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"Una condotta poco raccomandabile". Per Amnesty International il progetto della condotta Baku-Tblisi-Ceyhan, in cui è coinvolta anche l'ENI, mette a rischio i diritti umani
- Subject: "Una condotta poco raccomandabile". Per Amnesty International il progetto della condotta Baku-Tblisi-Ceyhan, in cui è coinvolta anche l'ENI, mette a rischio i diritti umani
- From: "Ufficio Stampa Amnesty" <press at amnesty.it>
- Date: Wed, 21 May 2003 11:18:13 +0200
Gent.mi tutti, vi trasmettiamo il comunicato stampa della Sezione Italiana di Amnesty International: "Una condotta poco raccomandabile". Per Amnesty International il progetto della condotta Baku-Tblisi-Ceyhan, in cui è coinvolta anche l'ENI, mette a rischio i diritti umani Grazie per la cortese attenzione Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste: Ufficio Stampa Amnesty International Tel. 06 44.90.224 cell. 348-6974361 e-mail: press at amnesty.it COMUNICATO STAMPA CS76-2003 "UNA CONDOTTA POCO RACCOMANDABILE". PER AMNESTY INTERNATIONAL IL PROGETTO DELLA CONDOTTA BAKU-TBLISI-CEYHAN, IN CUI E' COINVOLTA ANCHE L'ENI, METTE A RISCHIO I DIRITTI UMANI "Il progetto della condotta che collegherà il mar Caspio al Mediterraneo rischia di avere serie conseguenze sui diritti umani per migliaia di persone che vivono nelle regioni interessate", si legge in un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International. "I termini legali del contratto quarantennale firmato nel 2000 dal governo della Turchia e dal Consorzio proprietario della condotta creano una corsia preferenziale esentata dal rispetto della legge, senza minimamente tener conto della minaccia incombente sui diritti umani di migliaia di persone" - ha dichiarato l'organizzazione. Il Consorzio, che si propone di portare petrolio e gas per 1740 chilometri da Baku via Tblisi fino a Ceyhan (attraversando Azerbagian, Georgia e Turchia), con un costo totale di oltre 4 miliardi di euro, comprende importanti aziende di dimensioni mondiali, tra cui BP (Regno Unito), Statoil (Norvegia), Unocal (Usa), Itochu (Giappone), TotalFinaElf (Francia), ConocoPhillips (USA) e, per il 5% del contratto, ENI (Italia). "Non è accettabile che un'azienda come l'ENI, che afferma nei suoi documenti di impegnarsi ovunque, nell'ambito della propria sfera di competenza, a sostenere e rispettare i principi della Dichiarazione universale dei diritti umani, utilizzi finanziamenti provenienti da investitori privati o dai contribuenti italiani per partecipare ad un contratto che espropria un governo della sua responsabilità di garantire il pieno rispetto dei diritti umani" - ha dichiarato Umberto Musumeci, responsabile del Coordinamento diritti economici e sociali della Sezione Italiana di Amnesty International. Il rapporto dell'organizzazione per i diritti umani esprime grave preoccupazione per il fatto che l'Host Governement Agreement (HGA) negoziato dalla capofila BP e dal governo turco mette quest'ultimo nella impossibilità di proteggere i diritti umani nell'area, poiché la Turchia si è impegnata a pagare ingenti rimborsi al Consorzio in caso in cui la costruzione dell'oleodotto o la sua operatività siano "disturbate". "Si tratta, in sostanza, di una multa per aver rispettato la legge, che la Turchia dovrebbe pagare se applicasse nell'area interessata dall'oleodotto le stesse norme che sono valide nel resto del suo territorio e che invece, secondo il contratto, non potrà applicare nella zona" - ha aggiunto Musumeci. "Siamo di fronte a un'imposizione che vieta alla Turchia di aderire a nuovi trattati internazionali, o di applicare quelli già sottoscritti, se essi dovessero risultare in contrasto con le clausole del contratto". Secondo Amnesty International, durante i 40-60 anni previsti per la costruzione e l'operatività dell'oleodotto si potrebbero avere le seguenti conseguenze: - limitazione del diritto al risarcimento per le 30.000 persone che saranno costrette a cedere i propri diritti sulla terra per far posto all'oleodotto; - inadeguata applicazione delle norme a tutela della salute e della sicurezza per i lavoratori e la popolazione locale; - gravi rischi di abusi dei diritti umani nei confronti delle persone che intendessero protestare contro le modalità di realizzazione dell'opera; - difficoltà di accedere alle fonti