Gay/ONU: Rimandata al 2004 la risoluzione
sull'omofobia
Arabia Saudita, Pakistan, Egitto, Libya e
Malaysia sono riusciti a bloccare la risoluzione sui diritti umani e
l'orientamento sessuale presentata dal Brasile alla 59esima sessione annuale
della Commissione ONU per i Diritti Umani (UNHCHR). Gli USA decidono di non
co-sponsorizzarla e annunciano di astenersi dal votarla perche' non ritengono
che l'ONU sia la sede adatta per affrontare la questione. E' la prima volta che
una risoluzione specifica sull'orientamento sessuale viene presentata in un
organismo dell'ONU. Amnesty International sostiene che la sessualita' non puo'
essere piu' trattata come una questione marginale presso l'ONU. L'orientamento
sessuale e l'identita' sessuale sono elementi fondamentali di cio' che ci rende
umani. Il diritto a determinarli ed esprimerli liberamente senza il timore o la
coercizione sono quindi diritti umani nel senso piu' pieno, dice
l'organizzazione.
Fonte: Amnesty International; Human Rights
Watch; Green Party of the United States; AFP;
365Gay
Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI@ecquologia.it *************** Se volete ricevere queste news, mandate una email vuota a mailto:econotizie-subscribe@yahoogroups.com e replicate al messaggio di conferma che vi viene inviato *************** 25 Aprile 2003 - Dopo tre giorni di acceso
dibattito, la Commissione ONU per i Diritti Umani, la cui sessione annuale si e'
chiusa oggi, non e' riuscita a votare la risoluzione che avrebbe condannato le
discriminazioni basate sull'orientamento sessuale. La proposta e' stata
presentata dal Brasile e appoggiata da 19 paesi tra cui Canada, Sud Africa,
Australia ed Unione Europea.
La risoluzione intitolata 'Diritti Umani e
Orientamento Sessuale' esprime "profonda preoccupazione per le violazioni
commesse in tutto il mondo contro persone che hanno un orientamento sessuale
diverso", chiede "a tutti gli stati di promuovere e proteggere i diritti umani
di tutte le persone indipendentemente dall'orientamento sessuale" e all'Alto
Commissario ONU per i Diritti Umani "di prestare la dovuta attenzione al
fenomeno delle violazioni dei diritti umani basate sull'orientamento
sessuale."
Cinque paesi musulmani sono riusciti ad impedire
la votazione. Arabia Saudita, Pakistan, Egitto, Libya e Malaysia hanno
presentato emendamenti dove i riferimenti all'orientamento sessuale erano
cancellati, il che avrebbe reso la risoluzione priva di significato. Inoltre,
gli USA si sono rifiutati di co-sponsorizzarla e hanno dichirato che si
sarebbero astenuti dal votarla in quanto non ritengono che la commissione sia il
luogo adatto per discutere la questione.
Il voto avrebbe dovuto tenersi Mercoledi', ma
poi a causa dell'ostruzionismo dei paesi musulmani e' stato rimandato a
Venerdi', ultimo giorno della sessione. Poco prima della chiusura, il presidente
della commissione ha proposto di rimandare il voto alla prossima sessione
annuale nel 2004. Il Canada e la Germania hanno chiesto
invece l'allungamento della sessione fino a che la
risoluzione non fosse stata votata. Alla fine i delegati hanno votato per
rimandare il voto all'anno prossimo.
Questa e' la prima volta che una risoluzione
specifica sull'orientamento sessuale viene presentata in un organismo dell'ONU.
La sua adozione e' l'unico modo per fermare l'intollerabile esclusione delle
persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali dalla protezione dell'ONU, ha
detto Amnesty International. Un voto a favore della risoluzione non e' un salto
in un territorio sconosciuto, ma una necessaria riaffermazione dei diritti
stabiliti dagli standard internazionali. Secondo Amnesty International, i
governi che voteranno contro faranno capire che non credono piu' alla premessa
fondamentale della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani: che tutti gli
esseri umani sono uguali nei diritti e nella dignita', senza distinzione di
alcun genere.
