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Gay, lesbiche e globalizzazione neoliberista
- Subject: Gay, lesbiche e globalizzazione neoliberista
- From: "F A B I O C C H I::" <fabiocchi at inwind.it>
- Date: Sun, 4 Aug 2002 21:19:34 +0200
Gay, lesbiche e globalizzazione neoliberista by Azione gay e lesbica info at azionegayelesbica.it Nel corso di quest'anno Azione gay e lesbica, che aderisce al Social Forum di Firenze, ha organizzato una serie di incontri di riflessione sul tema del rapporto dei gay, delle lesbiche e dei loro movimenti con il neoliberismo, producendo il seguente documento. 1. Gay e lesbiche nel modello neoliberista La fine del XX secolo e l'inizio del XXI sono caratterizzati dal progressivo affermarsi del modello neoliberista. Senza volerci soffermare a descrivere la teoria neoliberista e le sue applicazioni nel mondo, ci limitiamo a focalizzare alcuni mutamenti già avvenuti o tuttora in corso nella società italiana, e anche in altre, che assumono rilevanza particolarmente forte nella vita dei gay e delle lesbiche. Gli esempi che riportiamo delle motivazioni che spingono alla critica del neoliberismo, sebbene siano un campionario minimo, investono aspetti fondamentali e vari della vita di ciascuno/a: l'istruzione, l'assistenza agli anziani, i diritti dei lavoratori e la sanità. Lo smantellamento dello stato sociale è infatti uno dei dati caratterizzanti del modello neoliberista. La tendenza è quella di sostituire diritti fondamentali dell'individuo come quello alla salute e all'istruzione con servizi a pagamento di qualità variabile a seconda del prezzo che si è in grado di pagare. Questo si traduce in un'ingiusta esclusione dai diritti delle classi meno abbienti. Per i gay e per le lesbiche c'è poi un altro aspetto che rende la situazione ancora più drammatica: la mancanza di una famiglia di riferimento. In un modello che esclude qualsiasi forma di assistenza da parte dello stato la famiglia viene infatti gravata di compiti eccessivamente onerosi di solidarietà sia economica sia più genericamente assistenziale tra i suoi membri. La mancanza di una famiglia di riferimento, dovuta sia a frequenti contrasti con quella di origine sia alla scarsa possibilità di avere figli e di crearne una propria, espone le lesbiche ed i gay ad esclusioni e disparità ancora più marcate nell'accesso ai diritti fondamentali. Riguardo all'istruzione si assiste anche in Italia ad una forte incentivazione della scuola privata a discapito di quella pubblica. Agli enormi problemi di disparità di accesso già accennati se ne affiancano altri non meno importanti: una delle caratteristiche fondamentali della scuola pubblica è quella di raccogliere all'interno di ogni classe persone molto diverse tra loro, e questa "coabitazione forzata" costringe ciascun individuo a rapportarsi con persone che hanno una cultura ed una storia personale e familiare diversa dalla propria, imponendo un confronto che favorisce l'acquisizione di strumenti culturali che stanno alla base del rispetto delle diversità. Le scuole private sono invece inevitabilmente indirizzate ad individui che hanno forti tratti comuni (ne sono un esempio le numerose scuole cattoliche), si sottraggono volutamente dal favorire un confronto tra le diversità e spesso ne danno addirittura immagini negative e fuorvianti. E' evidente quanto questa situazione sia pericolosa per gay e lesbiche. Un altro dibattito estremamente attuale in Italia è quello sull'abolizione dell'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che impone restrizioni ai licenziamenti senza giusta causa. L'Articolo 18 è un importante strumento preventivo che limita le discriminazioni ed i ricatti sul luogo di lavoro, che per gay e lesbiche sono comunque molto frequenti. La sua eliminazione aprirebbe la strada ad un forte peggioramento delle condizioni di lavoro, e quindi di vita, per i gay e le lesbiche. Il filo conduttore che lega questi aspetti così diversi è che il modello neoliberista non riconosce l'uguaglianza dei diritti per tutte e per tutti: essi divengono dei privilegi che si acquisiscono su base economica e comunque a prezzo dell'assoluta accettazione degli stili di vita imposti dal modello stesso, come il familismo. Lesbiche e gay sono inevitabilmente eversivi rispetto a tali modelli e per questo hanno una forte necessità dello stato sociale ed hanno senz'altro molto da perdere in una società strutturata secondo il neoliberismo. E' però opportuno evidenziare che ad essere lesi sono i diritti fondamentali di tutti e di tutte, non solo quelli particolari dei gay e delle lesbiche. 