d'acqua per la popolazione locale, in un'area peraltro già caratterizzata da mancanza di acqua. Il Professor Sheldon Leader, consulente legale di Amnesty International, ha dichiarato che "l'HGA firmato da Turchia e Consorzio di fatto introduce un precedente, sul piano politico e giuridico, che crea disordine nel sistema legale internazionale. La richiesta alla Turchia di pagare una indennità al Consorzio per ogni rottura dell'equilibrio economico del progetto significa che la Turchia sarà costretta a scegliere tra l'obbligo di proteggere i diritti umani e la loro violazione, quando la prima opzione si porrà in contrasto con la legge degli affari". "L'HGA è inoltre in clamorosa rotta di collisione con la Convenzione europea sui diritti umani, che richiede agli Stati di intervenire preventivamente anche solo in presenza di un rischio eventuale per la vita delle persone." - ha proseguito Musumeci - "Esso si limita a prevedere la possibilità per la Turchia di intervenire sul progetto solo in caso di minaccia imminente e materiale alla sicurezza, pena la corresponsione di grosse indennità. Le autorità turche peraltro non avrebbero neanche la possibilità di adire le vie legali tramite il proprio sistema giudiziario, poiché ciò è chiaramente escluso dal contratto, che prevede l'obbligatorietà di usare l'opzione arbitrale, da esercitare tramite una organizzazione di arbitraggio collegata alla Banca Mondiale, l'International Centre for the Settlement of Investment Disputes (ICSID)". In un momento in cui la Turchia sta cercando di migliorare la propria situazione dei diritti umani, anche in vista di un eventuale futuro ingresso nell'Unione Europea, una stringente necessità di finanziamenti esteri la mette in condizione di non poter aderire a nuovi trattati internazionali o di non rispettare quelli già firmati, perché potrebbero essere in contrasto con gli obblighi imposti dall'HGA. Gli arresti e le detenzioni arbitrarie di prigionieri di coscienza, le torture, le sparizioni, le esecuzioni extragiudiziali e le altre violazioni dei diritti umani regolarmente denunciate da Amnesty International, non potranno certo diminuire se la Turchia sarà obbligata a creare lungo il tragitto dell'oleodotto una "zona franca" rispetto ai diritti umani: eventuali oppositori o contestatori dell'operazione rischiano di aumentare la già numerosa lista dei perseguitati. La Sezione Italiana di Amnesty International chiederà al governo italiano di non mettere a disposizione dell'operazione - né direttamente né tramite aziende di propria partecipazione o istituti statali - somme di denaro pubblico sotto qualunque forma (prestito, contributo, credito all'export) se non dopo una profonda revisione dei termini legali del contratto. A tale proposito, Amnesty International chiede che: - siano inserite nell'HGA specifiche clausole che affermino espressamente il diritto della Turchia di rispettare i diritti umani in base al diritto internazionale e al suo diritto interno; - sia costituito un organismo indipendente che tuteli gli interessi degli stakeholder (soprattutto le rappresentanze delle comunità locali) per controllare da vicino gli standard applicati e ricevere ed esaminare le proteste dei lavoratori e della popolazione locale lungo tutta la vita del progetto. A tale organismo dovrebbero essere attributi poteri di intervento sul progetto quando ritenuto necessario; - il Consorzio sottoscriva un impegno concreto con coloro che saranno impiegati nel progetto per garantire loro che, lungo tutta la durata delle costruzione e della operatività, il progetto sarà gestito in conformità alle norme internazionali sui diritti umani. "I diritti umani" - ha concluso Musumeci - "non possono essere oggetto di trattative in contratti fra le aziende e i governi: essi sono un requisito intoccabile. Questo progetto non deve andare avanti se non se ne cambieranno le clausole che minano l'applicabilità dei diritti umani." FINE DEL COMUNICATO Roma, 20 maggio 2003 Il rapporto "Human rights on the line - The Baku-Tblisi-Ceyhan pipeline project" è disponibile presso il sito Internet www.amnesty.org Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste: Amnesty International - Ufficio stampa Tel. 06 44.90.224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it
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