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Gli operai della Zanon a Termini Imerese
- Subject: Gli operai della Zanon a Termini Imerese
- From: "Laboratorio Marxista" <laboratorio.marxista at libero.it>
- Date: Mon, 2 Dec 2002 15:52:57 +0100
Il tour dei lavoratori della Zanon continua. Per informazioni: mailto:elsa.ferrazzano at tin.it mailto:laboratorio.marxista at libero.it mailto:antimperialista at libero.it Articolo del Manifesto del 30.11.2002 A lezione di autogestione Due operai argentini parlano ai terminesi della loro fabbrica. Occupata GA. P. Sono venuti fin qui, partendo dall'altra parte del mondo, per raccontare la loro storia. I ragazzi del centro sociale dell'ex carcere di Palermo li hanno caricati su un'auto destinazione Termini Imerese, davanti ai cancelli Fiat, per spiegare come si può trasformare un sogno in realtà. «Ma non è un miracolo, è una lotta», spiegano Mariano e Natalio, operai argentini della fabbrica Zanon in autogestione da un anno, mentre poco più in là una signora dei senzacasa di Palermo conclude il suo intervento al grido di «Viva santa Rosalia». Emozionati e «orgogliosi di essere qui» i due lavoratori del Neuquen - 1.500 km a sud di Buenos Aires - ricevono dagli operai della Fiat quelle magliette da lavoro color turchino che stanno facendo il giro d'Italia, contraccambiano con una piastrella con l'effigie del loro sindacato e, poi, raccontano. Da più di un anno occupano la loro fabbrica di ceramiche, di proprietà di un oriundo veneto e costruita ai tempi della dittatura militare con i soldi pubblici. Il primo ottobre del 2001 il padrone comunicò l'intenzione di licenziare metà dei 300 lavoratori, «altrimenti si chiude, c'è la crisi». Elementare la risposta operaia: «La crisi non c'è per colpa nostra, stavolta la pagate voi». Così è iniziata l'autogestione: «Abbiamo cacciato il padrone e i capi - spiegano agli operai che ascoltano quasi increduli - e abbiamo continuato a produrre, lanciando anche una nuova linea di pavimenti, economica ma di alta qualità». Si chiama «obrera» e ha invaso le case della regione, gli ospedali e le scuole, perché tutta la comunità di una delle regioni più povere di un'Argentina sempre più povera si è stretta attorno a questi operai, a partire dai disoccupati, in qualche caso assunti dalla nuova «direzione». Il «miracolo» - pardon, la lotta - non è stato facile: «Alcuni lavoratori non hanno voluto occupare e sono rimasti a casa, la polizia ha fatto degli arresti, i giudici non davano tregua. Ma noi abbiamo tenuto duro, l'unità degli operai è più forte di qualsiasi padrone». Suonerà anche retorico, ma per loro è stato così; e lo dicono agli operai di Termini, tra cui serpeggiano i timori della divisione dopo l'ultima proposta della Fiat che vuole far rientrare alcuni per lasciare fuori altri: «Nessuno deve pensare di salvarsi da solo», ammonisce un delegato sindacale, ma il piazzale non è più pieno come i primi giorni, la stanchezza comincia a emergere nelle decine di certificati medici consegnati all'azienda per limitare i tagli al salario che lo sciopero a oltranza porta con sé. Mariano e Natalio spiegano che anche per loro è stato difficilissimo, in una situazione economica ben peggiore di quella italiana, «basta crederci». Ma bisogna anche campare, obietta qualcuno, «con l'autogestione guadagnate di più o di meno?» «Prima i salari erano differenziati, la media era 630 pesos. Oggi sono tutti uguali, 800 pesos per tutti (235 euro), più del salario operaio medio argentino che è di 700 pesos». Cose dell'altro mondo.
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