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Alcune riflessioni sul nostro futuro prossimo
- Subject: Alcune riflessioni sul nostro futuro prossimo
- From: "Dino Frisullo" <dinofrisullo at libero.it>
- Date: Mon, 14 May 2001 02:39:04 +0200
Alcune riflessioni a caldo, sulla base dei dati
disponibili all'inizio di questa lunga notte, per altri insonni (e sperando che
questi dati, e quindi le mie considerazioni, vadano per aria nel corso della
notte - ma non credendolo seriamente).
1.
La vittoria della destra restituisce agli Usa
quella "seconda gamba" che, con quella inglese, aveva sempre avuto in Europa. E'
paradossale che il primo passo in questa direzione, rispetto ad anni di maggiore
autonomia, sia stato fatto dall'ex leader dell'ex Pci, in tempo di guerra. Ma
chi dice "dunque non cambia nulla fra D'Alema e Berlusconi" si ferma alla
superficie. La storia imprenditoriale e politica di Berlusconi ne fa
l'espressione e l'ostaggio di un capitale finanziario d'assalto, molto imbricato
con la finanza illegale, ricattabile e privo di ogni velleità di autonomia
politica: non è la forma tipica del capitale europeo (i cui organi infatti sono
molto preoccupati), e neppure del capitale italiano dal dopoguerra, somiglia
piuttosto al capitalismo rapace egemone in Russia, in Turchia, nel Sud-est
asiatico, per certi aspetti anche in Giappone. L'Italia di Berlusconi non avrà
neppure bisogno dei veli "umanitari" per farsi strumento della proiezione di
potenza americana nel Mediterraneo e all'Est, e in particolare nel Medio
oriente. Per la sinistra italiana diventerà ancora più vitale recuperare un
rapporto vivo e continuativo, non puramente solidaristico, con le forze che in
queste aree contestano l'ordine esistente e ne sono vittime: dai palestinesi ai
kurdi, dalle masse popolari arabe alla società civile all'opposizione nell'Est
europeo e nei Balcani.
2.
Hanno ragione i "berluscones" a definire storica
questa vittoria. L'Italia ha conosciuto nella sua storia tre regimi: quello
monarchico, quello fascista, quello democristiano, e quattro momenti di
rottura dei regimi: il Biennio rosso degli anni '20, la Resistenza e il primo
dopoguerra, il decennio '68-'77, il dopo-Muro. Il suo sistema politico non ha
mai conosciuto l'alternanza "tranquilla" della Germania, dell'Inghilterra, della
Francia: ad ogni rottura più o meno radicale ha fatto seguito il consolidarsi di
un regime. Temo che anche oggi si profili un lungo e solido regime di
centro-destra, con l'occupazione capillare e l'uso degli apparati dello Stato.
Non basteranno cinque nè dieci anni per delineare una rivincita "mitterandiana"
- anche perchè l'Italia non è la Francia (è paradossale: fino a una quindicina
d'anni fa la sinistra francese veniva a imparare in Italia...). Stiamo davvero
assistendo a una svolta storica, anche perchè è la prima volta nel dopoguerra,
in Italia e in Europa (con la piccola eccezione austriaca), che il blocco
politico dominante include forze legate più o meno direttamente alla destra
storica europea, quindi a una visione totalitaria del potere e del rapporto
Stato-società (nella versione statalista di An o in quella "etnica" della Lega),
negatrice comunque di ogni dialettica sociale. Quando ci provò Tambroni, nel
'60, a portare gli ex-fascisti al governo, l'Italia insorse e il tentativo fu
battuto: ma era un'altra Italia...
3.
