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(Fwd) soluzioni al fenomeno immigrazione
- Subject: (Fwd) soluzioni al fenomeno immigrazione
- From: "Davide Bertok" <davide at bertok.it>
- Date: Wed, 22 Oct 2003 11:24:00 +0200
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------- Forwarded message follows ------- Date forwarded: Wed, 22 Oct 2003 08:43:38 +0200 Date sent: Wed, 22 Oct 2003 08:41:57 +0200 To: disarmo at peacelink.it From: rossana <rossana123 at libero.it> Subject: soluzioni al fenomeno immigrazione Forwarded by: disarmo at peacelink.it Send reply to: disarmo at peacelink.it [ Double-click this line for list subscription options ] SCHIUMA La schiuma al peperoncino viene sparata attraverso idranti modificati sulle imbarcazioni che stanno tornando indietro, con a bordo i soli scafisti. La schiuma, una sostanza adesiva, crea un effetto paralizzante temporaneo e impedisce agli scafisti di proseguire il loro viaggio dando il tempo alle forze dell’ordine di bloccarli SIRINGHE Con un lanciarazzi modificato possono essere sparate le siringhe caricate con sedativi. Hanno un effetto sedativo sulle persone che vengono colpite. In questo modo gli scafisti non possono proseguire il viaggio di rientro. Anche questa è un’arma non letale, «concepita per incapacitare persone per brevi periodi senza arrecare loro danni permanenti» RADIAZIONI È la soluzione più sconsigliata. Si chiama «Vmads»: è un sistema di radiazioni a onde corte paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica militare degli Stati Uniti con un investimento da 40 milioni di dollari. Provoca un rapidissimo riscaldamento della pelle e un forte dolore. Il rischio è quello di causare danni permanenti agli occhi BUCCIA DI BANANA Questa soluzione si chiama «buccia di banana istantanea». Consiste nel lancio, attraverso idranti modificati, di una sostanza polimerica che viene «sparata» sulla superficie della barca. La sostanza rende il pavimento dell’imbarcazione molto scivoloso, tanto che chi è a bordo non riesce a stare in piedi. La soluzione è adatta se a bordo ci sono solo gli scafisti «Siluri intelligenti per fermare gli scafisti» IL MISSILE SUB E' un missile subacqueo filoguidato che quando arriva vicino all'obiettivo rilascia una rete e una serie di cavi di gomma con anima in nylon che si aggrovigliano intorno all'elica del motore facendola bloccare. Può partire da una nave della Marina militare attraverso lanciarazzi oppure da postazioni immobili in mare aperto Può andare alla velocità di 50 nodi Un piano elaborato da esperti coordinati dal generale Jean. Previsto anche un comando navale della Nato ROMA - Sembra quasi di essere in un film di James Bond. Siluro intelligente, buccia di banana istantanea, schiuma paralizzante al peperoncino. Ma 007 non c’entra. Questi sono gli strumenti che la tecnologia offre per fermare gli scafisti, senza pericolo per chi su quella barca è solo un disperato. Strumenti suggeriti da un rapporto elaborato dal Centro studi di geopolitica economica e dalla Scuola superiore dell’economia e delle finanze. E che si dovrebbero aggiungere ad una maggiore collaborazione tra i Paesi europei. La ricerca («Il controllo dei traffici migratori illeciti nel mare Mediterraneo», oltre 400 pagine, commissionata dal ministero dell’Economia) è stata realizzata in più di un anno di lavoro da un gruppo coordinato dal generale Carlo Jean, consigliere militare del Quirinale ai tempi di Cossiga, oggi presidente della Sogin, la società che gestisce la dismissione delle ex centrali nucleari. Verrà presentata ufficialmente nei prossimi giorni. SILURO INTELLIGENTE - Per fermare i flussi in arrivo è la soluzione su cui si insiste di più, perché in grado di «minimizzare la possibilità di provocare danni fisici alle persone». Si tratta di un missile subacqueo filoguidato capace di viaggiare ad una velocità di 50 nodi. Non colpisce lo scafo ma lo blocca: quando è vicino all’obiettivo, rilascia una rete di cavi di gomma con anima in nylon che si aggroviglia intorno all’elica del motore. Basterebbe modificare un siluro, l’A 184, già in dotazione alle nostre forze armate. Anzi, lo studio dice di più: «Sembra che la Marina abbia un eccesso di siluri nei suoi magazzini e stia cercando di rivenderli a prezzo di realizzo. Per cui potrebbe esistere la possibilità di una interessante diminuzione del prezzo d’acquisto del singolo pezzo», che viene stimato in un milione di euro. Il costo per ogni lancio è di 150 mila euro. Lo stesso missile può essere utilizzato fino a 100 volte. ARMI NON LETALI - Il discorso cambia se l’imbarcazione non sta facendo rotta verso l’Italia ma sta tornando verso il porto di partenza. A bordo ci sono solo gli scafisti e quindi la mano può essere più pesante. Il rapporto fa l’elenco delle cosiddette armi non letali, «concepite per incapacitare persone per brevi periodi senza arrecare loro danni permanenti». E propone di utilizzare quelle a più basso impatto. Qualche esempio. La «buccia di banana» istantanea: un liquido che rende scivolosa la superficie della barca in fuga facendola diventare ingovernabile. La «schiuma al peperoncino»: una sostanza adesiva che può bloccare gli scafisti a bordo. Oppure le siringhe di sedativi che possono essere sparate con un lanciarazzi modificato. Prudenza, invece, per il Vmads, il sistema di radiazioni paralizzanti messo a punto dall’Aeronautica militare Usa con un