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proposta appello
Walter Peruzzi ha scritto un breve Appello da inviare ai parlamentari prima
dlela votazione sulla Bosso-Fini
Esso è corredato da due documenti, che allego
Prego spedire proposte di emendamenti e firme a Walter (in indirizzo)
Grazie Giuseppe Faso
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NO AL RAZZISMO, NON VOTATE LA BOSSI-FINI
Sta per essere approvata in Senato la legge Bossi-Fini, che si colloca nel
quadro di una campagna d'odio verso gli immigrati, di stampa xenofobo e
razzista, condotta in particolare dalla Lega Nord ma condivisa da tutta la
maggioranza di governo.
Tale legge contrasta per più aspetti con la Costituzione italiana oltre che
con le convenzioni internazionali, come è stato rilevato da varie parti, in
particolare dall'Associazione studi giuridici sull'immigrazione (ASGI) [e
dal documento allegato "Per i diritti di tutti, contro la legge Bossi-Fini"]
L'attuale disegno di legge è stato criticato da tutte le associazioni del
volontariato laico e cattolico mentre vari esponenti dell'associazionismo,
firmatari dell'[allegato] appello "Non rispetteremo la legge di apartheid",
invitano a trasgredirla nel caso fosse approvata. La sua approvazione
segnerebbe infatti un imbarbarimento della società italiana e una grave
minaccia per la nostra convivenza civile.
Per questo chiediamo in modo pressante a tutte le forze dell'opposizione:
a) di denunciare le intollerabili posizioni razziste della Lega e della
maggioranza, mettendo in atto un deciso ostruzionismo per impedire la
definitiva approvazione della legge;
b) di abbandonare l'aula ove si arrivasse al voto finale senza sostanziali
modifiche, per sottolineare la rottura insanabile che con tale legge si
consuma nel parlamento e nel paese;
c) di chiedere al Presidente della Repubblica, garante della Costituzione,
di non firmarla, impegnandosi comunque a denunciarla alla Corte
Costituzionale e a chiederne l'abrogazione per via referendaria.
(NOTA. Ho messo fra parentesi quadre due riferimenti agli allegati perché
questi dovrebbero andare ai deputati e senatori ma non sui giornali che
pubblicano l'appello).
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PER I DIRITTI DI TUTTI, CONTRO LA LEGGE BOSSI FINI
Premessa
Sono ormai numerose le prese di posizione dell'associazionismo cattolico e
laico contro il DDL sull'immigrazione attualmente all'esame del Parlamento.
Numerosi Forum sociali, l'Assemblea ONU dei popoli riunitasi a Perugia lo
scorso anno, la Caritas, la Comunità di Sant'Egidio, e numerose altre
associazioni si sono espresse in senso generalmente negativo nei confronti
del nuovo provvedimento.
Medici senza frontiere, Amnesty International e il Consorzio Italiano di
Solidarietà hanno già lanciato una campagna contro la legge per coinvolgere
associazioni ed enti locali nella difesa attiva di tutti i potenziali
richiedenti asilo.
Anche l'Alto Commissariato dell'ONU per i rifugiati ha espresso le sue
perplessità sulla nuova disciplina dell'asilo. ( per una rassegna dei
lavori parlamentari si veda
http://www.briguglio.frascati.enea.it/immigrazione-e-asilo/ ) .
Si osserva già oggi come nella disciplina italiana dell'immigrazione e
dell'asilo si sia sovvertito, con il prevalere delle prassi amministrative
, il tradizionale ordine gerarchico delle fonti, che pone al vertice del
sistema la Costituzione repubblicana del 1948.
Secondo l'art. 2 del vigente Testo Unico sull'immigrazione n.286 del 25
luglio 1998, " allo straniero comunque presente alla frontiera o nel
territorio dello Stato sono riconosciuti i diritti fondamentali della
persona umana previsti dalle norme di diritto interno, dalle Convenzioni
internazionali in vigore e dai principi di diritto internazionale
generalmente riconosciuti".
