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Gay, lesbiche e globalizzazione neoliberista



Gay, lesbiche e globalizzazione neoliberista
by Azione gay e lesbica
info@azionegayelesbica.it

Nel corso di quest'anno Azione gay e lesbica, che aderisce al Social Forum
di Firenze, ha organizzato una serie di incontri di riflessione sul tema del
rapporto dei gay, delle lesbiche e dei loro movimenti con il neoliberismo,
producendo il seguente documento.

1. Gay e lesbiche nel modello neoliberista
La fine del XX secolo e l'inizio del XXI sono caratterizzati dal progressivo
affermarsi del modello neoliberista. Senza volerci soffermare a descrivere
la teoria neoliberista e le sue applicazioni nel mondo, ci limitiamo a
focalizzare alcuni mutamenti già avvenuti o tuttora in corso nella società
italiana, e anche in altre, che assumono rilevanza particolarmente forte
nella vita dei gay e delle lesbiche. Gli esempi che riportiamo delle
motivazioni che spingono alla critica del neoliberismo, sebbene siano un
campionario minimo, investono aspetti fondamentali e vari della vita di
ciascuno/a: l'istruzione, l'assistenza agli anziani, i diritti dei
lavoratori e la sanità.
Lo smantellamento dello stato sociale è infatti uno dei dati caratterizzanti
del modello neoliberista. La tendenza è quella di sostituire diritti
fondamentali dell'individuo come quello alla salute e all'istruzione con
servizi a pagamento di qualità variabile a seconda del prezzo che si è in
grado di pagare. Questo si traduce in un'ingiusta esclusione dai diritti
delle classi meno abbienti. Per i gay e per le lesbiche c'è poi un altro
aspetto che rende la situazione ancora più drammatica: la mancanza di una
famiglia di riferimento. In un modello che esclude qualsiasi forma di
assistenza da parte dello stato la famiglia viene infatti gravata di compiti
eccessivamente onerosi di solidarietà sia economica sia più genericamente
assistenziale tra i suoi membri. La mancanza di una famiglia di riferimento,
dovuta sia a frequenti contrasti con quella di origine sia alla scarsa
possibilità di avere figli e di crearne una propria, espone le lesbiche ed i
gay ad esclusioni e disparità ancora più marcate nell'accesso ai diritti
fondamentali.
Riguardo all'istruzione si assiste anche in Italia ad una forte
incentivazione della scuola privata a discapito di quella pubblica. Agli
enormi problemi di disparità di accesso già accennati se ne affiancano altri
non meno importanti: una delle caratteristiche fondamentali della scuola
pubblica è quella di raccogliere all'interno di ogni classe persone molto
diverse tra loro, e questa "coabitazione forzata" costringe ciascun
individuo a rapportarsi con persone che hanno una cultura ed una storia
personale e familiare diversa dalla propria, imponendo un confronto che
favorisce l'acquisizione di strumenti culturali che stanno alla base del
rispetto delle diversità. Le scuole private sono invece inevitabilmente
indirizzate ad individui che hanno forti tratti comuni (ne sono un esempio
le numerose scuole cattoliche), si sottraggono volutamente dal favorire un
confronto tra le diversità e spesso ne danno addirittura immagini negative e
fuorvianti. E' evidente quanto questa situazione sia pericolosa per gay e
lesbiche.
Un altro dibattito estremamente attuale in Italia è quello sull'abolizione
dell'Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che impone restrizioni ai
licenziamenti senza giusta causa. L'Articolo 18 è un importante strumento
preventivo che limita le discriminazioni ed i ricatti sul luogo di lavoro,
che per gay e lesbiche sono comunque molto frequenti. La sua eliminazione
aprirebbe la strada ad un forte peggioramento delle condizioni di lavoro, e
quindi di vita, per i gay e le lesbiche.
Il filo conduttore che lega questi aspetti così diversi è che il modello
neoliberista non riconosce l'uguaglianza dei diritti per tutte e per tutti:
essi divengono dei privilegi che si acquisiscono su base economica e
comunque a prezzo dell'assoluta accettazione degli stili di vita imposti dal
modello stesso, come il familismo. Lesbiche e gay sono inevitabilmente
eversivi rispetto a tali modelli e per questo hanno una forte necessità
dello stato sociale ed hanno senz'altro molto da perdere in una società
strutturata secondo il neoliberismo. E' però opportuno evidenziare che ad
essere lesi sono i diritti fondamentali di tutti e di tutte, non solo quelli
particolari dei gay e delle lesbiche.


