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Indonesia: Deforestazione e violazione dei diritti umani in West Papua



Indonesia: Deforestazione e violazione dei diritti umani in West Papua
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Secondo Amnesty International, le forze di sicurezza Indonesiane forniscono protezione alle aziende nazionali e transnazionali che operano nella West Papua e contemporaneamente si rendono responsabili di gravi violazioni di diritti umani. L'estrazione mineraria e la deforestazione hanno provocato danni ambientali e leso i diritti delle popolazioni indigene. Coloro che rivendicano i diritti sulla terra sono spesso accusati di essere ribelli o separatisti. Un rapporto dell'ICG sostiene che ci sia una stretta connessione tra l'estrazione di risorse naturali, gli interessi finanziari dell'esercito e l'attuale conflitto nella West Papua. Il WWF esprime preoccupazione per il previsto aumento delle piantagioni di palma da olio nei prossimi anni, che potrebbe incrementare il gia' alto tasso di deforestazione in Indonesia.

Fonte: Amnesty International; Down to Earth; WWF International
Traduzione a cura di Fabio Quattrocchi mailto:FABIOCCHI@inwind.it
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Dicembre 2002 - Amnesty International ha denunciato le violazioni di diritti umani connesse alle attivita' economiche nella West Papua (in passato conosciuta anche come Iran Jaya). L'organizzazione ha chiesto al governo di Jakarta e alle multinazionali che conducono attivita' economiche nella West Papua di rispettare e tutelare i diritti umani. Gli incidenti come le recenti uccisioni del personale della miniera di oro e rame della multinazionale Statunitense Freeport da parte di gruppi armati non identificati, assieme alle accuse secondo cui i membri dell'esercito Indonesiano (che forniscono protezione militare alle multinazionali) sono responsabili delle violazioni di diritti umani contro le popolazioni locali, sottolineano la difficolta' di garantire la sicurezza delle operazioni commerciali e, allo stesso tempo, di rispettare e proteggere i diritti umani di coloro che vivono vicino alle zone in cui tali operazioni commerciali vengono portate avanti.
 
La Papua e' la provincia Indonesiana piu' estesa e tra le piu' ricche di risorse naturali. Le sue ricchezze minerarie e le foreste tropicali che, assieme a quelle della Papua Nuova Guinea, rappresentano la terza foresta pluviale piu' estesa del pianeta (secondo il WWF la foresta dell'intera isola copre 36 milioni di ettari), hanno attirato aziende nazionali e multinazionali. Vasti tratti di foresta sono stati concessi a compagnie soprattutto Indonesiane. La miniera di rame ed oro della Freeport e' una delle maggiori al mondo. Anche le principali multinazionali petrolifere operano nella regione.
 
Lo sfruttamento delle risorse naturali e' da molto tempo una causa di tensione tra i Papuani e il governo centrale. L'estrazione mineraria e la deforestazione hanno provocato danni ambientali, leso i diritti delle popolazioni indigene, danneggiato i loro mezzi di sostentamento, i loro costumi e le loro tradizioni. Cio' ha avuto gravi conseguenze sociali, economiche e culturali, come lo spostamento forzato delle popolazioni e la perdita dei mezzi di sostentamento. Le forze di sicurezza si sono rese responsabili di gravi violazioni dei diritti umani che hanno aggravato le tensioni e alimentato la domanda di indipendenza dall'Indonesia.
 
L'enorme operazione di estrazione mineraria della Freeport e' particolarmente controversa. I gruppi che rappresentano le comunita' locali, e le ONG nazionali ed internazionali hanno accusato la multinazionale Statunitense che opera nella miniera di violare il diritto alla sussistenza, di ignorare i diritti culturali delle popolazioni indigene, di costringere le comunita' a spostarsi altrove e di distruggere l'ambiente. A  meta' degli anni '90, le forze di sicurezza Indonesiane che operavano intorno alla miniera, in qualche caso usando le attrezzature della miniera stessa, avevano compiuto esecuzioni extra-giudiziarie, "scomparse", torture, arresti arbitrari e altre violazioni di diritti umani.
 
