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Lettera di Guido Lutrario



Care/i Compagne/i sorelle e fratelli,

vi inviamo la riflessione di Guido (portavoce disobbedienti Roma) in merito
alla mancata elezione di Nunzio al parlamento europeo.
Giovedi 8 luglio alle ore 18 in via dei volsci,32 a Roma si terrà
un'assemblea del movimento.
Un abbraccio.
La comunità disobbediente.

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La verità fa male

Ora che la rottura con il Partito della Rifondazione Comunista è stata
sancita con l'uscita dal gruppo comunale di Roma del nostro compagno e
fratello Nunzio D'Erme, dobbiamo tornare ancora per un attimo sugli
avvenimenti che hanno preceduto questa decisione con il solo scopo di
sgomberare il campo da ricostruzioni fantasiose che sentiamo circolare in
giro.


Tutto è cominciato diversi mesi fa quando nei giorni in cui si celebrava il
Forum Sociale Europeo di Parigi a qualche compagno dei disobbedienti di
Roma saltò in mente l'idea di proporre a
Rifondazione la candidatura di Nunzio. Nelle settimane successive, ancor
prima di aver effettuato una discussione esaustiva tra di noi, sondammo tra
i dirigenti del Prc la disponibilità ad accettare la
nostra proposta.

Il sondaggio fu negativo, gli spazi erano chiusi e noi accantonammo
rapidamente quella che all'epoca era solo un'ipotesi.
Qualche tempo dopo accaddero due episodi: prima l'arresto di Nunzio e di
altri compagni per le contestazioni del 4 ottobre, poi, solo pochi giorni
dopo la loro liberazione, le cariche della polizia a Tor Sapienza e la
nuova denuncia contro Nunzio al quale avevamo materialmente impedito di
partecipare a qualsiasi forma di resistenza. All'epoca infatti Nunzio era
ancora sottoposto all'obbligo delle firme in Commissariato e sapevamo che
la commissione di un qualsiasi reato avrebbe potuto rimandarlo agli
arresti. Fu in quel pomeriggio di febbraio che maturò in noi la necessità
di proporre un atto politico forte che fermasse quella che si presentava
ormai come una vera e propria persecuzione giudiziaria. Proponemmo a
Rifondazione di candidare Nunzio alle europee comunicandolo subito alla
stampa.
Qualche giorno dopo scrivemmo una lettera indirizzata agli organi dirigenti
del partito motivando il senso della nostra proposta soprattutto in
funzione della valorizzazione del percorso politico e sociale costruito
negli anni a Roma e identificabile sotto il titolo di Laboratorio Roma.
Alla nostra lettera seguì, diverse settimane dopo, l'invito ad un incontro
in viale del Policnico al quale presero parte una rappresentanza della
segreteria nazionale, di quella romana, del coordinamento nazionale dei
giovani comunisti, del comitato operativo centrale ovvero dello staff per
la campagna elettorale e naturalmente una nostra delegazione. Ed è in
quell'incontro che si produsse l'accordo sulla candidatura di Nunzio D'Erme
nonché la rassicurazione unanime di tutta la delegazione di Rifondazione
Comunista che, qualora i risultati delle urne avessero assicurato
l'elezione dei quattro candidati designati dalla direzione nazionale come
teste di lista ( Bertinotti, Morgantini, Agnoletto e Musacchio), non ci
sarebbe stata nessuna azione di contrasto alla elezione di Nunzio, sempre
che questa fosse stata possibile e naturalmente Nunzio avesse ottenuto una
buona affermazione. Fu quella rassicurazione a convincerci definitivamente
nella scelta di imbarcarci in quella che definimmo più avanti una missione
impossibile, cioè la certezza che qualora ce l'avessimo fatta Rifondazione
non ci avrebbe ostacolato.
E' bene chiarire questo passaggio. Noi sapevamo che per eleggere Nunzio
avevamo comunque bisogno dell'avallo della segreteria e di Bertinotti,
poiché lo stesso era candidato testa di lista in tutti i collegi ed era
impensabile ipotizzare di batterlo. Quindi comunque fosse andata perché
Nunzio entrasse al parlamento europeo avevamo bisogno del fatto che
Bertinotti non optasse nel collegio del centro Italia. Era una condizione
che conoscevamo bene e che tenemmo a puntualizzare con una certa pignoleria
e insistenza in quella unica riunione che tenemmo con gli organi dirigenti
di Rifondazione. E' ovvio che senza quella rassicurazione avremmo avuto
buoni motivi per ripensarci e probabilmente la missione impossibile non
sarebbe mai cominciata.
Negli incontri tenutisi all'indomani del voto ci siamo sentiti dire dai
dirigenti del Prc che una assemblea della Direzione nazionale indicò
successivamente alla riunione con noi un quinto possibile eletto in Marilde
Provera, candidata nel collegio nord-ovest, e questo perché all'epoca il
partito aveva il sentore (sulla base dei sondaggi di allora) che il quinto
seggio potesse scattare in quel collegio. Non facemmo caso a quella
riunione della Direzione nazionale e certamente fu un errore, perché in
quella scelta c'era già il segnale di qualcosa che non andava. Ma i fatti
poi sono andati in altro modo, il seggio è scattato altrove e Marilde
Provera è arrivata terza nel suo collegio. Resta la sensazione che avessero
già preparato il modo per aggirare le rassicurazioni che ci avevano dato:
il fatto è che quel modo non gli ha funzionato.
All'indomani del risultato elettorale la segreteria nazionale rapidamente
formulò un orientamento cosiddetto prevalente di scippare il seggio a
Nunzio. Tutto questo avvenne nel giro di pochissime ore già dalla sera del
lunedì 14, quando ancora permaneva dell'incertezza sui risultati
definitivi. Il mercoledì 16 compariva sul manifesto un'intervista a
Bertinotti dalla quale era facile intuire che per Nunzio non c'erano
speranze.
Si è detto in questi giorni che abbiamo cercato di ricattare il partito
minacciando le dimissioni dal Consiglio comunale. Niente di più falso. La
sera del 15, saputa la notizia che la segreteria non aveva alcuna voglia di
onorare gli impegni con noi e preso atto che nessuno ci telefonava per
congratularsi dell'incredibile successo e che di Nunzio quasi non c'era
traccia su Liberazione, maturammo la consapevolezza che ci avevano fregati,
e pertanto segnalammo non un ricatto bensì l'unica cosa che potevamo fare,
l'interruzione delle relazioni politiche. Che è quanto abbiamo poi
confermato di fronte alla formalizzazione del furto.

