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Lampedusa 8 ottobre



-------- Messaggio Originale --------
Oggetto:        [PalermoperlaPace] Lampedusa 8 ottobre
Data:   Sat, 09 Oct 2004 13:12:00 +0000
Da:     Daniele Briguglia <quasimedico at katamail.com>
Rispondi-A:     PalermoperlaPace at yahoogroups.com



Ancora dentro il Campo di Lampedusa. 8 Ottobre 2004

Resoconto della Rete Antirazzista Siciliana.

La stessa delegazione di ieri –composta dalle senatrici Chiara Acciarini
e Tana De Zulueta, insieme a Barbara Grimaudo e ad Alessandra Sciurba
(Laboratorio Zeta) della Rete Antirazzista Siciliana- si presenta al
cancello del CPT di Lampedusa alle 9 del mattino. L’appuntamento col
signor Scalia, responsabile della Misericordia, è stato fissato per
quell’ora, ma lui non è lì. Ci sono invece, nello spiazzale tra i due
cancelli d’ingresso, 110 dei migranti che la delegazione aveva
incontrato il giorno precedente. Caso vuole sono tutti i francofoni, più
i tre nigeriani cui Miccichè e Ilaria Sposito (Laboratorio Zeta e
R.A.S.) avevano fatto fare richiesta di asilo, il minorenne individuato
il giorno prima dalle attiviste della Rete Antirazzista, e un Liberiano
che le stesse, insieme a Tana De Zulueta riescono a informare della
possibilità di chiedere asilo, giusto un attimo prima che se lo portino
via. “Ci ho provato qui dentro, ma non mi hanno ascoltato”, risponde il
ragazzo. La Senatrice gli consegna un foglio con alcuni numeri di
telefono tra cui quelli degli avvocati, e gli raccomanda di chiamare,
una volta arrivato in qualunque posto dove ci sia un telefono.
Quasi subito i 110 vengono fatti uscire dal campo per essere imbarcati
sulla nave per Porto Empedocle. La loro destinazione ultima, almeno così
viene detto dai carabinieri, sarà il CPT di S. Benedetto (Agrigento) .
Sono proprio “fortunati”, almeno non finiranno in Libia. Ma perché loro
no e gli altri sì? È quello che la delegazione e gran parte del paese
vorrebbe capire…
Prima però si vuole accertare quale sarà la sorte dei 3 nigeriani.
L’ACNUR dichiara di avere inviato le loro richieste di asilo (che Ilaria
e Alessandra avevano mandato via fax presso i loro uffici) tanto alla
prefettura quanto alla questura di Agrigento. Chiara Acciarini chiama in
entrambe le sedi istituzionali per avere delle conferme. Ripete i nomi
dei tre richiedenti asilo e del minore, riceve assicurazioni. Ma domani
bisognerà continuare a monitorare questa situazione. Niente di strano
che passino semplicemente da un CPT all’altro.
I 110 ragazzi salutano, contenti, sollevati. Non hanno idea di dove
stanno andando, ma hanno chiaro che a loro non hanno legato i polsi, e
che non saliranno su un aereo militare.