Lo status politico della Papua era contestato gia' prima dell'inizio delle operazioni commerciali. La regione era rimasta una colonia Olandese dopo che l'Indonesia era divenuta indipendente nel 1949. Nel 1962, con un accordo mediato dagli USA, il governo del territorio fu trasferito temporaneamente alle Nazioni Unite prima di essere ceduto all'Indonesia nel Maggio 1963. L'accordo prevedeva un referendum monitorato dall'ONU per confermare o respingere l'annessione all'Indonesia. La votazione si svolse nel 1969, confermando l'annessione. Tuttavia, il risultato e' considerato fraudolento da gran parte dei Papuani che erano rappresentati nello scrutinio da 1,025 individui scelti dal governo Indonesiano.
 
Il movimento di indipendenza esiste dalla fine degli anni '60: il Free Papua Movement (OPM) e il suo braccio armato (TPN) che consiste in piccoli gruppi armati con frecce e altre armi semplici. Il gruppo ha compiuto attacchi sporadici soprattutto contro l'esercito e le forze di polizia, sebbene i civili siano stati talvolta vittime di abusi come uccisioni o sequestri. Le operazioni di contro insurrezione da parte delle forze di sicurezza Indonesiane contro il movimento sono sfociate in gravi violazioni di diritti umani, come esecuzioni extra-giudiziarie, "scomparse", tortura e detenzioni arbitrarie.
 
Dopo le dimissioni dell'ex presidente Suharto nel 1998 e la conseguente rimozione delle restrizioni sulla liberta' di parola e associazione nel paese, un diffuso movimento civile indipendentista e' cresciuto in Papua, con strutture formali e leader identificabili. La risposta politica del governo alla crescita del movimento e' stata inconsistente, sebbene siano stati fatti dei tentativi di dialogo con gli attivisti civili che chiedono l'indipendenza. Tuttavia, la repressione del movimento, talvolta contemporaneamente a tali aperture di dialogo, e' continuata.
 
Gli attivisti indipendentisti, sia armati che non-violenti, sono stati oggetto di abusi, come l'esecuzione extra giudiziaria di Theyes H. Elian, presidente del gruppo civile per l'indipendenza PDP. E' stato rapito e ucciso nella periferia di Jayapura. Il comandante delle Forze Speciali chiamate Kopassus e 11 suoi subordinati sono i principali sospettati, ma nessuno ha subito processi giudiziari finora. Nel 2001, i 5 leader del PDP erano stati accusati di "ribellione e diffusione dell'odio nei confronti del governo", accuse solitamente usate per arrestare gli attivisti politici pacifici.

Il rapporto di Amnesty documenta le violazioni avvenute durante un'operazione di polizia nel distretto di Wasior dall'Aprile all'Ottobre 2001. L'operazione, la piu' massiccia dal 1996, era una risposta all'uccisione di 9 persone, compresi 5 agenti di polizia, in due attacchi da parte di gruppi armati non identificati contro alcune multinazionali del legno avvenuti tra il Marzo e il Giugno 2001. Come nell'attacco nella miniera della Freeport (citato all'inizio di questo articolo, ndt), le autorita' Indonesiane hanno accusato il gruppo armato di opposizione, il Free Papua Movement (OPM), di essere il responsabile. Tuttavia, in assenza di un'indagine ci sono ancora dei dubbi sul coinvolgimento dell'OPM.
 
Il distretto di Wasior si trova nella Papua Nord Orientale. Le multinazionali del legno sono arrivate nell'area agli inizi degli anni '90. Come e' successo in altre parti della provincia e in tutto il resto dell'Indonesia, le concessioni forestali sono state negoziate tra le aziende e il governo centrale, senza alcuna significativa consultazione e partecipazione delle comunita' locali interessate. I risarcimenti per la perdita delle terre e dei mezzi di sostentamento sono stati bassi. Risarcimenti inadeguati, assieme al grave impatto della deforestazione sull'ambiente, sui mezzi di sostentamento e sulle tradizioni locali e' causa di dispute tra le popolazioni locali e le multinazionali.
 
Le proteste delle popolazioni di Wasior contro le aziende del legno sono state rappresentate dal Consiglio Tribale Wondama (DPMA). Tra le numerose dispute in cui il DPMA e' stato coinvolto, una era contro la compagnia PT Darma Mukti Persada (PT DMP), che ha sede nel villaggio di Wombu, nel distretto di Wasior. La disputa e' andata avanti per diversi anni, ed era giunta a un vicolo cieco all'inizio del 2001. Nel Marzo dello stesso anno, una protesta delle popolazioni locali blocco' la strada che portava alla sede della PT DMP. Tre giorni dopo, la base fu attaccata da un gruppo armato non identificato. Nell'attacco furono uccisi tre dipendenti dell'azienda.
 
