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del mondo kurdo a2 n5
- Subject: del mondo kurdo a2 n5
- From: "Ufficio d'Informazione del Kurdistan" <uiki.onlus at tin.it>
- Date: Mon, 14 Jan 2002 12:11:17 +0100
Del Mondo Kurdoanno 2 - numero 5 Bollettino settimanale a cura dell'Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia (UIKI - Onlus) Via Quintino Sella 41, int.9, 00187, Roma tel. 06 42013576 fax. 06 42013799 uiki.onlus at tin.it, www.kurdistan.it/uiki/delmondokurdo Che la società civile europea e le sue istituzioni si muovano contro le repressioni perpetrate sugli studenti kurdi! Fino ad ora in Turchia in 24 università sono state presentate petizioni (raccogliendo circa 20mila firme) per l'insegnamento nella lingua madre. La campagna è stata sostenuta pure dagli studenti delle scuole inferiori. Anche le famiglie degli studenti dei più piccoli hanno dato il loro sostegno (per tre giorni i bimbi kurdi hanno parlato nelle scuole solo nella loro lingua madre). Dove le petizioni non sono state accettate, gli studenti si sono dovuti confrontare con repressioni morali e fisiche, molti sono stati intimoriti, arrestati, o condotti di fronte al DGM (Tribunale per la sicurezza dello stato). Protestiamo contro questi fatti e chiediamo il sostegno di tutti, associazioni e organizzazioni della società civile, singoli individui e rappresentanti politici, affinché la voce degli studenti, che sono stati sottoposti a fermo o arrestati, possa essere sentita e vengano rilasciati. Ci appelliamo al Consiglio d'Europa e al Consiglio dei Ministri e alla Commissione Europea, affinché gli studenti kurdi possano avanzare il proprio diritto naturale e legittimo all'istruzione nella lingua madre, di dimostrare la propria ragionevolezza e sensibilità opponendosi alle politiche di oppressione della Turchia. Basta con il terrorismo di stato. KurdishObserver, 12/01/02 Osman Ocalan, del Consiglio di Presidenza del PKK ha richiamato l'attenzione sui reclami sollevati affinché il PKK fosse inserito nella lista delle organizzazioni terroriste dall'UE, chiamando lo Stato turco a rinunciare di sforzarsi nell'accusare il movimento di liberazione kurdo d'essere un'organizzazione terrorista. Il leader kurdo ha detto: "come partito e come popolo condanniamo ogni forma di terrorismo. Condanniamo il terrorismo di stato e il terrorismo delle organizzazioni o degli individui. Condanniamo ogni forma di violenza che abbia come obiettivo la popolazione civile, l'aumento della confusione, l'instabilità e che non produce soluzioni, qualsiasi ne sia la motivazione. La nostra posizione è netta. E vorremmo che ognuno la comprendesse". Sottolineando che i problemi possono essere risolti soltanto con il dialogo pacifico e politico in un quadro di unione democratica, Ocalan ha detto "chiamiamo la Turchia ha cambiare la sua posizione e le forze internazionali a far uso della propria influenza spingendo la Turchia a porre fine alla repressione contro il popolo kurdo." Ocalan ha ricordato che la Turchia ha attaccato l'Unione Europea per non avere accusato il movimento kurdo di essere terroristico e aver detto "ma quello che la Turchia dovrebbe fare è smetterla con le politiche che ha portato avanti fin dalla sua costituzione e fare autocritica." Il leader kurdo, ha sottolineato che lo Stato turco ha negato l'esistenza del popolo kurdo fin dalla sua costituzione e ha svolto ogni tipo di oppressione, aggiungendo "è innegabile che centinaia di migliaia di kurdi siano stati massacrati. E che ci siano stati arresti, torture e migrazioni forzate. Quello che hanno fatto con l'ultima rivolta, combattendo contro il PKK, è evidente. Hanno bruciato più di 4mila villaggi e campi, gli abitanti sono stati obbligati ad emigrare sottoposti alle più difficili condizioni, se ne possono contare milioni. Allo stesso modo centinaia di migliaia di persone sono state torturate e arrestate. Esecuzioni sommarie sono diventate un massacro e migliaia di intellettuali, scrittori, abitanti dei villaggi e lavoratori sono stati uccisi. Il numero degli omicidi senza colpevole è altrettanto alto. Per non contare