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Tibet: Amnesty International denuncia l'esecuzione di una condanna a morte per motivi politici
- Subject: Tibet: Amnesty International denuncia l'esecuzione di una condanna a morte per motivi politici
- From: "Amnesty International" <press at amnesty.it>
- Date: Tue, 28 Jan 2003 16:45:41 +0100
# Questa lista per la distribuzione delle informazioni # e' gestita dalla Sezione Italiana di Amnesty International. # Per ulteriori informazioni potete rivolgervi a stampa-owner at amnesty.it # Riguardo al CONTENUTO dei comunicati, potete contattare press at amnesty.it COMUNICATO STAMPA CS11- 2003 TIBET: AMNESTY INTERNATIONAL DENUNCIA L'ESECUZIONE DI UNA CONDANNA A MORTE PER MOTIVI POLITICI Amnesty International ha appreso la notizia dell'esecuzione di Lobsang Dhondhup, un monaco tibetano di 28 anni, avvenuta il 26 gennaio immediatamente dopo la lettura della sentenza che respingeva la richiesta d'appello. Lobsang Dhondhup era stato condannato a morte a dicembre assieme ad un suo correligionario, Tenzin Delek Rinpoche', con l'accusa di essere implicato in una serie di attentati avvenuti nella regione del Sichuan tra il 2001 ed il 2002. La condanna di Tenzin Delek e' stata invece sospesa per due anni. La sentenza era arrivata al termine di un processo molto lontano dagli standard internazionali di equita' e correttezza; dal momento dell'arresto, avvenuto in aprile, i due imputati sono stati costretti a trascorrere lunghi periodi senza poter vedere familiari o avvocati ed hanno subi'to pesanti torture e maltrattamenti. Vi e' il timore fondato che i due possano essere stati indicati come colpevoli unicamente a causa delle loro attivita' pacifiche e non violente a favore dell'indipendenza del Tibet e della preservazione della sua identita' culturale. Amnesty International esprime anche la sua forte preoccupazione per la sorte di altri cinque monaci arrestati insieme a loro di cui non si e' piu' avuta notizia; tre di loro sarebbero stati brutalmente picchiati dalle forze di polizia prima di essere portati in carcere. 'Si tratta di un segnale terribile che riporta la situazione indietro di anni' - ha commentato Paolo Pobbiati, coordinatore per il Tibet di Amnesty Italia - 'e che cancella gli importanti gesti di distensione dei mesi scorsi, tra cui la liberazione di alcuni prigionieri politici e l'abbozzo di ripresa del dialogo con il governo tibetano in esilio. Erano anni che non veniva registrata in Tibet una condanna a morte per motivi politici e temiamo che le autorita' cinesi vogliano estendere l'utilizzo della pena di morte ad accuse legate ad attivita' separatiste o contro la sicurezza nazionale, come gia' avvenuto negli ultimi mesi nella regione del Xinjiang, il Turkestan cinese'. 'Il sistema giuridico cinese non fa alcuna distinzione tra reati di opinione e reati violenti' - ha aggiunto Pobbiati. 'La Cina sta portando avanti la sua particolare lotta contro il terrorismo e la criminalita' colpendo senza distinzioni anche dissidenti ed attivisti che adottano strumenti di lotta non violenti. A questo va aggiunto che i tribunali sono sottoposti a forti ingerenze politiche e non danno garanzie anche minime ai diritti degli imputati: i processi sono solamente una ratifica di sentenze decise in altra sede. In questo contesto l'applicazione della pena di morte non fa che aggravare enormemente il quadro di una situazione gia' di per se' drammatica'. FINE DEL COMUNICATO Roma, 28 gennaio 2003 Per ulteriori informazioni, approfondimenti ed interviste: Amnesty International, tel. 06 4490224, cell. 348-6974361, e-mail: press at amnesty.it
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