(2) Sionismo, semitismo e Durban - Zionism and Duban




ho trovato il testo in italiano (ve l'ho spedito in inglese alcuni giorni fa)

Giorgio Ellero
<glr.y at iol.it>

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Subject: Tim Wise parla dello sionismo e Durban (en)
Date sent: Fri, 7 Sep 2001 00:34:25 +0200

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A - I N F O S N E W S S E R V I C E
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Riflessioni sullo sionismo da parte di un ebreo dissidente
Tim Wise
Settembre 3, 2001

E così è ufficiale. Gli USA si sono ritirati dalla Conferenza
Mondiale sul Razzismo, che si tiene a Durban, Sud Africa. E sebbene i
cinici ed i storicamente coscienti possano sospettare che questa
decisione è stata meramente consono con la nostra eterna mancanza di
voglia di affrontare l'eredità del razzismo su scala globale, il
motivo ufficiale è più limitato.
Ossia, il ritiro a metà conferenza doveva segnalare lo scontento nei
confronti di diversi delegati che cercano di fa passare delle
risoluzioni di condanna al trattamento israeliano dei palestinesi,
nonché il sionismo stesso:
quell'ideologia di nazionalismo ebraico che portò alla fondazione
dello stato di Israele nel 1948.
Con una conclusione indubbiamente controverso in vista per la fine
della conferenza, forse vale la pena chiedere esattamente per cosa si
fa tutto questo rumore?
Sebbene sia legittima contrastare l'opinione di alcuni che il
sionismo e il razzismo siano sinonimi - specialmente data l'amorfa
definizione di "razza" che rende tale posizione per sempre un discorso
semantico – è difficile negare che il sionismo, in pratica se non
in teoria, uguale allo sciovinismo etnico, etnocentrismo coloniale,
ed oppressione nazionale.

Dicendo questo, immagino che verrò denominato tutt'altro che un
figlio di Dio da molti nella communità ebraica. "Auto-odiante" sarà
il termine usato dalla maggior parte, immagino: la tipica risposta
Pavloviana ad un ebreo come me, e che, ciononostante, osa criticare
l'Israele o l'ideologia sottostante la sua esistenza nationale.
"Anti-semita" sarà l'altra etichetta proposta, malgrado il fatto che
il sionismo ha portato all'oppressione di popoli semitici quali i
(per lo più) semitici palestinesi – e d il fatto che il sionismo si
base in un'antipatia profonda anche per gli ebrei. Nonostante il
sionismo si proclama un movimento di un popolo forte e fiero, è
comunque un'ideologia che è sempre stata piena di auto-odio
sin dall'inizio. Infatti, i primi sionisti credevano, come premessa
chiave del movimento, che gli ebrei stessi fossero responsabili per
l'oppressione che abbiamo sopportato negli anni, e che tale
oppressione fosse inevitabile ed impossibile da superare, quindi, il
bisogno di un proprio paese..

Non avendo mai letto le parole di Theodore Herzl - il fondatore del
sionismo moderno - o altri capi sionisti, molti avranno difficoltà ad
accettare questa affermazione. Ma prima di aggredirmi, forse
dovrebbero chiedersi chi ha detto che l'anti-semitismo, "è una
reazione comprensibile ai difetti degli ebrei," o che, "ogni paese
può assorbire solo un numero limitato di ebrei, se non vuole problemi
di stomaco. La Germania ha già troppi ebrei."
Magari si potrebbe pensare che a dire almeno uno, se non tutte e
due queste affermazioni sia stato Adolph Hitler, essendo meritatevoli
della sua penna velenosa, sono invece commenti di Herzl e Chaim
Weizmann, futuro presidente d'Israele e – al momento della seconda
frase – capo dell'Organizzazione mondiale sionista. Così sembra che
forse sarebbe meglio, per i sionisti, guardare la casa propria prima
di criticare un altro ebreo "auto-odiante".

Tornando ai giorni della scuola ebraica, non capivo mai
quell'attaccamento da dialisi renaleall'Israele sentito dalla gran
parte dei miei compagni. Da una parte, ci dicevano che quella terra
fu datoci da Dio, come parte della sua alleanza con Abramo. Si sapeva
questo perchè scritto nella Bibbia.
Ma questo non mi ha mai significato un granché. Dopo tutto, molti
cristiani (con cui avevo molto da fare, essendo cresciuto del Sud)
mi dicevano volontieri che, secondo loro, io ero destinato
all'inferno, Abramo nonostante.