La Convenzione di Ginevra, la Convenzione Europea a salvaguardia dei
diritti dell'uomo, le Convenzioni dell'Organizzazione internazionale del
lavoro, ed i principi affermati dalle Corti internazionali, a partire dalla
Corte Europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo, costituiscono dunque
parte integrante del nostro ordinamento giuridico in materia di
immigrazione ed asilo.
Gli articoli 2, 3.2, 8, 10, 11, 13, 16, 19, 21, 24, 25, 27, 32, 34 e 36
della Costituzione producono effetti diretti nel riconoscimento dei diritti
fondamentali di "tutti", delle"persone", e quindi anche degli stranieri, e
costituiscono un limite invalicabile per un legislatore che voglia rimanere
nell'ambito della legalità costituzionale.
Nel suo complesso, il disegno di legge sull'immigrazione attualmente
all'esame del Parlamento (a differenza del carattere compromissorio della
legge Turco-Napolitano del 1998, che cercava di conciliare l'aspetto
repressivo con la prospettiva della integrazione) appare condizionato da
una impostazione securitaria molto netta e dalla preoccupazione di
considerare il fenomeno dell'immigrazione come una questione
prioritariamente di ordine pubblico
La nuova disciplina dei contratti di lavoro degli immigrati si pone in
contrasto, non solo con la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione
( n. 9047 dell' 11 luglio 2001), che riafferma la parità di trattamento in
caso di licenziamento, ma con l'art. 1 della convenzione dell'OIL n.
143/75, già recepito dalla legge 943/86 e dal'art. 2 del T.U. 286/98 che
vietano la discriminazione dei lavoratori stranieri.
Desta preoccupazione in questo quadro la abolizione ( o il forte
ridimensionamento) della previsione dello "sponsor", introdotta nel 1998,
di quei soggetti individuali o collettivi che dovrebbero garantire per un
primo limitato periodo il sostentamento dell'immigrato che giunge in Italia
sempre su chiamata ma senza un contratto di lavoro.
La previsione di titoli di prelazione, che gli immigrati conquisterebbero
dopo corsi di formazione professionale all'estero, appare solo come un
"escamotage" che vorrebbe nascondere la sostanziale abrogazione dell'unica
possibilità di ingresso legale in Italia per ricerca di lavoro, finora
consentita dalla vigente normativa.
.La nuova disciplina dell'accompagnamento forzato in frontiera, già
anticipata dal decreto legge n. 51 del 4 aprile scorso, renderà
immediatamente esecutive tutte le diverse ipotesi di espulsione e di
respingimento, trasformando in delitto il rientro illegale dell'espulso.
L'intero sistema repressivo della clandestinità, così come previsto dalla
legge Bossi Fini, si pone in contrasto con i principi costituzionali che
affermano il rispetto della dignità della persona umana(art.2), la parità
di trattamento(art.3), il diritto alla difesa(art.24), il principio di
legalità e la presunzione di innocenza(art.27), il diritto alla salute
(art.32): sotto questi profili, la nuova disciplina, come l'attuale
normativa, in materia di respingimento, espulsioni e centri di detenzione
amministrativa, va radicalmente respinta e non sembra sufficiente qualche
modifica puramente nominalistica per superare i contrasti con i principi
costituzionali. Malgrado i frequenti richiami ad una non meglio precisata
disciplina comunitaria, la nuova disciplina dell'espulsione amministrativa
contrasta con il quadro comunitario, perchè non garantisce i diritti di
difesa degli immigrati da espellere ed omette di dare attuazione alla
recente direttiva 2001/40/CE del Consiglio, del 28 maggio 2001, relativa al
riconoscimento reciproco delle decisioni di allontanamento dei cittadini di
paesi terzi, alla quale ogni Stato membro dell'Unione deve adeguarsi entro
il 2 dicembre 2002.