L’attenzione si sposta ora su chi rimane dentro il campo. 90 persone,
giusto quelle necessarie a riempire un aereo. Sono quelli che parlano
solo arabo. Ieri si poteva comunicare in francese, oggi non lo capisce
nessuno. Due o tre masticano qualche parola di inglese.
Vogliono sapere perché loro non sono partiti, fanno capire che la notte
passata sono stati tranquilli, secondo le indicazioni date dalla
delegazione durante l’operazione “psicosi da rivolta” messa in atto dai
carabinieri, ma ora minacciano uno sciopero della fame e della sete.
Vogliono uscire da lì, vogliono che le Senatrici, insieme a Barbara e
Alessandra, rimangano. Due di loro vogliono semplicemente un paio di
scarpe (molti sono scalzi). Chiedono informazioni sull’asilo politico.
Tana torna a spiegare quali sono le motivazioni per chiederlo,
sottolinea che si tratta di un diritto individuale. A quel punto alcuni
migranti dichiarano di essere iracheni, altri palestinesi. Fanno capire,
ancora una volta, che nessuno gli ha parlato prima della possibilità di
chiedere asilo. Chiedono un recapito di Tana, lo chiedono a Barbara, ma
un carabiniere si intromette dicendo che ai “trattenuti” non si possono
dare numeri di telefono. Il maresciallo è costretto a dire che le
Parlamentari hanno invece il diritto di farlo. Vengono così distribuite
le liste dei numeri di telefono che le senatrici hanno portato con loro,
inclusi quelli degli avvocati. Si spiega che tutti loro hanno diritto a
un avvocato. Ne sono stupiti. Alla lista si aggiunge il numero di
Alessandra, come referente del Laboratorio zeta e della Rete Antirazzista.
I fogli purtroppo non bastano per tutti. Non si possono fare fotocopie.
Tana vuole lasciare ai ragazzi una matita per ricopiare i numeri, i
carabinieri lo impediscono. Potrebbe diventare un’ arma…
Intanto ci si comincia a preoccupare per la salute del signor Scalia.
Sono le 10:30 e ha deciso di bidonare due senatrici rendendosi
irreperibile. Nessuno sa dove sia finito.

La delegazione ha così tutto il tempo di accorgersi che l’atmosfera è
diversa da quella del giorno prima. Alcuni operatori della Misericordia
e persino alcuni carabinieri sembrano sollevati dalla presenza delle
quattro donne, ma non possono dimostrarlo in modo esplicito. Qualcuno fa
capire il proprio disagio rispetto alla situazione vigente nel campo.
Sguardi… frasi spezzate. Fanno trasparire che non hanno nessuna voglia
di assistere di nuovo, da complici, alle scene vissute nelle giornate
precedenti. Ma è chiaro che lì dentro si respira uno stato di
coercizione. E una volta partita la delegazione, loro resteranno lì…

Il capitano ci tiene a sottolineare il fatto che lui non ha alcuna
responsabilità relativamente all’ispezione in corso da parte delle
parlamentari. Chiara Acciarini tira allora fuori dalla borsa la
cosiddetta “circolare Maritati”, vigente dal 2000, recante i diritti dei
migranti che dovrebbero essere esercitati all’interno dei campi, insieme
alle norme minime che chi gestisce i CPT dovrebbe rispettare. Il
capitano appare visibilmente scosso, man mano che procede nella lettura
di un documento che dichiara di non avere mai visto prima.

Il signor Scalia fa sapere che sarà impegnato per tutta la giornata.
Chiara Acciarini, sorridente, comunica al capitano che loro resteranno
lì, del resto c’è un clima piacevole…
Inoltre, quei 90 migranti rimasti dentro il campo hanno paura di finire
chissà dove. È stato spontaneo promettere loro di restare, e poi non si
sa mai...

Si procede con un questionario rivolto al medico del centro. Chiara tira
di nuovo fuori la circolare. Anche il dottore e uno degli operatori
della Misericordia restano sconvolti: non avevano idea che esistessero
norme simili da fare applicare in un luogo come quello.
Di fronte l’infermeria c’è un ragazzo seduto a terra sotto il sole.
Appoggiato al muro è visibilmente sofferente. I carabinieri dicono che
lo fa solo perché ha paura di tornare in Libia. Ma Barbara lo aveva già
notato il giorno prima, con la stessa espressione, con lo stesso dolore
al petto e alla schiena. Era stata lei a chiamare gli operatori, nessuno
se ne era accorto prima.
Il dottore e l’infermiera dichiarano però che sono solo sintomi
psicosomatici. Non verrà portato in ospedale, non gli verranno fatte
radiografie. Lui sbatte ripetutamente la testa contro il cancello al
quale è appoggiato. Finalmente un carabiniere si impietosisce e, alla
terza volta che Alessandra glielo chiede, gli porta un cuscino. Solo
dopo lunghe insistenze da parte di Barbara, il malato viene trasferito
sulla barella dell’infermeria. Domani bisognerà verificare il suo stato
di salute.
La delegazione si allontana dal campo per rilasciare le interviste ai
giornalisti e annuncia che tornerà nel pomeriggio.
Mentre Chiara, Barbara, Tana e Alessandra sono ferme a un bar a mangiare
qualcosa, arriva un’improvvisa telefonata dal campo: il signor Scalia è
uscito dalle tenebre, le aspetta. Temendo che scompaia di nuovo, la
delegazione si ricostituisce e si precipita al centro.

