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Comunicato
(
Associazione Volontarie del Telefono Rosa
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Internet: http://www.mandragola.com/tel_rosa
e.mail: tel_rosa at show.it - telefonorosa at mandragola.com
COMUNICATO STAMPA: Affido condiviso? No, coatto.
Con questo titolo, nel mese di febbraio di quest'anno, il Telefono Rosa di
Torino aveva indicato la propria netta e inequivocabile posizione in merito
al disegno di legge n.66, altrimenti identificata come nuova legge
sull¹affido congiunto.
Un tema che, negli ultimi giorni, ha tratto nuova linfa da posizioni
politiche e associative così come da prese di posizione di noti personaggi
del mondo artistico, insieme ad una chiara e ovviamente favorevole posizione
da parte delle associazioni dei padri separati.
Non crediamo che le polemiche siano utili all¹opinione pubblica per capire
fino in fondo il motivo del contendere: preferiamo quindi ragionare sui dati
disponibili.
Che tale norma, se operativa, possa diventare un ulteriore aggravio in
termini di dipendenza e di potenziale ricatto nei confronti delle donne che
si affrancano da coniugi violenti o anche solo "distratti" nel periodo della
convivenza, non è un dubbio: è una certezza.
Il problema è invece più ampio, e l¹attuale proposta di legge non
favorirebbe per nulla, nel concreto, i padri non affidatari che soffrono per
la difficoltà ad esercitare il proprio ruolo paterno.
Cominciamo dai dati: 79.642 separazioni e 41.835 divorzi (dati 2002, fonte
ISTAT).
Più del 76% delle separazioni avviene consensualmente; a queste si
aggiungono un 10,1% di separazioni che, iniziate giudizialmente, traslano
poi del tutto fisiologicamente in un consenso reciproco: quindi, siamo
vicini ad un 86-87% di distacchi le cui regole sono stabilite in modo
consensuale.
Ma è interessante notare che, nella fase di divorzio, la procedura
consensuale resta attestata intorno al 78% circa: ciò vuol affermare che, a
distanza di tempo, non sono poi tantissimi i padri (dando per scontato che
l¹affidamento alla madre è il più utilizzato) che ingaggiano lotte feroci
per modificare le condizioni dell¹affido dei figli, avendo constatato
strenue resistenze o indicibili ricatti da parte delle ex mogli. Tenendo
sempre presente, però, che l¹affido unico (alla madre o, in alcuni casi, al
padre) e quello congiunto o alternato, sono possibilità giuridicamente
attuabili anche con la normativa ora in vigore.
Gli stessi dati ci mostrano che la durata media dei matrimoni per i quali
viene attivata una procedura di separazione tra i coniugi è di 13 anni; tra
i matrimoni, però, 1 su 4 dura meno di 6 anni. Ciò vuol affermare che, nella
stragrande maggioranza dei casi, i figli nati dall¹unione possono essere o
piccoli o addirittura molto piccoli.
Non sarà certo la nostra Associazione a perorare la causa globale della
maternità come elemento essenziale della vita delle donne: ma è certo che la
maternità ha una connotazione in termini d¹abilità gestionale e di legame
d¹attaccamento con i figli ben diversa dalla paternità, che la stessa
psicologia dello sviluppo colloca in fasi successive della vita dei bambini.
Senza nulla togliere ai diritti dei padri, è chiaro che il tutto si gioca
nell¹ambito della correttezza dei rapporti tra gli ex coniugi: se esiste
civiltà e comprensione, anche l¹affido unico non genera alcuna ritorsione né
mancanza di diritti per il coniuge non affidatario.
In fondo, tutti conoscono coppie che, al di là delle regole stabilite in
sentenza, collaborano in modo efficace nel rispettivo ruolo genitoriale: e
molti conoscono coppie nelle quali il genitore non affidatario frequenta i
figli con modi e tempi di molto superiori allo "standard" giudiziario.