poi le centinaia di scomparsi, la cui sorte ci è sconosciuta". Osman Ocalan ha anche toccato il tema degli arresti degli studenti di Van, dicendo che: "centinaia di studenti sono stati imprigionati soltanto per aver sottoscritto petizioni con le quali chiedevano l'istruzione in lingua kurda. Negli stati democratici le petizioni non sono considerate un crimine. Ma lo stato mette in prigione gli studenti contravvenendo alle sue stesse leggi. La Turchia risponde alle richieste di pace, democrazia e libertà del popolo kurdo con la violenza". Ocalan ha continuato sulla questione della resistenza che l'Unione Europea ha fatto contro le imposizioni dello Stato turco, considerandole un progresso positivo e ha continuato dicendo che "gliene siamo grati. Ma l'UE deve proseguire su questa strada. Chiediamo che solleciti la Turchia dicendole chiaramente che nel caso le repressioni contro il popolo kurdo continuassero, la Turchia sarebbe inclusa nella lista degli stati terroristi. E che non dovrebbe ritenersi influenzata da uno stato kurdo. Sappiamo che i membri e i simpatizzanti del PKK nei paesi europei sono sottoposti a investigazioni giudiziarie, arresti e processi. Crediamo che lo abbiano fatto sotto la negativa influenza della Turchia. Le imposizioni turche stanno forzando anche le leggi democratiche europee. L'Europa dovrebbe comprenderlo chiaramente e porre fine agli arresti, ai processi e alle repressioni nei confronti dei membri del PKK e del popolo kurdo". Intellettuali turchi e kurdi a sostegno della campagna degli studenti universitari. Kurdish Observer, 10/01/02 Alcuni intellettuali turchi e kurdi compresi Yasar Kemal e Celal Baslangic hanno sostenuto la campagna per l'istruzione in kurdo promossa dagli studenti kurdi. Si è tenuta una conferenza stampa presso la sede di Istanbul dell'Associazione per i diritti umani, alla quale hanno preso parte anche lo scrittore Cezmi Ersoz, il linguista Feqi Huseyin Sagnic, il giornalista scrittore Celal Baslangic, l'avvocato Niyazi Bulgan, il segretario generale del KESK la sig.ra Sevil Erol, l'amministratrice del MKM (Centro culturale della Mesopotamia) Hatice Coban, Harun Ece a nome degli studenti e l'editorialista Ragip Zarakolu. Leggendo la dichiarazione, Eren Keskin segretaria della sede dell'Associazione per i diritti umani, ha dichiarato che continuano le repressioni sugli studenti e che un numero di questi è stato imprigionato, 4 studenti sono stati arrestati e mentre si trovavano detenuti hanno subito tortura. La Sig.ra Keskin ha aggiunto che lo scrittore Yasar Kemal sostiene la campagna e che non ha potuto prendere parte alla conferenza, così come è stato per altri scrittori e intellettuali che ugualmente hanno espresso il loro sostegno. La dichiarazione richiamava l'attenzione su come la campagna si è diffusa rapidamente in un gran numero di università e che sono state sottoscritte petizioni in ben 21 università in tutto il paese. Inoltre è stato dichiarato che in alcune università le petizioni sono state accolte mentre in altre respinte, aggiungendo che "in alcune università come la Dicle Università (di Diyarbakir) gli amministratori dell'istituto hanno collaborato con la polizia confiscando le raccolte di firme. E che gli studenti sono stati minacciati". La segretaria Keskin ha detto che non ci sono ostruzioni legali che possano impedire l'insegnamento in kurdo, continuando che "i comma 4 e 5 della Convenzione di Losanna sono garanti per tutti. Infatti il comma 4 prevede che "non ci sono limiti al libero uso di ogni lingua nelle transazioni private e pubbliche, nella religione e nelle pubblicazioni". Inoltre, anche altri accordi internazionali sottoscritti dalla Turchia e i Criteri di Copenaghen in particolare garantiscono l'insegnamento nella propria lingua madre e il diritto ad imparare la propria lingua madre." Lo scrittore e giornalista Celal Baslangic ha detto di sentirsi mortificato a sapere che nel 2002 ancora esistono divieti e repressioni contro le lingue. E Ragip Zarakolu ha sottolineato che in questo modo la Turchia non si adegua ai Trattati internazionali che ha