Qualche simpatica notizia sulla campagna elettorale


Non abbiamo mai pensato che il Prc ci avrebbe dato una mano nella campagna
elettorale, sapevamo che avremmo combattuto da soli. Il nostro obiettivo
era quello di far sapere in giro che c'era la possibilità di votare un
candidato particolare, diverso da tutti gli altri, fuori dalle vecchie
logiche, disobbediente, ribelle, incontrollabile. Abbiamo lavorato sodo mai
contro e sempre per. Ci siamo ritrovati a dover fare concorrenza a Luisa
Morgantini che è una compagna che non solo stimiamo ma con la quale abbiamo
condiviso tante cose in questi anni, perché ci illudevamo che qualora
fossimo arrivati secondi immediatamente dietro Bertinotti avremmo avuto più
facile accesso al parlamento europeo. E abbiamo vissuto questa corsa in
modo leale tant'è che non sono stati pochi quei nostri compagni che hanno
deciso di dare la doppia preferenza D'Erme-Morgantini. Mai abbiamo
contrastato Luisa in alcun modo, né ci è mai venuto in mente di farlo.
Eppure la nostra campagna elettorale è stata combattuta dentro un clima di
aperto boicottaggio. Dagli organi dirigenti del partito e in particolare
dallo staff elettorale sono partite lettere di richiamo e continue minacce
nei confronti di tutti coloro che da dentro il partito manifestavano la
volontà di sostenere Nunzio. Numerose iniziative sono state improvvisamente
annullate senza una qualsiasi spiegazione. Addirittura ci sono stati casi
di giovani comunisti che hanno dovuto fare propaganda per Nunzio in modo
clandestino, sfuggendo al controllo del partito. Non importava chi votavi,
l'importante era che non votavi Nunzio.
Tutto questo naturalmente non può farci dimenticare che tantissimi sono
stati invece i compagni e le compagne di Rifondazione che hanno disobbedito
al loro partito, o meglio agli ottusi dirigenti del loro partito, ed hanno
fatto campagna per Nunzio. Compagni e compagne che non si sono lasciati
intimorire, che hanno agito convinti di essere nel giusto e di dare così il
loro contributo ad un partito che forse sognano diverso. Questi compagni
hanno avuto ragione perché il voto di Roma è stato incredibile e
probabilmente irripetibile per il Prc, così come tutto il risultato del
collegio di Italia centro.