Rimane poco chiaro se vi sia un legame tra l'attacco e la protesta. Tuttavia, le autorita' Indonesiane accusarono immediatamente il movimento per l'indipendenza OPM. I membri del Consiglio Tribale furono anch'essi accusati di aver appoggiato il piano. Nei giorni seguenti, la brigata mobile Brimob (un'unita' paramilitare della Polizia della Rep. Indonesiana usata frequentemente per fornire protezione alle compagnie commerciali e per le operazioni di contro insurrezione in Aceh e, in passato, a Timor Est) comincio' le sue operazioni militari a Wombu e nei villaggi vicini. Secondo le organizzazioni locali che difendono i diritti umani, le forze di sicurezza compirono atti che terrificarono le popolazioni causando la loro fuga nelle foreste. I membri del Consiglio Tribale si nascosero per evitare di essere catturati.
 
Nel Giugno seguente, mentre queste operazioni andavano avanti, si verifico' un altro attacco contro un'altra compagnia del legno, la CV VPP. Cinque membri del Brimob, che facevano parte di una unita' che forniva protezione armata per la compagnia, e un dipendente della compagnia stessa, rimasero uccisi nell'attacco. L'identita' degli attentatori non e' chiara.
Dopo questo attacco, le operazioni militari si intensificarono e furono allargate anche ad altri distretti. Fu impedito l'accesso degli stranieri all'area (tra questi c'erano dei difensori di diritti umani). Seguirono forme di punizione collettiva come la distruzione di case e dei mezzi di sostentamento: alcune organizzazioni stimano che furono distrutte 55 case nelle operazioni.
 
Amnesty condanna le uccisioni dei dipendenti delle compagnie e riconosce la responsabilita' delle autorita' Indonesiane ad identificare e portare all'autorita' giustizia i sospettati dell'attentato. Allo stesso tempo, Amnesty e' anche gravemente preoccupata per le misure arbitrarie e sproporzionate prese dall'unita' paramilitare Brimob in risposta agli attacchi. Le informazioni disponibili suggeriscono che queste azioni erano delle vere e proprie rappresaglie contro l'intera comunita', e non la risposta alla necessita' di portare alla giustizia i responsabili delle uccisioni.
 
Durante tutta l'operazione, almeno sette persone sono state uccise e una e' morta in seguito alle torture subite in carcere. Ventisette persone sono state condannate alla detenzione dopo processi giudiziari iniqui. Oltre 100 persone sono state arrestate, torturate o altrimenti maltrattate.
 
Amnesty chiede al governo Indonesiano un'indagine indipendente sugli abusi compiuti a Wasior e di portare i responsabili alla giustizia. Il fallimento del governo nel prendere azioni credibili ed efficaci per indagare sui casi come quelli avvenuti a Wasior consolida l'impunita' e contribuisce ai problemi sulla sicurezza.
Alle compagnie nazionali e multinazionali, Amnesty chiede di assicurarsi che le loro operazioni economiche non abbiano alcun impatto negativo sui diritti umani e le liberta' fondamentali delle popolazioni locali, quindi chiede di non ingaggiare forze di sicurezza contro cui esistono credibili accuse di violazioni dei diritti umani, e di impedire l'uso dei loro impianti da parte di coloro che intendono violare i diritti umani.
 
Gli eventi accaduti a Wasior nel 2001, aumentano le preoccupazioni sugli effetti che potrebbe avere lo sviluppo dell'estrazione di gas naturale nella Bintuni Bay, a circa 250 km da Wasior, da parte della British Petroleum (BP). Oltre alle preoccupazioni legate al possibile impatto di tale progetto sull'ambiente e sulle popolazioni indigene, ci si chiede come possa essere garantita la sicurezza di questo nuovo progetto garantendo allo stesso tempo che coloro che forniscono la sicurezza non commetteranno violazioni dei diritti umani. 
 
Amnesty non prende posizione sullo status politico della Papua, ne' sull'esistenza delle operazioni commerciali. L'organizzazione chiede solo il rispetto e la protezione dei diritti umani di coloro che vivono nella provincia e chiede che tali diritti non dovrebbero essere ignorati per il raggiungimento di obiettivi politici o messi in secondo piano per lo sviluppo economico. Amnesty considera come responsabilita' primaria del governo indonesiano quella di assicurare la protezione dei diritti umani, ma crede che anche altri attori, come le multinazionali, abbiano la responsabilita' di assicurare la tutela dei diritti umani nelle aree in cui operano. Infine chiede ai gruppi armati di non commettere violazioni di diritti umani.
 