sottoscritto. Repressioni contro i detenuti del PKK. Kurdish Observer 9/01/02 I detenuti del PKK in tutta la Turchia hanno dichiarato che le repressioni nei confronti della loro identità nazionale, politica e culturale sono, recentemente, aumentate. I detenuti e condannati del PKK chiedono per questo una maggiore attenzione da parte di tutti. In una dichiarazione comune di tutti i detenuti del PKK prigionieri in Kurdistan e in Turchia sottolineano che i trattamenti antidemocratici e arbitrari nei loro confronti continuano, soprattutto dopo che più di 80 detenuti hanno perso la vita, con lo sciopero della fame, non c'è stato alcun miglioramento delle condizioni carcerarie. I detenuti del PKK hanno proseguito dicendo che "si fa attentato delle richieste naturali e legittime del nostro popolo che sono quelle identitarie, linguistiche e culturali. Recentemente una repressione sistematica sulla nostra identità nazionale, politica e culturale è aumentata". La dichiarazione elenca le procedure illegali ordinate all'amministrazione penitenziaria dal Ministro della giustizia. Si tratta: del divieto di far entrare nelle prigioni cassette musicali e nastri di musica kurda, come dichiarazione di aggressione contro cultura, lingua e musica kurda; lo stato, che ha costruito prigioni costate milioni di dollari nonostante la crisi economica, non ha disposto nessun budget di spesa per la cura dei prigionieri che hanno problemi di salute. In alcune prigioni non ci sono medici. Coloro che soffrono di patologie croniche non vengono curati. Due detenuti Yahya Perisan e Sefik Akkol recentemente hanno perso la vita per mancanza di cure; secondo una circolare dello scorso febbraio i detenuti sono obbligati a pagare le spese della fornitura di acqua e elettricità; è in crescita la repressione contro gli avvocati e i visitatori. Gli orari di visita sono stati limitati ulteriormente, i parenti vengono perquisiti da capo a piedi e subiscono minacce, in alcuni casi vengono imprigionati. La circolare suddetta permette di interrompere gli incontri con gli avvocati e di confiscare i documenti del caso.La dichiarazione si conclude con le seguenti parole ad effetto: "Chiediamo il nostro popolo, le organizzazioni democratiche e i difensori internazionali dei diritti umani di essere attenti a questi atti provocatori, arbitrari e illegali che avvengono nelle carceri e di agire di conseguenza". Infine, rendiamo noto che Cuma Orhan, 52 anni, condannato in quanto membro del PKK nella prigione di Ceyhan, malato di cancro non viene curato in quanto non in condizioni di pericolo di vita. Ogni tentativo della famiglia è caduto nel vuoto. Dopo essere stato ricoverato nell'ospedale di Adana è stato di nuovo condotto in prigione dove non viene assistito, nonostante non possa muovere la parte inferiore del corpo perché paralizzata. Sua moglie dichiara "lo rilasceranno dopo che sarà già morto?". "PKK, la Turchia e il terrorismo" del Dott. Kamal Mirawdeli.Flash Bulletin, 7/01/02 Kurdish Media : La Turchia è arrabbiata con l'Unione Europea perché il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK) non è stato incluso nella lista delle organizzazioni terroriste. Non è strano visto il grado di presunzione e compiacenza di se stessi che i turchi hanno da sempre avuto negli approcci con il mondo esterno. Non si comportano da grande malato d'Europa, come sono realmente economicamente e politicamente, ma come guastafeste. Invece, sono stati rovinati dagli Stati Uniti d'America, i cui policy makers, sotto l'influenza della lobby israeliana, hanno ridimensionato di molto il ruolo della Turchia nell'attuale revisione della geografia politica, sulla scia dell'attacco terroristico dell'11 settembre negli USA. (...) Non come l'UE, il Dipartimento di Stato americano, seguito ciecamente dalla Gran Bretagna, ha considerato il PKK un'organizzazione terrorista. C'è qualche giustificazione per questo? Quali sono le basi di tutto ciò? Ci si aspetta che gli Stati Uniti, unica superpotenza, e una democrazia come quella britannica agiscano e prendano le proprie decisioni politiche secondo i soliti principi certi