2. La "lobby gay" Il concetto di lobby economica discende immediatamente dall'organizzazione di base della società in cui viviamo. All'interno di un modello capitalista e neoliberista infatti una minoranza sarà tanto più in grado di veder riconosciute le proprie aspirazioni (indipendentemente dal fatto che esse siano o meno sancite da carte nazionali o internazionali) quanto più possiede un potere economico, commerciale e finanziario tale da rendere economicamente non conveniente che essa non sia soddisfatta, anche se le citate aspirazioni vengono a contrastare con principi abbastanza radicati nella comunità. In questi ultimi anni in Italia si è assistito ad una forte attività del movimento gay in direzione lobbistica, non solo nel favorirne la costituzione, ma soprattutto nel tentativo di convincere la società intera che questa "lobby omosessuale" già esiste ed ha una forte consistenza economica. Ci si pongono quindi inevitabilmente varie questioni: E' lecito chiedersi quanto questo tipo di approccio al problema della discriminazione e dell'omofobia possa condurre ad una reale soluzione, ovvero al miglioramento della qualità della vita di tutti e di tutte. Per sua stessa costituzione infatti una lobby economica, per poter agire in modo incisivo, deve poter essere riconosciuta tale, ovvero essere in grado di muovere grandi capitali: è quindi inevitabile che le scelte politiche della lobby vadano nella direzione di un mantenimento o di un incremento del proprio capitale più che in quella del mantenimento o dell'incremento dei diritti di tutte e di tutti gli appartenenti alla minoranza che la costituisce. I due obiettivi non sempre sono coincidenti e talvolta addirittura antitetici. Così se è vero che tutti possono beneficiare delle conquiste sociali e giuridiche che essa riesce ad ottenere, è pur vero che esse sono pensate all'interno di una logica di profitto e non di estensione dei diritti, per cui è probabile che esse abbiano una reale portata solo per chi dispone di più potere d'acquisto e/o per chi si omologa a determinati stili di vita. Sorge poi spontaneo chiedersi se oggi in Italia si possa veramente parlare di lobby omosessuale. Se osserviamo i precedenti storici tipici degli USA si vede che il dato caratterizzante di una lobby è il fortissimo senso di coesione e di appartenenza delle persone che la compongono, in quanto è essenziale creare un meccanismo di "autoalimentazione" del potere economico al suo interno. La situazione sociale dei gay e delle lesbiche in Italia (ad es. la loro scarsa visibilità) appare ben lontana dal poter favorire questo tipo di struttura. Il messaggio che tende ad essere diffuso, spesso proprio dall'interno del movimento, va però in una direzione opposta a questa: a poco a poco si sta affermando a livello mediatico un modello gay e lesbico (ma soprattutto gay) in cui la ricchezza è un dato caratterizzante. Le argomentazioni con cui si cerca di sancire il binomio gay-ricchezza sono poi ingenue e facilmente smentibili. Una delle più comuni, a titolo di esempio, è quella secondo la quale i gay sono ricchi perché non hanno figli da mantenere e quindi possono disporre per intero del loro potere d'acquisto per sé. Allo stesso modo però è vero che gay e lesbiche vivono spesso da soli e non possono contare né sui contributi statali riservati alle famiglie basate sul modello eterosessuale né molto spesso sul sostegno della propria famiglia