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ass. nazionale del Libero Pensiero Giordano Bruno (sez. di Roma)



Art. 18: un fatto di laicità

Poiché come laici convinti siamo abituati a valutare sempre le cose per i
contenuti e non per posizioni precostituite, anche nel merito dell'art.18 e
del prossimo referendum popolare che ne chiede l'estensione a tutti,
auspichiamo che gli italiani votino con consapevolezza e autonomia di
giudizio, tenendo bene a mente la valenza che per la civile convivenza
democratica ha il principio della garanzia del diritto per tutti.

Per questo è importante rammentare che il senso e il valore della legge 300
del 20 maggio 1970 non è solo questione di tutela dei lavoratori (cosa di
per se stessa già sufficiente a difenderla e ad estenderla) ma è un fatto
di civiltà.

Questa legge infatti, non a caso definita "Statuto dei diritti dei
Lavoratori", varata nel clima politico-culturale delle lotte per
l'emancipazione e la giustizia per tutti, faceva sì che finalmente quei
diritti, pur garantiti dalla Costituzione Repubblicana, ma puntualmente
disattesi nei posti di lavoro attraverso regolamenti interni e misure
repressive, divenissero pratica democratica. Finalmente si riconosceva che
si è cittadini della Repubblica Italiana sempre, proprio perché lo Statuto
sanciva che la dignità della persona e le sue libertà civili e democratiche
non potessero essere messe tra parentesi quando si lavorava. Insomma non si
poteva essere cittadini "a mezzo servizio". Ecco allora che la libertà di
pensiero, l'iscrizione a partiti, associazioni, sindacatiŠnon potevano più
essere motivo di discriminazione, persecuzione, fino alla perdita del posto
di lavoro.

Il lavoratore era libero col lavoro e nel lavoro, proprio nella misura in
cui fatti estranei alla sua professionalità non potevano metterne in crisi
la sicurezza economica, perché finiva il ricatto di un ingiusto
licenziamento. Il lavoratore poteva sentirsi più libero di avere idee
diverse dal datore di lavoro, poteva farle circolare, poteva svolgere
attività politica e sindacale anche sui posti di lavoro. Insomma con lo
Statuto si conquistava una fetta di libertà quotidiana fondamentale e la
laicità dello Stato era più garantita perché in fabbrica, negli ufficiŠ, le
diverse visioni del mondo potevano confrontarsi: non ci si doveva tappare
la bocca per paura delle ritorsioni del padrone.

E come ogni buona legge, anche lo Statuto dei Lavoratori introduceva un
formidabile deterrente affinché dignità e libertà fossero rispettate. Così,
proprio con l'art.18 si prevedeva l'obbligo del reintegro del lavoratore
ingiustamente licenziato. Senza questa garanzia il potere di licenziare
arbitrariamente non sarebbe stato possibile rimuoverlo, perché, pur avendo
il magistrato appurato l'illegittimità di un licenziamento, la sua sentenza
sarebbe rimasta lettera morta.

Tuttavia questa garanzia non venne estesa a tutti i lavoratori, e ancora
oggi ne rimangono fuori tutti coloro che lavorano in imprese con meno di
quindici dipendenti. Una discriminazione giocata sul numero, dunque, che
fin dall'entrata in vigore della legge 300 ha suscitato veementi polemiche.

Ebbene, oggi questa discriminazione può essere superata, e ci si chiede di
farlo con un referendum indetto in un contesto storico in cui si sta
smantellando progressivamente lo stato sociale, in cui la precarietà del
lavoro (definita graziosamente "flessibilità") sta mettendo seriamente in
crisi le garanzie di tutti, rendendoci meno liberi dal bisogno, più
ricattabili, più soggetti a giochi di potere clientelari.

Allora, rivendicare con forza l'estensione di un diritto per tutti, come è
appunto la garanzia di essere reintegrati sul posto di lavoro quando il
magistrato ha stabilito che un licenziamento è illegittimo, ci sembra un
fatto importante, una questione di laicità, e non solo per il valore della
cosa in sé, ma perché , votando Sì al referendum sull'articolo 18
difendiamo i principi costituzionali di garanzia delle libertà democratiche
costituzionalmente previste, riaffermando che il posto di lavoro non è, né
può essere, un zona francaŠ come qualcuno vorrebbe.

Maria Mantello, presidente della sez. romana dell'Associazione Nazionale
del Libero Pensiero Giordano Bruno

mmantello53@virgilio.it