo l'11 settembre
2001. Il ricorso verra' discusso in primavera e la decisione e' attesa per
l'estate.
   Il Governo di Bush sostiene con fatica lo scandalo del campo di
concentramento di Guantanamo non solo nei confronti dell'opinione pubblica
mondiale ma anche nei confronti dei paesi alleati degli Stati Uniti nella
'guerra al terrore'. La sua politica potrebbe ricevere un duro colpo
dall'interno se venisse accolto dalla Corte Suprema il ricorso di 16
detenuti australiani, inglesi e kuwaitiani contro il divieto di accedere
alle normali corti di giustizia per i 700 detenuti del Campo Delta
all'interno della base USA di Guantanamo Bay nell'isola di Cuba. Gli
esperti ritengono che il ricorso abbia le carte in regola per essere
accolto, anche se la Corte Suprema a maggioranza conservatrice dopo l'11
settembre 2001 ha dimostrato di essere favorevole alla politica di
'sicurezza' governativa.
   La difesa del Governo, che ha un appiglio soltanto in un precedente
della II Guerra mondiale malamente applicabile alla vicenda attuale, e'
affidata al Procuratore Generale degli USA Ted Olson la cui moglie e' morta
su uno degli aerei dirottati l'11 settembre 2001. Olson argomenta che
consentire ai detenuti di Guantanamo di controbattere la politica di Bush
nelle corti di giustizia comprometterebbe i 'poteri di guerra' del
Presidente.
   La Corte Suprema federale fara' inoltre sapere se intende prendere in
considerazione altri due ricorsi contro la politica dell'attuale
Amministrazione. Uno dei ricorsi e' stato avanzato nell'interesse di Yasser
Esam Hamdi, un saudita di nascita americana, probabilmente catturato in
Afganistan, detenuto a tempo indeterminato su navi militari, senza accesso
ad un avvocato difensore, a partire dall'aprile del 2002. Per Hamdi in
gennaio la Corte federale d'Appello del Quarto Circuito con sede in
Virginia ha sentenziato che egli non aveva diritto ad un avvocato e non
poteva contestare lo stato di detenzione. Un altro ricorso alla Corte
Suprema e' stato avanzato dal Centro per gli Studi sulla Sicurezza
nazionale e contesta il rifiuto dell'Amministrazione di rilasciare
informazioni - anche sulle identita' - riguardo a centinaia di persone, per
lo piu' immigranti di religione islamica, detenute senza accuse a tempo
indeterminato dopo i fatti dell'11 settembre 2001.

   Amnesty International ha salutato con soddisfazione la decisione della
Corte Suprema USA di prendere in considerazione il ricorso dei prigionieri
di Guantanamo ed ha ribadito la richiesta di conferire a tali detenuti lo
stutus di prigionieri di guerra e di riconoscere loro i diritti derivanti
dalle Convenzioni di Ginevra del 1949. Amnesty chiede inoltre agli Stati
Uniti di rinunciare all'uso dei tribunali militari istituiti da Bush, di
celebrare i processi per coloro che si sono macchiati di crimini di guerra
davanti a corti regolari, con tutte le garanzie di una adeguata difesa
legale, e di rilasciare coloro per i quali non vi sono accuse. Anche il
Comitato Internazionale della Croce Rossa - unica organizzazione che ha
avuto accesso ai detenuti di Guantanamo - chiede che ad essi vengano
riconosciuti pienamente i diritti dei prigionieri di guerra, tra cui quello
di essere liberati al termine delle ostilita'.
   Per diminuire la pressione internazionale contro la detenzione a
Guantanamo, il governo degli Stati Uniti sta trattando con diversi stati
esteri la restituzione di una parte dei prigionieri. Cio' potrebbe
comportare un peggioramento delle gia' tragiche condizioni di detenzione
delle persone trasferite. Non si vogliono infatti lasciare liberi degli
uomini che - per il solo fatto di essersi inaspriti in una terribile e
umiliante prigionia - potrebbero costituire un pericolo per gli Stati
Uniti. Un funzionario governativo ha dichiarato a questo proposito: "E'
pericoloso lasciarli semplicemente liberi nelle strade, percio' stiamo
lavorando con gli altri governi per raggiungere degli accordi. La realta'
e' questa nella guerra globale al terrore, e gli altri paesi devono
accettare la responsabilita' di assumersi il proprio ruolo." Secondo fonti
diplomatiche il Pentagono pretenderebbe non solo che gli uomini trasferiti
fossero tenuti in prigione ma che fossero isolati in condizioni durissime.


