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Diritti dei migranti e dei rifugiati



RIFUGIATI - Negato l'asilo politico: continua lo sciopero della fame dei
profughi kurdi

16/06/2003 13.04.28 ROMA - Quattro picchetti di legno ben piantati, un
lembo di terra recintata e all'interno 32 profughi curdi che dal 12 giugno
hanno iniziato uno sciopero della fame contro la decisione della
Commissione Centrale di negare loro l'asilo politico. Vengono da Dersim,
Bingol, Sirnak "e sui pezzi di carta che mostrano c'e scritta la loro
storia - riferisce l'associazione Azad -. Storia di violenza e
persecuzione, una persecuzione che nel nostro paese non viene riconosciuta".
"Sono provati dal gran caldo, dal digiuno, dal senso di precarietà in cui
vivono da mesi, ma determinati e pronti a lottare - racconta ancora
l'associazione -. Chiedono che i loro casi vengano riesaminati e
rivendicano il diritto di asilo che per i kurdi significa diritto ad
esistere. Hanno paura di essere rispediti nel proprio paese, una paura che
la Commissione Centrale giudica infondata e quindi inaccettabile".
Per la Commissione, il "mutato contesto" (spesso ricorrente nella risposta
negativa alle domande di asilo) è indice di garanzia e sicurezza,
giudicando quindi infondate le richieste di protezione in seguito a timori
persecutori. La risposta "considerato che tali fatti rientrano
nell'attività di polizia di prevenzioneŠ", seguita da "considerato che il
nuovo governo del suo paese ha dato prova di aver intrapreso linee
politiche di evoluzione verso una più completa democratizzazioneŠ" è spesso
ricorrente.
"Proprio perché non crediamo al mutato contesto né che la polizia golpista
turca si limiti ad attività di prevenzione, chiediamo a tutte le
associazioni e a tutti i cittadini impegnati nella lotta per difendere i
diritti dei popoli di sostenere i 32 scioperanti kurdi, riaprendo il
discorso sulle continue violazioni dei Diritti umani in Turchia", auspica
Azad. A febbraio di quest'anno tre ragazzi di Hakkari, di 14, 15 e 16 anni,
sono stati portati in questura con l'accusa di aver scritto con i loro
piedi sulla neve "Biji Serok Apo" (lunga vita al comandante Apo) e "No
all'isolamento". Al posto di polizia sono stati torturati.
L'associazione riferisce anche il caso di Emin Aladag, "sottoposto a
pesante tortura poco meno di tre mesi fa". Emin era stato arrestato nel
1995 con l'accusa di essere membro del Pkk e condannato dalla Corte di
Sicurezza di Ezrum a 12 anni di pena (articolo 168/1 del Codice Penale
Turco). Il verdetto non era stato convalidato dalla Corte Suprema di
Sicurezza, e per questo motivo Emin era stato scarcerato. Meno di due mesi
fa, ad aprile, Emin è stato fermato dalla Squadra Antierrorismo di Ankara
con l'accusa di latitanza, trasportato nel carcere di Igdir e qui
trattenuto due giorni con l'accusa di essere membro di Kadek. "In questi
due giorni, è stato pesantemente torturato, e sia i piedi che le gambe
riportavano numerose fratture. Eppure all' ospedale di Igdir il medico di
turno aveva rilasciato un certificato in cui si dichiarava che Emin godeva
di ottima salute e che non aveva subito alcuna violenza nei due giorni di
detenzione". "Questo è un crimine contro l'umanità e contro la legge -
dichiara oggi il suo avvocato -. Il mio cliente è stato fermato,
incarcerato e torturato, senza alcuna prova, senza nemmeno essere stato
interrogato. È mostruoso, lo porteremo di nuovo all'ospedale, vogliamo un
rapporto medico in cui si dica la verità".
"L'abuso più grande che ogni giorno si compie in Turchia è quello
dell'omissione e della falsificazione dei dati - denuncia Azad -. Crediamo,
che in un paese dove la violenza è all'ordine del giorno e dove i primi ad
essere sottoposti a violenza sono medici, avvocati, giornalisti, solo i
dati statistici possano modificarsi in breve tempo, ma non i dati reali.
Sistematicamente da anni, molti fermi di polizia si trasformano in condanne
per reati comuni, quando il sospetto, sottoposto a tortura, non conferma
l'accusa. Per questo ricordiamo a chi decide della vita di una persona,
concedendo o negando l'asilo, che ogni tipo di valutazione politica sul
paese di provenienza è ingiusto e non rispetta né i criteri della
Convenzione di Ginevra nè l'articolo 10 della nostra Costituzione".
Inoltre l'associazione evidenzia che "i 10 minuti di colloquio dei
richiedenti asilo e le modalità con cui esso si svolge non solo non sono
sufficienti, ma degradano la dignità di persone obbligate a difendere la
propria libertà e il diritto a esistere". E alla Commissione Centrale che
spesso ha rilevato "contraddizioni e mutamenti di versione durante
l'intervistaŠ", Azad ricorda che i profughi "fuggono dalla paura e ogni
audizione per loro è l'anticamera di un verdetto, che storicamente, nel
caso del popolo kurdo è quasi sempre stato ingiusto. I dati statistici
recenti e le promesse giuridiche di un paese che vuole entrare in Europa
non devono e non possono bastare a tutti quelli che in tanti modi lavorano
e lottano perché un altro mondo sia davvero possibile".

