Giustizia all'italiana



Giustizia all'italiana

Il recente rapporto dell'Alta commissione Onu per i diritti umani contiene
gravi critiche all'Italia. Però nessuno ne parla.

David Willey

Il rapporto interinale sullo stato della giustizia italiana redatto dal
relatore speciale delle Nazioni Unite sull'indipendenza dei giudici e degli
avvocati, pubblicato la settimana scorsa a Ginevra, dovrebbe turbare
chiunque abbia a cuore lo stato di diritto in questo Paese. Eppure è stato
completamente ignorato dai media italiani.
Il mese scorso Param Cumaraswamy, l'avvocato malese che lavora per la
Commissione dell'Onu per i diritti umani e che sta indagando sulla "fragile
condizione dello stato di diritto in molti paesi del mondo", ha trascorso
cinque giorni in Italia per incontrare diversi esponenti del mondo della
giustizia. Ha avuto colloqui con numerose personalità, tra cui il ministro
della Giustizia Roberto Castelli, il procuratore capo di Milano Francesco
Saverio Borrelli, ma anche con avvocati e funzionari dei tribunali.
Cumaraswamy ha dichiarato di condividere le preoccupazioni per gli attacchi
del potere politico a quello giudiziario e per il conflitto di interessi tra
uomini di legge e legislatori, alcuni dei quali continuano a esercitare la
professione forense.
L'estensore del rapporto ha detto di trovare del tutto motivato il fatto che
giudici e pubblici ministeri italiani sentano la propria indipendenza
minacciata dal governo. Ha anche affermato che i continui rinvii del
processo per corruzione al primo ministro e magnate dei mass media Silvio
Berlusconi, come anche in altri casi, hanno seminato il disincanto
nell'opinione pubblica italiana rispetto al sistema giudiziario. Cumaraswamy
ha aggiunto che nessuna parte politica è immune da un uso abusivo dei
procedimenti giudiziari. Berlusconi e altri accusano i giudici di
osteggiarli per motivi politici, ma "le sentenze dei tribunali vanno
rispettate da tutti. Sebbene queste sentenze possano essere commentate e
persino criticate, i giudici che le emettono non devono essere attaccati né
calunniati da individui o istituzioni. Se le sentenze vengono giudicate
scorrette occorre adottare le appropriate procedure d'appello".
Cumaraswamy ha inoltre ricordato un caso molto noto, quello in cui uno degli
imputati, Cesare Previti, ministro della Difesa del primo governo Berlusconi
e da molti anni tra gli avvocati del premier, ha insistito per far rinviare
le udienze adducendo i suoi doveri di parlamentare ed è così riuscito a
fermare il suo processo. Anche le modifiche apportate alle leggi dal governo
Berlusconi, ha affermato Cumaraswamy, minacciano di far deragliare il corso
della giustizia. le richieste di trasferimento dei processi a tribunali
diversi da quello di Milano danno luogo a ritardi che impediscono che sia
fatta giustizia, poiché i termini per la prescrizione scadono prima della
fine del procedimento.
Personalmente sono al corrente del caso di un celebre notaio romano che ha
defraudato un cliente della somma di centomila euro: dopo averla ricevuta
per  pagare l'imposta su una transazione immobiliare, l'ha trattenuta senza
versarla al fisco. Ebbene, ogni tentativo di recuperare la somma è stato
frustrato dal rinvio del processo fino alla scadenza dei termini di
prescrizione. Pur essendo stato condannato a una pena detentiva per altri
capi d'imputazione, il notaio è ancora a piede libero e continua a
esercitare la professione.
Certo, l'Italia non è lo Zimbabwe, paese che non ha voluto la visita di
Cumaraswamy. In ogni caso, le serie critiche mosse allo stato della
giustizia italiana da un esperto d'alto rango delle Nazioni unite meritano
una risposta. Finora gli unici commenti del ministro Castelli sono stati che
il relatore ha reso omaggio alla tradizionale indipendenza del potere
giudiziario in Italia e che il governo ha accettato dia avviare una riforma
generale del sistema della giustizia. Quel che palazzo Chigi farà in
concreto continuerà a essere seguito con attenzione dalla stampa estera,
oltre che dall'Alta commissione dell'ONU per i diritti umani.



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David Willey è corrispondente della BBC da Roma da trent'anni. E' professore
onorario alla facoltà di Legge della Warwick University. Ha scritto God's
Politician (Faber&Faber, 1992) su Giovanni paolo II.