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risultati referendum 15 giugno



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Art. 18 e referendum del 15 giugno. Prime valutazioni.

I risultati del referendum sono usati dal governo e dal padronato per
rilanciare e sostenere la già decisa controriforma dei rapporti di lavoro.
Decreto legislativo 30, leggi delega 848 bis (che il ministro Maroni  vuole
trasformare in legge entro la fine di luglio), furto dei TFR e tutte le
svariate iniziative a "sostegno attivo" di un'ulteriore precarizzazione dei
lavori, sono le misure contro cui occorre rilanciare la mobilitazione e
costruire un'effettiva opposizione.

Uno dei "risultati" del referendum è stato quello di mettere in luce che
sia il centrodestra, sia la grande maggioranza del centrosinistra (fino
alla corrente DS della CGIL), sono contrari non solo all'estensione dei
diritti, ma entrambi vogliono abolire l'art. 18 per tutti e, in forme
diverse, attaccare le condizioni di lavoro per rilanciare l'economia
nazionale. Il referendum, una volta di più, ha messo in luce il filo
conduttore che unisce il pacchetto Treu al libro bianco di Maroni e che i
lavoratori possono contare solo sulle proprie forze per contrastare
l'attacco e opporsi alla crescente precarizzazione.

Un'altro dei "risultati" del referendum è l'ennesima dimostrazione che i
lavoratori sono sempre sconfitti sul piano elettorale (come avvenne anche
col referendum sul punto unico di contingenza) e che solo l'organizzazione
nei posti di lavoro e la mobilitazione possono creare dei rapporti di forza
tali da imporre una maggior tutela delle proprie condizioni, anche
riuscendo a conquistare delle specifiche leggi.

Questo referendum, come abbiamo già sostenuto, è stato lanciato con tempi e
modi sbagliati, ritenendo che le mobilitazioni dell'anno scorso per l'art.
18 avessero già fatto maturare la disponibilità a passare dalla difesa
delle condizioni acquisite all'offensiva per l'estensione dei diritti, e
che si fossero sviluppati rapporti di forza tali da riuscire a contrastare
l'amplissimo schieramento dal centrodestra alla maggioranza del
centrosinistra avverso ai lavoratori.

Il mancato raggiungimento del quorum al referendum, tuttavia, non equivale
ad una sconfitta dei lavoratori sul terreno della lotta e della
mobilitazione. Anzi, in un contesto in cui lo schieramento contrario
all'estensione dei diritti era ultramaggioritario, da soli i lavoratori
sono riusciti a ottenere all'incirca 10 milioni di SI, un dato che mostra
come cominci a sedimentare un'opposizione sociale alla controriforma dei
rapporti di lavoro.

Da questa constatazione occorre ripartire, perché la questione dei diritti
non si chiude qui. Di fronte ad un'offensiva che punta a flessibilizzare
sempre più tutti i lavori, che ha l'obiettivo di levare a tutti l'art. 18
nell'arco di due-tre anni e di far sparire garanzie esistenti da decenni,
occorre organizzarsi e coordinarsi in tutti i posti di lavoro.

L'introduzione di tutte le svariate forme di lavoro "atipiche" (Co.Co.Co.,
apprendistato, lavoro interinale, formazione lavoro, tempo determinato,
lavoro a chiamata, ...), le cessioni di ramo d'azienda, l'arbitrato, la
certificazione dei rapporti di lavoro, la totale assenza di diritti per la
manodopera immigrata (ricattata con la concessione dei permessi di
soggiorno)... rappresentano altrettanti tasselli per peggiorare
progressivamente le condizioni di tutti i lavoratori. Chi oggi non ne è
immediatamente colpito, si troverà domani privato di garanzie e
salvaguardie che ha dato per acquisite da sempre (maternità, ferie e
malattie pagate, ...). Al padronato un lavoratore senza diritti costa di
meno che un lavoratore con i diritti!

Abbiamo la possibilità di opporci a quest'attacco, ma non sarà certo
possibile farlo accettando patti, contratti e accordi su Cassa Integrazione
e licenziamenti, come quelli sottoscritti separatamente o unitariamente da
Cgil-Cisl-Uil, subordinati alla politica di "contenimento del costo del
lavoro".

Dobbiamo rimettere al centro della nostra iniziativa la difesa dei nostri
interessi, l'abolizione delle forme di lavoro "atipiche", il rifiuto dei
licenziamenti per la "giusta causa" delle motivazioni economiche,
l'allargamento di una soglia di diritti minima per tutti i lavoratori,
compresi quelli sindacali in tutti i posti di lavoro, perché siano
immediatamente godibili ed esigibili dai lavoratori stessi, a cominciare
dal diritto di assemblea e dall'obbligatorietà di sottoporre ad
approvazione qualsiasi accordo e contratto.

Chiamiamo tutti i lavoratori ad un'azione comune, a cominciare da quelli
organizzati nei sindacati di base ed autorganizzati, con cui abbiamo
condiviso scioperi e mobilitazioni, per aprire un intervento unico e
costante in tutti i posti di lavoro e su tutto il territorio nazionale.

Milano, 16/6/2003

Slai Cobas
Sindacato dei Lavoratori Autorganizzati Intercategoriale
Coordinamento provinciale di Milano
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