Ore 15:00

Sulla pista dell’aeroporto c’è un cargo militare che prima non c’era, si
vede dallo spiazzale antistante al cancello del CPT. Le attiviste della
rete e le senatrici hanno immediatamente tutte la stessa idea: vogliono
portarli via, meno male che siamo rimaste qui.

Si torna dentro. Chiara Acciarini e Tana De Zulueta hanno un
questionario anche per Scalia. Lui accoglie la delegazione in un ufficio
pieno quasi solo di gadget del Palermo. Ilaria aveva già raccontato
della sua maglietta VOLARE IN A. Il supertifoso però suda. Il suo
nervosismo è visibile. Risponde a tutte le domande. Ma viene fuori,
detto in sintesi, che:
-non esiste una copia della convenzione all’interno del centro.
-non esiste un regolamento interno al centro.
-i migranti possono usare lo spazzolino da denti solo se ne fanno
richiesta. In tal caso vengono accompagnati a lavarsi i denti in un
bagno apposito. Non gli viene consegnato alcuno spazzolino appena
arrivano al campo, nonostante nella stanza ne siano accatastati a
centinaia (i carabinieri li sequestrerebbero come armi contundenti).
-I materassi sono effettivamente solo quegli strati di gomma piuma rotta
che la delegazione aveva avuto l’opportunità di ammirare dentro ai
prefabbricati. La prefettura manda quelli e quelli vanno usati, insieme
a delle copertine di lana rilasciate gentilmente dalla Tirrenia.
-esiste solo una cabina telefonica, peraltro rotta da più di dieci giorni.
La cosa più importante più importante, però, è che, riguardo
all’identificazione degli “ospiti”, Scalia dichiara che una vera
identificazione approfondita è possibile, vista l’emergenza in cui versa
quasi sempre il campo di Lampedusa, solo una volta che i migranti
raggiungono un altro centro. A Lampedusa vengono solo prese le
generalità. Dichiara che, mentre erano 1.200, ovvero il 2 Ottobre, non è
stato possibile consegnare loro alcuna informativa relativa ai diritti e
alla possibilità di chiedere asilo politico, e che ci si è limitati a
chiedere nome, cognome e provenienza e a stilare degli elenchi con
l’aiuto dell’interprete.
Mostra poi il foglio di carta che viene affisso sui muri del centro, di
cui si riporta fedelmente il testo (tradotto dall’inglese):

“cari ospiti, ora vi trovate nel centro di prima accoglienza dell’isola
di Lampedusa (Italia). Dovrete restare qui finché non verrete trasferiti
in un altro centro per l’identificazione certa
e dove potrete spiegare il motivo del vostro arrivo in Italia.
Durante la vostra permanenza riceverete una prima assistenza medica e
potrete usufruire anche di un barbiere. Nel rispetto delle persone che
verranno in questo centro dopo di voi, vi raccomandiamo di fare
attenzione a tutti i materiali e alle strutture che utilizzate. Per
preservare la vostra salute e quella degli altri, lavate e tenete puliti
il vostro corpo e i vostri vestiti. Vi chiediamo di essere pazienti, di
rispettare e di collaborare con il personale che lavora per voi durante
tutta la vostra permanenza.
Per le vostre necessità o per le informazioni potete contattare tutte le
persone vestite di giallo e azzurro”.

Finalmente è nero su bianco: al CPT di Lampedusa non si effettuano
identificazioni, a detta anche degli stessi operatori della
Misericordia, che dicono solo che i loro interpreti, davanti a qualche
carabiniere, raccolgono nomi e nazionalità. E basta. Per quanto riguarda
i carabinieri, gli stessi dichiarano tutti che non è loro competenza.
1400 persone non identificate sono state caricate coi polsi legati su
aerei civili e militari che le hanno deportate in Libia. Nessuna analisi
della loro situazione individuale.
Qualcuno, e non sorride, dice a bassa voce che su un aereo c’erano 50
Mohammed Alì.

