LA DERIVA BERLUSCONIANA E L'URGENZA DELL'ALTERNATIVA



LA DERIVA BERLUSCONIANA E L'URGENZA DELL'ALTERNATIVA

di Michele DI SCHIENA



Alle disponibilità di collaborazione per il semestre europeo manifestate
dal centrosinistra Berlusconi risponde in Parlamento con una mozione di
chiusura che fa naufragare ogni possibile convergenza, con una offensiva
mediatica che arroventa l'ambiente e dando poi, durante l'assemblea del
Parlamento europeo, del kapò (un detenuto ebreo responsabile della
disciplina a servizio dei nazisti nei campi di sterminio) al tedesco Schulz
colpevole di avergli mosso alcuni rilievi critici insieme ad altri
europarlamentari tutti gratificati della definizione non di comunisti,
questa volta, ma di "turisti della democrazia". Qualche giorno prima il
ministro Pisanu aveva detto di non voler assecondare la truculenta pretesa
leghista di usare i cannoni contro le imbarcazioni cariche di dolore
"clandestino" ma si era dichiarato impegnato ad applicare fino in fondo la
legge Bossi-Fini, un provvedimento che in pratica nega ai migranti in fuga
dalla fame e dalle guerre il riconoscimento dei "diritti inviolabili
dell'uomo" e li condanna di fatto al lavoro servile o allo sfruttamento da
parte di organizzazioni criminali come le sole alternative possibili alla
espulsione preceduta dal carcere "improprio" dei centri di permanenza
temporanea o da quello "proprio" delle patrie galere. Ed ecco che il
centrosinistra, per bocca dell'on.le Fassino, inneggia a Pisanu e gli mette
a disposizione i voti dell'opposizione consentendo al Cavaliere di
incassare, sorridendo e deridendo, un inatteso apprezzamento implicito per
una legge razzista varata dalla destra che oggi la vuole applicare con
rinnovato rigore.

Sono questi due clamorosi esempi delle tentazioni "bipartisan" del
centrosinistra, tentazioni che vengono da lontano e che sembrano sorde
all'avvertimento per il quale se errare è umano, perseverare nell'errore è
diabolico. Non è infatti così che si prepara un'alternativa vincente al
governo Berlusconi. C'è bisogno d'altro e cioè di una proposta che parta
dalla consapevolezza che alla guida politica del Paese oggi non c'è un
"normale" governo di destra ma un gruppo di potere che ha una visione
mercantesca della vita e delle relazioni sociali, che è incapace di
produrre un progetto politico degno di questo nome e che, come
esplicitamente chiede Bossi per la "devolution", prescinde in tutte le sue
devastanti riforme dall' "interesse nazionale" a vantaggio di interessi
particolari segnati dal privilegio o dall'arroganza. Ed allora è questa
dottrina eversiva, questo connotato essenziale, questo "comun denominatore"
delle politiche berlsuconiane che si appalesa come l'oggetto primario della
radicale contestazione dalla quale le forze di opposizione devono partire
per mettere in cantiere l'indispensabile ed indifferibile cambiamento.
Certo deve trattarsi pur sempre di una opposizione responsabile ma è
proprio questo requisito che impone di sottrarsi ad ogni aggancio, di
resistere ad ogni inclinazione verso perdenti collaborazioni e di rifiutare
ogni strumentale patteggiamento.

Se così stanno le cose, non ha alcun senso che gli avversari dell'attuale
governo si dividano, come di fatto purtroppo avviene, tra coloro che
concentrano la loro opposizione sui temi del conflitto di interessi, della
giustizia e dell'informazione con ricorrenti inclinazioni compromissorie in
materia di politica del lavoro e di politica estera e quelli che scelgono
le lotte sociali come versante privilegiato dello scontro relegando su un
piano secondario la difesa delle regole democratiche e dei diritti civili.
Non va invero dimenticato che l'attacco alla Costituzione, condotto da
questa maggioranza con eguale virulenza sia in direzione dello stato di
diritto che nei confronti dello stato sociale, è figlio legittimo di
un'unica cultura che punta a convertire la "res pubblica" in "res privata",
che ha una concezione proprietaria delle istituzioni e che considera il
lavoro (ed i diritti che con esso si connettono) non come il fondamento
della nostra democrazia ma come un elemento "flessibile" da comprimere fino
allo schiacciamento sotto il peso della forza e del profitto.

Ma il governo Berlusconi è soprattutto un prodotto, primitivo ed
estremistico, di quel neoliberismo che mostra oramai sul piano planetario i
segni di una crisi irreversibile. Ha ragione il tedesco Oskar Lafontaine,
leader carismatico della sinistra europea, quando dice che sono sempre più
nel mondo i ricchi che si insediano ai vertici politici per forgiare leggi
a difesa dei loro interessi e che Berlusconi "è la punta di iceberg del
declino dell'etica causato dal neoliberismo". E' insomma la crisi di quel
"pensiero unico" contestato sul piano planetario da grandi movimenti di
massa e da aree crescenti di intellettuali che pensano "altro" ed "altro"
propongono per il futuro dell'umanità; la crisi di un modello di sviluppo
che assolutizza il mercato, mortifica i diritti, devasta l'ambiente,
provoca in varie parti del mondo catastrofi finanziarie e scatena
sistematicamente guerre che si concludono rapidamente con vittorie
apparenti seguite sempre, come sta avvenendo in Afghanistan ed in Iraq, da
conflitti endemici fra forze di occupazione e gruppi terroristici e di
guerriglia.

Ne consegue che la costruzione dell'alternativa se deve partire dalla netta
contrapposizione all'anomalia democratica di questo governo, deve anche
rapidamente caricarsi, sul piano propositivo, di contenuti critici nei
confronti del liberismo permeati dai principi, dai valori e dalle direttive
della Costituzione repubblicana. E' necessario quindi dar vita ad una
coalizione democratica che coinvolga tutte le forze della sinistra e del
centrosinistra e tutte le espressioni progressiste dei movimenti e della
società civile. Non sarà un lavoro facile né dall'esito positivo scontato
ma è la sola via percorribile: quella appunto di allestire un'alternativa
visibile per la nettezza delle scelte di fondo, leggibile per la chiarezza
delle proposte programmatiche e credibile per la sua concretezza e per la
qualità del suo personale politico.

Brindisi, 7 luglio 2003





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