(Fwd) soluzioni al fenomeno immigrazione



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Date forwarded: 	Wed, 22 Oct 2003 08:43:38 +0200
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From:           	rossana <rossana123 at libero.it>
Subject:        	soluzioni al fenomeno immigrazione
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SCHIUMA
La schiuma al peperoncino viene sparata attraverso idranti modificati
sulle imbarcazioni che stanno tornando indietro, con a bordo i soli
scafisti. La schiuma, una sostanza adesiva, crea un effetto
paralizzante temporaneo e impedisce agli scafisti di proseguire il
loro viaggio dando il tempo alle forze dell’ordine di bloccarli

SIRINGHE

Con un lanciarazzi modificato possono essere sparate le siringhe
caricate con sedativi. Hanno un effetto sedativo sulle persone che
vengono colpite. In questo modo gli scafisti non possono proseguire 
il
viaggio di rientro. Anche questa è un’arma non letale, «concepita per
incapacitare persone per brevi periodi senza arrecare loro danni
permanenti»

RADIAZIONI

È la soluzione più sconsigliata. Si chiama «Vmads»: è un sistema di
radiazioni a onde corte paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica
militare degli Stati Uniti con un investimento da 40 milioni di
dollari. Provoca un rapidissimo riscaldamento della pelle e un forte
dolore. Il rischio è quello di causare danni permanenti agli occhi

BUCCIA DI BANANA

Questa soluzione si chiama «buccia di banana istantanea». Consiste 
nel
lancio, attraverso idranti modificati, di una sostanza polimerica che
viene «sparata» sulla superficie della barca. La sostanza rende il
pavimento dell’imbarcazione molto scivoloso, tanto che chi è a bordo
non riesce a stare in piedi. La soluzione è adatta se a bordo ci sono
solo gli scafisti

«Siluri intelligenti per fermare gli scafisti»
IL MISSILE SUB
E' un missile subacqueo filoguidato che quando arriva vicino
all'obiettivo rilascia una rete e una serie di cavi di gomma con 
anima
in nylon che si aggrovigliano intorno all'elica del motore facendola
bloccare. Può partire da una nave della Marina militare attraverso
lanciarazzi oppure da postazioni immobili in mare aperto Può andare
alla velocità di 50 nodi


Un piano elaborato da esperti coordinati dal generale Jean. Previsto
anche un comando navale della Nato

ROMA - Sembra quasi di essere in un film di James Bond. Siluro 
intelligente, buccia di banana istantanea, schiuma paralizzante al
peperoncino. Ma 007 non c’entra. Questi sono gli strumenti che la
tecnologia offre per fermare gli scafisti, senza pericolo per chi su
quella barca è solo un disperato. Strumenti suggeriti da un rapporto
elaborato dal Centro studi di geopolitica economica e dalla Scuola
superiore dell’economia e delle finanze. E che si dovrebbero
aggiungere ad una maggiore collaborazione tra i Paesi europei. La
ricerca («Il controllo dei traffici migratori illeciti nel mare
Mediterraneo», oltre 400 pagine, commissionata dal ministero
dell’Economia) è stata realizzata in più di un anno di lavoro da un
gruppo coordinato dal generale Carlo Jean, consigliere militare del
Quirinale ai tempi di Cossiga, oggi presidente della Sogin, la 
società
che gestisce la dismissione delle ex centrali nucleari. Verrà
presentata ufficialmente nei prossimi giorni. SILURO INTELLIGENTE -
Per fermare i flussi in arrivo è la soluzione su cui si insiste di
più, perché in grado di «minimizzare la possibilità di provocare 
danni
fisici alle persone». Si tratta di un missile subacqueo filoguidato
capace di viaggiare ad una velocità di 50 nodi. Non colpisce lo scafo
ma lo blocca: quando è vicino all’obiettivo, rilascia una rete di 
cavi
di gomma con anima in nylon che si aggroviglia intorno all’elica del
motore. Basterebbe modificare un siluro, l’A 184, già in dotazione
alle nostre forze armate. Anzi, lo studio dice di più: «Sembra che la
Marina abbia un eccesso di siluri nei suoi magazzini e stia cercando
di rivenderli a prezzo di realizzo. Per cui potrebbe esistere la
possibilità di una interessante diminuzione del prezzo d’acquisto del
singolo pezzo», che viene stimato in un milione di euro. Il costo per
ogni lancio è di 150 mila euro. Lo stesso missile può essere
utilizzato fino a 100 volte. ARMI NON LETALI - Il discorso cambia se
l’imbarcazione non sta facendo rotta verso l’Italia ma sta tornando
verso il porto di partenza. A bordo ci sono solo gli scafisti e 
quindi
la mano può essere più pesante. Il rapporto fa l’elenco delle
cosiddette armi non letali, «concepite per incapacitare persone per
brevi periodi senza arrecare loro danni permanenti». E propone di
utilizzare quelle a più basso impatto. Qualche esempio. La «buccia di
banana» istantanea: un liquido che rende scivolosa la superficie 
della
barca in fuga facendola diventare ingovernabile. La «schiuma al
peperoncino»: una sostanza adesiva che può bloccare gli scafisti a
bordo. Oppure le siringhe di sedativi che possono essere sparate con
un lanciarazzi modificato. Prudenza, invece, per il Vmads, il sistema
di radiazioni paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica militare 
Usa
con un investimento da 40 milioni di dollari. Provoca un rapidissimo
riscaldamento della pelle e un forte dolore. Il rischio è quello di
causare danni permanenti agli occhi. Il gruppo di lavoro «non ritiene
di suggerirne l’adozione in attesa di adeguati approfondimenti
sperimentali». Ma aggiunge che «vale la pena di effettuare uno studio
di fattibilità». AZIONI DIMOSTRATIVE - Il rapporto liquida in poche
parole l’ipotesi di speronare le imbarcazioni dei clandestini: «una
metodologia che appare controindicata». Ma dice anche che l’Italia 
«si
è schierata con i più tolleranti fra i Paesi europei», creando un
«sistema che vede il nostro Stato fra quelli preferiti» come punto
d’arrivo. Per questo le «azioni di contrasto in mare aperto», cioè
respingere senza arrivare al contatto, «sarebbero di indubbia
efficacia», e con un «forte impatto sull’opinione pubblica». Queste
operazioni «potrebbero essere tentate a scopo dimostrativo sulle navi
che celano i migranti nelle stive per poi trasbordarli su unità più
piccole, "a perdere", impiegate per raggiungere le coste italiane». 
In
ogni caso andrebbe potenziata la rete costiera di radar. PIU’ EUROPA -

