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A dieci anni dalle stragi
- Subject: A dieci anni dalle stragi
- From: "Daniele D'Elia" <danieledelia at email.it>
- Date: Wed, 22 May 2002 12:17:57 +0200
Tra qualche giorno, il 23 Maggio, ricorre l'anniversario della strage di Capaci. I magistrati di Palermo accusano il governo di avere in mente un quadro legislativo che finirà per avere effetti devastanti sui "processi antimafia". Ed è polemica! Chi è degno di ricordare e chi non lo è? Riporto un articolo tratto da "Il Nuovo" e uno da "La gazzetta del Sud". Da "Il Nuovo" TORINO - Giovanni Falcone e Paolo Borsellino vanno commemorati come "eroi della Repubblica": ma le "commemorazioni possono trasformarsi in una trappola, quando uniscono i colpevoli e le vittime". Nel decennale del loro assassinio da parte della mafia, il capogruppo dei Ds alla Camera Luciano Violante, ricorda la figura dei due magistrati palermitani in un articolo pubblicato sul Giornale di Siciliae avverte: "non crederemo alle parole di chi ricorda Falcone e Borsellino mentre continua a denigrare, a volte con le stesse espressioni di ieri, chi fa oggi quello che loro fecero ieri". "Stiamo pericolosamente abbassando la guardia sul problema della mafia, si sta arrivando a una situazione pericolosa, dove l'operato dei magistrati viene delegittimato, dove si sferrano continuamente degli attacchi agli uomini di giustizia che fanno il loro lavoro". Ha aggiunto Violante, al Salone del libro di Torino, a margine della presentazione del suo ultimo libro Il ciclo mafioso . "La mafia - spiega - ricorre a cicli continui, di circa dieci anni. Dall'assassinio di Ciacculli del '63, fino alla strage di Capaci in cui perse la vita Giovanni Falcone e Via D'Amelio, abbiamo avuto dei segnali precisi: le azioni di mafia ritornano con una ciclicità che stupisce e altrettanto stupefacenti sono le reazioni. All'inizio si ha una rivolta contro questi atti, poi, mano a mano che i processi vanno avanti, si ha una specie di reazione contraria all'operato dei magistrati, come se diventassero improvvisamente scomodi". ''La teoria di un terzo livello formato da soggetti estranei a Cosa nostra mio fratello Giovanni Falcone, con prove certe e riscontri vari, l'ha sempre esclusa'', aggiunge Maria Falcone in un'intervista che sarà pubblicata sul prossimo numero de L'Eco di San Gabriele. Un rischio ricordato anche da Giancarlo Caselli, già Procuratore antimafia a Palermo, che ha tracciato un bilancio degli ultimi dieci anni di lotta alle cosche, dopo le stragi nelle quali sono rimasti uccisi Falcone e Borsellino. "Dieci anni in cui si è sfiorata la possibilità concreta che la mafia potesse essere sconfitta, dieci anni in cui abbiamo davvero pensato, con le tante conquiste che sono state fatte, di battere una volta per tutte e estirpare il fenomeno mafioso. E invece no. I magistrati rischiano di essere isolati ancora una volta. Assistiamo a un indebolimento degli operatori di giustizia perpetrato non solo dagli stessi protagonisti della mafia, ma anche da un certo tipo di borghesia ricca, colta, che vede i magistrati come una forza scomoda". Caselli parla di "una efficiente inefficienza, una specie di situazione di comodo, dove sembra che le forze in campo siano libere di operare, ma di fatto non è così". Toni tesi, dunque, accesi ancora di più dall'intervento di Luigi Ciotti, che provoca: "Non è un fatto positivo che siamo qui riuniti a parlare di mafia, non lo è perché sono passati tanti anni e qualcosa di definitivo avrebbe dovuto già essere stato fatto. Tutti siamo chiamati a fare un esame di coscienza per quello che è successo e che sta succedendo - secondo don Ciotti - ma una cosa è certa: dei politici che stanno in parlamento, almeno quelli che hanno ottenuto una condanna in primo grado, non dovrebbero entrare a far parte delle commissioni parlamentari". (18 MAGGIO 2002, ORE 14:50) Da la Gazzetta del Sud" Anniversario strage di Capaci / Nel dibattito