investimento da 40 milioni di dollari. Provoca un rapidissimo riscaldamento della pelle e un forte dolore. Il rischio è quello di causare danni permanenti agli occhi. Il gruppo di lavoro «non ritiene di suggerirne l’adozione in attesa di adeguati approfondimenti sperimentali». Ma aggiunge che «vale la pena di effettuare uno studio di fattibilità». AZIONI DIMOSTRATIVE - Il rapporto liquida in poche parole l’ipotesi di speronare le imbarcazioni dei clandestini: «una metodologia che appare controindicata». Ma dice anche che l’Italia «si è schierata con i più tolleranti fra i Paesi europei», creando un «sistema che vede il nostro Stato fra quelli preferiti» come punto d’arrivo. Per questo le «azioni di contrasto in mare aperto», cioè respingere senza arrivare al contatto, «sarebbero di indubbia efficacia», e con un «forte impatto sull’opinione pubblica». Queste operazioni «potrebbero essere tentate a scopo dimostrativo sulle navi che celano i migranti nelle stive per poi trasbordarli su unità più piccole, "a perdere", impiegate per raggiungere le coste italiane». In ogni caso andrebbe potenziata la rete costiera di radar. PIU’ EUROPA - In tutto questo, però, l’Italia non può restare sola. Il gruppo di lavoro «auspica un accordo fra le Marine militari europee per operazioni congiunte da portare a termine in alto mare». Aggiungendo che il coordinamento potrebbe essere affidato a un «organismo internazionale individuabile in una comando navale della Nato». Non solo. Perché viene proposta anche la creazione di un «commissariato immigrazione e sicurezza a livello europeo». Dovrebbe essere «strettamente collegato» con i sistemi di intelligence degli Stati di partenza e di arrivo dei flussi. Uno dei suoi obiettivi dovrebbe essere quello di facilitare la conclusione di accordi multilaterali. Ma avrebbe anche un altro compito: «Curare una sorta di contingentamento e di distribuzione degli immigrati tra i vari Paesi europei, onde evitare squilibri e diversità di atteggiamento, certamente nocivi ai fini di una coerente politica unitaria». L’Italia vuol dare radar alla Libia ROMA - «La situazione libica è ormai al collasso. Senza un intervento che blocchi le frontiere terrestri, le partenze aumenteranno ogni giorno. Sono migliaia le persone che attendono di imbarcarsi». Le notizie che arrivano dagli ufficiali di collegamento italiani in missione a Tripoli forniscono un quadro allarmante. Ma parlano anche di un atteggiamento «poco chiaro» del colonnello Gheddafi, diviso tra la volontà di non perdere terreno rispetto al mondo islamico e quello di premere sull’Europa perché sospenda l’embargo (l’Onu ha già concesso il via libera). Una situazione che rischia di incidere negativamente sull’Italia, meta dei clandestini che hanno ripreso i loro viaggi della speranza. Di questo parlerà oggi pomeriggio alla Camera il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu nella sua informativa sull’emergenza immigrazione. E si appellerà ai partner dell’Ue affinché si arrivi ad uno sforzo comune, senza escludere un intervento umanitario in quei Paesi africani dai quali si muove un vero e proprio esodo, come il Ciad, la Somalia, il Ghana e l’Eritrea. Il titolare del Viminale assicura che l’intesa siglata agli inizi di luglio con i libici continua a funzionare. Ma i tecnici sottolineano che l’accordo è soprattutto «diplomatico», vista l’impossibilità di concedere le apparecchiature adeguate per un monitoraggio delle coste. Non a caso, nel gennaio scorso l’Italia aveva chiesto a Bruxelles una deroga all’embargo che consentisse la fornitura di alcuni radar per il controllo del territorio e di motovedette «doppio uso». «Sino a quando non sarà possibile usare questi strumenti - chiarisce un esperto - i controlli restano affidati esclusivamente alle forze di polizia e si concentrano nei porti». Una difficoltà incontrata anche dai nostri ufficiali di collegamento che troppo spesso non riescono a segnalare tempestivamente le partenze. L’attività degli italiani si sta concentrando soprattutto sui confini interni, con un’opera di intelligence che verifica i flussi migratori e tenta di creare filtri più severi alle frontiere. «Un’attività - chiariscono i tecnici - che non è comunque sufficiente a bloccare gli arrivi, anche perché non ci sono sanzioni da imporre in caso di mancato rispetto dei patti». Non bisogna dimenticare, infatti, che quello siglato con la Libia non è un trattato ma «un’intesa operativa con le autorità di sicurezza e con la polizia di frontiera». Ben diverso il rapporto instaurato con la Tunisia. Alla Camera Pisanu spiegherà che «la collaborazione è efficace» e citerà probabilmente quanto avvenuto ieri al largo di Pantelleria. Tre imbarcazioni che trasportavano 28 clandestini sono state avvistate dal reparto aeronavale della Guardia di Finanza di Palermo e bloccate in mare. Dopo una trattativa avviata con le autorità tunisine, il Viminale ha disposto l’immediata consegna degli immigrati e a 14 miglia dalla costa è avvenuto il trasbordo. Potrebbero non essere rispediti in patria i somali salvati domenica al largo di Lampedusa. «Se presenteranno domanda di asilo e ci saranno i requisiti potranno rimanere in Italia come profughi». Lo sostiene il direttore del Dipartimento per l’immigrazione del Viminale, Alessandro Pansa (nella foto) . ------- End of forwarded message -------
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