La nuova disciplina priva gli immigrati di quei diritti di difesa e di
ricorso che secondo l'art. 24 della Costituzione vanno riconosciuti a
tutti, cittadini e stranieri. Secondo quanto previsto dal decreto legge 51,
già convertito definitivamente in legge, e dalla nuova disciplina ancora
all'esame del Senato, l'espulsione o il respingimento possono essere
immediatamente eseguiti anche in presenza di un ricorso al giudice. I
termini di ricorso rimangono brevissimi e, malgrado la possibilità del
tutto teorica di presentare ricorsi dall'estero, dopo la esecuzione delle
espulsioni, si viola la riserva di giurisdizione riconosciuta anche dalla
sentenza della Corte Costituzionale n.105 del 2001; secondo la quale la
misura di accompagnamento forzato in frontiera, traducendosi in una misura
limitativa della libertà personale, deve essere sempre disposta o
convalidata dall'autorità giudiziaria con provvedimento motivato .
Si raddoppia il periodo di detenzione nei centri di permanenza temporanea,
da trenta a sessanta giorni.
Per la detenzione amministrativa pare non esista il principio di
adeguatezza e di proporzionalità. Si deve ricordare in proposito che, fuori
dai casi di flagranza di reato, la misura restrittiva della libertà
personale si può imporre in base al codice di procedura penale solo quando
si procede per delitti per i quali la legge stabilisce l'ergastolo o una
pena superiore a tre anni.
Per tutte queste ragioni bisogna continuare a battersi per la chiusura dei
centri di detenzione amministrativa, contro ogni ipotesi di rinchiudervi
anche i richiedenti asilo. Deve perciò essere soppresso per intero l'art.
12 del DDL Bossi-Fini che raddoppia la durata della detenzione
amministrativa, misura costituzionalmente non legittima e inattuabile nella
pratica.
Rimane ancora in contrasto con la Carta costituzionale, e con la logica-
oltre che con il principio della effettività della pena- la previsione di
una espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione.
La norma perseguirebbe il fine di decongestionare le strutture carcerarie.
La previsione, peraltro, continua ad apparire gravemente contraria agli
artt.3 e 27 della Costituzione perché consente all'immigrato che ha
commesso un reato e subito una condanna, di sottrarsi all'applicazione
della pena, a differenza dei cittadini e degli stranieri comunitari.
L'unico canale reale di ingresso dei richiedenti asilo e protezione
umanitaria rimane ancora quello clandestino. Questo vale anche per i
richiedenti asilo e protezione umanitaria.
Si verifica spesso dunque, proprio per effetto delle espulsioni e dei
respingimenti indiscriminati disposti sulla base degli accordi di
riammissione, la possibilità di una violazione del principio di "non
refoulement" ( non respingimento) affermato dall'art.33 della Convenzione
di Ginevra. La mancata garanzia dei diritti fondamentali degli stranieri
potenziali richiedenti asilo o protezione umanitaria, allontanati
coattivamente dal nostro territorio, ha un solo nome, di triste memoria:
deportazione.
La proposta contenuta nel DDL Bossi-Fini, che introduce la detenzione
amministrativa dei richiedenti asilo, e istituisce commissioni decentrate (
anche queste già introdotte di fatto nella prassi dalle autorità
amministrative soprattutto a seguito di sbarchi di profughi in Puglia ed in
Calabria, con risultanti sconfortanti). La nuova disciplina aggraverà la
situazione perchè limita fortemente il diritto di difesa anche per i
profughi; e soprattutto perché non garantisce un giudizio imparziale, per
la composizione della commissione di cui faranno parte in prevalenza
funzionari di polizia o comunque rappresentanti del Ministero degli
interni. Ai richiedenti asilo verrà sostanzialmente impedito l'esercizio
del diritto di difesa, ed è prevista anche per loro la detenzione
amministrativa, in casi che di fatto diventeranno la norma, così ad esempio
in tutte le ipotesi di ingresso clandestino.
