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Cina: La repressione del governo aumenta le proteste dei lavoratori



Cina: La repressione del governo aumenta le proteste dei lavoratori
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2 Agosto 2002 - Il rifiuto del governo cinese di permettere la creazione di
sindacati sta alimentando la protesta dei lavoratori. Secondo un rapporto di
Human Rights Watch, quegli stessi lavoratori che il Partito Comunista Cinese
dichiara di voler proteggere stanno protestando nelle strade reclamando il
diritto di formare sindacati indipendenti. Essi vogliono avere una voce
nelle decisioni riguardanti il loro lavoro. Le recenti dimostrazioni sono
state le piu' lunghe dal 1989: ad esempio nella citta' di Liaoyang i
lavoratori metalmeccanici hanno preso le strade per 10 settimane e quattro
leader che da 4 anni cercavano di portare all'attenzione delle autorita'
locali le richieste dei lavoratori sono stati incriminati per "assemblea,
marcia e proteste illegali", adesso rischiano 5 anni di reclusione. I
quattro uomini sono stati tenuti per almeno 5 mesi senza difesa legale ne'
contatti con la famiglia. In tutta la Cina, le imprese statali che una volta
promettevano un posto di lavoro a vita stanno tutte chiudendo o licenziando
parte del personale. Molti lavoratori, con decenni di lavoro alle spalle,
devono ancora ricevere paghe arretrate e hanno perso le pensioni, cosi' come
i benefici dello stato sociale. Questi lavoratori protestano contro
l'ipocrisia del governo Cinese: nonostante la costituzione riconosca i
lavoratori come i 'padroni del paese', il governo tratta i lavoratori che
protestano come criminali. La legge cinese vieta ai lavoratori di
organizzarsi in sindacati indipendenti. Solo l'ACFTU puo' rappresentare
legalmente i lavoratori, ma e' sotto il controllo statale. Esso non ha mai
criticato le leggi usate per giustificare l'imprigionamento di lavoratori o
attivisti indipendenti. Secondo quanto afferma il rapporto di Human Rights
Watch, la reazione del governo alle tre proteste tenute nel nordest del
paese (tra cui quella di Liaoyang) e' stata relativamente contenuta, in
parte forse perche' l'agitazione dei lavoratori minaccia la legittimita' del
partito comunista, in parte perche' le autorita' temono l'allargamento della
protesta se reagiscono troppo duramente. Le autorita' cinesi hanno comunque
violato i diritti fondamentali tra cui quello di libera associazione,
espressione e assemblea. Le autorita' si sono anche rifiutate di rilasciare
i permessi per le dimostrazioni, hanno minacciato i lavoratori dicendo che
avrebbero perso la paga se i membri delle loro famiglie avessero preso parte
alle dimostrazioni, e hanno limitato l'accesso dei media alle zone
interessate. Le forze dell'ordine hanno assaltato fisicamente alcuni
manifestanti, altri li hanno arrestati rifiutandosi di rilasciarli finche'
non avrebbero promesso di non prendere parte ad altre proteste. Human Rights
Watch chiede ai partner commerciali della Cina e a tutti i governi a cui
stanno a cuore i diritti umani di fare pressioni su Pechino affinche' chieda
l'assistenza dell'ILO (International Labor Organisation) per riformare le
leggi sul lavoro e conformarle agli standard internazionali sulla liberta'
di associzione. Inoltre HRW chiede alle multinazionali che operano in Cina
di astenersi dal chiedere alle autorita' cinesi di intervenire quando i
lavoratori tentano di formare sindacati, protestare pacificamente o fare
scioperi. Fonte: Human Rights Watch; traduzione di Fabio Quattrocchi
fabiocchi@inwind.it
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