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A Muyesser Gunes, kurda, ambasciatrice di pace e dig nità in Italia, con rabbia infinita
- Subject: A Muyesser Gunes, kurda, ambasciatrice di pace e dig nità in Italia, con rabbia infinita
- From: "Dino Frisullo" <dinofrisullo at libero.it> (by way of Enrico Marcandalli <ramalkandy at iol.it>)
- Date: Tue, 26 Jun 2001 11:17:59 +0200
A TUTTE E TUTTI COLORO CHE L'HANNO CONOSCIUTA E A COLORO CHE QUESTE RIGHE POTREBBERO FORSE AIUTARE A CONOSCERLA... Oggi con un comunicato l'Ufficio d'informazione del Kurdistan in Italia ha dato notizia dell'uccisione, sulle montagne kurde, del secondo figlio di Muyesser Gunes, presidente della "Iniziativa della Madri per la Pace" in Turchia, che aveva già perso un figlio nella guerriglia. Il primo era stato ucciso combattendo. Il secondo, invece, è stato massacrato nell'imboscata tesa il 22 maggio, presso Bingol, a un gruppo di combattenti attestati sulle montagne in posizione puramente difensiva, come ha deciso da due anni il loro partito e il suo presidente prigioniero. E' stato ucciso probabilmente con armi chimiche, insieme ai suoi compagni e compagne, nella grotta in cui erano stati sorpresi grazie a due informatori e dove erano stati prima torturati. Questo risulta dalle denunce delle famiglie, alle quali i corpi martoriati, gettati in una fossa comune, non sono stati mostrati se non in fotografia. Muyesser è stata recentemente in Italia, per un lungo giro d'iniziative e incontri per la pace. Teneva a incontrare soprattutto le donne italiane, e il momento più bello e toccante è stato il suo intervento a Genova all'assemblea delle donne contro il G8. L'ultimo giorno in cui si trovava fra noi, venni a sapere della morte del suo secondo figlio. Lei ancora non lo sapeva, e giustamente, credo, non ne fu informata: dovevano essere i suoi compagni e compagne a darle la terribile notizia, al suo ritorno in Turchia. Per me fu però agghiacciante guardarla e sentirla parlare di pace, e sapere che la guerra l'aveva toccata ancora. Quella sera, piangendo di rabbia e di dolore, scrissi per lei questo testo, che solo ora può circolare e che le dedico. Ci associamo, come rete associativa di Azad, alla proposta della Uiki che tante donne italiane la vadano a trovare in Turchia. Per chi voglia dedicarle o indirizzarle un testo, un saluto, un messaggio, il fax (06.57305132) e la mail di Azad (ass.azad at libero.it) è a disposizione. §§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§§ Muyesser ora certo ha gli occhi chiusi. Di tanto in tanto si perdevano nel vuoto stasera nel suo volto stanco. Forse non dorme e non perchè il letto è straniero. Forse dorme le sue mani si contraggono convulse un grido le si strozza nella gola. "Da quel giorno non dormo senza incubi" ha detto. Incubi ricorrenti ogni notte per mesi per anni ogni notte da quando le dissero che suo figlio era morto. Un messaggio secco come una sentenza, un foglietto tagliente come lama d'acciaio: "ucciso in uno scontro fra soldati e terroristi". Era bello il maggiore dei suoi figli, diceva (nei suoi occhi brillavano lacrime) alto più di due metri forte come un gigante. "Non hai forse la coda? Mostra la coda, kurdo! Che lingua parli, bestia?" Fuggì via dalla scuola del villaggio ma in città i Lupi grigi lo attendevano. "Prendilo, è kurdo! Schiaccia quella serpe!" Finchè un giorno a vent'anni (bello era e forte forte come un gigante) si volse indietro per l'ultimo sorriso sul sentiero che porta alla montagna. Muyesser forse ora sogna quel sorriso ma le sue mani si serrano a sangue su un foglietto tagliente come lama d'acciaio. Forse sogna i soldati, da quel giorno tornarono ogni sera: "ancora qui? portateli in caserma capiranno che devono sloggiare, questo nido di vipere va chiuso! tu vecchio, non sei kurdo secondo me sei armeno ora vedremo, togliti i pantaloni verifichiamo se sei circonciso... i tuoi nipoti, figli di cani, fratelli di quel cane sovversivo, vieni a cercarli domani in prigione!" "Parla di te" le chiesero le compagne italiane... non era certo facile come si può spiegare l'arroganza il potere e come raccontare la tortura la fierezza il