Sudan: Compagnie petrolifere complici delle violazioni dei diritti umani



Sudan: Compagnie petrolifere complici delle violazioni dei diritti umani
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Secondo HRW, il 60% dei 580 milioni di dollari guadagnati dal governo Sudanese grazie alle operazioni estrattive e' stato assorbito, nel 2001, dal settore militare, sia in acquisti di armi dall'estero che nello sviluppo dell'industria militare nazionale. Il governo ha usato il denaro per condurre campagne di rastrellamento e allontanare centinaia di migliaia di contadini e pastori dalle loro case che si trovavano nelle aree interessate dalle operazioni estrattive. Il governo ha anche usato le infrastrutture costruite dalle compagnie petrolifere per lanciare attacchi contro i civili. 

Fonte: Human Rights Watch; Amnesty International
Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI at ecquologia.it 
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25 Novembre 2003 - Secondo un rapporto di Human Rights Watch, centinaia di migliaia di civili sono stati spostati forzatamente in seguito ai tentativi del governo Sudanese di prendere controllo sui pozzi petroliferi presenti nel sud del paese dove e' in corso una guerra civile. Le compagnie petrolifere estere che operano in Sudan, continua HRW, si sono rese complici delle operazioni militari che hanno portato agli abusi. Il rapporto sottolinea i legami tra lo sfruttamento delle risorse naturali e le violazioni dei diritti umani.

Lo sviluppo petrolifero nel Sudan meridionale avrebbe dovuto essere un motivo di sollievo per il popolo Sudanese, invece ha portato nient'altro che dolore. Il rapporto documenta come il governo abbia usato le strade, i ponti e i campi di aviazione costruiti dalle compagnie petrolifere come mezzi per lanciare attacchi sui civili nella regione del Wester Upper Nile. Oltre all'esercito regolare, il governo ha schierato milizie Islamiste per proseguire la guerra, ed ha armato le fazioni meridionali nel quadro di una politica di manipolazione e destabilizzazione etniche. Le divisioni etniche che persistono nella regione minacciano la pace nel lungo termine se la loro soluzione non verra' discussa nei negoziati di pace.

HRW denuncia la complicita' delle compagnie petrolifere. I dirigenti delle aziende estere hanno chiuso un occhio di fronte agli attacchi, ben documentati, sui civili, compresi bombardamenti di ospedali, chiese e scuole. Le compagnie che operano in Sudan erano consapevoli delle uccisioni e dei bombardamenti condotti per far spazio alle operazioni estrattive nei pozzi di petrolio. Questi fatti sono stati ripetutamente portati alla loro attenzione in meeting pubblici e privati, ma nonostante cio' le aziende hanno continuato ad operare e fare profitto mentre la devastazione proseguiva. 

Le condizioni dei civili sono realmente peggiorate quando la compagnia Canadese Talisman Energy Inc. e la Svedese Lundin Oil AB sono diventate partners principali in due concessioni petrolifere nel Sudan meridionale. Le due aziende, a seguito delle pressioni delle ONG che denunciavano gli abusi, hanno abbandonato l'area vendendo le loro proprieta'. Queste due compagnie sono state sostituite dalle compagnie statali China National Petroleum Corp., e Petronas (Malaysia), che erano gia' state partners della Talisman e della Lundin. Anche la ONGC Videsh Ltd. indiana comincio' le operazioni in Sudan.

Le statistiche del governo e delle compagnie dimostrano che il 60% dei 580 milioni di dollari guadagnati dal governo grazie alle operazioni estrattive e' stato assorbito nel 2001 dal settore militare, sia in acquisti di armi dall'estero sia nello sviluppo dell'industria militare nazionale.

Il governo Sudanese ha usato il denaro per condurre campagne di rastrellamento e allontanare centinaia di migliaia di contadini e pastori dalle loro case che si trovavano nelle aree interessate dalle operazioni estrattive. Questi civili non sono stati risarciti ne' stabiliti altrove in modo pacifico. Al contrario, le forze del governo hanno saccheggiato il bestiame e il grano, distrutto le case e i villaggi, ucciso e ferito i parenti, e hanno anche impedito alle agenzie umanitarie di accedere all'area per portare assistenza. 

La guerra civile in Sudan e' combattuta dal governo Islamista di lingua Araba nel nord e le vaste popolazioni Africane marginalizzate nel sud, dove il Sudan People's Liberation Movement/Army (SPLM/A) e' il gruppo ribelle piu' importante. Il conflitto si e' allargato al Sudan centrale e orientale, e sebbene le parti hanno firmato un cessate il fuoco nell'Ottobre 2002, il Sudan occidentale rimane coinvolto negli sconti. 

HRW denuncia anche il ruolo dello SPLM/A nella lotta per il controllo dei pozzi di petrolio. Le forze regolari dello SPLM/A hanno commesso gravi violazioni dei diritti umani, comprese esecuzioni sommarie dei combattenti catturati. I vertici dello SPLM/A non hanno fatto nulla per indagare e punire questi crimini. 


I negoziati di pace promossi da USA, Gran Bretagna e Norvegia sono in corso dal Giugno 2002. Tuttavia, il governo Sudanese e lo SPLM/A, le uniche parti in trattativa, devono ancora decidere come dividere i ricavi derivanti dallo sfruttamento delle riserve petrolifere, gran parte delle quali si trova a sud. Il governo ha accettato di tenere un referendum sull'auto determinazione per il sud, ma non prima di 6 anni dalla firma degli accordi di pace. Secondo HRW, le migliaia di persone sfollate dovrebbero ritornare dalle aree da cui sono stati cacciati, con garanzie di sicurezza e risarcimento per le perdite. Questa questione deve avere un ruolo centrale negli accordi di pace.

Il rapporto e' disponibile a questo URL: http://www.hrw.org/reports/2003/sudan1103/

Intanto Amnesty International ha denunciato la responsabilita' del governo nella crisi umanitaria in Darfur, nella parte occidentale del Sudan dove sono ancora in corso i conbattimenti. I testimoni tra i rifugiati che sono fuggiti nel vicino Ciad descrivono gli attacchi sulle comunita' rurali da parte delle milizie composte da membri delle forze armate e di altre forze di sicurezza. Testimonianze che portano alla conclusione che almeno alcuni elementi dell'esercito stanno favorendo la devastazione. Da Aprile oltre 500.000 rifugiati sono fuggiti dalle milizie riversandosi nelle citta' del Darfur con poche capacita' di fronteggiare la crisi. Molti attacchi sono stati condotti prima che i contadini riuscissero ad avere il raccolto, le piantagioni sono state bruciate, le case distrutte e il bestiame saccheggiato. In questo contesto, il governo sta anche gravemente restringendo l'accesso delle agenzie umanitarie nell'area.
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