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DOCUMENTO DEI MISSIONARI COMBONIANI SUI DIRITTI DEGLI IMMIGRATI

Noi, comunità di Missionari Comboniani ( p.Giorgio, p.Franco, p.Claudio e
fratel Nicola), da anni presenti a Castel Volturno (CE), territorio che
soffre contraddizioni e problematiche enormi senza vedere una prospettiva
per il futuro, dal giorno 4 giugno 2003 siamo incatenati all'inferriata del
Palazzo della Prefettura e della Questura di Caserta (poi rimossi
forzatamente dalla polizia ci siamo spostati sul marciapiede di fronte allo
stesso Palazzo) come gesto di protesta e di denuncia, ma soprattutto di
proposta, che nasce dalle modalità con cui l'operazione denominata "Alto
impatto" viene condotta, ormai da alcune settimane, nella Provincia e in
particolare a Castel Volturno.

Tale operazione è condotta dalle forze dell'ordine le quali stanno
rastrellando la zona nel tentativo di colpire, 'così dicono' , spacciatori
e trafficanti di ragazze prostituite.  Di fatto vengono colpiti, in
particolare africani/e, che non sono nel giro della malavita ma che hanno
la sola "colpa" di non avere ancora ottenuto il permesso di soggiorno. Di
questi fatti, noi Missionari Comboniani, siamo testimoni.

La nostra iniziativa ha trovato immediato appoggio e stretta collaborazione
da parte della comunità religiosa dei padri Sacramentini, delle Suore
Orsoline del S. Cuore di Maria - Comunità Rut, presenti nella Diocesi di
Caserta e di sacerdoti diocesani oltre al consenso partecipativo di varie
associazioni ecclesiali e laiche.

Da tener presente, tra l'altro, l'assurdo della legge Bossi-Fini che
trasforma un illecito amministrativo (la condizione di irregolarità) in
reato penale, con tutte le conseguenze sul piano della repressione e della
sanzione che ciò comporta. Infatti la nuova procedura di allontanamento nei
confronti di immigrati "clandestini" prevede l'espulsione con
accompagnamento immediato; e qualora non sia possibile trattenere lo
straniero presso un centro di permanenza o siano decorsi i termini il
Questore ordina di lasciare il territorio dello Stato entro 5 giorni.  La
mancata ottemperanza dell'ordine, senza giustificato motivo, comporta
l'arresto da sei mesi a un anno. Si è introdotto, così, un infallibile
meccanismo di "criminalizzazione": se la condizione di clandestinità non
costituisce, di per sé, reato, il mancato allontanamento spontaneo dallo
Stato, fa scattare l'ipotesi di reato. Nei fatti, sempre più
frequentemente, l'amministrazione non tenta neppure di allontanare lo
straniero: preferisce lasciarlo uscire "libero" dalla Questura, sapendo
che, nel tempo di soli 5 giorni, è destinato a commettere un reato (ovvero
la permanenza illegale in Italia). A quel punto, non si procederà più per
rintracciare un clandestino bensì per catturare un criminale.