Domande legittime

Fin qui i nudi fatti e le quisquilie elettorali. Perché rimangano agli
atti, perché tutti sappiano, se hanno fame di sapere, come sono le andate
cose.
Perché volevamo che Nunzio andasse nel parlamento europeo? A cosa doveva
servire la sua presenza lì ? Cosa ci hanno impedito di realizzare
preferendo a lui qualcun altro? Sono domande legittime come è legittimo il
sospetto che tutto questo chiasso sia il frutto di una malcelata bramosia
di poltrone che ha finito per corrompere anche i disobbedienti.
Nunzio doveva portare in Europa un'esperienza a nostro modo di vedere unica
e molto importante che siamo soliti semplificare con il titolo di
Laboratorio Roma e che è un intreccio complesso di azione di movimento,
pratiche municipaliste, esperienze di democrazia partecipata, pratiche di
disobbedienza anche radicale, incursioni istituzionali, relazioni inedite
tra partito e movimento, presenza dentro le periferie metropolitane, ecc.
Una storia quella del Laboratorio Roma che non riusciamo a raccontare a
questa sinistra distratta dalle aspettative di governo e dai suoi eterni
giochi di equilibri interni.
In questi anni abbiamo provato a crescere dentro la forza ed i limiti del
movimento di Genova, cercando di ricollocare sul piano del conflitto
sociale quella potenza sprigionatasi con il movimento altermondialista.
Siamo partiti dagli ultimi, i senza casa, i migranti, gli abitanti dei
quartieri popolari, siamo partiti dai margini, non per produrre solo una
politica rivendicativa (il che comunque non è mai poco) ma per far pesare
la loro/nostra fame di diritti sul piano della politica. Come? puntando
semplicemente a vincere le elezioni? Affatto, misurandoci piuttosto con la
costruzione di nuovo spazio pubblico, di nuove istituzioni dal basso, di
una pratica di democratizzazione della democrazia attraverso la quale
ottenere un cedimento di sovranità dal sistema dei partiti e della
rappresentanza formale a quello dei movimenti e della società civile
organizzata.
Questo percorso non è stato indolore. Ci è costato denunce, arresti e
prospettive di carcere per tanti di noi. Ma l'abbiamo fatto con il sorriso
sulle labbra, consapevoli di commettere continuamente tanti errori sempre
rimanendo dalla parte giusta.
Nunzio doveva portare in Europa la faccia impresentabile delle tante
periferie metropolitane. I modi sgarbati e rudi di chi non vince mai e
rimane sempre in fondo. La diffidenza degli ultimi. La rabbia degli ultimi.
Questo non lo perdoneremo mai a quella segreteria elitaria e snob di
Rifondazione: di aver chiuso le porte in faccia alla voce dei senza voce. E
per favore non ci venite a parlare del sud: non ci sono operai di Melfi né
gente di Scanzano tra i banchi del parlamento europeo (Chiedetelo ad Italo
o Francesco, o a tutti quelli che si sono fatti il culo in tutte le
vertenze meridionali).
Non ci vergogniamo a dirlo: Nunzio parlamentare europeo avrebbe significato
un bel gruzzolo di euro da poter utilizzare per il movimento, per pagare i
costi di una politica che resta monopolio esclusivo dei partiti anche
perché loro hanno i mezzi e i movimenti no. E' lo stesso criterio che
utilizziamo con il suo stipendio di consigliere comunale, lo avremmo fatto
anche con quello di parlamentare.
Con Nunzio nel parlamento europeo avremmo avuto una base logistica per la
costruzione di reti di movimento, uno snodo per le relazioni, la
possibilità di costruire un team per dare impulso alla vocazione
continentale del movimento. Ma avremmo dato un segnale di rafforzamento
dell'idea che è possibile costruire una sinistra alternativa fatta di tanti
soggetti, con relazioni paritarie e disposti alla reciproca contaminazione.
Un segnale per l'Italia e per l'Europa.
A questa opportunità la segreteria nazionale del Prc ha detto no, con la
presunzione di incarnare essa stessa quella pluralità e chiudendo le porte
in faccia alla generazione di Genova. Sono tornati a galla improvvisamente
gli scheletri del passato: il ruolo centrale del partito, gli equilibri
interni tra le correnti, il gioco delle poltrone, la corsa per il prossimo
congresso e, non ultimo, gli accordi con il listone in vista del prossimo
governo, forse troppo frettolosamente dato per già acquisito.