E¹ anche vero che molti sono a conoscenza di separazioni conflittuali: nelle
quali l¹affido congiunto (dati alla mano) non farebbe che aumentare il tasso
di conflittualità. Problema che, paradossalmente, lieviterebbe verso l¹alto
nel caso in cui l¹affidamento congiunto diventasse non una libera scelta, ma
un obbligo reciproco, ben sapendo che sono molte le coppie in stato di
matrimonio ad alto tasso di divergenza per ciò che riguarda la vita e
l¹educazione della prole. Vorrebbe dire affermare che la legge attiverebbe
non un meccanismo di espressione di un diritto, ma una procedura che darà
impensate occasioni di conflitto, di ritorsione e di ricatto, da ambo le
parti. Ovviamente, più dal punto di vista maschile, tenendo presente che,
comunque, la permanenza abitativa con la madre resterebbe, dal punto di
vista logistico, ancora la più perseguita (per la stabilità abitativa, per
la certezza quotidiana, per lo stesso equilibrio di un bambino, soprattutto
se in tenera età). Insomma, affido condiviso per pari opportunità, dicono i
sostenitori; vita quotidiana, regole, e quant¹altro appartiene alla vita di
tutti i giorni, come sempre, a carico della madre, diciamo noi.
Non commentiamo, in questa lettera aperta, le aberranti ipotesi legate al
contributo economico per i figli: le divergenze che ci sono in campo
affettivo si moltiplicano all¹ennesima potenza se entriamo in campo
economico.
Quanto alla mediazione, attenzione a non considerare soluzioni di sicura
efficacia delle procedure che, per il fatto solo che la legge astrattamente
le preveda, non è detto siano già in grado di essere concretamente attuate e
accessibili a tutti con apprezzabili risultati (e, per la verità, con
legittime perplessità sul fatto che tali procedure possano diventare
efficaci anche nel futuro).
In sostanza, ci troviamo di fronte ad un articolato di legge che, nel nome
del diritto del padre, stravolge gli stili di attaccamento, le certezze, la
stabilità abitativa e i riferimenti psicologici dei bambini. I quali, lo
abbiamo visto, sono nella maggior parte dei casi molto piccoli, quindi
tendenzialmente legati da uno stile di attaccamento molto efficace nei
confronti della madre e bisognosi di una presenza paterna che, però, non
deve essere fonte di incertezze. Circostanza che, invece, nel disegno di
legge appare non una possibilità, ma una certezza giuridicamente
determinata.
Ma i problemi non si fermano qui: il diritto non ha nulla a che fare con la
genitorialità. Questa è una condizione, uno stato psicologico e
un¹assunzione di responsabilità. Ma è possibile che nessun padre separato
abbia potuto far valere i propri diritti a fronte di una separazione, lo
abbiamo visto, quasi sempre ottenuta consensualmente? Forse varrebbe la pena
non tanto contare le associazioni, ma gli associati: e verificare i numeri
che potrebbero trarre vantaggio da una legge che, come sempre quando si
vanno a regolamentare i rapporti umani e soprattutto quelli affettivi, è ad
altissimo rischio.
Forse vale la pena sottolineare che l¹osservatorio del Telefono Rosa di
Torino, anche se ovviamente limitato alla propria sfera di azione, mostra
con gran frequenza incapacità o deresponsabilizzazioni paterne (quando non
vere e proprie angherie o violenze relazionali).
Ma al nostro osservatorio se n¹aggiungono altri: la stessa Simonetta Matone,
Sostituto Procuratore al Tribunale per i Minorenni di Roma, ha avuto
occasione di affermare in una nota trasmissione televisiva, che si assiste
con gran frequenza a fenomeni di mancata responsabilità paterna e di
incapacità a gestire la propria genitorialità. E non parlava esclusivamente
del proprio osservatorio sul disagio minorile. Si obietterà che anche il suo
è un osservatorio parziale, ma contando le critiche alla proposta di legge,
appare del tutto evidente che ci sono tanti osservatori, molto diversi tra
di loro, con ottiche anche contrastanti e contesti del tutto variegati, che
esprimono la stessa, identica opinione: questo disegno di legge non deve
concretizzarsi in una legge dello Stato, poiche' crea piu' problemi di
quelli che vorrebbe risolvere.
Insomma: un quadro a tinte fosche per una norma che forse nemmeno le
associazioni dei padri separati hanno valutato con profondità. Con un
risultato: che se pur fosse che i padri depressi possono tendere al suicidio
(in queste condizioni, ci sia consentito, quale competenza genitoriale
avrebbero da spendere per i loro figli?) nel futuro saranno molti di più i
padri e anche le madri che non sapranno come gestire una legge che sarà, più
che una norma che esprime diritti, un capestro che originerà conflitti.
Torino, 23 novembre 2004
Le Volontarie del Telefono Rosa di Torino
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