Così, accettare il sionismo in base a quello che Dio diceva o non
diceva mi sembrava alquanto problematico già dal principio. Inoltre,
questo era lo stesso Dio che disse agli antichi ebrei di non
indossare indumenti di due stoffe diversi e che insisteva sul fatto
che bruciassimo le viscere degli animali che consumiamo per creare un
odore piacevole.
Essendo uno che porta tranquillamente i vestiti di cottone misto, e
non essendo per niente in grado di sbudellare la mia cena e
incinerare gli intestini dopo, ero da tempo risolto a diffidarmi
della volontà di Dio finché l'Onnipotente stesso non si decidesse di
bisbigliare tali desideri nel mio orecchio. Chiaramente, non potevo
dare il minimo peso alle parole del povero rabbino.

Dall'altra parte, ci dicevano che serviva una patria per evitare
un altro olocausto. Soltanto l'esistenza di uno stato ebraico forte
ed indipendente potrebbe dare unità e protezione ad un popolo
che aveva sofferto così tanto, e che aveva perso sei milioni di
anime durante il terrore nazista.

Ma anche questo mi sembrava sospetto. Non si potrebbe dire che
unire tutti gli ebrei in un posto, particolarmente se quel posto e
piccolo come la Palestina, sarebbe il sogno di uno che odia gli
ebrei?
Renderebbe facile terminare il compito iniziato da Hitler. Sembrava
all'epoca e sembra tuttora meglio lasciare delle comunità ebraiche
vitali sparso per tutto il mondo, invece di sradicarci, puntando
tutto quello che abbiamo, e trasferirci in un luogo dove viveva già
della gente, e sperare che non si sarebbero scomodati troppo dal
nostro ordine di sfratto!

Alla fine, accettare l'Israele come stato ebraico per motivi biblici
mi lascia freddo, così come sarebbe nel caso di una nazione
cristiano o islamico: due situazioni che (giustamente) farebbero
venire la paura della teocrazia nel cuore di qualunque ebreo.
Raccogliere in Israele tutti gli ebrei per motivi di sicurezza non ha
senso nemmeno. Infatti, l'unico senso che sembra avere il sionismo è
quello di potere, puro e semplice:
qello del colono. Volevamo la terra, che darebbe anche all'Europa
ed agli Stati Uniti un alleato nei loro giochi economici e di
politica estera.
Così, con la forza, la terra divenne nostra.

Quasi 800 000 palestinesi verranno spostati per permettere la
creazione dello stato d'Israele, di cui 600 000 (secondo documenti
riservati delle Forze di difesa israeliane) cacciati a forza dalle
loro case.
All'epoca, questi palestinesi, le famiglie di cui vivevano in queste
terre da secoli, costituivano due terzi della popolazione totale e
furono proprietari di 90% delle terre. Sebbene alcuni sionisti
ritengano la terra fosse del tutto deserta e disabitata prima del
l'arrivo degli ebrei, i primi coloni erano più onesti. Secondo Ahad
Ha'am (scrivendo nel 1891):

"... siamo abituati a credere che l'Israele è quasi tutto
desolato.
Ma …non è il caso. Per tutto il paese, si fa fatica a trovare campi
incoltivati".

Infatti, fu il gran numero di palestinesi che spinse gli ebrei a
chiedere apertamente la loro rimozione. Il capo del reparto
colonizzazione dell'Agenzia ebraica disse: "non c'è spazio per
entrambi i popoli in questo paese. Non c'è alternativa al
trasferimento dei palestinesi in paesi vicini, al trasferimenti di
tutti: non dovrebbe rimanere un solo villaggio o un solo tribù".
Herzl stesso ha ammesso che il sionismo era "qualcosa di
coloniale", che indica di nuovo che non si tratta né di scperta né di
fondazione.
Abbiamo preso la terra, e per gli stessi motivi che non accetteremo
da altri.
Come ha detto Shimon Peres (generalmente considerato uno dei
leaders israeliani più pacifici di tutti i tempi) nel 1985: "La
Bibbia è il documento decisivo nella determinazione del futuro di
questo nostro paese".
Questo è fanaticismo puro, e nessuno ci penserebbe due volte di dirlo
se un integralista cristiana dovesse dire una cosa simile riguardo
l'America o qualsiasi altro paese.



E' un peccato che la maggior parte degli ebrei non abbia mai
studiato i principi di base di quesa ideologia che ritengono così
caro.
Dovessero farlo, forse si spaventerebbero dalla vera natura anti-
ebreo del sionismo.
Ripetutamente i sionisti hanno collaborati con gente che odia gli
ebrei apertamente per amor del potere politico.
Prendiamo il caso di Herzl: un uomo che dava la colpa per
l'antisemitismo agli ebrei stessi, e quindi, soltanto la fuga in
Palestina potrebbe salvarci.
Nel "Jewish State", scrisse:
"Ogni nazione nel mezzo di cui vivono gli ebrei è anti-semitica,
manifestamente o non… la cause immediata è la nostra eccessiva
produzione di intelletti mediocri, che non trovano una via d'uscita
né in giù, né in su. Quando affondiamo, diventiamo un proletariato
rivoluzionario.
Quando sorgiamo, sorge anche il nostro potere terribile del danaro".