2. La "lobby gay"
Il concetto di lobby economica discende immediatamente dall'organizzazione
di base della società in cui viviamo.
All'interno di un modello capitalista e neoliberista infatti una minoranza
sarà tanto più in grado di veder riconosciute le proprie aspirazioni
(indipendentemente dal fatto che esse siano o meno sancite da carte
nazionali o internazionali) quanto più possiede un potere economico,
commerciale e finanziario tale da rendere economicamente non conveniente che
essa non sia soddisfatta, anche se le citate aspirazioni vengono a
contrastare con principi abbastanza radicati nella comunità.
In questi ultimi anni in Italia si è assistito ad una forte attività del
movimento gay in direzione lobbistica, non solo nel favorirne la
costituzione, ma soprattutto nel tentativo di convincere la società intera
che questa "lobby omosessuale" già esiste ed ha una forte consistenza
economica.
Ci si pongono quindi inevitabilmente varie questioni:
E' lecito chiedersi quanto questo tipo di approccio al problema della
discriminazione e dell'omofobia possa condurre ad una reale soluzione,
ovvero al miglioramento della qualità della vita di tutti e di tutte. Per
sua stessa costituzione infatti una lobby economica, per poter agire in modo
incisivo, deve poter essere riconosciuta tale, ovvero essere in grado di
muovere grandi capitali: è quindi inevitabile che le scelte politiche della
lobby vadano nella direzione di un mantenimento o di un incremento del
proprio capitale più che in quella del mantenimento o dell'incremento dei
diritti di tutte e di tutti gli appartenenti alla minoranza che la
costituisce. I due obiettivi non sempre sono coincidenti e talvolta
addirittura antitetici. Così se è vero che tutti possono beneficiare delle
conquiste sociali e giuridiche che essa riesce ad ottenere, è pur vero che
esse sono pensate all'interno di una logica di profitto e non di estensione
dei diritti, per cui è probabile che esse abbiano una reale portata solo per
chi dispone di più potere d'acquisto e/o per chi si omologa a determinati
stili di vita.
Sorge poi spontaneo chiedersi se oggi in Italia si possa veramente parlare
di lobby omosessuale.
Se osserviamo i precedenti storici tipici degli USA si vede che il dato
caratterizzante di una lobby è il fortissimo senso di coesione e di
appartenenza delle persone che la compongono, in quanto è essenziale creare
un meccanismo di "autoalimentazione" del potere economico al suo interno. La
situazione sociale dei gay e delle lesbiche in Italia (ad es. la loro scarsa
visibilità) appare ben lontana dal poter favorire questo tipo di struttura.
Il messaggio che tende ad essere diffuso, spesso proprio dall'interno del
movimento, va però in una direzione opposta a questa: a poco a poco si sta
affermando a livello mediatico un modello gay e lesbico (ma soprattutto gay)
in cui la ricchezza è un dato caratterizzante. Le argomentazioni con cui si
cerca di sancire il binomio gay-ricchezza sono poi ingenue e facilmente
smentibili. Una delle più comuni, a titolo di esempio, è quella secondo la
quale i gay sono ricchi perché non hanno figli da mantenere e quindi possono
disporre per intero del loro potere d'acquisto per sé. Allo stesso modo però
è vero che gay e lesbiche vivono spesso da soli e non possono contare né sui
contributi statali riservati alle famiglie basate sul modello eterosessuale
né molto spesso sul sostegno della propria famiglia d'origine.

