Allarme sul diritto di asilo dei kurdi sbarcati in Puglia



LETTERA APERTA

Alla cortese attenzionedel Delegato Unhcr-Acnur in Italia e della
Delegazione Onu in Italia
e, per conoscenza, dei responsabili di:
- Cir, Ics, Centro Astalli, Casa dei diritti sociali - Focus, Fcei-Srm,
Lega diritti dei popoli, Amnesty Int., Medici contro la tortura, Pax
Christi,         Migrantes, Asgi
- Osservatorio pugliese sui profughi ed altre organizzazioni pugliesi di tutela
- Piano nazionale asilo
- Divisione profughi del ministero dell'Interno
- Osservatorio contro la discriminazione e il razzismo dei Forum Sociali
- Sedi locali di Azad

    Cari amici,

ieri la Commissione centrale per il riconoscimento dello status di
rifugiato si è trasferita in Puglia per le audizioni relative alle
centinaia di richiedenti asilo sbarcati a Gallipoli ed attualmente
ospitati, per quanto sappiamo, nei locali del Centro Orizzonte.

Siamo molto preoccupati per i motivi che andiamo ad esporvi, e vorremmo
sapere se la nostra preoccupazione è condivisa.

1. Subito dopo lo sbarco, il sottosegretario all'Interno Mantovano affermò
il 31 gennaio alla Camera che "esaurita la fase della prima accoglienza
(...) tutti coloro che non hanno titolo a vedersi riconosciuto lo status di
rifugiati saranno espulsi e riaccompagnati nel paese d'origine". Il giorno
dopo il presidente del Consiglio Berlusconi convocava alla Farnesina
l'ambasciatore turco Utkan per auspicare, trovando su questo il pieno
accordo dell'ambasciatore, "un accordo di riammissione in Turchia delle
persone illegalmente provenienti dal quel paese". Ora, il primo non può
ignorare che il rimpatrio coatto dei richiedenti asilo non riconosciuti non
può essere deciso in via generale dal governo, ma può essere disposto caso
per caso, dietro verifica della situazione personale e di quella del paese
di origine, nel rispetto di tutte le garanzie (ivi compreso il ricorso alla
magistratura ordinaria e amministrativa) e comunque del divieto di
"refoulement" in paesi in cui si rischino persecuzioni (Turchia e Iraq, ad
esempio). Il secondo non può non sapere che il motivo per cui gli accordi
con la Turchia non sono giunti finora a prevedere la riammissione coatta
sta proprio negli scarsi standard di quel paese in materia di diritti
umani. Non sappiamo di reazioni a queste dichiarazioni da parte dell'Acnur
e degli altri enti di tutela.

2. Sta di fatto che ai quasi cinquecento cittadini stranieri sbarcati dalla
nave turca Engin è stato riservato un trattamento inusuale. A tutti è stato
chiesto se volevano fermarsi e chiedere asilo in Italia, senza spiegare (e
senza la presenza di alcuno che spiegasse) le conseguenze giuridiche della
loro scelta. A coloro che hanno risposto di no (in molti casi non perchè
non avessero necessità di asilo, ma perchè speravano, per ignoranza delle
norme, di poterlo chiedere altrove in Europa) è stata immediatamente
notificata l'intimazione a lasciare il territorio nazionale. Viceversa, a
coloro che hanno risposto di sì non è stato dato, fino ad oggi, alcun
permesso di soggiorno provvisorio, come accade di solito. Gli uni e gli
altri sono stati trattenuti sotto stretta sorveglianza, evidentemente in
attesa dell'arrivo della Commissione centrale. Sono stati adottati anche
criteri non precisamente corretti: ad esempio ci risulta che un cittadino
turco, figlio di un genitore turco e uno kurdo, si è visto negare la
possibilità di chiedere asilo solo perchè turcofono e non kurdofono (anche
posto che prevalesse la sua identità turca, cosa che non può essere
definita solo in base all'idioma, dove sta scritto che un turco non possa
chiedere asilo in Italia?).