Cosa cementa questo nuovo blocco di potere, e cosa
gli attribuisce un consenso sociale così vasto? Francamente sono disorientato:
non me l'aspettavo, credevo che un riflesso conservatore (di rifiuto
dell'avventura, di ricerca di stabilità) avrebbe premiato il centrosinistra. Mi
torna in mente Gramsci, con le sue analisi sul "sovversivismo" delle classi
dirigenti italiane e sulla "rivoluzione passiva", la radicale trasformazione
dall'alto delle coscienze e degli equilibri sociali. (E ai tempi di Gramsci non
c'erano le televisioni...). Sono stati irresponsabili coloro che hanno smontato
e distrutto i luoghi in cui per mezzo secolo si era consolidata la sinistra
italiana. Devastati e resi irriconoscibili partiti, sindacati, camere del lavoro
e case del popolo, cooperative, comitati di quartiere, aggregazioni
professionali democratiche, rotti gli argini della memoria storica, contrapposte
l'una all'altra le generazioni della sinistra, avvitata nello scontro
intestino..., si è creato un vuoto pauroso, non riempito dalle trincee
dell'opposizione sociale. In questo vuoto è entrata a cuneo la nuova destra,
usando a piene mani l'armamentario populista. Senza modelli collettivi di
riferimento, senza potersi più riconoscere come classi, come "comunità
desideranti" o come soggetti di vertenze e conquiste, senza identità forti, i
soggetti sociali si ritrovano individui. E all'atomizzazione sociale risponde
perfettamente la figura dello Stato forte e dell'uomo forte (e ricco, potente,
comunicativo...). Quando questo giochetto è riuscito (pensiamo all'Argentina
peronista), il nuovo potere ha accresciuto il consenso usando gli apparati del
governo (quelli del consenso, e quelli della repressione), ed ha riplasmato a
sua immagine la società. Se è così, ci attende una lunga e durissima
risalita...
4.
In questa situazione, mi angoscia il pensiero delle
prime vittime. Saranno i soggetti più deboli. Qualche amico s'illude e illude
sul fatto che un governo di destra non potrà fare peggio del governo uscente, o
addirittura sulla maggiore spregiudicatezza (in positivo) di un governo di
destra. Al peggio non c'è mai fine. Questa coalizione ha avuto come cemento di
massa il razzismo, l'egoismo sociale, il privatismo. Non potrà che tenere fede
ai suoi impegni: si scaglierà contro gli immigrati e i profughi, moltiplicherà
le montature già viste in campagna elettorale per creare feticci e bersagli
fantasmatici d'odio, tenderà a criminalizzare i popoli in lotta (e i loro
rappresentanti in Italia) così come i centri sociali, il sindacalismo militante,
le esperienze più avanzate d'impegno sociale, colpirà l'insieme dei detenuti
politici e non... Ognuna di queste esperienze o luoghi sociali diventa davvero,
da domani, una trincea. Il primo banco di prova di chi si considera di sinistra
è questo: dovremo stringerci intorno agli immigrati (a partire da quei centomila
che gli apparati di polizia non vedono l'ora di trasformare in clandestini,
negando il rilascio o rinnovo dei permessi di soggiorno), ai profughi ( a
partire da quelli provenienti da paesi omogenei ai nuovi boiardi, come la
Turchia o i microstati balcanici), ai detenuti (a partire dai detenuti politici,
i più esposti al cambio di vento politico), ai rappresentanti dei popoli in
lotta per esistere (a partire da quelli già criminalizzati in altre parti
dell'Occidente, come i kurdi), ai centri sociali (a partire da quelli già
colpiti dalla repressione).
5.
Nell'Italia berlusconiana non ci saranno più
rendite di posizione, tranquilli tran-tran "di nicchia", e sarà ancora più
irresponsabile chi antepone le differenze nella sinistra al dovere della
solidarietà e alla necessità dell'unità. Anche chi s'è cullato nelle garanzie
del governo amico, o quantomeno non-nemico, o comunque nella copertura da parte
di questo o quell'ente locale, partito o personalità politica... se non si
sveglia sarà svegliato da amare docce fredde. Nella nuova Italia resterà in
piedi solo chi saprà uscire dal suo particolare, unire le forze in reti e
vertenze nazionali, ottenere risultati almeno parziali dal basso. Come avveniva
nei decenni della Dc (ciò che si definiva allora, impropriamente, "governare
dall'opposizione"). Per farlo, la sinistra (tutta la sinistra, dalla più
moderata alla più radicale) dovrà cambiare pelle. Chi non saprà farlo, chi
s'illuderà di resistere nel suo fortino assediato, sarà stritolato dalla
repressione. Per costruire un blocco sociale alternativo, dovremo rispolverare e
attualizzare parole come libertà, uguaglianza dei diritti e diritto alla
differenza, autogestione, condivisione... Forse Bertinotti ha ragione quando, a
commento del primo risultato elettorale, dice che a un sistema politico tutto
orientato a destra corrisponderà una società civile più attiva e in movimento; o
forse proietta il desiderio nella realtà. Dipenderà da noi
tutti.
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