Il papa Giovanni Paolo II ci ricordava, appena pochi anni fa, come il
"migrante irregolare si presenta come quel forestiero nel quale Gesù chiede
di essere riconosciuto. Accoglierlo ed essere ospitali è dovere di
ospitalità e fedeltà alla propria identità di cristiani" (Giovanni Paolo
II, Le migrazioni presentano un duplice volto, 5 - Messaggio per la
giornata mondiale del migrante 25.7.1995).

Proprio ed esclusivamente in nome di questa fedeltà, che è giustizia  e
carità, noi Missionari Comboniani  insieme a religiosi e religiose
appartenenti ad altre congregazioni  non possiamo non osservare le
condizioni di estrema precarietà, di sofferenza e di emergenza in cui
versano tanti nostri fratelli e sorelle immigrati. Si tratta di una
condizione che è il risultato di un rifiuto egoistico che, in nome
dell'appartenenza nazionale, o del possesso di un particolare passaporto,
discrimina gli esseri umani. Come osservava ancora Giovanni Paolo II, in
occasione del Giubileo del migrante:

"Purtroppo, non mancano tuttora nel mondo atteggiamenti di chiusura e
perfino di rifiuto, dovuti a ingiustificate paure e al ripiegamento sui
propri interessi. Si tratta di discriminazioni non compatibili con
l'appartenenza a Cristo e alla Chiesa" (G.P. II, Omelia per il Giubileo del
Migrante, 2.6.2000).

Pertanto, non possiamo più tacere davanti alla moltitudine di non garantiti
che sperimenta ogni giorno di più le conseguenze di leggi ingiuste e le
applicazioni restrittive e inumane di quelle stesse leggi.

Nessuno di noi si può ritenere estraneo rispetto a questi fratelli e
sorelle immigrati secondo quanto ci suggeriva il Concilio Vaticano II:

"non possiamo invocare Dio come Padre di tutti, se ci rifiutiamo di
comportarci da fratelli verso alcuni uomini creati a immagine di Dio"
(Nostra aetate 5).

E' di questo nostro comportamento da autentici fratelli che il mondo ha
assoluto bisogno ed è per questo motivo che ci sentiamo personalmente
interpellati ad intervenire.

Occorre contribuire a superare le mistificazioni e le paure che rendono la
realtà dell'immigrazione un problema, addirittura esclusivamente un
problema di ordine pubblico da affrontare con la forza della repressione.
L'emigrazione deve essere invece riconosciuta come occasione di ricchezza e
di Grazia, vero segno dei tempi, del nostro tempo presente. Senza però
dimenticare che l'emigrazione è anche la conseguenza dell'ingiustizia
planetaria della pessima distribuzione dei beni della terra. Oggi le merci
e il denaro sono liberi di circolare ma non le persone. E'
quell'ingiustizia che condanna a morte i cittadini dei Paesi impoveriti
spingendoli forzosamente a partire in condizioni di gravissimo rischio
personale.

Noi, firmatari del presente documento, senza far venire meno il servizio di
assistenza e talvolta di supplenza delle istituzioni nella accoglienza dei
migranti,  comprendiamo che questo servizio non è assolutamente sufficiente
e che è nostro compito "risvegliare e mobilitare le coscienze" con scelte
coraggiose che implichino impegni strutturali di giustizia sociale
direttamente ispirati al Vangelo.

Infatti, la Chiesa Madre e Maestra ci indica che: "Nella Chiesa nessuno è
straniero, e la Chiesa non è straniera a nessun uomo e in nessun luogo"
(Giovanni  Paolo II, Le Migrazioni presentano un duplice volto 5, Messaggio
per la giornata mondiale del migrante, 25.07.1995).