Segue una breve visita ai “servizi igienici” che viene da ridere solo a
chiamarli così, durante la quale le Senatrici hanno appurato ciò che già
si sapeva: troppa puzza, da vomitare, eppure li stanno pulendo in quel
momento. Ma litri di detersivi non mandano via incrostazioni di mesi.
Niente porte, neanche una. Lavandini otturati. Le docce non funzionano.
13 cessi in questo stato (8 in un prefabbricato, 5 in un altro) per 200
persone durante i periodi di normalità, e per 1.200 in giornate come
quelle appena trascorse. Solo i bagni e la stanza riservate alle donne e
ai bambini hanno un aspetto dignitoso. Peccato che non vengano mai
utilizzati se non in rarissimi casi. Lo spazio riservato alle famiglie è
stato aperto solo una volta.

Ma ora bisogna uscire fuori di lì, si tornerà domattina. Se un altro
aereo deve partire si può sperare di impedirlo solo comunicando ciò che
si è scoperto con certezza (in quattro si fa poco, altrimenti). Bisogna
scrivere e diffondere ciò che appare finalmente certo e comprovato. Le
senatrici si precipitano a dettare un comunicato stampa e una lettera
aperta.
Questo il testo del comunicato diffuso agli organi di stampa, cui si
raccomanda di dare massima diffusione:

PISANU NON SA QUEL CHE DICE
AFFERMANO LE SENATRICI CHE STANNO COMPIENDO UN’ISPEZIONE DA DUE GIORNI
NEL CENTRO DI LAMPEDUSA.
L’IDENTIFICAZIONE CERTA, A CUI HA FATTO RIFERIMENTO IL MINISTRO DEGLI
INTERNI, NON E’ AVVENUTA AL CENTRO DI PRIMA ACCOGLIENZA DI LAMPEDUSA,
DOVE AVVIENE SOLO UNA PRIMA SOMMARIA IDENTIFICAZIONE E NON EFFETTUATA
DALL’UFFICIO IMMIGRAZIONE DELLA QUESTURA, COME VIENE CHIARITO IN MODO
INEQUIVOCABILE DA UN FOGLIETTO AFFISSO SU ALCUNE PARETI E ARMADIETTI DEL
CAMPO, DOVE E’ SCRITTO: “STARETE QUI FINO A QUANDO VERRETE TRASFERITI IN
UN NUOVO CENTRO PER L’IDENTIFICAZIONE CERTA E DOVE POTRETE SPIEGARE IL
MOTIVO DEL VOSTRO ARRIVO IN ITALIA”
E’ QUINDI EVIDENTE CHE 1400 PERSONE SONO FINITE IN LIBIA SULLA BASE DI
UN’ESPULSIONE DI MASSA, SENZA ESSERE IDENTIFICATE E SENZA AVERE POTUTO
ACCEDERE ALLE PROCEDURE PER LA RICHIESTA DI ASILO POLITICO, E CHE PISANU
NON SA QUELLO CHE DICE.

LE SENATRICI MARIACHIARA ACCIARINI E TANA DE ZULUETA.


Nel centro rimangono ancora 90 persone non identificate. Barbara e Alessandra vanno finalmente a dormire, finito di scrivere questo resoconto, chiedendosi: a chi servirà l’aereo che oggi era sulla pista? Cosa vedremo domani? Ancora uomini legati e trafugati di corsa? Gli stessi che ci hanno chiesto di non abbandonarli? Sanno che tutti i compagni con cui hanno lavorato, seppure a distanza, in ogni momento di queste giornate, sentono le stesse cose… Ilaria, Pietro e Maurizio che sono dovuti tornare Federica che cerca di risvegliare Milano Fulvio che non smetterà mai di raccontarci cosa significhino i diritti degli uomini Franco che porterà i sindaci d’Italia a prendere una posizione chiara Mimma, Luca e tutti i ragazzi della Rete Antirazzista Siciliana che si incontreranno Domenica, e che non hanno nessuna intenzione di fermarsi adesso, nonostante sia così difficile.

Che questo paese reagisca. Che non succeda mai più.

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