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Il Federalismo dell'acqua , dei fiumi e del bene comune.



SUL PROSSIMO NUMERO DI 

EUROPA PLURALE

rivista per un federalismo globale.

Il Federalismo dell’acqua, dei fiumi e del bene
comune. 

Non sono mai stato un federalista. 

La mia storia e la mia formazione politica, senza
iperstatalismi e rigidità, stanno comunque
profondamente dentro la sinistra del 900, quella di
classe tanto per capirci…. 

Oggi potrei dire che sono dentro l’odierna
consapevolezza della crisi di questa sinistra, del suo
sostanziale fallimento, delle macerie ma anche del
vuoto terribile che lascia. 

Ma tengo la bussola nella storia, orientata sui valori
universali di eguaglianza e di giustizia sociale
definibili…di antica cultura sinistra, cerco di
combinarli con le più conseguenti acquisizioni
ambientaliste, con i percorsi dell’autogoverno locale
e della democrazia partecipativa che mi portano in
Chiapas o a Cochabamba o ai Forum di Porto Alegre     

Come tanti, mi muovo senza certezze ideologiche, batto
percorsi di nuove “narrazioni”, sono convinto che i
conti con tutta la cultura politica che ci lasciamo
alle spalle vanno fatti, ma a 360 gradi e li dobbiamo
fare tutti. E che se il comunismo ha datato il suo
fallimento nel 1989 al muro di Berlino, il liberismo
lo ha datato nelle trincee del 1914 e forse il
federalismo lo ha datato la Lega Nord, la Padania e i
ponti bombardati di Bosnia.

Certo, si può sempre dire che il comunismo non è
Stalin, che il liberismo non è la Grande Guerra e che
il federalismo dei Cattaneo e dei padri del Movimento
europeo, non è quello di Bossi e della Devoluzione
ecc… ma purtroppo la storia è stata segnata così.

Perciò senza scadere in cosmici pessimismi sulla
natura dell’uomo, non mi riesce di guardare al nostro
mondo senza vederlo privo di bussole, in preda a
edonistici individualismi, a competitività infantili,
governato da mercati e businnes speculativi e
criminali, un mondo in marcia verso l’uniformità
consumistica e che reagisce a questa istericamente
come un drogato in piena crisi di astinenza.

Viviamo il tempo dello “scontro di civiltà”, dietro al
quale mascheriamo “Il Tempo della Esauribilità”  delle
risorse fondamentali: il PETROLIO – l’ACQUA – le
FORESTE – il MARE ecc.. il tempo della guerra
permanente di rapina, dell’accaparramento, delle nuove
colonizzazioni, dei razzismi, dei terrorismi.

L’America scopre come un incubo di essere
completamente dipendente dall’estero per il PETROLIO e
il risultato….tutti scopriamo che anche l’ACQUA,
quella dolce e potabile, è diventato un bene raro e
una merce come il petrolio…..e questo  passaggio
epocale è di quelli che cambiano tutto….   

Credo che non possiamo più nascondere gli indicatori
di una grande crisi, non solo ambientale, ma di
sviluppo umano, geopolitica….in una parola una crisi
di civiltà…. che rischia di travolgerci e travolgere
ogni forma di democrazia.

Di fronte alla quale non c’è federalismo che tenga, le
categorie a noi note, i progetti politici del nostro
bagaglio culturale, il nostro linguaggio, le nostre
convinzioni, sono triturati, resi impotenti, o ci si
rivoltano contro. 

Di fronte al mercato globale, al capitale finanziario
la stessa politica, come idea collettiva, si arrende,
abdica, si corrompe, si criminalizza, si esauriscono
si uniformano e si corrompono le stesse classi sociali
che si sono scontrate e hanno egemonizzato le culture
per più di un secolo.

Una lunga premessa, scusatemi, ma resami necessaria ad
introdurre una idea, un percorso, o semplicemente una
provocazione, chiamatela come volete, attorno alla
quale, da tempo però ci ragiono e si cimenta l’impegno
di alcuni.

Ecco, forse il bandolo della matassa, sta nel
riscoprire valori antichi, fondanti, alle origini del
nostro vivere sociale, il valore dei beni comuni
fondamentali, come l’ACQUA, così profondi, ancestrali,
sacrali per tutte le civiltà.

E attorno a questi, nell’importanza epocale che vanno
assumendo, nelle regole moderne della loro gestione
collettiva, nei diritti che sottendono occorre 
riscoprire le nuove ragioni dello stare assieme, la
necessità di definire nuove culture politiche,
giuridiche, amministrative, ma anche nuovi concezioni
alla scienza e alla ricerca, nuove istituzioni  e
nuovi confini alle comunità, forse addirittura una
nuova definizione del concetto di popoli….i popoli
dell’acqua..?

E ci sono da ricostruire coscienze e consapevolezze di
una nuova cittadinanza.  