Continuò, "Gli ebrei portano con sé i semi dell'antisemitismo in
Inghilterra; l'hanno già introdotto in America". Dovesse un non-ebreo
suggerire che gli ebrei fossero la causa dell'antisemitismo, la
nostra comunità si infurierebbe giustamente. Le stesse parole dalla
bocca del padre del sionismo passono senza commento.

Peggio ancora, nei primi tempi del regno di Hitler, la Federazione
sionista di Germania scrisse al nuovo Cancelliere, sottolineando
la sua disponibilità di "adattare la nostra comunità a queste nuove
strutture" (ossia le leggi di Norimberga che limitavano le libertà
degli ebrei), perché esse "danno alla minoranza ebrea…una
propria vita culturale, una propria vita nazionale".

Lungi dala resistenza al genocidio nazista, alcuni sionisti
collaboravano. Quando gli inglesi formularono un progetto che
avrebbe permesso a migliaia di bambini ebrei della Germania di
entrare nel Regno Unito, per potersi salvare dall'olocausto, il
futuro Primo ministro d'Israele, David Ben-Gurion, frenò, spiegando:

"Se io sapessi che fosse possibile salvare tutti i bambini in
Germania portandoli in Inghilterra o di poter salvare solo la metà di
loro trasportandoli in Israele, sceglierei la seconda alternativa."

Più tardi, certi sionisti israeliani stringeranno alleanze con degli
estremisti anti-ebrei. Negli anni '70, l'Israele ospitò John Vorster,
Primo ministro del Sud Africa, e coltivarono legami economici e
militari con lo stato dell'apartheid, anche se Vorster stesso era
stato incarcerato in qualità di collaboratore nazista durante la
seconda guerra mondiale. Inoltre, l'Israele ha fornito aiuti
militari alla regime di Galtieri in Argentina, anche quando si sapeva
che i generali ospitavano ex-nazisti nel loro paese e che gli ebrei
argentini erano nel mirino della tortura e la morte.

Infatti, il discorso fatto da alcuni che il sionismo sia una forma di
razzismo è accettato nei discorsi di alcuni sionisti stessi, molti di
cui sono da tanto tempo d'accordo con la dottrina hitleriana che il
Giudaismo è un'identità razziale quanto religiosa e culturale. Nel
1934, il sionista tedesco Joachim Prinz, futuro capo del Jewish
Congress americano, disse:

"Noi vogliamo che l'assimilazione venga sostituito da una nuova
legge: una dichiarazione di appartenenza alla nazione e alla razza
ebraica. Uno stato che si fonda sul principio della purezza della
nazione e la razza è degno di onore e rispetto solamente da un
ebreo che si dichiara di stare con i suoi".

Anni più tardi, David Ben-Gurion ammise che il leader israeliano
Menahem Begin si potrebbe definire razzista, ma che così facendo
necessiterebbe "processare l'intero movimento sionista che si
fonda sul principio di un'entità puramente ebraica nella Palestina."

Le leggi che concedono privilegi speciali agli ebrei immigrati da
qualsiasi parte del globo rispetto ai palestinesi, le cui famiglie
erano presenti in quella terra da generazioni, e le misure che
riservano la maggior parte della terra agli usi e alla proprietà
esclusiva degli ebrei sono semplicemente due esempi della
legislazione discriminatoria sottostante l'esperimento sionista. Come
rende chiaro la Convenzione internazionale sull'eliminazione di tutte
le forme di discriminazione razziale, la stessa discriminazione
razziale si definisce:

"qualsiasi distinzione, esclusione, restrizione o preferenza in base
alla razza, colore, discendenza o origine nazionale o etnica che
ha lo scopo o effetto di annullare o impedire la ricognizione o
esercizio, su una base comune, dei diritti umani e le libertà
fondamentali nella vita politica, economica, sociale, culturale o
altro manifestazione della vita pubblica."

In vista di questa definizione accettato a livello internazionale,
non dovremmo sorprenderci che ad una Conferenza Mondiale sul
razzismo, ci fosse chi potrebbe suggerire che la politica della
nostra gente nella terra di Palestina meritasse un posto sull'ordine
del giorno. Così, dovremmo cogliere l'opportunità di iniziare un
dialogo onesta, non solo con i palestinesi, ma anche con noi
stessi.
Né il sciovinismo, così centrale allo sionismo, né quel auto-odio
ironico che va mano in mano con il sionismo, sono degni di un
popolo forte e vitale. Così come un dializzatore renale non è un
buon sostituto per un rene pienamente funzionale, il sionismo
non è un buon sostituto per un giudaismo forte e vitale. Non sono
morti i sei milioni per questa fine ignobile.

Tim Wise



Tim Wise è un attivista antirazzista, scrittore e lettore
universitaria.
E' raggiungibile a tjwise at mindspring.com


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