Nessuno può quindi sentirsi estraneo o può sottrarsi a questa
responsabilità che l'ora presente rende

urgente e gravissima.



Per questi motivi chiediamo l'impegno da parte degli organi competenti su
questi punti che riteniamo irrinunciabili per la tutela della dignità umana
dei migranti titolari di diritti in quanto persone.



1.	Il reale e concreto potenziamento degli uffici per stranieri di
tutti gli organi competenti (Prefettura  e Questura) a fronte dell'ingente
numero di pratiche da affrontare attraverso:

- il decentramento territoriale degli uffici nelle aree maggiormente
interessate dalla presenza di immigrati;

- l'ampliamento dell'organico e l'impiego di personale specializzato
(mediatori culturali);

- una gestione migliore e più umana delle file e degli appuntamenti
attraverso l'utilizzo delle tecnologie al fine di evitare  inutili ed
estenuanti attese.

2.	Garantire i diritti legati alla famiglia:

- unità del nucleo familiare: favorendo la semplificazione ed accelerazione
delle procedure di ricongiungimento familiare ed in particolare superando
l'ostacolo dell'autentica dei documenti attestanti i rapporti di parentela,
unicamente da parte delle autorità consolari italiane, del paese di origine
del richiedente;

- estensione della tutela della maternità;

- tutela dell'unità familiare.



3.	Diritto di Asilo. Attraverso una riforma complessiva recependo la
normativa internazionale e il dettato costituzionale garantendo di fatto
l'esercizio del diritto d'asilo. L'uso spropositato dei C.P.T. (Centri di
permanenza temporanei), l'impossibilità di fatto di opporre ricorso in caso
di esito negativo della richiesta e la conseguente espulsione immediata del
richiedente sono un caso unico nella legislazione europea.



4.	Procedure di regolarizzazione. Viste le centinaia di migliaia di
lavoratori stranieri in attesa di convocazione da parte delle Prefetture, e
prevedendo ancora tempi lunghi per il completamento dell'esame delle
pratiche è necessario:

- prevedere un permesso temporaneo di rientro nel paese di origine di
fronte a situazioni di particolare gravità quali lutti, malattie di
familiari, ecc;

- prevedere la possibilità di dar corso al rapporto di lavoro in caso di
subentro di un nuovo datore di lavoro;

- vedere tutelato il diritto del lavoratore ad ottenere un permesso di
soggiorno per ricerca di una nuova occupazione rispetto a situazioni di
truffa perpetuate dal datore di lavoro.



5.	Politiche di integrazione. È necessario richiamare le
Amministrazioni Locali ad attuare vere e proprie politiche di integrazione
e non semplicemente singoli interventi a partire dalla conoscenza
quantitativa e qualitativa del fenomeno, dallo sviluppo di servizi di
accoglienza, dei servizi sanitari, degli alloggi, collaborando col
volontariato e l'associazionismo che da anni, soli, sul campo hanno
maturato esperienza. Senza un impegno serio e responsabile da parte delle
istituzioni locali non riusciremo mai a realizzare la società
multiculturale fondata sul rispetto delle diversità e sulla partecipazione
di tutti i cittadini alla vita democratica.

 Si chiede ai Vescovi, sacerdoti, Congregazioni e singole Comunità
religiose l'adesione:

- inviando un fax o un'e-mail presso l'Ufficio Pastorale Giovanile di
Caserta allo 0823-214554; cpg@casertagiovani.org

- proponendo un gesto significativo di comunione e di solidarietà visibile
il giorno 27 giugno p.v. (Festa del Sacro Cuore), organizzando alle 19.00
davanti alle Prefetture d'Italia un incontro di preghiera e di riflessione
,portando la croce e la catena, simboli delle tante forme di schiavitù che
ancora oggi vivono tanti nostri fratelli e sorelle immigrati.



Caserta, 11-giugno-2003

                                                                                              


I Missionari Comboniani



Al Presidente della Repubblica

Al Presidente della Camera dei Deputati

Al Presidente del Senato

Al Presidente della Corte Costituzionale





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