Questo “homo consumatore” ha perso ogni memoria del
valore dell’acqua, la percezione dei legami
indissolubili che lo legano ad essa:  l’acqua di cui è
fatto il corpo, in cui siamo immersi dalla nascita,
nostra madre, la madre terra, l’acqua dei fiumi
attorno ai quali sono nate le società, le città, le
nostre abitudini, dalla quale dipende tutta la nostra
vita, bere, produrre cibo, energia, lavorare, persino
i nostri cognomi. ( mi chiamo Molinari, mia nonna si
chiama Ferrari, (mugnai e fabbri ) e lungo l’asta
dell’Adda e del Po, tanti si chiamano Molinari e
Ferrari )  

L’acqua che si dispiega sulla Terra in bacini e in
falde, fiumi, laghi, ha già disegnato in negativo, con
le proprie rive ( oltre le quali ci stanno i rivali,
gli altri, i nemici ) gli assetti politici delle
comunità, i loro confini istituzionali, le nazioni le
regioni, i comuni.

Ma se prendiamo atto del suo LIMITE, se dobbiamo porla
al centro della politica, se dobbiamo considerarla la
res pubblica per antonomasia, allora la sua gestione,
la pianificazione dei suoi usi, travalica i confini
geopolitici della storia, e non bastano le convenzioni
transfrontaliere sull’uso delle acque, ma occorre
costruire una cultura comune sul bene comune, tra chi
sta su di una riva o sull’altra tra chi sta a monte o
a valle, tra chi preleva dalla stessa falda nello
stesso bacino, costringe a ripensare i territori e i
popoli. 

E quando si legifera, si pianifica i territori o si
amministra, quando si fa politica economica,
energetica, industriale, agricola, estera, quando si
trattano i piani regolatori, lo smaltimento dei
rifiuti o qualsiasi politica urbana, allora vediamo
che l’acqua, il suo assetto idrogeologico e
idrogeografico delineano ambiti territoriali diversi
dalle lingue, nazionalità, religioni, etnie, il suo
bacino, l’Ambito Territoriale Ottimale, tanto per
usare un termine usato nella legislazione italiana,
diventa un ambito comunitario e politico nel senso
pieno del termine, nuovo e geografico e “naturale” e
al tempo stesso anche di storia comune, di lavori, di
comunicazione di memoria. 

L’Ambito dove si esercita la democrazia, dove si vota,
ma si costruiscono anche le forme della partecipazione
diretta alla gestione del bene comune, pubblica Di un
Nuovo Pubblico Locale, che nulla  ha che fare con le
statalizzazioni, ed ancor meno con il mercato e le
multinazionali. 

Ecco dove sta il mio richiamo al federalismo.  Forse
ciò che ho cercato di delineare equivale al
“federarsi” della politica, dei popoli, nelle loro
diversità  grandi e piccole, nei territori dell’acqua
grandi e piccoli, che stanno dentro gli attuali
(confini sempre messi in discussione), o fuori da
questi, attorno alla democrazia e l’affettivo
autogoverno dei beni comuni.

La democrazia dei fiumi, dei bacini, o dei beni comuni
fondamentali:Una Utopia

Si, ma pensiamoci. 

Battere nuove strade? In che direzione? Non lo so. 

Personalmente trovo oggi più spunti culturali nella
lettura degli statuti dei comuni italiani in
quell’interegno di poteri la sciato dallo scontro tra
papato ed impero, che si chiama Medio Evo, così ben
definiti attorno la gestione comune e partecipata
delle acque, dei beni e dei “servizi”comunitari,
piuttosto che nel dibattito dei partiti sulla
devoluzione. 

Dovrebbero leggerlo i molti amministratori che si
apprestano a vendere anche l’anima a qualche
multiutility internazionali.  

Acqua ed energia, sono in crisi e le due questioni
sono un tutt’uno.  Senza l’una non c’è l’altra e
viceversa ed entrambe spingono verso la guerra
permanente.

Le alternative all’esaurimento del petrolio, si
chiamano idrogeno e fonti alternative o meglio la
combinazione tra produzione d’idrogeno dall’acqua,
attraverso fonti energetiche alternative.

E’ questa una prospettiva che può essere reale, ma
dentro ad un  modello energetico fuori da visioni 
centralistiche statali o del mercato globale delle 
multinazionali.

Idrogeno e fonti energetiche alternative, obbligano a
pensare ad un modello decentrato, distribuito e
differenziato nei territori, un uso di diffuse e
contenute sorgenti alternative, una gestione oculata e
comunitaria delle acque, un governo locale ( 
federato? ) dell’acqua e della produzione energetica,
del suo uso e in una parola dell’insieme del
territorio idrico.

Che linguaggio vogliamo usare per queste prospettive,
federalismo, comunitarismo, cooperativismo?

Pensiamoci ancora.

 

Emilio Molinari  

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




        

        
                
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