7) NIENTE PENA DI MORTE PER LA GIOVANE 'SPIA' DI GUANTANAMO

Smentendo le voci circolate in un primo tempo, le autorita' americane hanno
detto che non verra' richiesta la pena di morte per Ahamad al-Halabi, un
immigrante siriano interprete dell'Aeronautica militare americana. Il
ventitreenne al-Halabi ha lavorato per 9 mesi nel Campo Delta di Guantanamo
Bay prima di essere arrestato nel luglio scorso con l'accusa di essere una
spia. L'interessato non lo sapeva ma era stato spiato in continuazione e le
'prove' contro di lui sono state raccolte durante tutto il suo soggiorno a

Guantanamo. E' in attesa del processo davanti ad una corte marziale nella
base dell'Aeronautica di Vandenberg in California.
   Ad Al-Halabi sono state contestati 30 reati, tra il quali il possesso di
materiale riservato, il tentativo di inoltrare 180 messaggi provenienti dai
prigionieri e l'aver avuto contatti non approvati con i detenuti.
   La famiglia di al-Halabi sostiene che il giovane ha la sola 'colpa' di
essersi reso conto delle pessime condizioni in cui vivono i prigionieri, di
aver avuto pieta' verso di loro tentando di alleviare un poco la loro
sofferenza. In effetti le dichiarazioni della direzione del Campo Delta
tendono ad avvalorare l'ipotesi che la peggiore trasgressione di al-Halabi
e' proprio quella di aver 'simpatizzato con il nemico'.

   Per prevenire l'insorgenza di legami affettivi con i detenuti le guardie
vengono ruotate con regolarita' e tutti i movimenti e i contatti

all'interno della struttura vengono minuziosamente controllati. Sono

inoltre operanti dei gruppi di sostegno psicologico cui i militari possono
rivolgeri se si sentono toccati dalle suppliche dei prigionieri o se
scoprono di avere una qualche simpatia per loro. Gli ufficiali hanno
l'ordine di rilevare precocemente segni di 'simpatia da stress' nei loro
uomini. Si sostiene che se Ahamad al-Halabi fosse ricorso a chi poteva
sostenerlo psicologicamente non si troverebbe nei guai.
   Dopo al-Halabi sono state arrestate altre due persone sospettate di
avere simpatie per i prigionieri di Guantanamo, il capitano James Yee, un
amato cappellano islamico, e un traduttore arabo civile, tale Ahmed Mehalba.


8) IL GOVENO FEDERALE VUOLE LA MORTE PER MOUSSAOUI

Il processo contro Zacarias Moussaoui e' stato fermato in attesa della

decisione della Corte federale di appello del Quarto circuito in merito al
ricorso del Governo americano contro il divieto imposto dalla Giudice
Brinkema di richiedere la pena di morte e di presentare prove che leghino
l'accusato agli attentati dell'11 settembre 2001. Ricordiamo che il divieto
della Brinkema consegue al rifiuto del Governo federale di consentire le
testimonianze a discarico di tre esponenti di al Qaeda detenuti in
incommunicado in luoghi sconosciuti (vedi nn. 110 e 111). Un'udienza in
merito si terra' il 3 dicembre.
   Si e' saputo che lo stesso F.B.I ritiene che l'imputato non sia
implicato negli attentati dell'11 settembre 2001 e che sia una figura di
secondo piano all'interno di al Qaeda. Contro di lui - designato a fungere
da unico capro espiatorio per i massacri dell'11 settembre 2001 - ci
sarebbe il sospetto che si preparasse per un attentato da compiersi in
epoca successiva.
   Il 31 ottobre l'accusa ha parzialmente rivelato il contenuto del ricorso
che ha presentato alla Corte di Appello in cui si chiede di consentire la
pena di morte per Moussaoui. "Anche se i diritti di questo terrorista reo
confesso devono essere indubbiamente protetti, il sistema criminale deve
essere messo in grado di lavorare in favore delle vittime," si legge nel
ricorso in cui si afferma che la decisione della giudice "manda uno
sconvolgente messaggio" ai familiari delle vittime e impedisce loro di
testimoniare  la perdita subita. A questo proposito sappiamo che gli
accusatori federali si sono sobbarcati il grosso lavoro di intervistare