sulla lotta alla mafia i magistrati avvertono Politica giudiziaria inadeguata «Riforme come il giusto processo rischiano di frantumare l'azione antimafia» PALERMO ö Il Parlamento è un ãcantiere apertoä che sforna in continuazione progetti di riforme sulla giustizia. Ma sono progetti che destano allarme tra i magistrati di Palermo. «Se i disegni di legge andranno in porto ci saranno effetti devastanti sui processi alla mafia», ha detto Massimo Russo, segretario distrettuale dell'Anm. Russo è intervenuto con altri due magistrati, il sostituto procuratore generale Vittorio Teresi e il sostituto della Dda Franca Imbergamo, in un dibattito organizzato a 10 anni dalla strage di Capaci dalle associazioni «Libera» e «Palermo anno uno». Al confronto su mafia e giustizia, coordinato dallo storico Salvatore Lupo, hanno partecipato anche Giovanni Fiandaca, docente di diritto penale e uno dei promotori del movimento dei professori di Palermo, e l'eurodeputato Claudio Fava (Ds). Russo ha attaccato le linee di politica giudiziaria del governo Berlusconi senza risparmiare critiche anche al governo dell'Ulivo. «Con il pretesto di rafforzare le garanzie - ha detto - si stanno creando strumenti di vera impunità. Certe riforme, come quelle sul giusto processo e sulla revisione dei processi, alimentano le speranze di chi è stato già condannato anche con sentenze definitive. Se queste aspettative saranno soddisfatte, finirà l'azione antimafia». Critiche analoghe sono venute da Franca Imbergamo, che ha chiesto al sistema politico di impegnarsi a recidere legami di «contiguità e di connivenza», mentre Teresi ha lamentato un calo di tensione in buona misura dovuto alle «volgari aggressioni ai magistrati condotte anche con il sapiente uso dei mezzi di informazione». E la società civile, ha aggiunto Fava, non ha saputo svolgere un'azione appropriata, commettendo l'errore di dare troppe deleghe alla magistratura. «In questo modo - ha osservato - si è sovrapposto il giudizio morale con il giudizio penale». Più articolata la valutazione di Fiandaca sulle riforme in discussione. «Alcuni principi generali recepiti dal giusto processo sono condivisibili. Ma il fatto è che si cerca di ammantare con nobili propositi progetti che hanno ben altro obiettivo. Alcuni esponenti del centro sinistra hanno firmato per ingenuità disegni di legge e per fortuna si sono accorti dell'inganno ritirando poi le firme». Bisogna stare attenti, ha avvertito Fiandaca, a non prestare il fianco a iniziative che «invece di fare la lotta alla mafia finiscono per fare la lotta all'antimafia». Da registrare anche un'iniziativa del Rotary dedicata alle memoria di Francesca Morvillo, magistrato e moglie di Giovanni Falcone, morta con lui il 23 maggio '92. L' anniversario è stato ricordato allo Steri, in un incontro organizzato dal Rotary con la collaborazione della Provincia. Il progetto «Francesca Morvillo» ha aiutato 115 ragazzi, cresciuti in contesti disagiati o già destinati al Malaspina, a imparare un mestiere presso diciotto aziende artigiane di Palermo. Nell' arco di dieci anni cinque minorenni hanno trovato un lavoro stabile, altri hanno ottenuto un impiego fuori dalla Sicilia. Il progetto, ideato da Nicolò Scavone con Giancarlo Grassi, continua, sostenendo altri minori e aiutandoli economicamente grazie alla collaborazione degli oltre 800 soci dei club. «Il lavoro è l' unico strumento in nostro possesso che può davvero combattere la cultura mafiosa - ha commentato il presidente Musotto, intervenuto al dibattito - nel ricordo di Francesca Morvillo, giudice del tribunale dei minori che esercitava il suo ruolo con grande sensibilità, correttezza e passione, dobbiamo avere il coraggio di indignarci se le istituzioni e la politica non operano come dovrebbero nei confronti del mondo giovanile, e impegnarci tutti, a nostra volta, per fare qualcosa di concreto a favore delle nuove generazioni».
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