Voltiamo pagina

Il futuro è qui, comincia adesso. Paradossalmente se la segreteria del prc
avesse onorato gli impegni saremmo stati ancora dentro l'illusione che
sussista ancora spazio per una leale collaborazione tra partiti e movimenti
anche sul terreno della rappresentanza istituzionale. Ma questo non è.
Sotto l'azione incalzante dei movimenti e della società civile, ai partiti
è rimasto solo il terreno della rappresentanza e lo difendono con i denti
perché è in gioco la loro sopravvivenza. Dentro Rifondazione in questi anni
si è prodotta una spinta ad agire nei movimenti, ed è cresciuta una
generazione che ha cominciato a guardare al partito come ad uno strumento
al servizio del protagonismo sociale. Questi compagni, e sono migliaia,
oggi subiscono una doccia fredda e sono smarriti: hanno creduto in un
partito diverso e scoprono che si erano illusi, sono incazzati e non sanno
cosa fare. E' venuta cioè al pettine la contraddizione tra chi crede
sinceramente nei movimenti e chi ne vuole fare un uso strumentale.
Noi disobbedienti, che abbiamo sempre gelosamente custodito l'autonomia del
movimento ma abbiamo anche coraggiosamente sperimentato i rischi della
relazione su un terreno così viscido come quello delle istituzioni, siamo
scossi ma non storditi. Non viviamo questa rottura come un dramma perché
non dobbiamo ricominciare da zero. Il passaggio che viviamo è una crisi
della crescita, il frutto di un crescente protagonismo dal basso che ha
portato ad un punto limite la relazione partito-movimento. Il nostro
problema ora è quello di rilanciare il progetto di questi anni in avanti,
verso traguardi ancora più ambiziosi.
La questione che poniamo è questa: possono i movimenti sociali, le forze
organizzate della società civile, esprimere una forma di collegamento
plurale, a rete, articolata, che imponga a quei partiti che hanno interesse
alla relazione con i movimenti di cedere almeno parte della loro sovranità?
Si tratta cioè di indagare se nel campo dei movimenti vi è la disponibilità
a ragionare non solo in termini di agenda delle mobilitazioni ma anche su
quel terreno viscido che è la costruzione di forme autonome di
rappresentanza. Si badi, non stiamo ponendo una questione puramente
elettorale: il tema è più complesso e riguarda la costruzione di spazio
pubblico e di forme di democrazia partecipata, riguarda l'intreccio tra
questione sociale e questione democratica, per usare una terminologia del
passato, riguarda il superamento della distanza tra il sociale e il
politico che è poi il nodo di una democratizzazione radicale della
democrazia.
Insomma si tratta di aggiungere il tema della democrazia partecipata (a
cominciare dalle città) ai grandi temi della guerra e del neoliberismo che
rappresentano i connettori generali del movimento altermondialista. Ma
attenzione, in questo percorso il metodo sarà decisivo. Se tutto si ridurrà
ad un accordo tra i quartieri generali delle segreterie dei partiti, o
delle leadership dei movimenti, dei sindacati, delle associazioni non ci
sarà alcun cambiamento reale. Se saranno i "senza" ad avere voce in
capitolo, se la costruzione del percorso avverrà a partire dagli ultimi e
non semplicemente in loro nome, allora varrà la pena tentare. Noi abbiamo
ricominciato da lì, lanciando a Roma una consultazione per sciogliere il
nodo della permanenza o meno di Nunzio in consiglio comunale. Una
consultazione che facciamo nei quartieri popolari, tra gli invisibili, i
senza voce, quelli che di solito non votano e che probabilmente torneranno
ad astenersi.
Anche il processo costituente di un nuovo spazio pubblico avrà un futuro se
nelle città partiremo dal basso, dal mondo degli invisibili. Noi ci
vogliamo provare.

30.6.2004

Guido Lutrario