dolore la fatica di vivere ogni giorno l'orecchio teso a ogni passo nella sera quell'urlo che saliva fino al cielo il giorno che bruciarono le stalle e gli animali... con che parole dire l'ultimo sguardo alla casa di pietra quella carezza ai tronchi dei pistacchi visti nascere e crescere coi figli l'ultimo addio dalla sponda di un camion in quell'alba liquida e gelida l'ultima alba sui monti di Siìrt una svolta un singhiozzo e già il camion precipita verso la metropoli... Come si può spiegare tutto questo con parole? guardatemi negli occhi leggete nei miei occhi guardatemi e saprete, dicevano i suoi occhi fieri e stanchi. "E' bella Istanbul ma è troppo grande due ore d'auto per attraversarla tutta ti ci perdi e quell'aria pesante di fumi... Sarebbe bella Istanbul se solo si potesse respirare se le case non fossero topaie". Ha quasi cinquant'anni Muyesser (così dice l'anagrafe, sorride) ha cresciuto sei figli, e uno è morto ed un altro è disperso forse ad Istanbul forse anche lui in montagna ma gli anni più pesanti sono questi sei anni nella metropoli dove non sei nessuno e non respiri se non fumi e scarichi e non ci sono alberi di pistacchio e all'alba non c'è gallo nè risveglio di uccelli ma solo strida tristi di gabbiani dal Bosforo... Sola, con il marito che lavora a giornata se e quando c'è lavoro e cozze, tante cozze da riempire di riso perchè i figli le vendano insieme ai fazzoletti per pagare l'affitto di quella topaia nel quartiere di Gazi quartiere sovversivo di kurdi ed alawiti quartiere che conobbe il rombo dei blindati e la loro mitraglia. Come si può spiegare la fatica di vivere ogni giorno? Ed un giorno è sparito l'altro figlio stanco di vendere cozze e fazzoletti stanco d'insulti e miseria e paura se n'è andato forse è ad Istanbul forse in prigione o forse vaga libero coi suoi compagni sulle sue montagne... Sa parlare due lingue Muyesser ma preferisce il kurdo lingua dolce che sa di rugiada e pistacchio e fu bello sentirlo parlare quando entrò nella sede dell'Hadèp. Poter parlare il kurdo e parlarlo fra donne: "di che villaggio sei?" "tuo marito è in prigione? ogni quanto lo vedi?" "lo so cosa vuol dire ho anch'io un figlio e una figlia in montagna" "di questi tempi già mietevamo il grano..." e scoprire il rispetto degli uomini alle donne di compagni a compagne: "hevàl, gradisci un tè?" "ritorna quando vuoi, qui di te c'è bisogno" "sai chi è Leyla Zana? le donne come te sono la nostra forza..." Forse ora nel sonno sorride Muyesser risente il fumo caldo odoroso di tè e scorre la sua vita come un album di foto come un film di cui si scopre regista ed attrice dalla sua tana nella metropoli alle compagne dell'Hadèp di Gazi fino allo sciopero della fame Ocalan in Italia la grande speranza e bastoni levati a colpirla la marcia delle donne fino ad Ankara i sit-in per gli scomparsi nella piazza di Taksìm ancora quei bastoni e le donne sorelle davanti alle prigioni le lunghe discussioni sulla scelta di pace (ce l'aveva già dentro, la scelta della pace, fin da quando sentiva nella sua stessa carne il dolore delle madri dei soldati, soldati turchi uccisi... nemici? può essere nemico il pianto di una madre?) Le venne naturale: organizzarsi insieme le Madri kurde e turche insieme per la pace contro la guerra sporca! Sorride Muyesser nel suo letto straniero piccola grande donna di villaggio e metropoli ed ora ambasciatrice due settimane da Napoli a Trieste il velo bianco che vuol dire pace decine d'assemblee centinaia di occhi amici a Genova l'abbraccio lungo e forte delle donne e la magia notturna di Venezia e gl'incontri con sindaci e assessori e le fotografie sullo sfondo dei Fori da mostrare domani alle compagne kurde... Ti sia leggero e dolce il sonno, Muyesser. Perchè domani le tue compagne t'abbracceranno forte piangendo all'aeroporto d'Istanbul e prima ancora di leggere quel foglio lo riconoscerai sentirai la sua lama entrarti nelle viscere e saprai guardandole negli occhi che mentre in Italia parlavi di pace t'hanno ammazzato il tuo secondo figlio... ............................................. D.F. - Roma, 17 giugno 2001
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