Maggiore attenzione da parte dell'ONU alla questione potrebbe fare la differenza in molti casi concreti, dice Amnesty. Milioni di persone in tutto il mondo sono imprigionate, subiscono torture, violenze e discriminazioni a causa del loro orientamento sessuale. Amnesty International ricorda la condanna di poche settimane fa di 21 uomini a 3 anni di reclusione in Egitto, dopo una serie di arresti di omosessuali. Molti individui in tutti i
continenti e culture sono a rischio di queste violazioni:
-Robin Lucas, una lesbica
afro-americana derisa e violentata in prigione negli USA;
-Vanessa Piedrabuena, un'attivista
transessuale Argentina minacciata e picchiata dopo aver denunciato comportamenti
brutali della polizia contro i transessuali;
-5 amici gay e lesbiche in Uganda
che sono stati arrestati, torturati e costretti a lasciare il paese dove
l'omosessualita' e' fuori legge;
-Irina, una lesbica Russa
minacciata con trattamenti psichiatrici forzati per "curarsi" se non avesse
accettato di rinunciare alla custodia di suo figlio;
-Il politico Malese di opposizione,
Anwar Ibrahim, ancora in prigione con accuse di "sodomia" usate a fini
politici. A causa del persistente lavoro
di molti attivisti che si occupano questioni legate alla sessualita', alcuni
organismi dell'ONU hanno fatto concreti progressi nel riconoscere questi modelli
di abuso. La risoluzione del Brasile riflette anche un trend mondiale verso una
maggiore protezione dei diritti di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali.
Molti governi hanno introdotto protezioni legislative contro le discriminazioni
basate sull'orientamento sessuale. Alcuni stati hanno anche inserito queste
protezioni nelle rispettive costituzioni: il Sud Africa e' stato il primo paese
al mondo a farlo, seguito dall'Ecuador e da alcuni stati del
Brasile. Purtroppo molti governi hanno vigorosamente contestato ogni tentativo di
discutere presso l'ONU dei diritti umani di lesbiche, gay, bisessuali e
transessuali, ha detto Amnesty International. I difensori dei diritti umani che
lavorano sul terreno delle discriminazioni basate sull'orientamento sessuale e
in generale sulla sessualita' hanno dovuto subire diffamazioni e sono stati
esclusi dal sistema delle Nazioni Unite. Alcuni
governi continuano ad invocare giustificazioni culturali e religiose, cosi' come
interpretazioni errate del diritto internazionale, per negare a gay, lesbiche,
bisessuali e transessuali i loro diritti fondamentali. Tali argomenti sono stati
usati anche nella sessione della Commissione ONU sui Diritti Umani degli stati
ostili alla risoluzione del Brasile.
Amnesty International sostiene che la sessualita' non puo' essere piu'
trattata come una questione marginale presso l'ONU. L'orientamento sessuale e
l'identita' sessuale sono elementi fondamentali di cio' che ci rende umani. Il
diritto a determinarli ed esprimerli liberamente senza il timore o la
coercizione sono quindi diritti umani nel senso piu' pieno.
Sia la Commissione sui Diritti
Umani che la Commissione sui Diritti Economici, Sociali e Culturali hanno a
lungo riconosciuto "l'orientamento sessuale" come un terreno in cui e'
necessario proibire le discriminazioni. Entrambi gli organismi hanno chiesto ai
governi di fermare le violazioni basate sull'orientamento sessuale, a partire
dalla criminalizzazione dell'omosessualita' fino alla discriminazione sul
lavoro. L'Alto Commissario ONU per i Rifugiati ha affermato che gli omosessuali
possono essere definiti come un "gruppo sociale speciale" nel significato che la
Convenzione sui Rifugiati del 1951 attribuisce a questa espressione. Almeno una
dozzina di paesi in tutto il mondo hanno norme che garantiscono il diritto di
asilo alle persone che a causa del loro orientamento sessuale o dell'identita'
sessuale rischiano abusi nei loro paesi.
Piu' di 70 paesi hanno un
completo divieto sull'omosessualita', con condanne che vanno
dall'imprigionamento alla pena di morte. I paesi la cui legislazione prevede la
pena di morte per l'omosessualita' sono: Cecenia, Iran, Iraq, Mauritania, Arabia
Saudita, Sudan e Yemen. Le relazioni sessuali tra
persone dello stesso sesso sono duramente represse anche in Bangladesh,
Egitto, Malaysia e Pakistan con pene che vanno da 3 a 20 anni di
prigione.
Riguardo al caso dell'ex Primo
Ministro malese Anwar Ibrahim (sopra citato), lo scorso 18 Aprile la Corte di
Appello ha deciso di non liberarlo. La decisione rappresenta un'ulteriore
deterioramento dei diritti umani nel paese, ha detto Amnesty International.
Condannato con accusa di sodomia a 9 anni di prigione nel 2000, Anwar Ibrahim era
ricorso in appello, ma il suo tentativo e' fallito. Amnesty International
considera Ibrahim un prigioniero di coscienza per le sue attivita' politiche
dissenzienti. L'organizzazione rimane preoccupata per l'esistenza di leggi sulle
relazioni omosessuali che non solo permettono alle autorita' di usare
l'omosessualita' come pretesto per opprimere gli oppositori politici, ma viola
anche i diritti umani internazionali, compresa la liberta' di coscienza, la
liberta' dalla discriminazione e il diritto alla privacy.