Il rapporto e' disponibile per intero su:
http://web.amnesty.org/ai.nsf/Index/ASA210322002
 
Secondo l'organizzazione Down to Earth, le violazioni dei diritti umani connesse all'industria forestale aumenteranno nella West Papua se le foreste continueranno ad essere distrutte ai ritmi attuali e le forze di sicurezza indonesiane continueranno loro attivita' economico-militari in un clima di totale impunita'. Il gruppo ELSHAM, che si occupa della difesa dei diritti umani nella West Papua, ha documentato un serie di violazioni di diritti umani connesse all'industria forestale avvenute all'inizio del 2002 nei sottodistretti intorno a Jayapura. I rapporto cita una serie di casi in cui dei Papuani erano stati costretti a consegnare ai membri dell'esercito il legname con la minaccia di essere uccisi con pistole, torturati e, in un caso, costretti a strisciare per terra e mangiare il terreno. I perpetratori di tale crimine erano membri delle forze speciali Kopassus e membri del Battaglione di Fanteria 126 del commando Bukit Barisan. Le vittime degli abusi citate dal rapporto sono 11 e con un'eta' tra i 15 e i 18 anni. Le truppe dislocate il villagio Yetti usavano persino sostanze tossiche per ottenere il pesce, inquinando i fiumi da cui le popolazioni locali traggono sostentamento e acqua. Il Battaglione 126, dislocato nell'area Arso dall'Ottobre 2002, gestisce i suoi affari forestali in segreto, usando carri merce militari e civili per trasportare in citta' il legno derubato agli indigeni.
 
Fino a poco tempo fa, quasi tutti i guadagni derivanti dallo sfruttamento forestale finivano direttamente a Jakarta; il che ha causato un forte risentimento tra i Papuani. L'esercito e la polizia Indonesiani hanno giocato un ruolo chiave: sia privando i proprietari terrieri locali dei loro averi per il beneficio delle multinazionali, sia sfruttando loro stessi le ricchezze naturali della West Papua. Secondo un rapporto dell'ICG (International Crisis Group), l'Indonesia non copre completamente il budget dell'esercito e della polizia con i finanziamenti statali, col risultato che entrambe le istituzioni guadagnano gran parte del reddito dall'estorzione e da altri crimini come la deforestazione illegale o l'estrazione mineraria. Questo coinvolgimento e' pericoloso perche' mantiene vivo nelle forze di sicurezza l'interesse al proseguimento del conflitto.
Solo il 25-30% del budget militare e' fornito dallo stato. Il resto dei finanziamenti proviene da attivita' illegali come furti (vedi il caso documentato dalla ELSHAM), o dalla protezione che l'esercito fornisce alle multinazionali petrolifere, forestali e minerarie (che pagano per ricevere tale protezione). Le forze di sicurezza sono anche coinvolte nel traffico di animali esotici. Secondo ELSHAM, ogni soldato riceve 0.77 dollari al giorno e viene loro permesso dai superiori di guadagnare dalla deforestazione e dal commercio di legname per colmare l'inadeguatezza dello stipendio statale.
 
La compagnia Jayanti paga 20 soldati per reprimere eventuali proteste delle popolazioni locali. La Jayanti possiede concessioni forestali su 420,000 ettari (di cui 100,000 da convertire in piantagioni di palma da olio). Secondo ICG, gli abitanti di Tofoi sono stati intimiditi dai membri dell'unita' paramilitare Brimob (vedi sopra) che erano dislocati nel campo base della Jayanti. Tra gli azionisti di questa azienda c'e' il cugino di Suharto e vecchi ufficiali dell'esercito. Il gruppo e' in gravi difficolta' economiche ed e' stato recentemente accusato dal capo distrettuale di Fak Fak di deforestazione illegale al di fuori delle concessioni.
 