Abbiamo quindi evidenziato sia come la lobby economica in generale per la
sua stessa natura non sia uno strumento affidabile per garantire i diritti
di tutte e di tutti sia come, nello specifico caso italiano, essa sia più un
abile meccanismo per pubblicizzare determinati prodotti che una realtà.
L'unione di questi due fattori rende la situazione italiana particolarmente
pericolosa.
Infatti l'unica realtà economica direttamente attribuibile ad un'embrionale
lobby è quella dell'intrattenimento specifico gay e lesbico. E' però
immediato dedurre che una tale realtà commerciale non ha che da perdere da
una vera emancipazione dei gay e delle lesbiche, in quanto non sarebbe più
necessaria la funzione oggi indispensabile del locale come "luogo protetto"
(pur mantenendo il ruolo di spazio di socializzazione) con conseguente
perdita di profitto. Ne deriva che molto spesso queste situazioni rinunciano
a qualsiasi tipo di "impegno" limitandosi all'aspetto commerciale. Anche per
questo appare oggi maggioritaria la figura del gay e della lesbica
"disimpegnati": consci della propria sessualità ma spesso non pienamente
consapevoli dei propri diritti.
Un'analisi a parte va condotta per analizzare la situazione specifica delle
lesbiche. Se esaminiamo l'unico mercato rivolto ai gay e alle lesbiche
realmente esistente, cioè quello dell'intrattenimento, è subito evidente
come spazi specifici per le lesbiche siano una realtà estremamente rara. Se
ne deduce immediatamente che allo stato attuale il mercato non è interessato
al "target" lesbico che quindi ha a disposizione solo locali "misti". Tra i
motivi di questo disinteresse, che meritano un ulteriore approfondimento, ci
sono senz'altro l'eterosessismo del mercato che vede l'uomo come il vero
detentore del potere economico e il fatto che tutt'oggi le lesbiche visibili
sono molte meno dei gay visibili, per cui non raggiungono una "massa
 critica" in grado di destare un sufficiente interesse commerciale. Si può
allora concludere che nel restringimento generalizzato delle realtà non
commerciali causato dall'avanzare del mercato gli spazi dei gay si sono
fortemente modificati ed omologati ma da un punto di vista esclusivamente
numerico sono aumentati, quelli delle lesbiche invece si sono estremamente
ridotti.


3. Società dell'informazione e omologazione degli stili di vita
Se fino a pochissimi anni fa era estremamente raro che sui media si parlasse
di omosessualità, ultimamente le cose a poco a poco stanno cambiando e si
assiste sulla stampa e in televisione ad una crescente presenza gay (meno
lesbica) in vari tipi di produzioni (dal talk show alla fiction).
Questo ha senz'altro una grande portata positiva, perché per la prima volta
fornisce modelli omosessuali anche in regioni geografiche e sociali che
molto difficilmente avrebbero potuto essere raggiunte da altri tipi di
messaggi, ma bisogna anche riflettere sulla qualità dei modelli proposti.
Essi appaiono infatti fortemente omologati. L'immagine della lesbica è
fortemente omologata al modello gay, anche se permangono sacche che
propongono false immagini di false lesbiche funzionali al voyeurismo
eterosessuale maschile. Per il gay, si tratta di uno stereotipo che nasce
dalla necessità di "rassicurare" il più possibile: vediamo dunque un gay che
innanzitutto è un giovane e ricco professionista e soprattutto (il massimo
della "rassicurazione") è accoppiato. Quanto sia forte la portata
tranquillizzante del "sistemare" il gay in una struttura di coppia lo si
desume anche dal fatto che i primi tentativi di giurisprudenza pro-gay che
siano stati promulgati in Italia non sono norme antidiscriminatorie, come
sarebbe lecito aspettarsi, ma interventi volti alla legittimazione delle
coppie (anche se spesso di scarso valore pratico per non urtare troppo il
mondo cattolico e non solo): basti pensare ai molti registri comunali delle
unioni civili.
Questo modello "rassicurante" appare quindi fortemente ricalcato dal mondo
eterosessuale ed espone i gay e le lesbiche a vari rischi: dalla perdita di
un patrimonio culturale tipicamente molto variegato all'omologazione degli
stili di vita e la conseguente intolleranza verso coloro che non si
uniformano (spesso definiti in senso spregiativo "quelli che ostentano").
Si rischia cioè di "non aver imparato la lezione" e, dopo essere stati per
secoli soggetti discriminati, diventare soggetti discriminanti nei confronti
di coloro che si pongono fuori dal modello omosessuale prestabilito per
scelta e/o per mancanza di potere d'acquisto. Come infatti già evidenziato
in precedenza la ricchezza diviene sempre più parte integrante dello
stereotipo di gay preconfezionato, con il rischio che chi non la possiede,
ovvero la maggioranza dei gay e delle lesbiche, risulti comunque escluso dai
diritti.
Il tentativo è dunque quello di costruire tanti gay-consumatori repliche
dello stesso stereotipo, in modo da poter indurre e dedurre i loro bisogni
con estrema facilità per un migliore sfruttamento commerciale. A questo
proposito bisogna di nuovo rilevare l'assenza di uno specifico lesbico. Le
cause già evidenziate portano le lesbiche ad essere poco interessanti per un
mercato apposito, e sono quindi relegate all'interno del modello gay unico,
come una sorta di "femmine della specie gay". Diffondere modelli gay e
lesbici il più variegati possibile in modo da limitare al massimo la forte
spinta all'omologazione e garantire a tutte e a tutti il diritto
fondamentale di essere se stesse/i e di uscire dagli schemi prestabiliti che
ci vengono imposti con violenza a fini commerciali potrà essere una sfida
molto importante per il movimento nei prossimi anni.