e definiti validi, legittimi e ragionevolmente universali. Non volendo definire in questa sede il concetto di terrorismo, voglio però dichiarare che, qualsiasi definizione di terrorismo si adotti, nessuno può ritenere che il terrorismo e l'essere terroristi siano attributi essenziali e permanenti di qualcuno, di partiti o di gruppi. Come ogni cosa nella vita, il terrorismo è una condizione, una condizione storica con i suoi fattori determinanti e le sue prospettive mutevoli. (...) Soprattutto, non sono d'accordo con quelle ipotesi semplicistiche per cui ogni movimento di liberazione nazionale che si oppone ad uno stato sia per definizione immune dall'accusa di terrorismo. (...) ritengo che riconoscere il terrorismo, collocandolo nel suo contesto storico e politico, sia la via migliore di trattarlo. Il terrorismo non è un'idea, un'ideologia o un'organizzazione. Il terrorismo è un'azione. Non c'è terrorismo senza atti terroristici. (...) Ma, per valutare il fenomeno del terrorismo, è di cruciale importanza determinare se i veri scopi sono terroristici (in questo caso un'organizzazione può diventare un'organizzazione terroristica); o che gli scopi siano oggettivi, giusti e giustificati, anche se i metodi o parti di questi metodi rappresentino degli atti di terrore. In questo caso è possibile per un'organizzazione crescere, imparare delle lezioni, maturare e riformare i propri metodi sia volontariamente che sotto la pressione di eventi e sviluppi esterni o internazionali. (...) Ci si aspetta che nello stesso modo in cui la Gran Bretagna ha trattato l'IRA, e gli USA hanno sostenuto quel processo; si vogliano usare gli stessi criteri per definire la trasformazione di una qualsiasi organizzazione da terrorista a politicamente orientata alla pace. Il terrorismo è un atto di terrore. Una volta che un'organizzazione teoricamente, è una questione di principi e ideologia, e praticamente, secondo le azioni che si protraggono in un ragionevolmente lungo periodo, provi di aver cambiato il corso delle sue azioni e mezzi di lotta, allora, la cosa più naturale e razionale è riconoscere, apprezzare e valutare tale processo di trasformazione e di arrivare a nuove conclusioni ragionevoli, che non siano influenzate dai pregiudizi o da interessi politici disumani. Ma, sfortunatamente, l'approccio degli USA e della Gran Bretagna nei confronti del PKK non possono essere giustificati da nessun principio di giustizia o di logica politica. Le loro decisioni di inserire il PKK nella lista delle organizzazioni terroriste è un compromesso indecente e un atto ingiusto per appagare la Turchia. Quindi, non possiamo che congratularci con l'UE per la sua ragionevolezza e buon senso politico, che si è rifiutata di compromettere i suoi principi per amore di un regime che da più di 70 anni è immerso fino al collo in atti di violazione dei diritti umani e nei peggiori esempi di terrorismo di stato. (...) / il testo integrale è disponibile in inglese. Il Ministro Cem: il modello turco come paradigma di civilizzazione.Flash Bulletin, 7/01/02 Turkish Daily News : "Gli sfortunati eventi dell'11 settembre e gli sviluppi che ne sono conseguiti hanno confermato e consolidato alcune delle preferenze fondamentali della politica estera turca. (...) Per anni la Turchia ha continuato a spiegare alla comunità internazionale che cosa è il terrorismo, le conseguenze che esso produce, l'importanza e la necessità della cooperazione internazionale nel lottare contro di esso, e ha continuato a fare proposte, in sede degli incontri di dibattito internazionale, di lotta collettiva contro il terrorismo. L'11 settembre ha provato come la Turchia fosse nel giusto. Ciò che tutti stiamo cercando di fare oggi è quanto la Turchia sta cercando di ottenere da anni. (...) è giusto che in Turchia non ci si aspettasse di essere accettati a paese candidato membro dell'UE all'epoca del Vertice di Helsinki, nel dicembre 1999. Ma io ne avevo intuito la possibilità visto che alcune condizioni erano cambiate, sia all'interno che all'esterno della Turchia, e come ministro degli esteri ho sempre cercato di spiegarlo