Dal primo Gennaio 2002 e' entrata in vigore l'autonomia della Papua concessa dal governo di Jakarta e approvata dal parlamento. Essa prevede che il 70% delle royalties derivanti dallo sfruttamento petrolifero e l'80% delle royalties dalle attivita' minerarie e forestali vadano alla West Papua, e non piu' al governo centrale. L'autonomia prevede anche l'istituzione di un consiglio dei popoli Papuani (MRP) per proteggere i diritti consuetudinari dei Papuani. Tuttavia, l'autonomia speciale non trasferisce significativi poteri di controllo territoriale, ne' prevede la demilitarizzazione. Se le forze di sicurezza possono continuare la loro violenta campagna contro l'opposizione politica della Papua e contro i difensori di diritti umani per portare avanti le loro attivita' economiche nella totale impunita', l'autonomia difficilmente calmera' le istanze di indipendenza dei Papuani.
 
Il rapporto dell'ICG sostiene che ci sia una stretta connessione tra l'estrazione di risorse naturali, gli interessi finanziari delle forze di sicurezza e l'attuale conflitto nella West Papua. ICG raccomanda la fine del coinvolgimento dell'esercito in queste attivita' economiche; una moratoria sullo sfruttamento forestale finche' non verra' formulata una nuova politica che rafforzi il ruolo delle popolazioni locali interessate, che enfatizzi lo sfruttamento sostenibile e che riveda i meccanismi di licenza; infine chiede il rafforzamento del divieto di esportazioni di legname. Il rapporto e' disponibile per intero su www.crisisweb.org
 
Secondo Amnesty International, gli eventi sollevano preoccupazioni sulla protezione dei diritti umani nel contesto dello sfruttamento delle risorse naturali. Tale problema non e' limitato alla sola Papua. Per esempio, nel sotto distretto di Kaolak nella Provincia del Sud Salawesi, 30 persone sono state ferite nel Marzo 2002 quando i membri della Brimob e la polizia locale spararono sulla folla di agricoltori e indigeni che occupavano la terra acquistata da una multinazionale che voleva convertirla a piantagioni di cacao. Coloro che rivendicano i diritti sulla terra o altri diritti che possono entrare in contrasto con le operazioni di deforestazione o di estrazione mineraria nella West Papua sono spesso accusati di essere separatisti o ribelli, contro i quali le forze di sicurezza Indonesiane hanno intrapreso operazioni contro-insurrezione per anni.
 
Il WWF si dice preoccupato per il previsto aumento delle piantagioni di palma da olio. Secondo un rapporto dell'organizzazione, la domanda di olio da palma aumentera' dagli attuali 22.5 milioni di tonnellate all'anno fino a 40 mln di tonnellate nel 2020. Per soddisfare la domanda, i paesi produttori dovranno creare altri 6 mln di ettari di piantagioni, meta' delle quali sara' in Indonesia. A meno che le istituzioni che finanziano l'espansione del settore, e le compagnie che comprano l'olio da palma, non insistano in pratiche di coltivazione ambientali e sociali rispettose, il WWF teme che il risultato sara' un'espansione delle piantagioni a scapito delle foreste naturali in Indonesia, un paese che ha gia' uno dei piu' alti tassi di deforestazione del mondo.
 
Le piantagioni di palma da olio hanno gia' avuto un drammatico impatto sulle foreste Indonesiane. Dal 1985, le piantagioni sono passate da 600,000 ettari a piu' di 3 mln di ettari nel 2000, riducendo gravemente gli habitat di specie minacciate come gli orango tanghi e gli elefanti di Sumatra. Invece di mettere le piantagioni nelle terre gia' degradate ampiamente disponibili, le multinazionali del legno, dopo aver estratto il legname pregiato, incendiano le foreste naturali su cui hanno ottenuto le concessioni di taglio. La terra viene poi convertita in piantagioni di palma da olio.
 
Secondo il WWF, la rapida espansione del settore e' stata finanziata dalle istituzioni finanziarie Europee, Nord Americane e Asiatiche che raramente cercano di migliorare le pratiche sociali e ambientali dei loro clienti. Per cui e' fondamentale che gli investitori, e i commercianti adottino pratiche migliori.
 
India, Cina e Pakistan, dove l'olio da palma e' l'olio da cucina piu' usato, sono i maggiori importatori. Olanda, Gran Bretagna e Germania sono i maggiori importatori europei, e l'UE intera ha il 17% del mercato globale di olio da palma. Quest'olio puo' essere trovato in un'ampia serie di prodotti alimentari e non alimentari, come cosmetici, detergenti, cioccolato, gelati e margarina.
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