4. Movimento e futuro dell'associazionismo
Strettamente connessa con il punto precedente si pone una riflessione sul
ruolo che può avere il movimento gay e lesbico in questa situazione e sugli
strumenti che può utilizzare per agire.
Le trasformazioni tecnologiche degli ultimi anni hanno indubbiamente
contribuito ad abbreviare le distanze spaziali e temporali. In tutto questo
è importante che anche il movimento gay e lesbico si "globalizzi" e cerchi
di agire su scala più vasta, sia geograficamente ma soprattutto collaborando
con altre realtà (come ad esempio quelle presenti nei Forum Sociali) in modo
da cercare di governare le grandi trasformazioni che sono in atto: è infatti
certo che i problemi della discriminazione, dei diritti negati, dell'
omologazione etc. non riguardino solo lesbiche e gay ma vasti strati della
società. E' però fondamentale conservare anche una forte azione politica a
livello locale perché, soprattutto fuori dalle grandi città, vivere
serenamente ed apertamente il proprio orientamento sessuale è ancora molto
difficile.
Questo assume una rilevanza ancora maggiore se si considera che i sentimenti
di emancipazione presenti nei gay e nelle lesbiche vengono sempre più
sfruttati a fini commerciali dalle imprese.
Parallelamente al movimento ed in parte grazie ad esso sono cioè sorte
alcune imprese, che spesso vengono confuse con il movimento stesso,
soprattutto da chi si avvicina per le prime volte al mondo gay e lesbico, le
quali hanno però per fine il profitto e non i diritti. Allo stesso tempo il
progressivo avanzare di queste realtà sottrae sempre più spazio al
movimento.
Acquistare un "deodorante gay" diviene un simbolo distorto di emancipazione.
C'è poi un altro aspetto da sottolineare: si può certamente affermare senza
esagerazione che nella maggior parte del mondo lesbiche e gay sono
discriminati, incarcerati, torturati, uccisi.
Quello che forse non è così evidente è quanto in situazioni drammatiche come
la fame, la guerra, la povertà e lo sfruttamento lesbiche, gay e tutte le
altre minoranze discriminate vedano azzerati i propri diritti in modo ancora
più insopportabile rispetto al resto della popolazione. E' quindi opportuna
una riflessione dei movimenti gay e lesbici riguardo ad un'azione su scala
globale al fine di un miglioramento della qualità della vita.