3. Ora arriva la Commissione. Non è qui in questione la serietà
professionale dei suoi membri, ma le circostanze in cui si troveranno ad
operare nella trasferta pugliese. Esiste un precedente, come sapete: nella
scorsa estate la Commissione si trasferì in Puglia per l'audizione dei
reduci da un altro grande sbarco. Quei profughi ci hanno riferito di
colloqui non superiori a cinque-dieci minuti a testa (necessariamente
sommari per l'impossibilità di raccogliere in pochi giorni idee, memorie e
prove delle persecuzioni subite) su sei o sette tavoli operanti
contemporaneamente, e quindi con la fisica impossibilità del rappresentante
Acnur di seguirli tutti... L'esito fu il rigetto di una parte non
irrilevante delle istanze. Gli interessati furono trasferiti nel Cpt
"Regina Pacis" di San Foca, da dove dodici di loro furono poi prelevati
dalla polizia, nonostante avessero presentato ricorso, e rimpatriati in
Turchia via Malpensa. E' noto che uno dei dodici è poi rientrato
fortunosamente in Italia ed ha ottenuto un riesame della sua posizione,
poichè portava ancora i segni delle torture subite all'arrivo. Pochi sanno
invece che una delegazione di giuristi italiani, recatasi in seguito a
Istanbul per altre ragioni, ha saputo dai legali turchi che un altro dei
dodici è in carcere e vi resterà a lungo, essendo stato precedentemente
condannato per reati politici. Tutti gli altri erano stati comunque
detenuti e spesso maltrattati all'arrivo, e poi liberati solo dietro il
pagamento di una forte penale da parte delle loro famiglie. Questo
corrisponde del resto a quanto verificato da una missione della tedesca Pro
Asyl, in seguito alla quale lo scorso anno diverse Corti tedesche e lo
stesso governo dovettero rivedere, rispettivamente, molte decisioni prese e
l'orientamento generale al rimpatrio in Turchia dei rifugiati non
riconosciuti.

4. Tutto sembra convergere ora verso una ripetizione su più vasta scala
della procedura sommaria di audizione e dell'altrettanto sommario
rimpatrio, quantomeno dei kurdi di origine turca, se non anche (in caso di
un accordo di riammissione con la Turchia che lo preveda) dei kurdi di
origine irakena, per i quali un rimpatrio diretto non può darsi per ragioni
logistiche. Forse siamo pessimisti, ma preferiamo sbagliare per eccesso di
prudenza che per eccesso di fiducia.

5. Fra l'altro, da alcuni mesi la Commissione si è orientata (forse anche
per un problema di aggravio di lavoro in sede di rinnovo) a non associare,
come avvenicva un tempo per quasi tutti i kurdi, la richiesta di protezione
"umanitaria" al rigetto dell'istanza di asilo. Questo orientamento, insieme
al moltiplicarsi dei rigetti spesso non motivati se non attraverso formule
riprodotte in fotocopia, sta producendo una situazione drammatica: solo il
nostro sportello ha registrato a Roma una ventina di casi di rifugiati
kurdo-turchi non riconosciuti, di fatto clandestini. Circa un mese fa
alcuni di loro hanno effettuato uno sciopero della fame, chiedendo un
riesame (anche in base a nuove prove delle persecuzioni subite), per il
quale sembra che non ci sia molta disponibilità da parte della Commissione.

Chiediamo all'Acnur e agli altri enti in indirizzo un incontro urgente, e
chiediamo comunque a tutti gli interessati di vigilare e prendere posizione
affinchè non si realizzino violazioni delle garanzie previste dalla
legislazione e dalle convenzioni internazionali, sia in fase di audizione,
sia (soprattutto) a valle delle decisioni della Commissione.

Con i migliori saluti,

Dino Frisullo, portavoce nazionale, e Simona Forconi, responsabile Servizio
asilo politico,
dell'associazione AZAD (06.57302933, fax 06.57305132, cell. 339.6504639 -
328.3629214, E-mail ass.azad at libero.it)

Roma, 13.2.2002