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vita da clochard?



Molti di voi mi chiedono com'è la vita del consigliere comunale di una
grande città. E' un po' da clochard.
Di seguito trovate una lettera che ho inviato qualche settimana fa al
Corriere della Sera  proprio su questo argomento.

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Bella questione, quella  sollevata da Guido Vergani nel suo "Il Milanese "
di giovedì 12 settembre.
Sono uno di quei consiglieri comunali che interrogano il sindaco senza
avere un minuto di attenzione. Che passano da una riunione all'altra  per
non cavare  un ragno dal buco. Che vivono, sui banchi del consiglio,
un'esperienza  paradossale: ozio senza riposo, fatica senza lavoro.
Perchè, dunque, uno lo fa?
Rispondo per me.Vanità? Un tempo il consigliere comunale era qualcuno, oggi
un signor nessuno. Soldi? Il meccanismo di calcolo dell'indennità è
farraginoso, in sintesi: due milioni netti al mese  per avere giornate
strapiene, serate rovinate  e una carriera finita (o quasi) sul posto di
lavoro. Benefits? Un pass per le corsie preferenziali e due biglietti per
le partite di San Siro. Voglia di potere?  Ma va', conta di più l'ultimo
consulente o la bella segretaria.
E allora, perché continuare a star lì, nell'aula  sorda, grigia e frigida?
La chiamerei difesa ad oltranza del valore della rappresentanza. La città
vota ed elegge i suoi rappresentanti che si riuniscono in  assemblea.
L'assemblea si chiama Consiglio Comunale ed è il momento più alto della
vita democratica milanese. Del parlamento cittadino fa parte, a pieno
titolo, il sindaco. E' uno dei 61 membri. La sua elezione in forma diretta
non lo trasforma in podestà, non lo fa diventare di specie diversa rispetto
agli altri consiglieri. Gli attribuisce, questo sì,  l'alta funzione di
capo dell'amministrazione. Compito che deve svolgere seguendo gli indirizzi
approvati dal Consiglio e sottoponendosi  al controllo del Consiglio stesso.
Queste non sono mie opinioni. E' la legge che disciplina il funzionamento
degli enti locali. Oggi, purtroppo, il sindaco  di Milano usa la forza
della legittimazione popolare contro il principio di legalità. Si pensa
intoccabile e agisce di conseguenza. Non parla, non risponde,  viene
raramente in Consiglio e quando viene è per imporre decisioni già blindate
in partenza. Se fosse per Albertini, il Consiglio Comunale diventerebbe
davvero un'assemblea di condominio: una riunione all'anno,  tre ore, non di
più,  in una stanzetta presa in affitto dalla parrocchia. Però più lui
esagera,  più io non mollo. Sto lì fermo, proprio fermo. Non perdo neanche
tempo a presentare interrogazioni  o delibere di iniziativa  consiliare,
che finiscono subito nel cestino. Non impreco, non faccio neanche un
plissé. Aspetto con pazienza. Ciò che tarda  accadrà.

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Giovanni Colombo
Presidente nazionale della Rosa Bianca
Consigliere comunale  di Milano - indipendente Ds
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 Se qualcuno  non vuole ricevere questi messaggi  me lo segnali e verrà
subito depennato dalla lista.