Misure restrittive per gli immigrati
in Italia secondo il nuovo disegno di legge approvato il 12 Ottobre 2001.
Potranno soggiornare nel nostro paese solo a patto che svolgano un'effettiva
attività lavorativa. Le controversie su una posizione del genere in materia di
immigrazione non poteva che suscitare polemiche.
Di cosa si tratta? Gli immigrati per
soggiornare in Italia dovranno avere quello che è stato definito "contratto" di
soggiorno che andrebbe a sostituire il vecchio permesso di soggiorno (art. 5, c.
3 bis). I tempi di residenza nel nostro paese coinciderebbero con quelli del
contratto di lavoro. Le sanzioni contro situazioni irregolari sarebbero
abbastanza severe. Sembra che tali provvedimenti siano un tentativo di reazione
nei confronti della criminalità organizzata internazionale che però posto in
questi termini aumenterebbe, forse ancor di più, il fenomeno della
clandestinità. Aumenterebbe, nondimeno, la gravosità degli oneri burocratici sia
a carico dei datori di lavoro che intendano assumere cittadini stranieri sia a
carico di questi ultimi. (si veda il testo della relazione in www.senato.it).
Soprattutto la visione di uomo che è
alla base di questo disegno di legge, deficitario dunque non solo dal punto di
vista tecnico, è alquanto blanda che non collima con la sensibilità di
molti.
Richiamiamo alcune posizioni
interessanti:
la CEI accusa il documento di carenza
rispetto ai valori della solidarietà umana e dell'accoglienza. Di certo si
presta a facili violazioni di diritti umani fondamentali e non permette una
serena integrazione degli immigrati nel nostro tessuto sociale. (materiale è
disponibile sul sito www.chiesacattolica.it) Si sono opposte
al documento anche la CARITAS e il volontariato cattolico nonchè le ACLI,
AGESCI, missionari, sindacati, e numerosi esponenti della società civile e del
terzo settore. Il documento va rivisto. Qualcuno dei nostri amici in questi
giorni si recherà all'ufficio stranieri per lasciare le impronte digitali in
segno di protesta contro queste misure offensive della dignità umana. Non
rimangano atti isolati. Soprattutto si prenda atto che il ddl in questione lede
la sensibilità di molti. Non ci appartiene questo stile e non ci appartiene
questa società che stenta a riconoscere "l'altro" come apportatore di
ricchezze.
Navighiamo ancora nell'ideologia
della "sicurezza nazionale" che ancora una volta è sinonimo di "ingiustizia"
perchè la bilancia in questo caso si muoverà dalla nostra parte ancora nella
logica del tornaconto. L'approvazione di un disegno di legge del genere sarebbe
un grave atto di ingiustizia comunitaria contro le minoranze. Si, un grave atto
di ingiustizia per rivendicare sfacciatamente le nostre sicurezze e i
nostri profitti. Rivendichiamo i diritti dello "straniero" e diamo voce agli
ultimi. Il nostro non è un atto di pietà, di misericordia o di "solidarietà": è
giustizia e semplicemente giustizia. Ci rifiutiamo di pensare che qualcuno debba
essere accolto come persona in base a criteri di "efficienza" o "rendita".
Facciamo in modo che questo ddl non passi: ne risulterebbe minacciata la stessa
democrazia e la nostra "identità" nazionale. (don Daniele D'Elia, email: danieledelia@email.it)
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