d'origine. Abbiamo quindi evidenziato sia come la lobby economica in generale per la sua stessa natura non sia uno strumento affidabile per garantire i diritti di tutte e di tutti sia come, nello specifico caso italiano, essa sia più un abile meccanismo per pubblicizzare determinati prodotti che una realtà. L'unione di questi due fattori rende la situazione italiana particolarmente pericolosa. Infatti l'unica realtà economica direttamente attribuibile ad un'embrionale lobby è quella dell'intrattenimento specifico gay e lesbico. E' però immediato dedurre che una tale realtà commerciale non ha che da perdere da una vera emancipazione dei gay e delle lesbiche, in quanto non sarebbe più necessaria la funzione oggi indispensabile del locale come "luogo protetto" (pur mantenendo il ruolo di spazio di socializzazione) con conseguente perdita di profitto. Ne deriva che molto spesso queste situazioni rinunciano a qualsiasi tipo di "impegno" limitandosi all'aspetto commerciale. Anche per questo appare oggi maggioritaria la figura del gay e della lesbica "disimpegnati": consci della propria sessualità ma spesso non pienamente consapevoli dei propri diritti. Un'analisi a parte va condotta per analizzare la situazione specifica delle lesbiche. Se esaminiamo l'unico mercato rivolto ai gay e alle lesbiche realmente esistente, cioè quello dell'intrattenimento, è subito evidente come spazi specifici per le lesbiche siano una realtà estremamente rara. Se ne deduce immediatamente che allo stato attuale il mercato non è interessato al "target" lesbico che quindi ha a disposizione solo locali "misti". Tra i motivi di questo disinteresse, che meritano un ulteriore approfondimento, ci sono senz'altro l'eterosessismo del mercato che vede l'uomo come il vero detentore del potere economico e il fatto che tutt'oggi le lesbiche visibili sono molte meno dei gay visibili, per cui non raggiungono una "massa critica" in grado di destare un sufficiente interesse commerciale. Si può allora concludere che nel restringimento generalizzato delle realtà non commerciali causato dall'avanzare del mercato gli spazi dei gay si sono fortemente modificati ed omologati ma da un punto di vista esclusivamente numerico sono aumentati, quelli delle lesbiche invece si sono estremamente ridotti. 3. Società dell'informazione e omologazione degli stili di vita Se fino a pochissimi anni fa era estremamente raro che sui media si parlasse di omosessualità, ultimamente le cose a poco a poco stanno cambiando e si assiste sulla stampa e in televisione ad una crescente presenza gay (meno lesbica) in vari tipi di produzioni (dal talk show alla fiction). Questo ha senz'altro una grande portata positiva, perché per la prima volta fornisce modelli omosessuali anche in regioni geografiche e sociali che molto difficilmente avrebbero potuto essere raggiunte da altri tipi di messaggi, ma bisogna anche riflettere sulla qualità dei modelli proposti. Essi appaiono infatti fortemente omologati. L'immagine della lesbica è fortemente omologata al modello gay, anche se permangono sacche che propongono false immagini di false lesbiche funzionali al voyeurismo eterosessuale maschile. Per il gay, si tratta di uno stereotipo che nasce dalla necessità di "rassicurare" il più possibile: vediamo dunque un gay che innanzitutto è un giovane e ricco professionista e soprattutto (il massimo della "rassicurazione") è accoppiato. Quanto sia forte la portata tranquillizzante del "sistemare" il gay in una struttura di coppia lo si desume anche dal fatto che i primi tentativi di giurisprudenza pro-gay che siano stati promulgati in Italia non sono norme antidiscriminatorie, come sarebbe lecito aspettarsi, ma interventi volti alla legittimazione delle coppie (anche se spesso di scarso valore pratico per non urtare troppo il mondo cattolico e non solo): basti pensare ai molti registri comunali delle unioni civili. Questo modello "rassicurante" appare quindi fortemente ricalcato dal mondo eterosessuale ed espone i gay e le lesbiche a vari