ARDIGO' - BIFFI - DIALOGO E IMMIGRAZIONE



Bologna, domenica 30 settembre 2001

Da "la Repubblica - Bologna" di martedì 25 settembre 2001 leggo questa
bella "lettera" del prof. Achille Ardigò. In queste parole del notissimo
sociologo (che io considero maestro e amico) molti, sia laici che
presbiteri, hanno visto una grande apertura, priva di pregiudizi, nei
riguardi delle recenti esternazioni del cardinal Biffi.

Indubbiamente in queste parole il prof. Ardigò mostra di apprezzare alcune
idee del nostro episcopo. Però mi sembra che Ardigò, con la sua solita
grande cultura e notevolissima capacità dialettica, con grande "diplomazia"
e grande "fair play" non disgiunto da grande carità cristiana, mi sembra -
ripeto - che il prof. Ardigò non sia poi - come dire? - molto "tenero"nei
riguardi di molti concetti espressi dal nostro "pastore-sorvegliante".
Basta notare infatti quante volte in questa "lettera" compaiono parole come
"spero", "auspico", "mi permetto chiosare", "un solo dissenso"ecc. che, a
mio avviso, rappresentano tutte delle piccole, ancorché affettuose,
"bacchettate" e prese di distanza dal "Biffi-pensiero".

Mi sembra questo uno scritto molto bello che, come al solito relativamente
a quanto scrive Ardigò, ci può aiutare a meditare e riflettere.

Domenico Manaresi



Sull'Islam e gli immigrati Biffi aiuti la tolleranza

Achille Ardigò

SEBBENE non invitato da annia portare un contributo ai convegni culturali e
religiosi della diocesi di Bologna, sento di dover raccogliere comunque con
questa lettera aperta affidata alla cortesia di questo giornale alcune
parziali aperture al dialogo del card. Biffi.

Eminenza! Mi riferisco al testo del suo intervento al convegno su
Multiculturalità e identità oggi. Dopo l'orrenda apocalisse dei kamikaze
contro gli Stati Uniti, se è giusto colpire i criminali e i loro mandanti,
occorre però anche fare ogni sforzo per ridurre odi ideologici e teologici
che portano a rinfocolare i tanti incendi di guerre nel mondo. E' con
questo spirito che desidero ora consentire a due aperture con cui lei, mio
vescovo, cerca in qualche modo, se non mi sbaglio, un dialogo con alcuni
suoi critici. Colloco, peraltro, questo mio desiderio nel segno della
continuità e della gratitudine che molti di noi credenti conservano agli
insegnamenti e alle opere di Giovanni Paolo II , di Paolo VI e di Giovanni
XXIII.

Mi sembra , in primis, che lei corregga la sua consueta concezione
intransigente dell' "identità" cattolica (come trascendenza dentro la
Chiesa) quando scrive che "non è da sottovalutare la libera azione
illuminante che è propria dello Spirito Santo" il quale spira dove vuole.
Sicchè anche di fronte a un non credente lei arguisce "non possiamo
trascurare di ascoltarlo con qualche speranza.Noi dobbiamo sempre cercare
di avvalorare (e rendere auspicabilmente feconda di verità) l'iniziale
conformità a Cristo che si trova in ogni uomo". Tale sua apertura è quanto
mai opportuna oggi per non rinfocolare, anche involontariamente, odi e
intolleranze religiose che sono tra le cause della catastrofe dell'11
settembre, fomiti di tante carneficine e concause oggi della più grave
depressione economica mondiale. Che lo Spirito Santo la ispiri a proseguire
in questa apertura. Mi permetto anche di auspicareche, nella diocesi che le
è affidata, lei intenda aprire un dialogo ecclesiale anche con i credenti
che non vogliono smarrire la loro originale identità e che insieme vogliono
essere liberi; tanti credenti identitari tra i quali non mancano quanti
hanno soffertoper sue posizioni, teologiche e non, ritenute rigide nella
tradizione e nel moderatismo.

La seconda apertura si connette alla prima, anche se con più ambivalenze
tra vecchio e nuovo. E' la questione delle note sue tesi sull'immigrazione,
che vengono qui riproposte a partire, però, da una sua nuova
consapevolezza: che si tratti di una "questione difficile e complessa e va
affrontata con serietà di informazione e di indagine". Tale suo
riconoscimento alla complessità del tema immigrazione induce pure alcuni di
noi che abbiamo dissentito pubblicamente dalle sue precedenti posizioni a
dare più attenzione alle sue raccomandazioni circa i doveri dello Stato per
maggiori responsabilità selettive nei confronti degli immigrati. Con un
solo dissenso, che rimane forte: la Chiesa cattolica non può esigere dallo
Stato che introduca la preferenza per gli immigrati di religione cattolica.
Semmai che non discrimini gli immigrati cattolici. Semmai può chiedere che
lo Stato non discrimini gli immigrati cattolici.

Mi permetta in proposito una citazione. Lei nel 1997 ha concluso la
presentazione di un prezioso volume di discorsi e scritti di Giuseppe
Dossetti, con queste parole: "tutto quello che è di don Giuseppe è
prezioso."Ebbene , in quel volume La parola e il silenzio, Giuseppe
Dossetti a p.223 diceva tra l'altro: "Bisogna ascoltarli, gli immigrati...
anche se molto diversi da noi. Se voi accogliete un uomo come uomo e come
fratello non vi verrà altro che del bene; se voi lo accogliete con riserva
e mettete una certa barriera e vi volete difendere da lui, preparate la
disgrazia per voi..". Posso sbagliarmi, ma speroche la sua seconda apertura
corregga in parte il suo approccio precedente nel senso di avviare un
qualche richiamo alla ispirazione dossettiana.Nell'intervento al convegno
su Multiculturalità e identità oggi, lei scrive: "di fronte a un uomo in
difficoltà quale che sia la sua razza, la sua cultura, la sua religione, la
legalità della sua presenza i discepoli di Gesù hanno il dovere di amarlo
operosamente e di aiutarlo a misura delle loro concrete possibilità." Ben
detto! Ma quell'amore mi permetta di chiosarenon può fermarsi
all'evangelizzazione sibbene, come è nel carisma della Chiesa, anche
aprirsi alla soluzione concreta possibile di tali ardui problemi sociali.

In un triste tempo in cui ogni intolleranza ed ogni rinfocolamento
dell'odio ideologico e dell'intolleranza teologica rischiano di rendere
infinita la guerra nel mondo, mi piace sperare e pregareche lei voglia
contribuire al meglio delle sue risorse, e della sua grazia di stato
attuale, ad essere guida di pace nella tolleranza religiosa più
ispirata.Quella tolleranza religiosa più ispirata che è venuta assai di
recente dal messaggio di Pierpaolo Donati.

Achille Ardigò