all'UE. La Turchia del 1999 ha largamente posto fine alla minaccia del terrorismo che si è protratta per 15 anni, e con le lezioni del 1999, per la prima volta dopo molti anni, ha prodotto un governo stabile che gode di una solida maggioranza parlamentare. Nel periodo aprile - luglio di questo anno si è proceduto a varare una serie di riforme legislative. (...) Al vertice di Laeken è stato dichiarato che siamo prossimi alla fase negoziale, che è quella che prelude l'adesione. Naturalmente Laeken è stato molto importante e possiamo dire che abbia aperto una nuova pagina nel tentativo di adesione della Turchia all'UE. Posso dire che per quanto riguarda la fase attuale del processo, entrambe le parti (Turchia e UE) si sono adeguate alla maggioranza di quanto ci si aspettava. (...) bisogna percepire bene l'UE e piazzarla al suo giusto posto nel processo di sviluppo della Turchia. Un'attitudine che contravvenisse questo sarebbe irrispettosa sia della Turchia che dell'UE. Dopo il vertice di Helsinki nel 1999, dove ci siamo assicurati un posto di candidato all'UE, io, come ministro che ha condotto le trattative con l'Unione dissi "l'UE è una dinamica esterna molto importante nel processo di sviluppo della Turchia." (...) la Turchia costituisce un modello del paradigma di modernizzazione. Per noi, si tratta di un modello di successo universalmente valido. Lo difendiamo e promuoviamo. Ma il modello turco non è un tipo di modello che possa essere imposto dall'esterno. Il tipo di modello che vogliono, il tipo di modello di cui hanno bisogno e il tipo di modello cui sono pronti è questione che va decisa dallo stesso popolo afgano. (...) l'Iraq è nostro vicino, il convergere del territorio di un paese vicino con il campo di battaglia urta i nostri interessi. Nel passato gli interessi turchi furono molto intaccati. (...) la Turchia è un paese forte. Nei tempi della sua maggiore debolezza, gli anni Venti, una schiera di nemici aveva riunito le sue forze contro di noi, ma il loro potere non è stato sufficiente a dividere la Turchia. Nel mondo del 2000, la Turchia si trova fra le regioni potenti, con i suoi 65 milioni di abitanti. È uno dei più moderni eserciti della NATO, la più grande forza di terra. La Turchia è un paese la cui unità nazionale e integrità territoriale è abbastanza forte da non venire intaccata da alcuna formazione politica che si trovi oltre i suoi confini. La Turchia, secondo i dettami della legge internazionale, fa appello all'integrità territoriale dell'Iraq, e di tutti i paesi. Si tratta di uno dei principi fondamentali della politica estera. Essendo l'Iraq un paese confinante, la tutela della sua integrità territoriale è ancora più importante. Quando l'integrità territoriale di un paese confinante è danneggiata, quando si comincia a parlare della costituzione di nuovi stati nel territorio geografico appartenente ad una nazione, naturalmente sarebbero i paesi confinanti ad essere colpiti per primi da tali preoccupazioni. Amari esempi del genere sono stati vissuti nel passato. Atmosfere di questo tipo gettano le basi per i movimenti separatisti e terroristi. Nel passato, anche, ne abbiamo fatta esperienza. Quindi, la Turchia è contraria all'istituzione di qualsiasi nuovo stato sul territorio di un paese confinante. (...) La Turchia e gli USA hanno interessi e preoccupazioni parallele su una vasta area geografica. Ciò che interessa, ed è importante, è che la maggior parte delle preoccupazioni e degli interessi degli USA, da un punto di vista di prospettive globali riguardano l'area storicamente e geograficamente occupata dalla Turchia (...) quindi le relazioni turco americane sono principalmente delle relazioni di tipo strategico. (...) infine i prossimi incontri di Washington forniranno l'opportunità ai due alleati, che hanno relazioni strategiche e che si trovano a vivere il dopo 11 settembre, per assumere posizioni frontali di lotta al terrorismo, per fare delle valutazioni comuni e per avanzare le proprie relazioni." / il testo integrale dell'intervista è disponibile in inglese
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