Dal DDL 795 va dunque stralciata l'intera materia del diritto di asilo, con
la soppressione degli artt. 24 e 25 che introducono procedure sommarie che
non rispettano gli artt. 10 e 24 della Costituzione, più volte affermati
dalla Corte di Cassazione e dalla Corte Costituzionale a favore degli
immigrati irregolari che chiedono asilo o protezione umanitaria.
La materia dell'asilo e dei regimi di protezione complementare va
affrontata organicamente, senza scorciatoie, ripartendo dalla consolidata
giurisprudenza della Corte di Cassazione che, dalla fondamentale pronuncia
n. 4674 del 1997, riconosce la immediata precettività dell'art. 10.3 della
nostra Carta costituzionale, e tenendo conto dei contenuti del DDL
sull'asilo, giunto nella passata legislatura quasi all'approvazione
definitiva, dopo un dibattito che - a differenza di quanto sta avvenendo
adesso - aveva coinvolto tutte le associazioni .
In ogni caso, la nuova disciplina che si vorrebbe introdurre contrasta con
direttive comunitarie già approvate o in corso di approvazione in materia
di asilo e protezione umanitaria, senza prevedere neppure misure di
sostegno per gli immigrati ammessi alla procedura e per coloro ai quali
venga riconosciuto il diritto di asilo.
Palermo 13 giugno 2002
Prof. Fulvio Vassallo Paleologo
Università di Palermo
Associazione studi giuridici sull'immigrazione (ASGI)
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NON RISPETTEREMO LA LEGGE DI APARTHEID
Ci sono valori di uguaglianza e di umanità che stanno al di sopra di
qualsiasi legge
Come già deciso da mesi, contro la legge Bossi-Fini l'associazionismo
antirazzista e i movimenti che fanno riferimento ai Forum sociali lanceranno
un'iniziativa di sistematica denuncia presso la Corte Costituzionale e gli
organismi internazionali di tutela dei diritti umani, insieme a una grande
campagna di pratiche diffuse di consapevole violazione collettiva di una
legge incivile.
Se l'unica via di legalizzazione sarà la semischiavitù della collaborazione
familiare, proponiamo di costruire una rete di decine di migliaia di
"assunzioni solidali", anche per arginare le speculazioni e le estorsioni di
cui il governo si renderà corresponsabile.
Contro l'infamia delle impronte digitali, che manderà in tilt l'intero
apparato di polizia, proporremo di presidiare giorno e notte le questure
insieme agli immigrati che si vedranno rinviare di mesi la risposta a
qualsiasi pratica in attesa delle rilevazioni d'identità.
Le nostre sedi continueranno a dare rifugio e accoglienza a tutti gli
immigrati e i profughi, che ci sforzeremo di sottrarre alla detenzione e
all'espulsione anche a costo di incorrere nel reato di favoreggiamento.
Considerando la legge Bossi-Fini l'altra faccia dell'attacco allo Statuto
dei Lavoratori, chiediamo al movimento sindacale di estendere a livello
nazionale l'indicazione di sciopero generale contro la legge razzista
praticata con successo a Vicenza e in preparazione a Reggio Emilia, ed alle
forze sociali e politiche di prenderne in considerazione l'abrogazione per
via referendaria.
Chiediamo agli enti locali e agli operatori dei servizi pubblici e
privato-sociali di fare obiezione di coscienza rispetto ad ogni atto
discriminatorio e attività di tipo custodiale, inquisitorio o repressivo, e
di difendere e moltiplicare, anche contro le indicazioni del governo, i
centri e i servizi che offrono accoglienza, tutela, istruzione e assistenza
socio-sanitaria ai cittadini stranieri senza distinzione di status, con
particolare attenzione alla sorte di profughi e rifugiati.
Vittorio Agnoletto, Piero Bernocchi, Moreno Biagioni , Marco Bersani ,
Raffaella Bolini,
Luca Casarini, Dino Frisullo, Eugenio Melandri, Sandro Mezzadra,
Vincenzo Miliucci, Luciano Muhlbauer, Alfio Nicotra, Claudio Sabattini,
Annamaria Rivera, Fulvio Vassallo Paleologo
3 giugno 2002