caldarola con israele



l'articolo qui sotto, pubblicato sul sito della Federazione delle Associazioni Italia-Israele ( http://feder-italia-israele.8k.com ), la dice lunga sulla concezione della democrazia e della sinistra da parte di certi *demosinistri* e del riformismo social-liberale.

mi aspetterei una smentita, se non conoscessi la cultura essenzialmente di destra di caldarola e del suo amico d'alema, per cui alla fine c'e' poco da stupirsi.

tuttavia indignarsi fa sempre bene...

 

Articolo di Giuseppe Caldarola, già direttore de "L'Unità" 08-04-2002



La guerra mediatica l’ha vinta finora Arafat. E’ apparso povero fra i poveri, vecchio e assediato, pronto al martirio. Per l’opinione pubblica occidentale le immagini dei ragazzi dilaniati nelle discoteche di Gerusalemme e di Tel Aviv non hanno purtroppo suscitato altrettanta emozione. Nei media, e in parte della pubblica opinione, Israele è la forza, usata eccessivamente. Il fatto che lo Stato ebraico, unica democrazia dell’area, sia circondato da governi corrotti che vogliono distruggerlo, che Arafat abbia sempre finto di trattare mentre la sua galassia terroristica seminava morte per impedire la pace, tutto ciò è passato in seconda linea. Il nuovo antisemitismo si traveste e oggi si presenta come chi vuol dare protezione a quelle che sono definite le vittime del Duemila. Anche il vecchio antisemitismo nasceva nel cuore della crisi delle società che si inoltravano nella modernità e scagliava i poveri contro gli ebrei.

All’Occidente filo-palestinese che rimuove Auschwitz bisogna ricordare che molte delle riflessioni successive alla fine della seconda guerra mondiale si sono concentrate su due aspetti: l’indifferenza mondiale di fronte allo sterminio e le ragioni della mancata reazione degli ebrei che stavano per essere sterminati. Su questo punto si sono interrogati grandi intellettuali sopravvissuti allo sterminio. L’Occidente, questo Occidente filo-palestinese e ieri silenzioso di fronte alla Shoa, deve capire quello che sull’ “Eredità di Auschwitz” ha scritto Georges Bensoussan (editore Einaudi): “L’abbandono da parte del mondo, nel momento della più grande catastrofe della storia ebraica, ha rotto la fiducia …indipendentemente dalla rinascita comunitaria, nazionale e statale, per molti ebrei esiste il pericolo di abitare soli ancora nel mondo e di constatare ogni giorno il loro isolamento”. Solo che questa solitudine nel mondo non è più confermata dalla dispersione ma ha in questa epoca storica, per ebrei e non ebrei, un protagonista nazionale e statale, lo Stato di Israele. Il nuovo antisemitismo proprio qui porta il suo attacco più insidioso.

L’ignavia delle classi dirigenti occidentali, la stessa reticenza della Chiesa si rivelano di fronte a questo punto chiave. E’ mancata in questo periodo la necessaria fermezza nella difesa dell’esistenza dello Stato di Israele. Ecco allora un altro punto chiave: gli ebrei, cittadini dei paesi in cui sono nati e vivono, guardano con particolare legame ad uno stato, abitato da loro fratelli, che difende il proprio diritto all’esistenza con i mezzi e le modalità di qualunque stato assediato.

E’ un passaggio decisivo per la sinistra. La parola d’ordine “due popoli, due stati” è giusta e generosa. Ma siamo in grado di far capire che solo l’esistenza e la sicurezza di Israele possono garantire una patria ai palestinesi e non il contrario? Invece il nuovo antisemitismo si nutre ora di parole rubate: genocidio, sterminio. “Superior stabat lupus” e i lupi che si fanno agnelli sono i terroristi palestinesi, gli stati arabi che li guidano, l’immonda campagna di odio che circonda Israele.

Il nuovo antisemitismo rimuove la Shoa collocandola in un tempo lontano e irripetibile, mentre per il presente rimuove i discendenti delle vittime presentandoli come i nuovi aggressori, non più bisognosi dell’aiuto del mondo, che peraltro l’ha negato. Questo crea attorno alla questione ebraica, in alcuni paesi occidentali e in parte della sinistra, un moto di fastidio quasi che l’attuale forza di Israele legittimi ogni nefandezza verbale e non contro gli ebrei e faccia venire meno ogni dovere di solidarietà. Ecco perché mediaticamente vince Arafat. Perché ora che il popolo delle vittime si è fatto Stato ed è in grado di difendersi il pregiudizio antiebraico si nutre di una commossa solidarietà verso i nuovi poveri dei campi palestinesi che l’intero mondo arabo strumentalizza. C’è in questo intreccio di mancata elaborazione di eventi, di emozioni di massa nuove, di recrudescenza di antichi legami anti-ebraici il brodo di cultura del nuovo antisemitismo. Molti a sinistra si offendono, spesso giustamente, quando il loro opporsi a Israele viene bollato come antisemitismo. Capisco. Ma il diritto all’autodifesa statale è riconosciuto a tutti i popoli, perché non agli israeliani?

Come contrastare questa onda lunga che tiene assieme nuovi antisemiti e i nuovi don Abbondio? In primo luogo non dando loro argomenti: anche per questo la vita di Arafat è sempre più sacra. Ma soprattutto bisogna riprendere una straordinaria battaglia culturale. Auschwtz non fu un incidente della storia. Un popolo è stato decimato con ferocia. Questo parla anche all’oggi. E nell’oggi c’è che quel popolo ha il diritto di organizzare in un suo Stato la propria forza, di uscire dal clichè della vittima per tornare protagonista attivo della propria storia e della  storia del mondo.

Infine la sinistra deve smetterla di essere vetero- terzomondista. Deve appoggiare solo le lotte di liberazione che non hanno come obiettivo la cancellazione di altri popoli e di altri stati. La sinistra non può in nome della “rivolta degli oppressi” accettare di stringere la mano a leader che non sono democratici. La sinistra non può accettare di dialogare con formazioni politiche che chiedono la solidarietà per la propria lotta ma adoperano il terrorismo. Ecco perché è cruciale stare con Israele. Democrazia vera e perfettibile, come tutte, guidata talvolta da uomini che non sanno unire il linguaggio della forza con parole di pace, che non si pongono, purtroppo, il problema di come conquistare un consenso mondiale alla causa di Israele. La diffidenza verso il mondo è legittima, ma Israele è oggi in grave pericolo, ma non è isolata, tanto meno dalla sinistra riformista.

GIUSEPPE CALDAROLA
(deputato dei Democratici di Sinistra)

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Francesco Fanizzi - Bari -
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