In tutto questo, però, l’Italia non può restare sola. Il gruppo di
lavoro «auspica un accordo fra le Marine militari europee per
operazioni congiunte da portare a termine in alto mare». Aggiungendo
che il coordinamento potrebbe essere affidato a un «organismo
internazionale individuabile in una comando navale della Nato». Non
solo. Perché viene proposta anche la creazione di un «commissariato
immigrazione e sicurezza a livello europeo». Dovrebbe essere
«strettamente collegato» con i sistemi di intelligence degli Stati di
partenza e di arrivo dei flussi. Uno dei suoi obiettivi dovrebbe
essere quello di facilitare la conclusione di accordi multilaterali.
Ma avrebbe anche un altro compito: «Curare una sorta di
contingentamento e di distribuzione degli immigrati tra i vari Paesi
europei, onde evitare squilibri e diversità di atteggiamento,
certamente nocivi ai fini di una coerente politica unitaria». 
L’Italia
vuol dare radar alla Libia

ROMA - «La situazione libica è ormai al collasso. Senza un intervento
che blocchi le frontiere terrestri, le partenze aumenteranno ogni
giorno. Sono migliaia le persone che attendono di imbarcarsi». Le
notizie che arrivano dagli ufficiali di collegamento italiani in
missione a Tripoli forniscono un quadro allarmante. Ma parlano anche
di un atteggiamento «poco chiaro» del colonnello Gheddafi, diviso tra
la volontà di non perdere terreno rispetto al mondo islamico e quello
di premere sull’Europa perché sospenda l’embargo (l’Onu ha già
concesso il via libera). Una situazione che rischia di incidere
negativamente sull’Italia, meta dei clandestini che hanno ripreso i
loro viaggi della speranza. Di questo parlerà oggi pomeriggio alla
Camera il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu nella sua informativa
sull’emergenza immigrazione. E si appellerà ai partner dell’Ue
affinché si arrivi ad uno sforzo comune, senza escludere un 
intervento
umanitario in quei Paesi africani dai quali si muove un vero e 
proprio
esodo, come il Ciad, la Somalia, il Ghana e l’Eritrea. Il titolare 
del
Viminale assicura che l’intesa siglata agli inizi di luglio con i
libici continua a funzionare. Ma i tecnici sottolineano che l’accordo
è soprattutto «diplomatico», vista l’impossibilità di concedere le
apparecchiature adeguate per un monitoraggio delle coste. Non a caso,
nel gennaio scorso l’Italia aveva chiesto a Bruxelles una deroga
all’embargo che consentisse la fornitura di alcuni radar per il
controllo del territorio e di motovedette «doppio uso». «Sino a 
quando
non sarà possibile usare questi strumenti - chiarisce un esperto - i
controlli restano affidati esclusivamente alle forze di polizia e si
concentrano nei porti». Una difficoltà incontrata anche dai nostri
ufficiali di collegamento che troppo spesso non riescono a segnalare
tempestivamente le partenze. L’attività degli italiani si sta
concentrando soprattutto sui confini interni, con un’opera di
intelligence che verifica i flussi migratori e tenta di creare filtri
più severi alle frontiere. «Un’attività - chiariscono i tecnici - che
non è comunque sufficiente a bloccare gli arrivi, anche perché non ci
sono sanzioni da imporre in caso di mancato rispetto dei patti». Non
bisogna dimenticare, infatti, che quello siglato con la Libia non è 
un
trattato ma «un’intesa operativa con le autorità di sicurezza e con 
la
polizia di frontiera». Ben diverso il rapporto instaurato con la
Tunisia. Alla Camera Pisanu spiegherà che «la collaborazione è
efficace» e citerà probabilmente quanto avvenuto ieri al largo di
Pantelleria. Tre imbarcazioni che trasportavano 28 clandestini sono
state avvistate dal reparto aeronavale della Guardia di Finanza di
Palermo e bloccate in mare. Dopo una trattativa avviata con le
autorità tunisine, il Viminale ha disposto l’immediata consegna degli
immigrati e a 14 miglia dalla costa è avvenuto il trasbordo.
Potrebbero non essere rispediti in patria i somali salvati domenica 
al
largo di Lampedusa. «Se presenteranno domanda di asilo e ci saranno i
requisiti potranno rimanere in Italia come profughi». Lo sostiene il
direttore del Dipartimento per l’immigrazione del Viminale, 
Alessandro
Pansa (nella foto) .





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