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impronte




Guglielmo Ragozzino



La paura fa legge

il manifesto, giovedì 30 Maggio 2002

Favorevoli 236, contrari 168 la camera dei deputati ha votato un 
emendamento di maggioranza al testo della "Bossi-Fini" approvato dal 
senato. Si prenderanno le impronte digitali alle persone extracomunitarie 
che chiedano il permesso di soggiorno in Italia, compresi quindi gli alti 
prelati di santa romana chiesa, i banchieri svizzeri, gli attori di 
Hollywood che intendano trasferirsi per lavoro in Italia; compresi i 
Ronaldo e i Batistuta, famosi giocatori di calcio. Qualcuno dirà, con 
orgoglio, che in Italia non si guarda in faccia a nessuno: un cardinale e 
un kurdo scappato via dalle bombe e dai gas turchi (o iracheni o siriani 
che siano), sono per le questure italiane la stessissima cosa. Ma è vero 
proprio il contrario. L'emendamento è il risultato di una gara, tra 
maggioranza e opposizione, a chi fa fuori più clandestini, a chi difende 
meglio la "tolleranza zero". Sui muri delle città, alla televisione, i 
campioni della sicurezza e dell'ordine si sono scambiati i numeri: "ne 
abbiamo cacciati diecimila", dissero infine i governativi, e l'opposizione 
rispose: "già, ma la legge era la nostra". Pochi giorni fa, il 10 maggio, 
Enrico Pugliese ha ripetuto ancora una volta, sul manifesto, con pazienza e 
passione civile, la differenza tra persone clandestine e persone che 
infrangono qualche legge; ha insistito sull'errore, politico e culturale, 
di una sinistra che considera reato il solo fatto di essere clandestini; e 
infine ha fatto due, inutili, conti: quasi tutti gli stranieri 
extracomunitari sono arrivati in Italia come clandestini e poi hanno 
regolarizzato la loro posizione, diventando per molti versi la speranza del 
nostro paese in termini di sviluppo e di apertura verso il futuro.
L'impronta è pensata per tranquillizzare le paure diffuse nelle città 
italiane. E' uno strumento semplice, di immediata comprensione, connesso 
alla "tolleranza zero". E' la prova che il governo agisce, non perde altro 
tempo. Naturalmente nessuno pensa al fatto che si dà per scontato un legame 
tra clandestino e criminale, ciò che spazza via un punto decisivo del 
nostro sistema di diritti: quello della presunzione di innocenza. La 
presunzione di innocenza che oggi vale per tutti, che da domani varrà 
ancora per tutti i tranne i lavoratori stranieri, dopodomani escluderà 
altre categorie di persone diverse, altri pericoli per la società: i 
poveri, i senza casa, i malvestiti, quelli che non la pensano come noi. 
"Tolleranza zero", schedature, presa di impronte, severità nelle scuole, 
licenziamenti, condanne esemplari: la spirale è in movimento e da sola non 
si fermerà.
Gli immigrati arrivano nel nostro paese, proprio come noi siamo arrivati in 
Francia o negli Usa, cento anni fa, o in Italia, nei secoli precedenti 
(tutta la popolazione italiana, compreso il ministro Bossi, è fatta di 
discendenti di immigrati), per due motivi fondamentali: per fuggire dalla 
fame e guadagnare il pane per i figli; oppure per svolgere lavori che 
nessuno fa più nel paese di arrivo e per quel salario. Questo secondo tipo, 
l'immigrazione da domanda, è di gran lunga la maggiore, in tutto il mondo. 
C'è una domanda insoddisfatta di muratori, di badanti, di infermiere, di 
operai, di millemestieri: le paghe offerte sono troppo basse. Arrivano così 
dall'estero persone che si accontentano di quanto viene loro offerto. Solo 
che in poco tempo vorranno di più: uguale salario per uguale lavoro, è un 
principio presente anche nella costituzione. Il clandestino è così la 
soluzione perfetta. E' qualcuno che ti fa il lavoro, ma non può chiedere un 
aumento, una casa, non può scioperare per i suoi diritti; quando vuoi, lo 
cacci. Il clandestino serve poi per calmierare tutti lavori: ognuno che 
lavora in nero sa che c'è un clandestino che lo può sostituire; e così via. 
Ecco dunque a cosa serve davvero l'impronta. Un po' a tranquillizzare i 
benpensanti. Molto a tenere in riga chi lavora. Attenzione: chi lavora e 
chi protesta da domani avrà un'impronta in più.




Alessandro Marescotti
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