rischi: dalla perdita di un patrimonio culturale tipicamente molto variegato all'omologazione degli stili di vita e la conseguente intolleranza verso coloro che non si uniformano (spesso definiti in senso spregiativo "quelli che ostentano"). Si rischia cioè di "non aver imparato la lezione" e, dopo essere stati per secoli soggetti discriminati, diventare soggetti discriminanti nei confronti di coloro che si pongono fuori dal modello omosessuale prestabilito per scelta e/o per mancanza di potere d'acquisto. Come infatti già evidenziato in precedenza la ricchezza diviene sempre più parte integrante dello stereotipo di gay preconfezionato, con il rischio che chi non la possiede, ovvero la maggioranza dei gay e delle lesbiche, risulti comunque escluso dai diritti. Il tentativo è dunque quello di costruire tanti gay-consumatori repliche dello stesso stereotipo, in modo da poter indurre e dedurre i loro bisogni con estrema facilità per un migliore sfruttamento commerciale. A questo proposito bisogna di nuovo rilevare l'assenza di uno specifico lesbico. Le cause già evidenziate portano le lesbiche ad essere poco interessanti per un mercato apposito, e sono quindi relegate all'interno del modello gay unico, come una sorta di "femmine della specie gay". Diffondere modelli gay e lesbici il più variegati possibile in modo da limitare al massimo la forte spinta all'omologazione e garantire a tutte e a tutti il diritto fondamentale di essere se stesse/i e di uscire dagli schemi prestabiliti che ci vengono imposti con violenza a fini commerciali potrà essere una sfida molto importante per il movimento nei prossimi anni. 4. Movimento e futuro dell'associazionismo Strettamente connessa con il punto precedente si pone una riflessione sul ruolo che può avere il movimento gay e lesbico in questa situazione e sugli strumenti che può utilizzare per agire. Le trasformazioni tecnologiche degli ultimi anni hanno indubbiamente contribuito ad abbreviare le distanze spaziali e temporali. In tutto questo è importante che anche il movimento gay e lesbico si "globalizzi" e cerchi di agire su scala più vasta, sia geograficamente ma soprattutto collaborando con altre realtà (come ad esempio quelle presenti nei Forum Sociali) in modo da cercare di governare le grandi trasformazioni che sono in atto: è infatti certo che i problemi della discriminazione, dei diritti negati, dell' omologazione etc. non riguardino solo lesbiche e gay ma vasti strati della società. E' però fondamentale conservare anche una forte azione politica a livello locale perché, soprattutto fuori dalle grandi città, vivere serenamente ed apertamente il proprio orientamento sessuale è ancora molto difficile. Questo assume una rilevanza ancora maggiore se si considera che i sentimenti di emancipazione presenti nei gay e nelle lesbiche vengono sempre più sfruttati a fini commerciali dalle imprese. Parallelamente al movimento ed in parte grazie ad esso sono cioè sorte alcune imprese, che spesso vengono confuse con il movimento stesso, soprattutto da chi si avvicina per le prime volte al mondo gay e lesbico, le quali hanno però per fine il profitto e non i diritti. Allo stesso tempo il progressivo avanzare di queste realtà sottrae sempre più spazio al movimento. Acquistare un "deodorante gay" diviene un simbolo distorto di emancipazione. C'è poi un altro aspetto da sottolineare: si può certamente affermare senza esagerazione che nella maggior parte del mondo lesbiche e gay sono discriminati, incarcerati, torturati, uccisi. Quello che forse non è così evidente è quanto in situazioni drammatiche come la fame, la guerra, la povertà e lo sfruttamento lesbiche, gay e tutte le altre minoranze discriminate vedano azzerati i propri diritti in modo ancora più insopportabile rispetto al resto della popolazione. E' quindi opportuna una riflessione dei movimenti gay e lesbici riguardo ad un'azione su scala globale al fine di un miglioramento della qualità della vita.
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