Negli USA, la Corte Suprema
potrebbe rovesciare la sentenza Bowers v. Hardwick del 1987 che permise ai singoli stati
della federazione di criminalizzare la sodomia. Oltre a gran parte dei
Democratici, anche i Verdi si sono espressi a favore per un completo
rovesciamento della sentenza, invocando il diritto alla privacy e alla liberta'
dall'intrusione del governo. Tredici stati Americani si sono rifiutati di
eliminare la legislazione anti-sodomia. Queste leggi sono state usate come
strumento di repressione e negazione di altri diritti e protezioni. Esse sono
state maneggiate arbitrariamente contro i gay, le lesbiche, i transessuali, e
altri Americani - a volte persino contro gli eterosessuali, ha affermato il
partito ecologista. La piattaforma nazionale dei Verdi appoggia l'adozione di
leggi federali contro le discriminazioni, per le unioni civili di coppie dello
stesso sesso, il diritto all'adozione e alla custodia di bambini. Qualora la
Corte Suprema non dovesse rovesciare la sentenza Bowers v. Hardwick, i Verdi
chiedono ugualmente l'eliminazione delle leggi statali
anti-sodomia.
alcuni link utili: www.ai-lgbt.org
In merito all'andamento generale
della sessione UNHCHR, Human Rights Watch lo ritiene piu' deludente dello scorso
anno. Un club di governi abusivi ostili ai diritti umani ha bloccato diverse
importanti iniziative, mentre gli USA e, in misura minore, l'UE non hanno
esercitato una leadership costruttiva. HRW ha criticato gli USA per aver giocato
un ruolo distruttivo su numerose questioni. Per la prima volta, gli USA non
hanno co-sponsorizzato una risoluzione di condanna per gli abusi della Russia in
Cecenia (la risoluzione e' stata respinta con 15 voti a favore, 21 contrari
e 17 astensioni). Gli USA hanno anche abbandonato la tradizionale prassi di
sponsorizzare una risoluzione critica per le violazioni in Cina, con la scusa
del cambio di leadership e citando imprecisati miglioramenti nel rispetto dei
diritti umani. Gli USA hanno bloccato ogni dibattito sulla situazione in Iraq e
si sono opposti al monitoraggio sui diritti umani nella transizione dell'Iraq,
come anche alle richieste di punire le passate violazioni dei diritti umani in
Afghanistan e alle critiche dei persistenti abusi in quel paese. Si sono battuti
senza successo per evitare che la Commissione chiedesse ai governi di ratificare
lo statuto della Corte Penale Internazionale.
Nonostante l'ampio consenso
internazionale contro le condanne a morte di coloro che si sono resi
responsabili di reati in minore eta', gli USA hanno insistito affinche' questo
principio fosse eliminato da una risoluzione sui diritti dei minori. Nel 2002,
le uniche condanne di questo tipo sono state eseguite dallo stato del
Texas, e gli USA sono l'unico paese al mondo che continua ad eseguire
condanne a morte su persone che avevano meno di 18 anni al tempo del reato. Ma
la risoluzione di quest'anno sulla pena di morte condanna questa pratica piu'
intensamente e rende chiaro che le condanne dei "criminali giovani" sono
proibite dal diritto internazionale.
L'Unione Europea, evidentemente
preoccupata per le relazioni con Washington, non e' riuscita a assumere una
forte leadership su questioni importanti. Sebbene l'UE era quasi l'unica a
sponsorizzare le risoluzioni sui singoli paesi, spesso non era forte a
sufficienza. Le risoluzione sulla Russia, lo Zimbabwe e il Sudan non solo erano
meno critiche degli anni precedenti ma sono anche state tutte respinte.
L'UE non ha presentato una risoluzione critica verso l'Iran, puntando sul suo
nuovo ma non provato dialogo sui diritti umani con Teheran. Non ha introdotto
neanche la risoluzione sulla Cina. Un potente gruppo di governi ostili che e'
entrato nella Commissione negli ultimi anni, come Algeria, Libya, Sudan, Syria e
Zimbabwe, si sono uniti a Cina, Cuba e Russia per opporre diverse
importanti iniziative. I governi Africani, guidati dal Sud Africa, hanno
lavorato come un blocco per opporsi alle risoluzioni sullo Zimbabwe e sul Sudan.
Alcuni paesi dell'America Latina e dei Caraibi che hanno una buona
reputazione sul rispetto dei diritti umani, come Brasile e Argentina, non hanno
appoggiato importanti risoluzioni, e si sono dimostrati muti nel criticare le
violazioni a Cuba. Canada, Costa Rica, Norvegia, Nuova Zelanda e Svizzera sono
tra i pochi che negli anni hanno mantenuto una linea coerente e positiva
sulle questioni dei diritti umani discusse nelle sessioni annuali
dell'UNHCHR.
Per maggiori info sulla
sessione:
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